Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-30, n. 202105002

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2021-06-30, n. 202105002
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202105002
Data del deposito : 30 giugno 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2021

N. 05002/2021REG.PROV.COLL.

N. 06263/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6263 del 2013, proposto dal
signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall'avvocato A L, con domicilio eletto presso l’avv. Luigi Pettinari in Roma, via Magliano Sabina, 24;

contro

Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Direzione Generale per il personale Militare del Ministero della Difesa - III Reparto, Direzione del Commissariato Militare Marittimo di -OMISSIS-della Marina Militare, Centro di selezione della Marina militare di -OMISSIS-non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del -OMISSIS-resa tra le parti, concernente esercizio di attività extraprofessionale non autorizzata e recupero degli importi percepiti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il Cons. C A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente atto di appello il sottufficiale della Marina militare primo maresciallo -OMISSIS-ha impugnato la sentenza del Tribunale amministrativo regionale delle -OMISSIS-, che ha respinto il ricorso proposto avverso la nota della Marina Militare, Direzione Commissariato Militare Marittimo di -OMISSIS-del 9 maggio 2011 n. 7974, con cui è stato disposto il recupero della somma di euro 166.460,65 (nei limiti del quinto delle competenze mensili spettanti), per l’esercizio di attività extraprofessionale non autorizzata, quale infermiere in strutture sanitarie private svolta tra il 2001 e il 2009;
nonché avverso tutti gli atti preordinati e connessi, in particolare la nota prot. n. M_D GMIL III750158733 dell'11 aprile 2011 del Ministero della Difesa diretta alla Marina militare di -OMISSIS-per l’adozione del provvedimento di competenza, la nota prot. DFP—IFP—RA 0000207 P-del 28 gennaio 2011 della Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della Funzione pubblica con l'allegata relazione del Nucleo polizia tributaria della Guardia di Finanza di -OMISSIS-nella quale si individuavano le prestazioni extraprofessionali svolte dal ricorrente, si quantificavano i compensi indebitamente percepiti;
e per l’accertamento dell'insussistenza del diritto della amministrazione intimata a procedere ad iniziative di recupero o sanzionatorie.

Tali atti erano basati sulla violazione dell’art. 53 comma 7 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165, per cui “ i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti ”.

Con il ricorso di primo grado era stata censurata la violazione dell’art. 896 comma 4 del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, Codice dell’ordinamento militare, sostenendo che i militari non sarebbero disciplinati dalle norme del Testo unico del pubblico impiego e che l’art. 896 del codice dell’ordinamento militare, richiamando solo i commi da 8 a 16- bis dell’art. 53 del d.lgs. n. 165/2001, escluderebbe per i militari l’applicazione del comma 7, applicato quindi erroneamente dall’Amministrazione;
inoltre, lo svolgimento dell’attività libero professionale di infermiere sarebbe comunque liberamente esercitabile da parte del personale militare per effetto degli artt. 1, 208, 212 e 893, codice ordinamento militare, relative al personale militare sanitario, che integrerebbero le disposizioni della legge 1 dicembre 2006 n. 43, relative alle professioni sanitarie infermieristiche;
era stata altresì dedotta la violazione della buona fede e del legittimo affidamento maturato nel corso degli anni, essendo i superiori a conoscenza dell’attività extra lavorativa esercitata anche da parte di altri colleghi e, comunque, in relazione alla incertezza del quadro normativo di riferimento;
in via subordinata era stata sollevata questione di illegittimità costituzionale dell’art. 210 del d.lgs. n. 66/2010, per contrasto con gli artt. 3 e 97 della Costituzione, in quanto consente solo al personale medico e non a quello infermieristico di svolgere attività professionale extra ufficio, mentre la disciplina dell’attività infermieristica posta dalla legge n. 43 del 2006 avrebbe in parte equiparato tale attività professionale alla professione medica;
è stato poi lamentato il difetto di istruttoria e di motivazione nonché la mancata comunicazione di avvio del procedimento;
in via ulteriormente subordinata era stata dedotta la violazione dell’art. 53 comma 7 del d.lgs. n. 165/2001, in quanto prescriverebbe la previa escussione del soggetto erogante e solo in subordine l’escussione del prestatore di lavoro;
inoltre, il compenso da versare all’amministrazione avrebbe dovuto essere calcolato al netto delle imposte già pagate dal dipendente.

Il giudice di primo grado ha respinto tutti i motivi di ricorso, ritenendo applicabile anche al personale militare il comma 7 dell’art. 53 del d.lgs. 165 del 2001, sulla base della previsione del comma 6 del medesimo articolo, richiamando, altresì, l’art. 12 della legge 31 luglio 1954 n. 599, nonché le disposizioni del codice dell’ordinamento militare;
ha escluso la violazione dell’affidamento per la irrilevanza della inerzia dell’amministrazione o di un comportamento tollerante dei superiori;
ha ritenuto la irrilevanza e la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale in relazione alla differenza tra la professione medica e quella infermieristica;
ha considerato avvenuta la comunicazione di avvio del procedimento con la nota dell’11 aprile 2011 e comunque l’attività di natura vincolata;
ha escluso la sussistenza del beneficium excussionis e ritenuto corretto il recupero delle somme effettuate al lordo delle imposte in relazione alla natura (sanzionatoria) della previsione del comma 7.

Con l’atto di appello sono state riproposte tutte le censure del ricorso di primo grado, sostenendo in via preliminare il difetto di giurisdizione, essendo nel frattempo intervenuta, con la modifica introdotta dalla legge 6 dicembre 2012, n. 190 la norma, considerata di natura interpretativa dalla difesa appellante, del comma 7 bis dell’art 53 del T.U. del pubblico impiego, per cui “ l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti” ;
sono stati poi sollevati ulteriori profili di illegittimità costituzionale dell’art. 53 comma 7 per violazione degli artt. 3, 23, 24, 36, 53, 97, 103 Cost.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa che, nella memoria per l’udienza pubblica, ha contestato la fondatezza dell’appello.

Con ordinanza n. 3584 del 12 settembre 2013 è stata respinta la domanda di sospensione dell'efficacia della sentenza impugnata non ravvisando il fumus del buon esito del ricorso e sull'assunto che l'eccezione di giurisdizione non sia proponibile dalla parte che abbia scelto la giurisdizione con la proposizione del ricorso di primo grado.

Con atto sottoscritto anche dalla parte appellante, notificato il 30 marzo 2021 all’Avvocatura dello Stato e depositato in giudizio il 31 marzo 2021, è stata presentata la rinuncia al presente ricorso in appello, chiedendo la dichiarazione di estinzione del giudizio.

All'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2021, tenuta ai sensi dell’art. 25 del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 conv. dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, l’appello è stato trattenuto in decisione.

Ai sensi dell’art. 84 c.p.a., “ la parte può rinunciare al ricorso in ogni stato e grado della controversia, mediante dichiarazione sottoscritta da essa stessa o dall’avvocato munito di mandato speciale e depositata presso la segreteria, o mediante dichiarazione resa in udienza e documentata nel relativo verbale.

Il rinunciante deve pagare le spese degli atti di procedura compiuti, salvo che il Collegio, avuto riguardo a ogni circostanza, ritenga di compensarle.

La rinuncia deve essere notificata alle altre parti almeno dieci giorni prima dell’udienza. Se le parti che hanno interesse alla prosecuzione non si oppongono, il processo si estingue

Anche in assenza delle formalità di cui ai commi precedenti il giudice può desumere dall’intervento di fatti o atti univoci dopo la proposizione del ricorso ed altresì dal comportamento delle parti argomenti di prova della sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione della causa ”.

Nel caso di specie, la rinuncia è stata formalmente notificata alla Amministrazione appellata presso l’Avvocatura dello Stato, nel termine previsto dall’art. 84 comma 3 c.p.a., la quale non ha proposto opposizione.

Alla rinuncia all’appello, consegue, ai sensi dell’art. 35 comma 2 lettera c) c.p.a., la dichiarazione di estinzione del giudizio.

Pertanto deve dichiararsi l’estinzione del presente giudizio.

In considerazione della particolarità della vicenda le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi