Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-03-08, n. 202402260

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2024-03-08, n. 202402260
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402260
Data del deposito : 8 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/03/2024

N. 02260/2024REG.PROV.COLL.

N. 09097/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9097 del 2023, proposto dal Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;



contro

-OMISSIS-, non costituita in giudizio;



per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione prima, n. -OMISSIS-, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

visti tutti gli atti della causa;

relatore, nella camera di consiglio del 29 febbraio 2024, il Consigliere Pier Luigi Tomaiuoli e viste le conclusioni delle parti come da verbale.



FATTO e DIRITTO

1.- Il Ministero dell’interno ha proposto appello avverso la sentenza in epigrafe meglio indicata, con cui il TAR Campania ha accolto il ricorso dell’odierna appellata volto all’accertamento del silenzio- inadempimento dell’Amministrazione sulla sua istanza di aggiornamento della informativa antimafia in precedenza adottata nei suoi confronti e alla conseguente condanna dell’Amministrazione a provvedere.

1.1.- Il giudice di prima istanza ha, in primo luogo, ritenuto sussistente l’obbligo di provvedere, in forza dell’art. 91, comma 5, ultimo periodo, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, nonché nuove disposizioni in materia di documentazione antimafia, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 13 agosto 2010, n. 136), ai sensi del quale il Prefetto, «anche sulla documentata richiesta dell’interessato, aggiorna l’esito dell’informazione al venir meno delle circostanze rilevanti ai fini dell’accertamento dei tentativi di infiltrazione mafiosa».

In secondo luogo, il TAR Campania ha ritenuto applicabile al procedimento in esame, «in mancanza di specifiche statuizioni normative», il «termine generale suppletivo» di 30 giorni di cui all’art. 2, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), termine, questo, ampiamento decorso al momento della proposizione della domanda giudiziale.

Secondo il primo giudice, peraltro, sarebbe stato superato anche «il termine di maggior favore» di 45 giorni di cui all’art. 92, comma 2, del citato codice antimafia, dettato per il rilascio «in via ordinaria» dell’informativa antimafia e in tesi applicabile analogicamente anche all’ipotesi del suo aggiornamento, fermo restando che l’attuale comma 2- bis dell’art. 92 (per come sostituito dall’art. 48, comma 1, lettera a , n. 2, del decreto legge 6 novembre 2021, n. 152, recante «Disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per la prevenzione delle infiltrazioni mafiose», convertito con modificazioni nella legge 29 dicembre 2021, n. 233) stabilisce che la Prefettura di regola comunica i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza, con assegnazione di un termine non superiore a 20 giorni per presentare osservazioni, disponendo che la comunicazione «sospende, con decorrenza dalla relativa data di invio, il termine di cui all’articolo 92, comma 2».

Nel caso di specie, dunque, stante l’ampio superamento dei termini sopra riferiti, il TAR Campania ha accolto il ricorso, assegnando all’Amministrazione resistente 90 giorni per provvedere e condannandola alle spese di lite.

1.2.- Il Ministero appellante deduce, in primo luogo, la persistenza del suo interesse al gravame, anche a seguito dell’intervenuto aggiornamento dell’informativa che ha confermato la sussistenza del pericolo di infiltrazione mafiosa, quanto meno in ragione della condanna

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