Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-08-12, n. 201905655

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2019-08-12, n. 201905655
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201905655
Data del deposito : 12 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/08/2019

N. 05655/2019REG.PROV.COLL.

N. 06688/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6688 del 2008, proposto dai signori L E, G B e M B, rappresentati e difesi dagli avvocati G V e F D L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G V in Roma, Lungotevere dei Mellini, n. 17;

contro

il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati E B, G T, F M F, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges e A A, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n.18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Quarta) n. 5177/2008, resa tra le parti, concernente dinieghi di concessione in sanatoria.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Napoli;

Viste le memorie depositate in data 24 maggio 2019;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 giugno 2019 il Consigliere Antonella Manzione e uditi per le parti l’avvocato F D L e l’avvocato Simone Nocentini, su delega dell’avvocato Barbara Accattatis Chalons D'Oranges;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con autonomi ricorsi proposti innanzi al T.A.R. per la Campania i signori M B, L E e G B, proprietari ciascuno di un’unità abitativa all’interno del medesimo fabbricato ubicato in Napoli, alla via Montelungo, alle spalle del civico n. 55, hanno chiesto l’annullamento, rispettivamente, dei provvedimenti dirigenziali n. 44 (prot. n. 663, n.r. 5454/2001), n. 45 (prot. n. 662, n.r. 5448/2001), e n. 46 (prot. n. 661, n.r. 5453/2001), tutti in data 28 febbraio 2001, con i quali è stata loro negata la concessione edilizia in sanatoria ex art. 39 della l. n. 724 del 1994 in relazione alla realizzazione della stessa. Hanno lamentato difetto di motivazione e di istruttoria dei provvedimenti, identici per contenuto, nonché l’avvenuta violazione degli artt. 7 e 21- octies della l. n. 241 del 1990. Quanto detto peraltro avuto anche riguardo al generalizzato degrado dell’area, descrittivamente sintetizzato in una perizia di parte che documenta la presenza di un traliccio ENEL, dell’ospedale, di un "mostruoso" svincolo stradale, oltre che di baracche e capannanoni.

2. Costituitasi l’Amministrazione comunale, il Tribunale, previa riunione per evidente connessione oggettiva, ha respinto i ricorsi, reputandone infondate le censure, e ha compensato le spese di lite.

3. In particolare, il Giudice di prime cure ha ritenuto che:

- non sussiste il difetto di motivazione, in quanto il provvedimento si fonda sul parere negativo della commissione edilizia, ove si evidenzia come l’intervento realizzato «altera irrecuperabilmente l’elevato pregio ambientale dell’area [….] ubicata sul ciglio del vallone Orsoline ai confini del Parco dei Camaldoli »;

- ha richiamato l’orientamento giurisprudenziale secondo il quale « il fatto che una zona sia prevalentemente urbanizzata o già paesisticamente degradata non fa venir meno l’esigenza i evitare ulteriori interventi deturpanti, imponendo, al contrario, un maggior rigore motivazionale dell’eventuale provvedimento favorevole, che mai può fondarsi sulla remissiva e mera accettazione di uno stato di fatto illecito e/o illegittimo »;

- ha infine evidenziato che il provvedimento di rigetto dell’istanza di concessione edilizia in sanatoria non deve essere preceduto dall’avviso dell'inizio del procedimento, in quanto ad istanza di parte.

4. Avverso tale pronuncia i signori E L, G B e M B hanno interposto appello, notificato il 1 agosto 2008 e depositato l’8 agosto 2008, riproponendo in chiave critica gli originari motivi di gravame. In particolare hanno evidenziato come il vincolo insistente in loco non comportava l’inedificabilità assoluta e come il lamentato difetto di istruttoria, omettendo di ponderare i vari interessi in gioco, avrebbe determinato, quanto meno, la possibilità di ricorrere ad un giudizio di verificazione, non avendo la Commissione sufficientemente considerato l’esigenza di recupero degli insediamenti abitativi.

5. In data 4 settembre 2008 il Comune appellato si è costituito con atto di stile. Con successivo atto depositato in data 8 aprile 2019 si sono costituiti, in aggiunta ai precedenti, anche i nuovi avvocati F M F, Barbara Accattatis Chalons D'Oranges e A A.

6. In vista della trattazione nel merito del ricorso entrambe le parti hanno svolto difese scritte.

6.1. Il Comune di Napoli, nel ribattere a tutti i rilievi di controparte, evidenzia in particolare la natura necessitata del provvedimento comunale, vincolato al parere della Commissione edilizia. Contesta anche in fatto l’avvenuta violazione dell’art. 7 della l. n. 241/1990, stante che l’Amministrazione, con nota n. 2408 del 25 maggio 2000, avrebbe comunicato i motivi ostativi al rilascio della concessione in sanatoria.

6.2. Parte appellante, invece, ha insistito per l’accoglimento del primo motivo d’appello, ribadendo la natura formale e stereotipata della motivazione posta a base della decisione assunta, nonché il suo contrasto con l’effettivo stato dei luoghi, documentato in atti dalla richiamata perizia dell’urbanista Arch. Pagliara, particolarmente critico sul degrado sopravvenuto e documentato degli stessi.

7. Alla pubblica udienza del 25 giugno 2019 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

8. Il Collegio ritiene fondato e assorbente il primo motivo di gravame, col quale si ripropone criticamente la censura relativa al lamentato difetto motivazionale.

8.1. La doglianza va inquadrata nella materia del paesaggio e, più in particolare, degli apprezzamenti discrezionali che connotano i provvedimenti di compatibilità paesaggistica. Al riguardo questo Consiglio ha avuto modo di rilevare, anche di recente, che « In tema di determinazioni paesaggistiche, l'amministrazione è tenuta ad esternare adeguatamente l'avvenuto apprezzamento comparativo, da un lato, del contenuto del vincolo e, dall'altro, di tutte le rilevanti circostanze di fatto relative al manufatto ed al suo inserimento nel contesto protetto. La normativa vigente non sancisce in modo automatico l'incompatibilità di un qualunque intervento sul territorio con i valori oggetto di tutela per cui, nelle ipotesi in cui l’Amministrazione preposta alla tutela del vincolo sia chiamata a valutare l'effettiva consistenza e la localizzazione dell’intervento oggetto di sanatoria, al fine di confermare o escludere la concreta compatibilità dello stesso con i valori tutelati nello specifico contesto di riferimento, non può ritenersi sufficiente il generico richiamo all’esistenza del vincolo, essendo al contrario necessario un apprezzamento di compatibilità da condurre sulla base di rilevazioni e di giudizi puntuali » (cfr. Cons. Stato, Sez. VI , 4 febbraio 2019, n. 853;
vedi anche la giurisprudenza richiamata dall’appellante nella sua memoria del 24 maggio 2019: Cons. Stato, Sez. VI, n. 3207/2018, id ., n. 2729/2018, n.5016/2017 e n. 5108/2016). Del resto, la maggiore intensità dell’onere motivazionale è insita nei limiti di cui soffre il sindacato del giudice amministrativo in caso di giudizi di compatibilità di opere edilizie con i valori tutelati. Si osserva, infatti, in giurisprudenza che « Poiché il parere è espressione di un potere ampiamente discrezionale, per evitare che il giudizio di compatibilità paesaggistica si traduca nell'esercizio di una valutazione insindacabile, è necessario che il provvedimento dell'Autorità preposta alla tutela del vincolo sia sorretto da un'ampia e circostanziata motivazione, dalla quale sia possibile ricostruire sia le premesse che l'iter logico seguito nel percorso valutativo che si conclude con il giudizio finale » (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 15 ottobre 2018, n. 5909).

Ebbene nel caso di specie la motivazione a sostegno delle contestate determinazioni negative risulta eccessivamente sintetica e pertanto non è tale da lumeggiare l’apprezzata incompatibilità del manufatto con il vincolo insistente sull’area in relazione alle opere abusivamente realizzate ancorché di rilevanti dimensioni. Gli atti impugnati, del 28 febbraio 2001, contengono infatti espresso rinvio al parere della Commissione Edilizia Integrata (C.E.I.) di cui ai verbali nn. 114 (disposizione dirigenziale n. 44), 112 (disposizione dirigenziale n. 45) e 111 (disposizione dirigenziale n. 46) dell’unica seduta tenutasi in data 23 marzo 2000, che si esprime nei termini che seguono: « L’intervento realizzato altera irrecuperabilmente l’elevato pregio ambientale dell’area in cui è stato commesso l’abuso, ubicata sul ciglio del vallone Orsolone ai confini del parco dei Camaldoli ». Da tale formulazione del parere non si trae in termini adeguatamente esplicativi il rilevato stridente contrasto delle opere con le esigenze di salvaguardia ambientale non potendosi desumere lo stesso dal mero richiamo alla collocazione dell’area di sedime nei pressi del perimetro del parco ovvero dall’uso di un avverbio ("irrecuperabilmente") di per sé anodino, alludendo alla tipologia di costruzione realizzata in relazione all’affermata lesione dei valori tutelati.

9. In conclusione, l’appello in esame è fondato e, per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, il ricorso di primo grado va accolto e pertanto l’impugnato diniego va annullato, con espressa salvezza delle ulteriori doverose determinazioni dell’Amministrazione sulla domanda di sanatoria avanzata dagli odierni appellanti.

10. Per quanto attiene alle spese del doppio grado di giudizio, sussistono le condizioni, ex artt. 26, comma 1, c.p.a. e 92, comma 2, c.p.c., per dichiararle integralmente compensate fra le parti.

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