Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-05-17, n. 202404427

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2024-05-17, n. 202404427
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202404427
Data del deposito : 17 maggio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/05/2024

N. 04427/2024REG.PROV.COLL.

N. 00140/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 140 del 2021, proposto da
Hi-Com S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati C E G e A R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato A R in Roma, via Claudio Monteverdi n. 16;

contro

Comune di Perosa Canavese, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato C S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Seconda), 1° ottobre 2020, n. 583, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Perosa Canavese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 ottobre 2023 il Cons. Giorgio Manca e uditi per le parti gli avvocati Mazzella su delega di Gallo, Zittignani su delega di Spaziante;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Hi-COM, che opera nel settore della cartellonistica stradale, tra il 9 e l’11 aprile 2019 ha presentato al Comune di Perosa Canavese cinque istanze per ottenere l’autorizzazione all’installazione di altrettanti cartelloni pubblicitari, ai sensi dell’art. 23 del Codice della strada (d.lgs. n. 285 del 1992) e dell’art. 53 del D.P.R. n. 495 del 1992 (regolamento di esecuzione del Codice della strada), alle quali l’amministrazione non dava alcun riscontro nel termine previsto dalle norme citate, anche dopo la specifica richiesta di esercitare il potere sostitutivo di cui all’art. 2, comma 9-bis, della L. n. 241/90.

2. La società ha quindi proposto ricorso al T.a.r. per il Piemonte, chiedendo l’accertamento della illegittimità del silenzio serbato dal Comune, la fondatezza della pretesa, l’indennizzo per il ritardo ai sensi dell’art. 28 del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, e il risarcimento del maggior danno da mero ritardo.

3. Con la sentenza in epigrafe, il T.a.r. ha accolto il ricorso con riguardo alla dichiarazione dell’obbligo di provvedere e alla condanna dell’amministrazione a pronunciarsi sulle cinque istanze. Ha respinto le domande per il conseguimento dell’indennizzo e per il risarcimento.

4. La società, rimasta parzialmente soccombente, ha proposto appello reiterando i motivi non accolti dal giudice di prime cure, previa critica dei capi della sentenza di cui chiede la riforma.

5. Resiste in giudizio il Comune di Perosa Canavese, che preliminarmente eccepisce l’inammissibilità dell’appello in quanto privo di specifiche critiche alle statuizioni della sentenza e limitato alla riproposizione dei motivi non accolti in primo grado, in contrasto con i requisiti imposti dall’art. 101, comma 1, del codice del processo amministrativo. Nel merito, chiede che l’appello sia respinto.

6. All’udienza del 19 ottobre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

7. L’eccezione di rito, sollevata dal Comune appellato, va respinta.

7.1. L'art. 101, comma 1, Cod. proc. amm. ( «Il ricorso in appello deve contenere [...] le specifiche censure contro i capi della sentenza gravata [...] » ), mediante il principio di specificità dei motivi di impugnazione, impone che l'appellante rivolga una critica puntuale alle ragioni poste a fondamento della sentenza impugnata, non essendo sufficiente la mera riproposizione dei motivi contenuti nel ricorso introduttivo. Come più volte osservato, il giudizio di appello dinanzi al giudice amministrativo è un’ipotesi di revisio prioris instantiae i cui limiti oggettivi sono segnati dai motivi di impugnazione ( ex multis , Consiglio di Stato, V, 26 agosto 2020, n. 5208;
26 marzo 2020, n. 2126;
11 dicembre 2019, n. 8415;
16 novembre 2018, n. 6464;
13 marzo 2017, n. 1134).

7.2. Tuttavia, contrariamente a quanto asserito dall’appellato, l’appello in esame soddisfa il requisito della specificità in quanto – come si evince dalla piana lettura dell’atto di gravame - esso contiene critiche specifiche alla sentenza impugnata, in stretta correlazione alle censure dedotte col ricorso originario (si veda, a titolo di esempio, a pag. 6 ss. dell’appello, la critica alla sentenza nella parte in cui non ha accolto la domanda di indennizzo forfettario ai sensi dell’art. 28 del citato decreto-legge n. 69 del 2013, con specifico riferimento e confutazione degli argomenti impiegati dal primo giudice;
né occorre dilungarsi in altri richiami all’atto di parte, anche perché, paradossalmente, l’eccezione è formulata in maniera del tutto generica).

7.3. L'appellante, pertanto, ha provveduto a contrastare puntualmente sotto il profilo logico-giuridico le argomentazioni che hanno condotto il primo giudice a respingere il ricorso, e ha in tal modo ritualmente devoluto a questo giudice di appello i punti controversi.

8. Passando all’esame dei motivi dell’appello, con il primo la società appellante deduce l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha ritenuto infondata la domanda di indennizzo per ogni giorno di ritardo, ai sensi dell’art. 28 del decreto-legge n. 69 del 2013. In senso contrario, l’appellante rileva come non sussista il limite oggettivo all’applicazione della norma, come individuato dal giudice di prime cure, posto che la norma non si riferisce solo all’indennizzo per il ritardo nel rilascio degli atti di inizio di un’impresa, ma anche a tutti gli atti di esercizio dell’impresa, che può essere pregiudicata dal ritardo dell’amministrazione nell’adozione dei provvedimenti di sua competenza. Dal punto di vista normativo, il decreto legge richiamato prevede l’indennizzo forfettario con riferimento «ai procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa».

La norma, inoltre, non sarebbe stata abrogata, né implicitamente, né esplicitamente.

In particolare, l’appellante contesta l’affermazione del T.a.r. circa la natura sperimentale della norma sull’indennizzo, che si sarebbe conclusa decorsi i primi diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione. La legge, peraltro, detta una disciplina diversa: l’art. 28, comma 12, ammette che, decorsi diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione, con regolamento governativo sarebbe stato possibile confermare, rimodulare o abrogare la norma, ma tale regolamento non è mai intervenuto. Per cui la disciplina è ancora vigente.

9. Con il secondo motivo, l’appellante censura la sentenza anche per non avere accolto la domanda risarcitoria, anch’essa fondata sul ritardo nel rilascio delle autorizzazioni richieste, per il maggior danno subito. In specie, l’appellante deduce la violazione dell’art. 30 del Codice del processo amministrativo, degli articoli 2 e 2 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 e dell’art. 53 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, in relazione al risarcimento del danno da ritardo sotto il profilo delle chances perdute dall’impresa per non aver ottenuto tempestivamente le autorizzazioni, considerato che - dopo la sentenza – le cinque autorizzazioni richieste sono state rilasciate, in tal modo dimostrando che il ritardo ha inciso negativamente sulla spettanza del bene della vita alla società appellante e che il ritardo era oggettivamente e soggettivamente ingiustificabile.

Quanto alle argomentazioni del T.a.r. per il Piemonte, che ha respinto la domanda sull’assunto che la documentazione fornita dalla società non sarebbe sufficiente a dimostrare l’esistenza del danno (in quanto avrebbe dovuto «allegare la prova di effettivi rapporti contrattuali pregiudicati, di trattative in corso o interrotte a causa dell’inadempimento comunale» e documentare sia la spettanza del bene della vita che la sussistenza dell’elemento soggettivo della p.a.), l’appellante ne rileva l’infondatezza osservando come la società non era tenuta a provare, con certezza, cosa avrebbe potuto fare in caso di tempestivo rilascio delle autorizzazioni ma solo le chances perdute in conseguenza del ritardo.

Nel caso di specie, la concretezza delle chances sarebbe dimostrata anche dal fatto che la società, acquisite le autorizzazioni rilasciate (9 ottobre 2020) ha immediatamente installato i mezzi pubblicitari e stipulato i contratti con tre imprenditori.

Sul piano dell’elemento soggettivo della responsabilità, la negligenza dell’amministrazione comunale sarebbe dimostrata dalla reiterata inerzia (anche a seguito della richiesta di esercitare il potere sostitutivo), e dall’assenza di particolari difficoltà nell’interpretazione della disciplina applicabile.

Per quel che concerne la quantificazione del danno, ripropone la richiesta formulata in primo grado sulla base di una relazione tecnica, per l’anno 2019;
e, per i danni relativi al 2020, deposita i contratti stipulati dopo il rilascio delle autorizzazioni alla installazione degli impianti pubblicitari.

10. Le censure sopra esposte, essenzialmente incentrate sulla responsabilità per il ritardo nel rilascio delle autorizzazioni, si prestano a una trattazione congiunta.

L’appello è fondato, nei sensi di cui appresso.

11. In primo luogo occorre dare atto che la sentenza ha definitivamente accertato l’inosservanza, da parte del Comune di Perosa Canavese, del termine per la conclusione dei procedimenti amministrativi avviati con la presentazione delle istanze per ottenere le autorizzazioni alla installazione degli impianti pubblicitari della società appellante. Il relativo capo della sentenza non è stato impugnato, nemmeno in via incidentale, e la relativa statuizione è passata in giudicato.

Inoltre, come si è riferito in fatto, il Comune ha ottemperato alla sentenza di condanna a provvedere, rilasciando le autorizzazioni richieste dall’appellante.

L’appello, quindi, si concentra sulle domande indennitarie e risarcitorie, per il danno da ritardo.

12. Quanto alla domanda concernente l’indennizzo, forfettario e oggettivo, del danno da ritardo nella conclusione del procedimento, introdotto con il citato art. 28 del decreto-legge n. 69 del 2013, va confermata la statuizione di rigetto del primo giudice, anche se la motivazione della infondatezza non va ricercata in asseriti limiti oggettivi di applicabilità della norma (applicabile, secondo il T.a.r., ai soli procedimenti che consentono all’impresa di nascere ed avviare la propria attività, non ai procedimenti – quali quelli avviati dall’appellante nella vicenda in esame – che riguardano il compimento di singoli “affari”). Sotto il profilo oggettivo la disposizione di cui al comma 10 del citato art. 28 è sufficientemente chiara nel senso che la disciplina sull’indennizzo automatico in caso di ritardo si applica «ai procedimenti amministrativi relativi all’avvio e all’esercizio dell’attività di impresa» ;
proprio la testuale distinzione tra le due fasi dell’avvio dell’impresa e del suo esercizio depone per la sua estensione all’intera attività imprenditoriale. Né emergono le ragioni che giustificherebbero un ambito applicativo limitato alla fase di avvio dell’impresa.

13. Ciò posto, la norma è comunque inapplicabile per avere cessato i suoi effetti ai sensi del comma 12 dell’art. 28 in esame, secondo cui «Decorsi diciotto mesi dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e sulla base del monitoraggio relativo alla sua applicazione, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono stabiliti la conferma, la rimodulazione, anche con riguardo ai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazione delle disposizioni del presente articolo, nonché eventualmente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivi contenute sono applicate, anche gradualmente, ai procedimenti amministrativi diversi da quelli individuati al comma 10 del presente articolo» .

14. La disposizione, che concretizza la natura sperimentale della norma sull’indennizzo automatico indicando un termine di efficacia pari a diciotto mesi, delega alla emanazione di un regolamento non solo la rimodulazione o la cessazione dell’efficacia giuridica ma anche la conferma della sua eventuale ultrattività. Pertanto, in assenza del regolamento che avrebbe dovuto disporre la conferma, il meccanismo di delegificazione ideato dal legislatore ha comportato la abrogazione dell’art. 28 in questione.

15. La domanda risarcitoria per il danno da ritardo, ai sensi dell’art.

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