Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-13, n. 201302591

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-13, n. 201302591
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302591
Data del deposito : 13 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03454/2006 REG.RIC.

N. 02591/2013REG.PROV.COLL.

N. 03454/2006 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3454 del 2006, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

F O, A G e A B, nella loro qualità di eredi di A P, rappresentati e difesi dall’Avv. R M e dall’Avv. Renato Alberini, con domicilio eletto in Roma presso lo studio dell’Avv. Curzio Cicala, via Bocca di Leone, 78;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. per il Veneto, Sez. I, n. 33 dd. 12 gennaio 2006, resa tra le parti e concernente promozione di grado intervenuta dopo decesso.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 gennaio 2013 il Cons. Fulvio Rocco e uditi per l’appellante Ministero della Difesa l’Avvocato dello Stato Anna Colabolletta e per gli appellati Olimpia Furlan, Gandolfo A e Bruno A l’Avv. Lorenzo Durano su delega dell’Avv. R M;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.1.I Signori Olimpia Furlan, Gandolfo A e Bruno A, rispettivamente madre, padre e fratello del defunto sottufficiale dell’Arma dei Carabinieri Pierluigi A e – quindi – nella qualità di suoi eredi, hanno esposto innanzi al T.A.R. per il Veneto che in data 29 marzo 2000 il loro congiunto, già partecipante a missioni internazionali in Bosnia, era stato incluso nell’aliquota di valutazione “ad anzianità” riferita alla data del 31 dicembre 1999 per l’avanzamento del personale appartenente al ruolo degli ispettori dell’Arma anzidetta, e che la documentazione relativa alla sua promozione a maresciallo ordinario è stata trasmessa alla commissione di valutazione ed avanzamento, a’ sensi dell’art. 32 dell’allora vigente D.L.vo 12 maggio 1995 n. 198.

Mentre il procedimento di valutazione era in corso, in data 14 aprile 2000 l’A è tragicamente deceduto a Gorizia nella Caserma Generale Antonino Cascino , sede del

XIII

Battaglione Mobile “Friuli Venezia Giulia” dell’Arma dei Carabinieri, al quale il medesimo A era assegnato, nel corso di un’esercitazione durante la quale è stato accidentalmente colpito da un proiettile.

In data 10 maggio 2000 il Comando del Battaglione anzidetto ha comunicato alla Commissione di valutazione e di avanzamento costituita presso il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri l’avvenuto decesso dell’A.

Conseguentemente la Commissione medesima, a’ sensi dell’allora vigente art. 35, comma 3, del D.L.vo 198 del 1995, con proprio provvedimento del 19 dicembre 2000 ha disposto la sospensione della valutazione dell’A, rimettendo gli atti al Battaglione affinché, a’ sensi dell’allora vigente art. 39, comma uno, lett. c) dello stesso decreto, questo riproponesse la pratica alla Commissione per la valutazione necessaria ai fini dell’avanzamento.

Tale incombente è stato eseguito dal Battaglione in data 12 febbraio 2001.

In dipendenza di ciò, la Commissione di valutazione ed avanzamento ha emesso in data 4 giugno 2002 il proprio giudizio di idoneità al grado superiore nei riguardi dell’A, contestualmente proponendo al Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare – la promozione di questi al grado di maresciallo ordinario, con decorrenza, a’ sensi dell’allora vigente art. 39 del D.L.vo 198 del 1995 , dal giorno precedente il decesso.

Giova sin d’ora evidenziare che in data 12 settembre 2002 lo stesso Comandante in sede vacante del predetto Battaglione ha precisato agli eredi dell’A che, secondo il disposto dell’allora vigente art. 37 del medesimo D.L.vo 198 del 1995, la promozione dell’A, qualora questi non fosse deceduto e non fosse stato per altri motivi dichiarato permanentemente inabile al servizio incondizionato, sarebbe decorsa non già dal 13 aprile 2000 ma dall’8 gennaio 1999, giorno successivo a quello del compimento del periodo biennale di permanenza nel grado previsto a’ sensi della tabella C1 allegata all’anzidetto D.L.vo 198 del 1995.

1.2. Tutto ciò premesso, con ricorso proposto sub R.G. 2167 del 2002 innanzi al T.A.R. per il Veneto i predetti eredi A hanno chiesto l’annullamento del decreto della Direzione generale per il personale militare n. 2849 del 22 luglio 2002 in quanto recante la promozione del defunto maresciallo ordinario Luigi A con decorrenza a’ sensi dell’art. 39 del D.L.vo 198 del 1995 dal giorno precedente al suo decesso, avvenuto – come detto innanzi – in data 13 aprile 2000, anziché con decorrenza dalla predetta data dell’8 gennaio 1999.

A tale riguardo gli eredi A hanno dedotto in tale primo grado di giudizio l’avvenuta violazione e falsa applicazione dell’art. 39 del D.L.vo 198 del 1995, esponendo in proposito che esso prevede che gli ispettori e i sovrintendenti dell’Arma dei Carabinieri inclusi nell’aliquota di avanzamento di cui all’art. 34 del D.L.vo medesimo e che siano divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato o che siano deceduti sono promossi al grado superiore, previo giudizio di idoneità “dal giorno precedente alle intervenute cause impeditive” e che - per

contro

- il personale che non subisce gli eventi sfavorevoli anzidetti consegue, a’ sensi dell’art. 37 dello stesso decreto legislativo medesimo la promozione dal giorno successivo a quello del compimento del periodo di permanenza nel grado stabilito dall’anzidetta tabella C1, ossia nel caso dell’avanzamento da maresciallo a maresciallo ordinario, un biennio.

In dipendenza di ciò – hanno rimarcato i medesimi ricorrenti in primo grado - ove il loro congiunto non fosse deceduto in servizio, la promozione sarebbe stata da lui conseguita – come detto innanzi - con decorrenza 8 gennaio 1999, anziché con decorrenza 13 aprile 2000;
e tuttavia la disciplina sopradescritta, diversamente da quanto ritenuto dall’Amministrazione della Difesa, andrebbe intesa in senso non discriminatorio, ma a favore del militare che abbia subito eventi sfavorevoli e - precisamente - nel senso che la decorrenza della promozione è fissata ex lege dal giorno precedente al fatto causativo della inabilità permanente o della morte solo se questo è anteriore al maturare del biennio minimo di permanenza nel grado, e non già nel caso in cui tale evento sia successivo e, comunque, non possa incidere sulla “normale” attribuzione della promozione, vale a dire al maturare del periodo minimo previsto dalla legge.

Secondo gli stessi ricorrenti in primo grado ogni diversa interpretazione della disciplina in esame ne evidenzierebbe la patente incostituzionalità, per violazione dell’art. 3 Cost., in quanto implicherebbe una chiara ed ingiustificata discriminazione a danno dei soggetti che la disciplina medesima intende favorire, attribuendo ad essi non già un beneficio ma un effetto discriminatorio e sfavorevole rispetto ai colleghi non colpiti da eventi sfavorevoli: e ciò pur in presenza degli stessi presupposti di fatto e di diritto per il conseguimento della promozione.

Inoltre, sempre secondo la tesi dei ricorrenti in primo grado, aderendo all’interpretazione fatta propria dall’Amministrazione della Difesa, il tempo necessario per l’espletamento del procedimento di valutazione rileverebbe in danno dei soggetti beneficiari della disciplina in esame piuttosto che a loro vantaggio.

1.3. In tale primo grado di giudizio il Ministero della Difesa non si è costituito.

1.4. Con sentenza n. 33 dd. 12 gennaio 2006 la Sezione I dell’adito T.A.R. ha accolto il ricorso, condannando il Ministero della Difesa al pagamento delle spese e degli onorari di tale primo grado di giudizio, complessivamente liquidati nella misura di € 1.500,00.-

2.1. Con l’appello in epigrafe il Ministero della Difesa chiede ora la riforma di tale sentenza, sostanzialmente deducendo l’avvenuta violazione degli artt. 37 e 39 del D.L.vo 198 del 1995.

2.2. Si sono costituiti in giudizio gli appellati eredi A, preliminarmente eccependo la nullità della notificazione dell’atto d’appello, a’ sensi dell’art. 160 cod. proc. civ., in quanto l’atto medesimo risulta notificato agli appellati presso un loro domicilio asseritamente eletto presso la Segreteria del T.A.R. per il Veneto, nel mentre ancora in data 22 aprile 2005 gli stessi attuali appellati, nella loro qualità di ricorrenti in primo grado, avevano depositato presso la Segreteria anzidetta una dichiarazione di elezione del loro domicilio presso lo studio dell’Avv. Pier Vettor Grimani, ubicato in Venezia, Santa Croce, n. 466/G.

Gli appellati hanno comunque replicato anche nel merito alle censure avversarie, concludendo comunque per la reiezione dell’appello.

2.3. A sua volta il Ministero della Difesa ha replicato all’eccezione di nullità formulata dagli appellati, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

3. Alla pubblica udienza dell’8 gennaio 2013 la causa è stata trattenuta per la decisione.

4.1. Il Collegio deve preliminarmente farsi carico di disaminare l’eccezione di nullità della notificazione dell’atto introduttivo del presente giudizio, dedotta dagli appellati.

4.2. Tale eccezione va respinta.

L’epigrafe della stessa sentenza impugnata indica, infatti, il domicilio dei ricorrenti in primo grado e attuali appellanti come eletto presso la Segreteria del T.A.R. per il Veneto.

In sostanza, quindi, lo stesso giudice di primo grado ha omesso di considerare la circostanza per cui, a te anni dall’inizio del giudizio innanzi allo stesso T.A.R., gli allora ricorrenti hanno mutato la loro domiciliazione mediante un atto depositato in corso di causa nel 2005 presso la Segreteria anzidetta: fatto, questo, che a sua volta ha all’evidenza indotto in errore l’Amministrazione appellante.

Non necessita, peraltro, risolvere la questione in base all’istituto del c.d. “errore scusabile” , all’epoca della proposizione del presente appello disciplinato dall’art. 36 del T.U. approvato con R.D. 26 giugno 1924 n. 1054 e, ora, dall’art. 37 cod. proc. amm.

Il Collegio rimarca, infatti, che quanto avvenuto realizza un’ipotesi ascrivibile non già ad inesistenza, ma a nullità della notificazione.

L’inesistenza della notificazione si verifica in vero allorquando la notificazione sia del tutto mancata, o sia avvenuta in luogo o a persona che non hanno alcun riferimento con il destinatario della notificazione stessa, risultando a costui del tutto estranea;
la nullità della notificazione, invece, si verifica se, pur essendo eseguita la notificazione mediante consegna a persona o in luogo diversi da quelli stabiliti dalla legge, risulta tuttavia ravvisabile un collegamento tra la persona destinataria dell’atto e il luogo dell’eseguita notificazione di quest’ultimo (cfr. sul punto, ad. es. e anche di recente, Cons. Stato, Sez. VI, 14 novembre 2012 n. 5744).

Pertanto, la notificazione del ricorso in appello eseguita in un luogo diverso da quello prescritto, ma - per l’appunto - non privo di un astratto collegamento con il destinatario dell’atto, determina la nullità non già dell’impugnazione in senso sostanziale, bensì della sola sua notificazione, la quale pertanto resta sanata con effetto ex tunc, per raggiungimento dello scopo, qualora la parte appellata si costituisca comunque in giudizio, a tanto non ostando il fatto che la costituzione stessa avvenga al solo fine di eccepire la nullità della notifica (così, ad es., Cons. Stato, Sez. VI, 17 giugno 2009 n. 3967): e ciò in quanto, in via generale, il principio sancito dall’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ., in forza del quale il conseguimento dello scopo cui l’atto è preordinato ne sana la nullità, trova piena applicazione nel processo amministrativo, con la conseguenza che non può essere idoneamente eccepita l’inammissibilità del ricorso per difetto di notificazione allorquando la parte si sia costituita in giudizio anche – come detto innanzi – soltanto all’asserito fine di eccepire la nullità della notificazione medesima, essendo la costituzione la dimostrazione da parte dell’intimato di essere in grado, per fatto volontario, di esercitare il diritto di difesa (così, ad es. e tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2012 n. 5897).

5.1. Nel merito, l’appello è fondato.

5.2. Secondo il giudice di primo grado, l’art. 39, lett. c), del D.L.vo 198 del 1995 è in effetti preordinato ad attribuire un beneficio, rappresentato dalla retrodatazione della promozione, ai militari che divenuti permanentemente inabili al servizio incondizionato ovvero deceduti, “cessando dal servizio nell'anno in cui, pur avendo maturato i requisiti prescritti per essere ricompresi nelle aliquote di ruolo per la formazione dei quadri di avanzamento, non abbiano potuto, per i motivi suddetti, essere inclusi nelle predette aliquote” (cfr. ivi).

Secondo lo stesso giudice si tratta dei militari che, come chiarito dalla lettera b) dello stesso art. 39, pur essendo in possesso dei requisiti per l’iscrizione nelle aliquote di avanzamento, non sono stati inclusi in esse a causa degli eventi soggettivi (inabilità o morte) che ne hanno comportato la cessazione dal servizio nello stesso anno di maturazione del requisito.

Premesso ciò, sempre ad avviso del T.A.R., la disciplina testé riferita non potrebbe trovare applicazione per i militari deceduti o divenuti inabili permanentemente al servizio dopo l’inserimento nelle aliquote di avanzamento e che avevano già maturato i requisiti temporali per la promozione, come per l’appunto è il caso del maresciallo A: e ciò in quanto non sussisterebbe al riguardo l’ eadem ratio , e la promozione non potrebbe pertanto nella specie essere attribuita con decorrenza “dal giorno precedente alle intervenute cause impeditive” , bensì dal momento in cui la disciplina di carattere generale, contenuta nell’art. 37 del D.L.vo 198 del 1995, ne fissa la decorrenza per i soggetti dichiarati idonei: e, cioè, dal giorno successivo a quello del compimento del periodo di permanenza nel grado previsto dalla predetta tabella C1.

Sempre secondo lo stesso giudice di primo grado, ove la disciplina stessa fosse intesa diversamente ed applicata nel senso ritenuto dall’Amministrazione della Difesa, essa non potrebbe che essere ritenuta incostituzionale, poiché, in luogo di effetti favorevoli, comporterebbe conseguenze ingiustamente discriminatorie e peggiorative rispetto al regime generale a danno di soggetti che, come il maresciallo A, avevano già acquisito il titolo alla promozione, salva la valutazione di idoneità effettuata a posteriori e che, in quanto colpiti da eventi sfavorevoli successivamente all’inserimento nell’aliquota, non rientrano nella categoria di cui alla lettera b) dell’art. 39 predetto, composta da militari ai quali la disciplina di cui trattasi intende garantire la promozione nonostante l’evento comportante la cessazione dal servizio sia intervenuto nello stesso anno di maturazione del requisito e sia stato ostativo dell’inserimento nell’aliquota.

Conclusivamente, ad avviso del giudice di primo grado, la decorrenza della promozione “dal giorno precedente alle intervenute cause impeditive” , di cui all’art. 30 del D.L:vo 198 del 1995, riguarderebbe i soli militari che non abbiano ancora beneficiato, a causa dell’evento sfavorevole (morte o inabilità permanete), del diritto all’iscrizione nelle aliquote di avanzamento nell’anno di maturazione del beneficio, nel mentre non riguarderebbe i militari deceduti o divenuti inabili permanentemente al servizio dopo l’inserimento nelle aliquote e giudicati idonei con riferimento alla data di maturazione dei presupposti per la promozione, la quale quindi andrebbe riconosciuta ed attribuita applicando la norma generale, contenuta nell’art. 37 dello stesso decreto legislativo, e cioè al maturare del biennio previsto nel suo art. 33.

5.3. Il Collegio, per parte propria, reputa che la tesi espressa dal giudice di primo grado non possa essere condivisa.

L’art. 39, lett. c), del D.L.vo 198 del 1995 risulta, infatti, del tutto inequivoco laddove individua la decorrenza della promozione agli ispettori e ai soprintendenti che, inclusi nell’aliquota di avanzamento, vengano a cessare dal servizio per decesso, per riforma dal servizio permanente nonché per il raggiungimento dei limiti di età: la decorrenza stessa è infatti per tutti questi casi comunemente indicata come coincidente con il giorno che precede l’evento risolutivo del servizio.

Né può condividersi la tesi del giudice di primo grado secondo il quale tale lettura della disciplina medesima – eminentemente ed esaustivamente testuale – ne determinerebbe l’incostituzionalità.

Al contrario, l’art. 39 del D.L:vo 198 del 1995 va essenzialmente e garantisticamente configurato quale disciplina a salvaguardia della promozione, sia pure con decorrenza meno favorevole rispetto alla previsione generale, per tutti i militari che, pur avendo maturato i requisiti per l’accesso al grado superiore rispetto a quello rivestito, non avrebbero potuto conseguirlo in quanto cessati dal servizio permanente per cause comunque indipendenti dalla loro volontà.

Né, del resto, va sottaciuto che è insito nel “sistema” ordinamentale proprio delle Forze Armate il principio in forza del quale la progressione di carriera è legata alla permanenza in servizio del personale interessato, posto che le promozioni sono disposte non soltanto nell’interesse del personale, ma anche – e soprattutto – dell’Amministrazione militare (cfr. sul punto, ad es., Cons. Stato, Sez. IV, 7 maggio 2007 n. 1970), con la conseguenza che la deroga al principio medesimo non può che essere circoscritta a casi ben specifici e da disciplinare in modo rigorosamente unitario tra loro, e non potendo quindi – a fronte di un indiscutibilmente comune evento risolutivo del servizio – distinguersi tra coloro che hanno già acquisito il titolo alla promozione, salva la valutazione di idoneità effettuata a posteriori, in quanto colpiti da eventi sfavorevoli successivamente al loro inserimento nell’aliquota, e coloro per i quali l’evento comportante la cessazione dal servizio è viceversa intervenuto nello stesso anno di maturazione del requisito e sia stato ostativo all’inserimento nell’aliquota.

Altrettanto significativa è, inoltre, la circostanza per cui la disciplina in questione è stata integralmente riprodotta, con il medesimo tenore letterale, privo di qualsiasi articolazione, anche nel corrispondente art. 1077 del D.L.vo 15 marzo 2010 n. 66, attualmente in vigore.

6. Le spese e gli onorari di entrambi i gradi di giudizio possono essere integralmente compensati tra le parti.

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