Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-09-09, n. 202207855
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Testo completo
Pubblicato il 09/09/2022
N. 07855/2022REG.PROV.COLL.
N. 05179/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5179 del 2019, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell'Interno, Questura Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura Roma;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’odierno appellante è titolare del decreto di nomina a guardia particolare giurata nonché dell’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale, a tassa ridotta, in quanto dipendente, -OMISSIS-, di un istituto di vigilanza privata -OMISSIS-.
In data -OMISSIS-, la Questura di Roma ha notificato all’appellante la comunicazione di avvio del procedimento di revoca del decreto di nomina a guardia particolare giurata e dell’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale, in quanto, nel corso di un accertamento effettuato ai sensi dell’art. 71 d.P.R. n. 445/2000, è emersa la falsità delle dichiarazioni rese e sottoscritte dall’interessato sul modulo di rilascio dei citati titoli di polizia, dal quale si ricavava l’assenza di condanne a carico del soggetto.
La dichiarazione resa contrastava, infatti, con il certificato del casellario giudiziale relativo all’appellante acquisito dalla Questura, dal quale risultava a carico dell’interessato una sentenza di condanna emessa dalla Corte di Appello di Roma -OMISSIS-, ex artt. 110 e 624 c.p., per il reato di furto in concorso commesso -OMISSIS-, seppur con il beneficio della non menzione della condanna.
In considerazione della divergenza tra la dichiarazione sostitutiva resa dall’appellante e il certificato del Casellario Giudiziale acquisito dalla Questura, che riportava la condanna ritenuta dall’Amministrazione ostativa al rilascio del porto d’armi, l’Autorità di pubblica sicurezza ha revocato le autorizzazioni precedentemente concesse, ai sensi degli artt. 11, ultimo comma, del R.D. n. 773/1931 e 75 d.P.R. n. 445/2000.
Con ricorso innanzi al Tar Lazio, il destinatario del provvedimento ha impugnato il citato decreto, lamentandone l’eccesso di potere, l’erroneità dei presupposti, l’ingiustizia e l’illogicità manifeste, l’erronea attività istruttoria, l’erroneità dell’azione amministrativa, la contraddittorietà e la violazione in relazione al d.P.R. n. 445/2000. In particolare, il ricorrente, valorizzando la ratio sottesa al beneficio della non menzione della condanna, con cui si evita che il datore di lavoro privato venga a conoscenza delle condanne pregresse, ha escluso la mendacità dell’attestazione, sulla base del fatto che la dichiarazione sostitutiva di certificazione resa al datore di lavoro fosse pienamente conforme al certificato da sostituire, ossia quello ostensibile ai privati, nel quale – in virtù del beneficio concesso – non v’è menzione della sentenza di condanna.
Il Giudice di primo grado ha rigettato il ricorso, ritenendo esente il provvedimento gravato dai prospettati vizi. Il Tar adito ha ritenuto che la condanna per furto in concorso dovesse ritenersi pienamente integrante la fattispecie ostativa al rilascio della licenza di porto d’armi, di cui all’art. 43 T.U.L.P.S., anche in considerazione del fatto che il ricorrente non ha menzionato la condanna pur non potendo non esserne a conoscenza.
L’appellante ha impugnato la citata pronuncia e ne ha chiesto la riforma, previa sospensione dell’efficacia, riproponendo le censure non accolte in primo grado, in chiave critica nei confronti della gravata sentenza.
Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’interno e la Questura di Roma, senza tuttavia articolare memorie difensive.
Nella camera di consiglio -OMISSIS- il Consiglio di Stato ha rigettato l’istanza cautelare.
Alla pubblica udienza del 14 luglio 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è infondato.
La prima questione posta all’esame del Collegio attiene alla legittimità della condotta di colui che, nel momento in cui rende la dichiarazione sostitutiva del certificato del casellario giudiziale all’istituto di vigilanza presso il quale intende svolgere l’attività di guardia giurata particolare, ometta di indicare le iscrizioni relative a condanne definitive, delle quali sia stata ordinata la non menzione nel certificato penale.
L’appellante, in data -OMISSIS-, ha rilasciato all’istituto di vigilanza una dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi del d.P.R. n. 445/2000, finalizzata al rilascio del porto d’armi e alla nomina di guardia giurata particolare, in cui ha dato atto di non aver riportato condanne penali e di non essere destinatario di provvedimenti inerenti all’applicazione di misure di prevenzione.
In sede di verifica delle dichiarazioni rese in precedenza dall’interessato, la Questura ha acquisito il certificato penale dell’appellante, dal quale è emersa una condanna definitiva della Corte di Appello di Roma, datata -OMISSIS-, per la fattispecie di reato prevista dagli artt. 110 e 624 c.p., commessa in data -OMISSIS-, seppur con il beneficio della non menzione nel certificato