Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-06, n. 202102776

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-04-06, n. 202102776
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202102776
Data del deposito : 6 aprile 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/04/2021

N. 02776/2021REG.PROV.COLL.

N. 04091/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4091 del 2013, proposto da
B D L, C F, C B, C R, E A, F G, G F, G V, Mossa L A N, R A, V G, rappresentati e difesi dagli avvocati V C e L R, elettivamente domiciliati in Roma, alla Via Ennio Quirino Visconti n. 11, presso lo studio dell’avvocato A F (ABV Legal Partners)

contro

- Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore;
- Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona del Comandante Generale pro tempore;
rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Valle d’Aosta, n. 96 del 15 novembre 2012, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del Comando Generale della Guardia di Finanza;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 30 marzo 2021 (tenuta ai sensi dell’art. 84 del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, convertito con legge 24 aprile 2020, n. 27, richiamato dall’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con legge 18 dicembre 2020, n. 176) il Cons. Roberto Politi;

Nessuno presente per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Espongono gli appellanti – appartenenti alla Guardia di Finanza ed in servizio presso il Gruppo di Pollein – di essere stati trasferiti d’autorità, con determinazione del 24 dicembre 2009, presso la Sede di Aosta.

Nel mese di febbraio 2011, gli appellanti stessi, in quanto trasferiti d’autorità per esigenze di servizio in un diverso Comune, chiedevano la corresponsione delle indennità di cui all’art. 1 della legge n. 86 del 2001, all’art. 21 della legge n. 836 del 1973 e all’art. 47 del D.P.R. n. 164 del 2002.

2. Con ricorso N.R.G. 26 del 2012, proposto innanzi al T.A.R. della Valle d’Aosta, veniva chiesto l’annullamento del provvedimento, assunto in data 12 gennaio 2012 dal Comando Generale della Guardia di Finanza, con il quale è stato negato il diritto dei medesimi a vedersi corrisposte le indennità anzidette.

Con sentenza n. 96, in data 15 novembre 2012, il giudice di prime cure ha respinto il predetto gravame.

3. Avverso tale pronuncia, è stato interposto il presente appello, notificato il 13 maggio 2013 e depositato il successivo 30 maggio, con il quale viene lamentato che la gravata sentenza sia inficiata sotto i profili di seguito sintetizzati:

3.1) Error in iudicando et in procedendo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge n. 86 del 2001. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 della legge n. 836 del 1973. Violazione e falsa applicazione dell'art. 47 del D.P.R. n. 164 del 2002. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per errore sui presupposti essenziali. Contraddittorietà

Sostiene parte appellante che, mentre la normativa pregressa, contenuta nell’art. 1 della legge 10 marzo 1987 n. 100, nel disciplinare l’indennità prevista per i trasferimenti d’autorità, rinviava al trattamento economico previsto dall’art. 13 della legge 2 aprile 1979, n. 97, come sostituito dall'art. 6 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (prevedendo, quindi, il requisito della distanza minima fra la sede di provenienza e la sede di destinazione), l’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, diversamente, non opera alcun rinvio alle disposizioni previste per altre categorie, e quantifica con precisione il beneficio economico, sulla base delle diarie di missione, richiamate esclusivamente ai tali fini.

Conseguentemente, la nuova normativa avrebbe direttamente disciplinato i requisiti per il riconoscimento del beneficio, senza alcun riferimento al presupposto della distanza minima, rinviando al trattamento di missione solo per la quantificazione dell’indennità.

Né, secondo la prospettazione di parte, sarebbero convincenti le considerazioni in proposito esposte dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (sentenza n. 23 del 14 dicembre 2011), richiamata nella sentenza gravata, in quanto proprio la previsione di una specifica decorrenza applicativa della nuova norma, rispetto alla precedente, testimonierebbe la portata innovativa della disposizione (per i principi generali sulla successione delle leggi nel tempo, venendosi a determinare un effetto abrogativo delle previgenti previsioni di legge).

3.2) Stessa censura sotto diverso profilo. Error in iudicando et in procedendo. Violazione e falsa applicazione dell'art. 1 della legge n. 86 del 2001. Violazione e falsa applicazione dell'art. 21 della legge n. 836 del 1973. Violazione e falsa applicazione dell'art. 47 del D.P.R. n. 164 del 2002. Violazione dell'art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241 per difetto di motivazione. Eccesso di potere per errore sui presupposti essenziali. Contraddittorietà

Nell’osservare come la Guardia di Finanza, con precedenti determinazioni, abbia riconosciuto l’indennità nella circostanza reclamata, lamentano gli appellanti che la condotta, nei propri confronti tenuta dall’Amministrazione di appartenenza, sarebbe inficiata sotto il profilo della disparità di trattamento.

Conclude la parte per l’accoglimento dell’appello;
e, in riforma della sentenza impugnata, del ricorso di primo grado, con ogni statuizione conseguenziale anche in ordine alle spese del doppio grado di giudizio.

4. In data 21 gennaio 2021, l’Amministrazione appellata si è costituita in giudizio, analiticamente esponendo – a confutazione di quanto dedotto nell’atto introduttivo – le ragioni di affermata infondatezza dell’appello: del quale viene, conseguentemente, chiesta la reiezione.

5. L’appello viene trattenuto per la decisione alla pubblica udienza telematica del 30 marzo 2021.

DIRITTO

1. L’appellata sentenza ha rilevato che “le ragioni indicate dall’Amministrazione militare a sostegno della propria determinazione sono in linea con il più recente orientamento giurisprudenziale, che ha ricevuto l’avallo anche dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato.

Difatti, è stato affermato che ‘la normativa del 2001 non contiene alcun elemento univocamente orientato a derogare al requisito della distanza chilometrica minima tra le sedi. In questa direzione, l’argomento “letterale”, richiamato dalle sentenze impugnate e prospettato pure dall’indirizzo interpretativo espresso dalla sesta sezione, non risulta persuasivo. A tale riguardo, è sufficiente osservare che anche la precedente disciplina di cui alla legge del 1987, isolatamente considerata sul piano letterale, indicava il presupposto applicativo della prevista indennità nella mera circostanza del “trasferimento di autorità”, senza contemplare, in alcun modo, il requisito della distanza chilometrica minima tra la sede originaria e quella di destinazione. Ma ciò non aveva impedito di affermare che, in base ad una corretta interpretazione sistematica della normativa, per l’attribuzione dell’indennità occorresse comunque il requisito della distanza di almeno dieci chilometri tra le sedi’ (Consiglio di Stato, Ad. plen., 14 dicembre 2011, n. 23;
più di recente, IV, 12 giugno 2012, n. 3616;
IV, 12 giugno 2012, n. 3613)”.

Esclusa la rilevanza assunta dalla qualificazione dello spostamento di sede come riallocazione o trasferimento d’autorità (atteso che, anche in quest’ultimo caso, “è necessario il rispetto della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione per il riconoscimento dell’indennità di trasferimento al personale coinvolto”), il giudice di prime cure ha ulteriormente ritenuto che non possano “assumere rilievo decisivo le precedenti determinazioni della Guardia di Finanza, che hanno qualificato lo spostamento degli odierni ricorrenti come trasferimento di autorità”, atteso che “l’eventuale antecedente illegittimità anche con riferimento alla stessa fattispecie non potrebbe … conformare l’attività futura dell’Amministrazione e perpetuare le illegittimità poste in essere in passato, pena la violazione del principio di legalità sia formale che sostanziale”.

2. Di quanto sopra dato preliminarmente atto, giova brevemente evidenziare il quadro normativo di riferimento.

L’art. 1 della legge 29 marzo 2001, n. 86, comma 1, ha previsto che “ al personale volontario coniugato e al personale in servizio permanente delle Forze armate, delle Forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, agli ufficiali e sottufficiali piloti di complemento in ferma dodecennale di cui alla legge 19 maggio 1986, n. 224, e, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 28, comma 1, del decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, al personale appartenente alla carriera prefettizia, trasferiti d'autorità ad altra sede di servizio sita in un comune diverso da quello di provenienza, compete una indennità mensile pari a trenta diarie di missione in misura intera per i primi dodici mesi di permanenza ed in misura ridotta del 30 per cento per i secondi dodici mesi…” .

L’art. 3 della legge 18 dicembre 1973, n. 836 stabiliva che “… per le missioni di durata inferiore alle 24 ore l'indennità di trasferta spetta in ragione di un ventiquattresimo della diaria interna per ogni ora di missione. Sulle misure orarie risultanti va operato l'arrotondamento per eccesso a lira intera.

Ai fini dell'applicazione del precedente comma, le frazioni di ora inferiori a 30 minuti sono trascurate. Le altre sono arrotondate ad ora intera.

L'indennità di trasferta non è dovuta per le missioni compiute:

a) nelle ore diurne, quando siano inferiori alle quattro ore. Agli effetti del computo si sommano i periodi di effettiva durata interessanti la stessa giornata;

b) nella località di abituale dimora, anche se distante più di 10 chilometri dall'ordinaria sede di servizio;

c) nell'ambito della circoscrizione o zona quando la missione sia svolta come normale servizio d'istituto dal personale di vigilanza o di custodia, quali, in particolare, ufficiali e guardiani idraulici, ufficiali e guardiani di bonifica, cantonieri stradali;

d) nelle località distanti meno di 10 chilometri dalla residenza comunale, ovvero dall'ufficio o impianto dove il dipendente presta servizio se questi ultimi sono ubicati in località isolate …”.

3. La disamina della giurisprudenza formatasi in materia, non può prescindere dal fondamentale arresto, di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio, n. 23 del 14 dicembre 2011, con la quale è stato evidenziato che “ la normativa del 2001 richiama, in modo esplicito, il trattamento economico di missione, il quale è tuttora subordinato, indiscutibilmente, al requisito della distanza minima di dieci chilometri. Il rinvio non riguarda solo il criterio di quantificazione dell’indennità, ma anche uno dei presupposti sostanziali del trattamento economico stabilito per il trasferimento di ufficio. Al proposito, va sottolineato che, secondo l’art. 3 della legge n. 836 del 1973, deve sussistere il requisito della distanza chilometrica per la corresponsione della indennità di missione giornaliera: ne consegue che, per assicurare la coerenza dell’ordinamento, il medesimo requisito deve sussistere anche per la corresponsione dell’indennità mensile di trasferimento”.

Tale orientamento ha, poi, trovato conferma nella successiva sentenza della stessa Adunanza (29 gennaio 2016, n. 1), con la quale è stato affermato che, “ prima dell’entrata in vigore (al 1° gennaio 2013) dell’art. 1, co. 163, l. 24 dicembre 2012, n. 228 – che ha introdotto il comma 1-bis nell’art. 1, l. 29 marzo 2001, n. 86 – spetta al personale militare l’indennità di trasferimento prevista dal comma 1 del medesimo articolo, a seguito del mutamento della sede di servizio dovuto a soppressione (o diversa dislocazione) del reparto di appartenenza (o relative articolazioni), anche in presenza di clausole di gradimento (o istanze di scelta) della nuova sede, purché ricorrano gli ulteriori presupposti individuati dalla norma, ovvero una distanza fra la nuova e l’originaria sede di servizio superiore ai 10 chilometri e l’ubicazione in comuni differenti”.

Nell’osservare come la necessaria presenza, ai fini del riconoscimento dell’indennità di che trattasi, del presupposto integrato da una distanza non inferiore a dieci chilometri fra la sede di appartenenza e quella di nuova assegnazione sia stata, successivamente, ribadita dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr., ex multis, Sez. IV 9 novembre 2019, n. 766), rammenta il Collegio come anche questa Sezione abbia affermato la suindicata coordinata di applicabilità della disciplina in discorso.

Con sentenza 4 maggio 2020, n. 2832, è stato, infatti, osservato che, “ai sensi di quanto sancito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 29 gennaio 2016, n. 1, che richiama quanto già stabilito dall’Adunanza Plenaria 14 dicembre 2011, n. 23, in ordine all’indennità di cui alla L. n. 86-2011, che pure si pone, per molti aspetti, in continuità con quella di cui alla L. n. 100-1987:

a) gli elementi costitutivi del diritto di credito alla corresponsione della indennità di trasferimento sono: I) un provvedimento di trasferimento d'ufficio;
II) una distanza fra la vecchia e la nuova sede di oltre 10 chilometri;
III) l’ubicazione della nuova sede in un Comune diverso;

b) è qualificabile come d’ufficio il trasferimento diretto a soddisfare in via primaria l’interesse pubblico, da ritenersi prioritario nei casi di assegnazione di funzioni superiori o spiccatamente diverse o di maggiore responsabilità rispetto a quelle precedentemente ricoperte senza che rilevino le eventuali dichiarazioni di assenso o di disponibilità dell’interessato;
la considerazione del requisito della permanenza del disagio arrecato dal nuovo incarico a causa del mutamento, in senso proprio, della sede di servizio, induce ad escludere, in linea generale, che in caso di comando o distacco possa essere attribuita l’indennità con la conseguenza che la destinazione alla prima sede di servizio al termine della stessa fase addestrativa non costituisce trasferimento d’autorità (come risulta oggi esplicitato dall’art. 976, comma 1, cod. ord. mil.);

c) in linea generale, e salve le specifiche deroghe normative, l’indennità di trasferimento mutua lo stesso regime giuridico dell’indennità di missione;
da qui gli ulteriori conseguenti corollari: I) la decorrenza retroattiva delle promozioni, eventualmente conseguite dal personale destinatario dell’indennità, non comporta l’attribuzione ex novo del compenso ovvero il ricalcolo per i periodi già decorsi alla data del decreto di promozione (ex art. 4, l. n. 836 del 1973);
II) non spetta il beneficio in ogni caso di assegnazione solo temporanea ad altra sede di servizio (ad esempio in caso di assegnazione ad una diversa sede per facilitare l’esercizio del mandato elettorale), ovvero, atteso il carattere novativo del rapporto, nel caso di superamento di concorso pubblico con il conferimento di posti di ruolo non rientranti nella quota riservata al personale militare già in servizio;

d) anche nella vigenza della L. n. 100-1987, il trasferimento del militare ad altra sede, disposto a seguito della soppressione dell’ente o della struttura alla quale il suddetto dipendente era originariamente assegnato, si qualificava necessariamente come trasferimento d’ufficio in quanto palesemente preordinato alla soluzione di un problema insorto a seguito di una scelta organizzativa della stessa Amministrazione e, quindi, alla tutela di un pubblico interesse, risultando ininfluente la circostanza che gli interessati fossero stati invitati a presentare istanza di trasferimento e che agli stessi fosse stata contestualmente offerta la possibilità d’indicare, per altro entro ben definiti ambiti territoriali, le nuove sedi di gradimento”.

4. Nel rilevare l’assenza di elementi giustificanti la mancata adesione all’orientamento del quale si è dato, precedentemente, conto, non può il Collegio omettere di ribadire che l’attribuzione della speciale indennità economica per il trasferimento d’autorità del personale individuato dall’art. 1, comma 1, della legge 29 marzo 2001, n. 86, è subordinata al requisito generale della distanza minima non inferiore ai dieci chilometri tra la sede di provenienza e quella di destinazione.

Se, conseguentemente, la prospettazione sul punto dedotta dalla parte appellante non si presta a condivisione, parimenti inaccoglibile si rivela la doglianza con la quale la stessa parte ha evidenziato la presenza di pregressi orientamenti, da parte dell’appellata Amministrazione, favorevoli al riconoscimento dell’indennità di che trattasi.

È infatti noto che il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse, non possa essere dedotto allorché venga rivendicata l’applicazione, in proprio favore, di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo;
e ciò in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della Pubblica Amministrazione non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione.

Per l’effetto, una eventuale disparità non può essere risolta estendendo il trattamento illegittimamente più favorevole ad altri riservato a chi, pur versando in situazione analoga, sia stato legittimamente destinatario di un trattamento meno favorevole (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, Sez. IV, 28 giugno 2018, n. 3980).

5. La constatata infondatezza delle doglianze esposte con il presente appello, ne impone la reiezione, con riveniente conferma della sentenza di prime cure.

La particolarità della controversia integra idoneo fondamento giustificativo ai fini della compensazione, fra le parti, delle spese del presente grado di giudizio.

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