Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-03-06, n. 202402199

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2024-03-06, n. 202402199
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202402199
Data del deposito : 6 marzo 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/03/2024

N. 02199/2024REG.PROV.COLL.

N. 00783/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 783 del 2021, proposto da
S C (in proprio e nella qualità di Presidente e legale rappresentante p.t. del Collegio dei liquidatori della Paymove s.p.a. in liquidazione - già Presidente del Consiglio di amministrazione e l.r. della Paymove s.p.a.) e G S (in proprio e nella qualità di Componente del Collegio dei liquidatori della Paymove s.p.a. in liquidazione ordinaria), rappresentati e difesi dall'avvocato A V M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Banca d'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati Piera Coppotelli, Adriana Pavesi e Guido A.M. Crapanzano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Roberto Bocchini in qualità di Commissario Liquidatore della società Paymove s.p.a. in liquidazione coatta amministrativa, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 11021/2020, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze e della Banca d'Italia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2024 il Cons. Giovanni Pascuzzi e uditi per le parti gli avvocati A V M e Guido Crapanzano;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I signori S C (in proprio e nella qualità di Presidente e legale rappresentante p.t. del Collegio dei Liquidatori della Paymove s.p.a. in liquidazione - già Presidente del Consiglio di amministrazione e l.r. della Paymove s.p.a.) e G S (in proprio e nella qualità di Componente del Collegio dei liquidatori della Paymove s.p.a. in liquidazione ordinaria) propongono appello avverso la sentenza del T per il Lazio n. 11021/2020 con la quale è stato rigettato il ricorso (proposto dagli stessi signori C e S) teso ad ottenere l’annullamento:

- del provvedimento del 21 febbraio 2018, con cui la Banca d’Italia comunicava a Paymove s.p.a. l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 113- ter , comma 1°, lett. a) e b), TUB, richiamato dall’art. 114- undecies , comma 2°, TUB;

- del decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze n. 20 del 28.05.2018 con il quale veniva disposta, su proposta della Banca d’Italia, la liquidazione coatta amministrativa della società Paymove s.p.a. con sede in Napoli, alla Via Brin, n. 63;

- della nota prot. n. 0619621/18 del 22.05.2018, con la quale l'Unità di risoluzione e gestione delle crisi della Banca d’Italia proponeva la sottoposizione della Paymove s.p.a. alla liquidazione coatta amministrativa;

- del provvedimento della Banca d’Italia, prot. n. 0651907/18 del 29.05.2018, pubblicato sul sito web della Banca d’Italia, con il quale si procedeva alla nomina del Commissario Liquidatore della Paymove in l.c.a. nonché dei Componenti del Comitato di Sorveglianza;

- per quanto di ragione del provvedimento della Banca d’Italia di revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività, disposto nei confronti di Paymove s.p.a. in l.c.a., adottato con delibera n. 312 del 21.06.2018, non conosciuta, apparso sul sito web della società con Comunicato del 25.06.2018;

- ogni ulteriore atto presupposto, preparatorio, connesso, conseguente e/o consequenziale.

2. Gli appellanti espongono le seguenti premesse in fatto:

- Paymove s.p.a. è un Istituto di Pagamento (IP) sottoposto alla disciplina del TUB appositamente dedicata a tale particolare figura di intermediario finanziario (titolo V- ter ), in attuazione della c.d. PSD1 ( Payment Service Directive ), recepita con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, nonché della c.d. PSD2, recepita tramite il d.lgs. 15 dicembre 2017, n. 218;

- Paymove s.p.a. è un IP specializzato nel servizio di convenzionamento di esercizi commerciali per l’accettazione di carte di pagamento (c.d. acquiring ), specialmente tramite dispositivi di mobile-POS (M-POS) che consentono agli esercenti l’accettazione di strumenti di pagamento per mezzo di un software installato sul proprio dispositivo ( smartphone , tablet e così via), senza doversi dotare di POS fisici (servizio comunque offerto in seguito);

- l’Istituto ha ottenuto l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di IP in data 22 luglio 2014;

- in virtù del possesso dei requisiti per l’ottenimento della qualifica di start-up innovativa, Paymove s.p.a. è stata iscritta dapprima nell’apposita sezione speciale del Registro delle Imprese di Napoli con tale qualifica ed in seguito - in esito alla richiesta di passaggio da start-up innovativa a P.M.I. innovativa, per il venir meno del requisito di cui all’art. 25, comma 2°, lett. b), d.l. n. 179/2012 (ossia la costituzione da non più di sessanta mesi di tempo) - è stata iscritta nell’apposita sezione speciale in qualità di P.M.I. innovativa;

- la Banca d’Italia constatava, alla data del 23 gennaio 2018, l’esistenza di un patrimonio negativo di 218.834 euro, stando ai dati contabili acquisiti dall’Organo Amministrativo;

- con nota del 21/2/2018, Banca d’Italia comunicava a Paymove s.p.a. l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione ai sensi dell’art. 113- ter , comma 1°, lett. a) e b), TUB;

- il successivo 23 aprile 2018 l’assemblea straordinaria della società deliberava di propria iniziativa la messa in liquidazione volontaria della stessa società attesa la situazione patrimoniale aggiornata emergente al 31 dicembre 2017, dalla quale risultava, al netto delle riserve e degli altri fondi disponibili, che le perdite incidenti sul capitale sociale ammontavano a 592.123,00 euro, da cui il patrimonio netto a valori negativi pari a 314.346,00 euro;

- nella stessa occasione, l’assemblea deliberava la nomina di un collegio di tre liquidatori composto e formato dagli stessi tre precedenti consiglieri di amministrazione (S C, in qualità di Presidente;
G S e F S, quali componenti, con attribuzione al primo della legale rappresentanza);

- detta circostanza era formalmente comunicata con nota del 23.04.2018 inviata a mezzo pec alla Banca d’Italia, cui faceva seguito l’ulteriore comunicazione via pec del 4 maggio 2018, con la quale si forniva, tra l’altro, una prima ricognizione delle partite attive e passive;

- l’Unità di risoluzione e gestione delle crisi di Banca d'Italia proponeva, con nota del 22/5/2018 al competente MEF, la sottoposizione di Paymove s.p.a. alla liquidazione coatta amministrativa;

- con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze del 28 maggio 2018 Paymove s.p.a. è stata posta in liquidazione coatta amministrativa ai sensi degli artt. 80 ss. TUB, richiamati dall’art. 113- ter TUB, cui a sua volta rinvia il successivo art. 114- undecies TUB;

- con successivo provvedimento della Banca d’Italia del 29.05.2018 venivano nominati Commissario Liquidatore il Prof. Avv. Roberto Bocchini, nonché Componenti del Comitato di Sorveglianza i signori Avv. Raffaello Carinci, Prof. Oreste De Cicco e Dr.ssa Simonetta Di Simone;

- con il Comunicato del 25 giugno 2018 interveniva con ulteriore provvedimento la c.d. revoca della licenza.

3. Avverso detti provvedimenti veniva proposto ricorso al T per il Lazio sulla base dei seguenti motivi:

I. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB - Violazione e falsa applicazione degli artt. 2484 ss. c.c. e dell’art. 26 d.l. n. 179/2012 - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

Si lamentava la violazione degli artt. 2484 ss. c.c. e dell’art. 26 d.l. n. 179 del 2012, in considerazione della qualificazione della Paymove quale start-up innovativa che investe in ricerca e sviluppo, con conseguente applicazione della disciplina di favore che prevede, per dette società, in caso di perdite, la possibilità di sospendere i presidi a tutela del capitale sociale, rinviando le decisioni in materia di ricapitalizzazione per un intero esercizio. Su tali basi, si deduceva la lacunosità dell’istruttoria, la carenza di motivazione, oltre all’erroneità dei presupposti e ad ulteriori indici sintomatici del vizio di eccesso di potere.

II. Violazione di legge: ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB - Ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 2484 ss. c.c. - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

Si lamentava l’omessa considerazione da parte della Banca d’Italia della deliberazione di assemblea del 23 aprile 2018, con la quale è stata disposta la liquidazione volontaria della società con la conseguenza che, venendo in rilievo l’avvio di una fase funzionale all’uscita dell’operatore dal mercato, non era necessario il possesso del capitale minimo, pari nel caso di specie ad euro 125.000,00, difettando, pertanto, il presupposto al quale è subordinata la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa, costituito dalle perdite di eccezionale gravità. In tale quadro, la difesa di parte ricorrente rilevava anche che la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa ha determinato la dispersione del patrimonio aziendale, composto dalla clientela, la piattaforma, i software proprietari ed il know how , il cui valore era e sarebbe stato superiore alle perdite maturate e maturande, impedendo di fatto l’ordinata uscita dal mercato prevista con la messa in liquidazione ordinaria. Anche relativamente all’ulteriore presupposto, costituito dalle contestate violazioni della disciplina antiriciclaggio, venivano articolate specifiche deduzioni, sostenendone l’insussistenza ovvero l’assenza del connotato della gravità.

III. Violazione di legge: ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

Nel lamentare la radicale assenza di un accertamento da parte dell’Autorità di vigilanza in ordine alla mancanza dei presupposti per il regolare svolgimento della liquidazione ordinaria, si sottolineava la rilevanza della manifestazione di intenti formulata dalla società Silk Road International , oltre all’interesse manifestato da altra cordata di imprenditori, formata da Top Camping s.r.l., T.M.I. s.r.l. e Delfi s.r.l., ed ad ulteriori elementi, tra i quali anche la possibile presentazione da parte del collegio dei liquidatori di un programma di liquidazione, in alternativa alla cessione dell’azienda.

IV. Violazione di legge: ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

Veniva contestato l’acritico recepimento da parte del Ministero dell’economia e delle finanze della proposta della Banca d’Italia di sottoposizione della Paymove a liquidazione coatta amministrativa, con evidente sussistenza, ad avviso di parte ricorrente, di lacunosità sul piano istruttorio e motivazionale.

V. Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli artt. 2487 ss. c.c. - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

Veniva censurata la violazione degli artt. 2487 ss. c.c., avendo le Amministrazioni intimate ignorato la circostanza costituita dalla messa in liquidazione della Paymove s.p.a., anche in relazione “all’intervenuta modifica della denominazione della società, non più “Paymove s.p.a.”, bensì “Paymove s.p.a. in liquidazione”, che avrebbe dovuto indurre “ad archiviare il procedimento avviato nei confronti della società in bonis e, a tutto voler concedere, riattivarlo nei confronti della Paymove s.p.a. in liquidazione”.

4. Nel giudizio di primo grado si sono costituiti il Ministero dell'Economia e delle Finanze e la Banca d'Italia chiedendo il rigetto del ricorso.

5. Con sentenza n. 11021/2020 il T per il Lazio ha rigettato il ricorso.

5.1 In relazione al primo motivo di ricorso, il T ha ritenuto che la caratterizzazione della società Paymove in termini di start-up innovativa, per la quale è prevista, in forza delle previsioni del d.l. n. 179 del 2012, una disciplina di favore per la gestione delle perdite, non determina alcuna incidenza in relazione al rispetto dei puntuali vincoli e requisiti che, in quanto istituto di pagamento, è tenuta ad osservare in applicazione delle previsioni del TUB ,con precipuo riferimento a quelli di carattere patrimoniale che devono essere posseduti in sede di autorizzazione e permanere nel corso dell’attività. Proprio la qualificazione di istituto di pagamento determina la sottoposizione alle disposizioni recate dal titolo V- ter del TUB e alla normativa di attuazione della Banca d’Italia, in funzione della tutela dei rilevanti interessi pubblici implicati nel settore di riferimento.

5.2 Il primo giudice ha quindi affermato che:

- a livello di sistema emerge la persistenza di un interesse generale ad un effettivo controllo pubblico pure successivamente alla deliberazione della liquidazione volontaria (cfr. art. 113- ter , comma 3- bis , del TUB);

- nella fattispecie l’avvio del procedimento di revoca è scaturito dagli esiti dell’attività di vigilanza, che ha fatto emergere inadeguatezze dell’assetto proprietario a sostenere lo sviluppo dell’attività dell’intermediario, il deterioramento tecnico gestionale e anomalie con riferimento ai presidi antiriciclaggio;

- con la nota del 20 luglio 2017, l’Autorità di vigilanza ha, tra l’altro, rilevato la sussistenza di risultati economici fortemente deficitari e non coerenti con il programma di attività posto a corredo dell’istanza di autorizzazione, con formulazione di una serie di prescrizioni e la prefigurazione delle sole alternative della ricapitalizzazione ovvero della messa in liquidazione, come ribadito con successiva nota del 15 settembre 2017, nonché l’ulteriore sollecito dell’11 ottobre 2017, data in cui già era stato registrato, tra l’altro, un patrimonio negativo, inferiore ad euro 125 mila euro imposto quale requisito imprescindibile dalla normativa di settore;

- la sussistenza di tali evidenze non è né contestata né superata dalle deduzioni di parte ricorrente, emergendo, comunque, per tabulas dalla documentazione in atti dalla quale, anzi, si evince una condotta dilatoria della società;

- alla data del 23 gennaio 2018 i dati contabili acquisiti dall’organo amministrativo della società hanno attestato un patrimonio negativo netto di 218.834 euro e, inoltre, con la comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione, l’Autorità di vigilanza ha adeguatamente esplicitato l’aggravamento delle criticità, suscettibili di determinare un pregiudizio diretto delle ragioni dei creditori;

- nel corso dell’incontro tenutosi in data 13 aprile 2018 presso gli uffici dell’Unità di Risoluzione e Gestione delle Crisi gli esponenti di Paymove hanno riferito dell’impossibilità degli attuali soci di ripristinare una dotazione patrimoniale;

- con la deliberazione di assemblea straordinaria, nell’approvare la sottoposizione a liquidazione volontaria, è stato dato atto della sussistenza di perdite per 726.147 euro che hanno portato il patrimonio netto ad assumere valore negativo per 314.326 euro;

- del tutto legittimamente la Banca d’Italia ha, per un verso, proseguito il procedimento di revoca dell’autorizzazione e, inoltre, ha avanzato la proposta al Ministro dell’economia e delle finanze di sottoposizione della società a procedura di liquidazione coatta amministrativa;

- la conclamata sussistenza di perdite di eccezionale gravità costituisce presupposto sufficiente ai fini dell’adozione dei provvedimenti gravati, a prescindere dalla violazione della disciplina in materia di antiriciclaggio, con conseguente ininfluenza, dunque, delle deduzioni di parte ricorrente dirette a contestare la sussistenza di dette violazioni.

5.3 Il T ha quindi affermato che la Banca d’Italia ha fatto riferimento al requisito patrimoniale di 125 mila euro nella comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione, mentre la necessità di disporre la sottoposizione a liquidazione coatta amministrativa è stata determinata dalla necessità di assicurare il regolare svolgimento della procedura liquidatoria, tenuto conto della circostanza che la società Paymove non ha dimostrato di essere in grado di assolvere "in toto" alle obbligazioni contratte nel contesto della liquidazione volontaria.

5.4 Il primo giudice ha ritenuto infondate le deduzioni con le quali si lamentava l’assenza di un’adeguata valutazione delle circostanze che avrebbero consentito la prosecuzione della liquidazione volontaria, segnatamente riferite alla presentazione di manifestazioni di interesse ed al programma che avrebbe potuto essere proposto ed attuato dai liquidatori nominati dall’assemblea straordinaria.

In particolare il T ha affermato che:

- nella proposta avanzata al Ministro dell’economie e delle finanze, la Banca d’Italia ha rilevato la mancanza di risorse patrimoniali della società per far fronte ai debiti in essere e a quelli prospettici, in ragione delle “perdite di eccezionale gravità” tali da privare la Paymove dell’intero patrimonio, alla stregua delle evidenze attestate dalla stessa società;

- proprio tali evidenze, associate alle segnalazioni di vigilanza pervenute alla Banca d’Italia nel complesso della documentazione prodotta, escludono l’attendibilità dell’affermazione, contenuta nella nota presentata in data 4 maggio 2018 e funzionale ad accreditare la sussistenza di una capacità di onorare totalmente le obbligazioni assunte, circa la sussistenza di un attivo per 514.500 euro ed un passivo per 461.802 euro;

- non emergono irragionevolezze in relazione alla valutazione della proposta di intenti riferita alle trattative avviate con la società Silk Road , debitamente vagliate dalla Banca d’Italia, la quale ha rilevato la mancanza di impegni precisi e vincolanti a sottoscrivere un aumento di capitale dell’istituto di pagamento, con incertezze anche con riferimento alle tempistiche della eventuale ricapitalizzazione a fronte delle perdite di eccezionale gravità riscontrate;

- le trattative avviate con altre società non si sono mai concretate in nessun atto di impegno.

5.5 Il primo giudice ha precisato che gli atti posti in essere dalle Autorità di vigilanza, costituiscono esplicazione di potere amministrativo caratterizzato da discrezionalità tecnica. I loro atti sono sindacabili innanzi al giudice amministrativo in sede di legittimità, oltre che per vizi di incompetenza e di violazione di legge, solo per illogicità manifesta, quale figura sintomatica di eccesso di potere, non potendo il giudice amministrativo sostituire proprie valutazioni a quelle dell’organo di controllo. Nel caso specifico non emergono né irragionevolezze né arbitrarietà ovvero erroneità nei presupposti alla base dell’adozione degli atti gravati.

5.6 Il T ha respinto le deduzioni dirette a contestare la carenza di istruttoria e di motivazione del decreto gravato, articolate in ragione del contestato acritico recepimento da parte del Ministro dell’economia e delle finanze della proposta formulata dalla Banca d’Italia affermando che:

- il decreto impugnato non presenta lacune sul piano dei giustificativi che ne hanno determinato l’adozione, essendo motivato per relationem attraverso il rinvio alla proposta della Banca d’Italia;

- le previsioni di cui agli artt. 80 ss. del TUB, nell’individuare i presupposti necessari ai fini dell’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa, disciplinano anche le competenze istituzionali nella fase iniziale della stessa, attribuendo un ruolo primario all’atto di impulso dell’Autorità di vigilanza;

- dalla documentazione versata in atti emerge lo svolgimento di una istruttoria adeguata.

5.7 Il primo giudice ha respinto anche l’ultimo motivo di ricorso ritenendo che la liquidazione volontaria deliberata dall’assemblea straordinaria della società non ha determinato alcuna incidenza sostanziale e che, comunque, come già rilevato, i poteri di vigilanza e controllo di cui la Banca d’Italia è attributaria si esplicano anche in relazione alla fase liquidatoria, prevedendo l’art.113- ter del TUB espressamente che: « Nei confronti della società in liquidazione restano fermi i poteri delle autorità creditizie previsti nel presente decreto legislativo ».

6. Avverso la citata sentenza n. 11021/2020 del T per il Lazio hanno proposto appello i signori C e S per i motivi che saranno di seguito analizzati.

7. Si sono costituiti la Banca d’Italia e il Ministero dell’Industria chiedendo il rigetto dell’appello.

8. All’udienza del 22 febbraio 2024 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Il primo motivo di appello è rubricato: Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB, nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 2484 ss. c.c. - Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione – Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

La parte appellante muove censure alla sentenza impugnata nella parte in cui la stessa evidenzia una condotta dilatoria della società e le criticità nella situazione patrimoniale della società, affermando che:

- il comportamento di Paymove s.p.a. non è stato intempestivo e/o tardivo in relazione alla situazione patrimoniale della società;

- la delibera di messa in liquidazione della società è avvenuta appena tre mesi dopo il 23 gennaio 2018, in un arco temporale assolutamente conforme agli artt. 2446 e 2447 c.c. e rispettoso degli obblighi gravanti sugli amministratori di società di capitali;

- è vero che la sentenza impugnata ricollega la tardività della messa in liquidazione in rapporto alle perdite accertate, ma si tratta di un patrimonio netto negativo di 218.834 euro, ossia di una cifra assolutamente ridotta (senza contare che da tale cifra deve sottrarsi l’ulteriore importo di 125.000 euro corrispondente al capitale sociale);

- in pratica, la liquidazione coatta amministrativa è stata disposta per perdite corrispondenti a 93.834,00 euro;

- Banca d’Italia ha ritenuto perdite di eccezionale gravità quelle ammontanti a scarsi 100.000 euro, senza dare il tempo alla società stessa di uscire ordinatamente dal mercato;

- non c’è stato il tempo di valorizzare e liquidare gli assets che avrebbero consentito di soddisfare integralmente tutti i creditori;

- che questo non sarebbe stato possibile è del tutto indimostrato e non è stato oggetto di alcuna istruttoria da parte di Banca d’Italia;

- la richiesta di apposita CTU e/o verificazione non può che essere reiterata anche nel presente giudizio al fine di accertare se, ed in quale misura, sussisteva uno sbilancio patrimoniale della società ed una effettiva possibilità di realizzare o meno una liquidazione volontaria della società, previa acquisizione di tutta la documentazione necessaria, contabile e non, dal Commissario Liquidatore in base al c.d. principio dispositivo con metodo acquisitivo.

1.1 Il motivo di appello è infondato.

1.1.1 La difesa della Banca d’Italia ha ribadito le seguenti circostanze attestate sul piano documentale:

- la Banca d’Italia ha segnalato con una nota del luglio 2017 la critica situazione aziendale, chiedendo di formulare un piano di ricapitalizzazione idoneo a ripristinare nel più breve tempo possibile, e comunque entro 30 giorni, condizioni durature di adeguatezza patrimoniale ovvero a convocare l’assemblea per deliberare la messa in liquidazione per consentire l’ordinata uscita dal mercato;

- la Banca d’Italia ha inviato il 15 settembre e l’11 ottobre 2017 ulteriori richieste di ricapitalizzazione nelle quali si segnalava che il patrimonio di vigilanza dell’intermediario si attestava al di sotto del requisito di 125 mila euro imposto dalla normativa di settore;

- la Paymove faceva seguito alle richieste della Banca d’Italia con due ulteriori comunicazioni del 31 ottobre e del 17 novembre 2017, formulate in termini generici, e con una successiva comunicazione del 23 gennaio 2018, nella quale dichiarava di possedere un patrimonio netto negativo per euro 218.834 alla data del 31 ottobre 2017 e di aver deliberato la convocazione dell’assemblea straordinaria ai sensi degli artt. 2446 e 2447 c.c., affermando di aver avviato delle interlocuzioni per individuare nuovi soci interessati a sottoscrivere un aumento di capitale;

- la Banca d’Italia comunicava alla Paymove, con lettera del 21 febbraio 2018, l’avvio del procedimento di revoca dell’autorizzazione, invitando l’intermediario ad attestare entro 15 giorni di avere a disposizione le risorse patrimoniali per far fronte ai debiti in essere e prospettici, quale precondizione necessaria per valutare la percorribilità di una liquidazione volontaria;

- in data 13 aprile 2018 si svolgeva presso l’Unità di Risoluzione e gestione delle crisi della Banca d'Italia un incontro con la Paymove, in cui quest’ultima riferiva di aver accertato l’esistenza di un deficit patrimoniale che, alla data del 31.12.17, era superiore a 300.000 euro e, alla data dell’incontro, era stimabile in oltre 400.000 euro. La Paymove chiedeva attendersi l’assemblea del successivo 23 aprile, entro cui sarebbe dovuto avvenire il versamento di 600.000 euro da parte di investitori terzi;

- all’assemblea straordinaria del 23 aprile 2018 veniva verificata l’indisponibilità dei soci e dei terzi alla ricapitalizzazione e, vista la situazione contabile e patrimoniale della società al 31.12.2017, che esponeva un patrimonio netto negativo per 314.326 euro, veniva deliberato lo scioglimento e la liquidazione della Paymove;

- la Banca d’Italia proponeva quindi al MEF l’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa della Paymove, oggetto dell’odierno giudizio di impugnazione;

- successivamente i commissari liquidatori della Paymove accertavano che, alla data dell’insediamento (1° giugno 2018), il deficit patrimoniale della società ammontava a euro 695.572.

1.1.2 Alla luce dei dati di fatto esposti:

- correttamente il primo giudice ha ritenuto sussistente una condotta dilatoria della società che, nello sviluppo delle interlocuzioni intercorse con la Banca d’Italia, disponeva di elementi ampiamente idonei ad escludere la possibilità di ovviare, in assenza della ricapitalizzazione e nel quadro complessivo delle evidenze acquisite ed esaminate dall’Autorità di vigilanza, alla liquidazione coatta amministrativa attraverso una intempestiva, perché tardiva in rapporto alla situazione patrimoniale della società, deliberazione di assemblea straordinaria di sottoposizione a liquidazione volontaria;

- non si può sostenere che il deficit patrimoniale dell’intermediario fosse, tutto sommato, contenuto perché alla data del 31 ottobre 2017 ammontava già a euro 218.834, alla data del 31 dicembre 2017 era salito a 314.326 euro, e alla data del 1 giugno 2018 – data di insediamento degli organi della liquidazione – aveva raggiunto la cifra di euro 695.572;

- come allegato dalla Banca d’Italia, non esistevano attivi diversi dalle attività finanziarie detenute (e pari a 631.000 euro), che potessero essere valorizzati al fine di soddisfare integralmente tutti i creditori (che avanzavano pretese patrimoniali per più di 1,3 milioni di euro).

1.1.3 Da quanto esposto consegue che non ci sono i presupposti per accogliere l’istanza istruttoria avanzata dagli appellanti.

2. Il secondo motivo di appello è rubricato: Violazione di legge. Violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB, nonché degli artt. 2484 ss. c.c. e dell’art. 26 d.l. n. 179/2012 - Eccesso di potere: Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

La parte appellante sostiene che:

- in fase di start-up , la società può andare incontro a perdite fisiologiche, specie se si tratta di settori innovativi, come nel caso di specie;

- tanto è vero che l’art. 26 d.l. n. 179/2012 (per effetto del richiamo dell’art. 9 d.l. n. 3/2015) inibisce la causa di scioglimento della società ex art. 2484, comma 1°, n. 4, c.c., in uno con un esercizio di tregua per la gestione delle perdite superiori al terzo del capitale sociale (evenienza che, nel caso de quo , significa per tutto il 2018);

- di tale circostanza avrebbe dovuto tenere conto Banca d’Italia ed il giudice di prime cure secondo il quale tale disciplina di favore per la gestione delle perdite non determina alcuna incidenza in relazione al rispetto dei puntuali vincoli e requisiti che, in quanto istituto di pagamento, la società è tenuta ad osservare in applicazione delle previsioni del TUB;

- il TUB certamente si applica a Paymove s.p.a., ma la disciplina speciale dettata per le imprese innovative può ben applicarsi in via cumulativa insieme a quella del testo unico bancario, giacché non è affatto vero che l’una esclude l’altra;

- non è vero, come pure affermato dalla sentenza impugnata, che la disciplina delle imprese innovative esonera dall’obbligo di osservare i requisiti patrimoniali previsti per gli IP dalla normativa di settore;

- la regolamentazione di favore invocata dai ricorrenti semplicemente attribuisce un esercizio di tregua per la gestione delle perdite;

- tale regola deve essere applicata agli IP perché non compromette gli interessi di nessuno (certamente non quelli dei risparmiatori perché gli Istituti di pagamento non gestiscono soldi dei risparmiatori);

- gli Istituti di pagamento hanno semplicemente i loro fornitori (e dipendenti) come tutte le imprese;
- Banca d’Italia avrebbe potuto operare nel senso di salvaguardare l’attività produttiva in questione, ed i lavoratori, non viceversa;

- tale rigida applicazione delle norme non appare essere stata utilizzata in altri casi di Istituti di pagamento dalla Banca d’Italia, dove magari non sussistevano neanche discipline di favore previste per le imprese innovative e per il caso in esame;

- se la preoccupazione dell’Autorità di Vigilanza, infatti, ha riguardato la tutela degli interessi dei creditori, nulla cambia rispetto a qualsiasi impresa innovativa che gode della qualifica di start-up o di P.M.I. innovativa;

- infatti, proprio gli interessi dei creditori sono messi in secondo piano – sia pure per un solo esercizio – dinanzi ad imprese innovative, quale è Paymove s.p.a., in ragione di un favor per lo sviluppo delle imprese ad alto impatto tecnologico;

- non si comprende il motivo per il quale di tale regime di favore non può godere anche Paymove s.p.a.;
regime in grado di escludere l’esistenza del requisito delle perdite per un intero esercizio e, quindi, della legittimità della l.c.a.

2.1 Il motivo è infondato.

Il d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (cd. "decreto crescita-bis"), convertito con modificazioni dalla l. 17 dicembre 2012, n. 221, contiene nella Sezione IX un'organica disciplina dell'impresa " start-up innovativa". Nel tempo, tale disciplina è stata più volte modificata, in particolare dal d.l. n. 76 del 2013, convertito dalla l. n. 99 del 2013, quindi dal d.l. n. 3 del 2015, convertito dalla l. n. 33 del 2015, e poi dal d.l. n. 50 del 2017, convertito dalla l. n. 96 del 2017. Le finalità dell'intervento legislativo sono dichiaratamente quelle di contribuire allo sviluppo di nuova cultura imprenditoriale, alla creazione di un contesto maggiormente favorevole all'innovazione, così come a promuovere maggiore mobilità sociale e ad attrarre in Italia talenti, imprese innovative e capitali dall'estero mediante l'attribuzione di un regime giuridico di favore che include agevolazioni di carattere fiscale, contributivo, lavoristico, societario e concorsuale (Cass. Civile, sez. I, 04/07/2022, n. 21152).

Ma il regime di favore non può giungere a sottrarre le start-up dall’applicazione di altre discipline volte a tutelare interessi ugualmente meritevoli di tutela. Diversamente opinando la start-up innovativa assurgerebbe ad un unicum di assoluta impermeabilità alle diverse forme di controllo predisposte allorché vengono in rilievo diritti di terzi e interessi generali dell'ordinamento da tutelare.

Pur essendo una start-up innovativa, la Paymove rivestiva il ruolo di Istituto di pagamento e, quindi, come tale, soggetta alla disciplina dettata dal TUB.

Il d.l. 179/2012 dispone alcune (limitate) deroghe a determinati istituti di diritto societario, ma non dispone alcuna deroga alle regole pubblicistiche applicabili ai settori speciali, e in particolare a quello finanziario. Di conseguenza i poteri della Banca d’Italia di disporre la revoca dell’autorizzazione della Paymove e di proporne la liquidazione coatta non trovavano alcuna limitazione.

La disciplina delle imprese start-up innovative recede di fronte alla disciplina speciale, di derivazione europea, dettata per gli Istituti di pagamento, in quanto la disciplina speciale è dettata a tutela di interessi pubblici.

Come rilevato dal primo giudice, la qualificazione di Istituto di pagamento determina la sottoposizione alle disposizioni recate dal titolo V- ter del TUB e dalla normativa di attuazione della Banca d’Italia, in funzione della tutela dei rilevanti interessi pubblici implicati nel settore di riferimento.

3. Il terzo motivo di appello è rubricato: Violazione di legge. Violazione del principio del giusto procedimento amministrativo - Eccesso di potere - Eccesso di potere per difetto di istruttoria (alla luce della messa in liquidazione, quale fatto nuovo e sopravvenuto) - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

La parte appellante sostiene che:

- nulla dice la sentenza impugnata in ordine alla necessità di consentire alla società di avviare la concreta liquidazione dell’impresa, a seguito della messa in liquidazione, ovvero di integrare l’istruttoria effettuata da Banca d’Italia, avviata rispetto alla società in fase attiva ed in ordinario funzionamento;

- nella missiva del 4 maggio 2018 inviata via pec dal Collegio dei Liquidatori a Banca d’Italia, veniva fornita, tra l’altro, una prima ricognizione delle poste attive e passive, nonché un possibile programma di liquidazione, in alternativa alla cessione dell’azienda, esponendo una situazione debitoria e creditoria con eccedenza delle attività sulle passività in esito alla messa in liquidazione (in particolare: attività per euro 514.500,00 e passività per euro 461.802,00). Il tutto con valutazioni effettuate secondo criteri liquidatori, vale a dire tenendo presente valori di prudente realizzo per le attività e di estinzione delle passività;

- nessuna considerazione, al riguardo, ha ritenuto di dover svolgere Banca d’Italia, là dove avrebbe dovuto, invece, spiegare e motivare il perché un simile programma non poteva essere attuato;

- nessun cenno esiste sul punto nel provvedimento di Banca d’Italia con cui si è proposta l’apertura della l.c.a.;

- nessun riscontro è stato mai dato rispetto a tale piano di liquidazione, quale alternativa praticabile in mancanza della cessione dell’intero complesso aziendale, come esposto nella stessa comunicazione del 4 maggio 2018;

- nulla dice la sentenza impugnata in ordine a tali censure mosse al comportamento tenuto da Banca d’Italia, che avrebbe dovuto attendere almeno lo svolgimento di una prima fase delle operazioni liquidatorie, ovvero avrebbe dovuto integrare l’istruttoria, eventualmente anche tramite ispezioni e/o richiesta di ulteriore documentazione;

- la sentenza giudica corretto il comportamento di Banca d’Italia rispetto alla valutazione relativa alla sola ipotesi di liquidazione tramite cessione dell’intero complesso aziendale, ma nulla dice in ordine al programma di cessione per singoli cespiti attraverso il pagamento dei vari creditori con falcidia del 30%;

- la sentenza si limita, infatti, a reputare poco concrete le trattative in atto per l’alienazione dell’intero complesso aziendale, e a ritenere che si tratta di valutazioni tecniche e discrezionali, insindacabili da parte del giudice amministrativo, se non per illogicità manifesta;

- ma è proprio quanto accaduto nel caso di specie, giacché, da un lato, con la pec del 4 maggio 2018, il collegio dei liquidatori evidenziava che la trattativa con la Silk Road International I.L. era in stadio avanzato ed era stato manifestato l’impegno a versare la somma complessiva di 800.000,00 euro, di cui euro 200.000,00 destinata ai soci ed euro 600.000,00 al ripianamento delle perdite ed alla ricapitalizzazione (con apposita lettera di intenti del 3 maggio 2018, allegata alla citata comunicazione del 4 maggio 2018);
dall’altro, il collegio dei liquidatori rappresentava alla Banca d’Italia un possibile programma di liquidazione, in alternativa alla cessione dell’azienda, esponendo, come detto, una possibile eccedenza delle attività sulle passività in esito alla messa in liquidazione (attività per euro 514.500,00 e passività per euro 461.802,00);

- nessuna considerazione di Banca d’Italia esiste al riguardo: di qui la necessità della consulenza tecnica di ufficio, ovvero sulla verificazione in modo da appurare la correttezza del programma di liquidazione, fermo restando in ogni caso l’eccesso di potere di Banca d’Italia che non ha effettuato sul punto alcuna valutazione;

- nessuna effettiva valutazione è stata svolta da Banca d’Italia in proposito, quantomeno in ordine alla liquidazione atomistica del patrimonio sociale, ove si voglia considerare incensurabile la sbrigativa e formalistica valutazione circa l’impegno assunto con la Silk Road ;

- a fortiori, da parte sua, il MEF, attesa la mancanza di un contraddittorio procedimentale ex art. 7 l. n. 241/90, e stante questa carenza, ancor di più non avrebbe dovuto esimersi dallo svolgere un’autonoma istruttoria di verifica e di controllo dei fatti e delle circostanze dedotti dall’Autorità di vigilanza, anche mediante rinvio alla stessa Banca d’Itala della proposta di l.c.a. al fine di disporre l’opportuna integrazione dell’istruttoria;

- la discrezionalità del MEF coinvolge, in particolare, l’ an nell’emanazione del decreto e, perciò, il Ministero non deve far proprie in modo passivo le risultanze dell’asserita istruttoria svolta da parte della Banca d’Italia, ma, al contrario, deve “farsi parte attiva”, ripetere gli accertamenti effettuati o, perlomeno, analizzare in modo critico l’atto propositivo dell’Autorità di vigilanza, allo scopo di pervenire ad un giudizio autonomo, che può coincidere con quello della Banca d’Italia o meno, in relazione al giudizio di sussistenza dei presupposti;

- il MEF avrebbe dovuto quindi considerare e dare contezza nella motivazione di aver richiesto alla Paymove s.p.a., nell’ambito di una propria autonoma istruttoria, chiarimenti in relazione alla mutata situazione patrimoniale, per effetto della deliberata messa in liquidazione volontaria;

-per lo stesso motivo, avrebbe dovuto riesaminare la persistente sussistenza dei presupposti per i quali era stata richiesta l’adozione del provvedimento di l.c.a. da parte dell’Autorità di vigilanza;

- il comportamento del tutto passivo ed acritico, privo di qualsivoglia autonoma deduzione, emerge dal complessivo contegno processuale tenuto dal MEF, il quale si è limitato ad un totale e pigro richiamo della difesa svolta da Banca d’Italia, come riconosciuto dalla stessa sentenza impugnata, a pag. 15, dove si compensano le spese di lite con il Ministero resistente in quanto “costituitosi con atto di mera forma e dunque in considerazione del limitato apporto fornito alla dialettica processuale”;

- come a dire, che l’interesse generale del MEF è soltanto quello di eliminare dal mercato le imprese sottoposte a l.c.a., ma non quello di evitare che ciò possa accadere ingiustamente, a protezione di altro interesse – che sembrerebbe del pari superiore – di tutelare la libertà ed il mantenimento dell’impresa;
e, ancor più, di quelle attività produttive ad alto impatto in termini di sviluppo e ricerca.

3.1 Il motivo è infondato.

3.1.1 Il primo giudice, come richiamato in narrativa, ha analizzato in maniera esaustiva e condivisibile il percorso valutativo compiuto dall’Autorità e le fonti utilizzate a supporto. Gli elementi che inducono a ritenere corretta la conclusione raggiunta sono:

- nella proposta avanzata al Ministro dell’economie e delle finanze, la Banca d’Italia ha rilevato la mancanza di risorse patrimoniali della società per far fronte ai debiti in essere e a quelli prospettici, in ragione delle “perdite di eccezionale gravità” tali da privare la Paymove dell’intero patrimonio, alla stregua delle evidenze attestate dalla stessa società;

- proprio tali evidenze, associate alle segnalazioni di vigilanza pervenute alla Banca d’Italia nel complesso della documentazione prodotta, escludono l’attendibilità dell’affermazione, contenuta nella nota presentata in data 4 maggio 2018 e funzionale ad accreditare la sussistenza di una capacità di onorare totalmente le obbligazioni assunte, circa la sussistenza di un attivo per 514.500 euro ed un passivo per 461.802 euro;

- non emergono irragionevolezze in relazione alla valutazione della proposta di intenti riferita alle trattative avviate con la società Silk Road , debitamente vagliate dalla Banca d’Italia, la quale ha rilevato la mancanza di impegni precisi e vincolanti a sottoscrivere un aumento di capitale dell’istituto di pagamento, con incertezze anche con riferimento alle tempistiche della eventuale ricapitalizzazione a fronte delle perdite di eccezionale gravità riscontrate;

- le trattative avviate con altre società non si sono mai concretate in nessun atto di impegno.

3.1.2 La liquidazione coatta amministrativa rinviene la sua giustificazione nelle finalità pubblicistiche di tale procedura che infatti riguarda imprese che, pur operando nell’ambito del diritto privato, involgono tuttavia molteplici interessi o perché attengono a particolari settori dell’economia nazionale, in relazione ai quali lo Stato assume il compito della difesa del pubblico affidamento, o perché si trovano in rapporto di complementarietà, dal punto di vista teleologico e organizzativo, con la pubblica amministrazione. Segnatamente l’avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa dipende dalla natura del soggetto debitore: banche, assicurazioni, società cooperative, enti sottoposti a vigilanza e simili (Corte Cost. 5 febbraio 2020 n. 12).

Gli Istituti di pagamento fanno parte della tipologia di imprese cui si è appena fatto riferimento.

Per essi è previsto un sistema di controllo pubblico: tali soggetti devono essere autorizzati alla prestazione dei servizi di pagamento previsti dall'art. 1, comma 2, lett. h- septies .1), del TUB e sono come tali sottoposti a un regime di vigilanza prudenziale, finalizzato a perseguire la salvaguardia della sana e prudente gestione, il mantenimento del regolare funzionamento, dell'affidabilità e dell'efficienza del sistema dei pagamenti, la tutela degli utenti.

Nell’ipotesi in cui venga disposta la revoca dell’autorizzazione, che costituisce causa di scioglimento della società, ai sensi e per i motivi di cui all’art. 113- ter TUB, la Banca d'Italia può disporre la liquidazione coatta amministrativa dell’IP per la sua regolare uscita dal mercato, a tutela di tutti gli interessi coinvolti.

3.1.3 Per quel che attiene l’asserita rilevanza del fatto nuovo e sopravvenuto rappresentato dalla messa in liquidazione della società occorre rilevare che la proposta della Banca d'Italia di sottoposizione dell’IP a liquidazione coatta amministrativa e il relativo decreto del MEF si basano sulla complessiva valutazione della delibera assembleare della Paymove di sottoposizione a liquidazione volontaria, che viene espressamente richiamata, nell’ambito del contesto normativo di cui all’art. 113- ter , comma 3- bis TUB. La norma citata prevede infatti che ove la Banca accerti la mancata sussistenza dei presupposti per il regolare svolgimento del procedimento di liquidazione sia disposta la liquidazione coatta amministrativa “in sede di revoca dell’autorizzazione o successivamente”. Nel caso di specie dopo l’avvio del procedimento di revoca, è stata comunicata la delibera assembleare di sottoposizione a liquidazione volontaria, ma, in mancanza dei presupposti per il regolare svolgimento della liquidazione, è stata disposta la l.c.a.

4. Il quarto motivo di appello è rubricato: IV. Violazione di legge. Ulteriore violazione e falsa applicazione degli artt. 80 e 113 ss. TUB - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere: Eccesso di potere per difetto di motivazione - Falsità dei presupposti - Contraddittorietà - Illogicità - Sviamento.

La parte appellante sostiene che:

- ai sensi dell’art. 80 TUB l’obbligatorietà della proposta della Banca d’Italia non impone al MEF di accettarne in modo acritico e dogmatico il contenuto, in quanto l’ordinamento gli attribuisce la facoltà di discostarsi dalla proposta stessa, qualora non ritenga sussistenti i presupposti per disporre la liquidazione coatta amministrativa;

- la possibilità di giungere ad una conclusione differente rispetto a quella configurata dall’Autorità di vigilanza implica il preventivo esperimento, da parte del Ministro, di un’autonoma istruttoria o quantomeno di una valutazione critica della proposta avanzata dalla Banca d’Italia;

- ne consegue che è viziato da eccesso di potere il decreto di liquidazione coatta amministrativa del MEF emanato, come nella fattispecie, sulla base di un generico ed apodittico richiamo alle motivazioni contenute nella proposta formulata dalla Banca d’Italia, ed a maggior ragione, alla luce del fatto nuovo e sopravvenuto della messa in liquidazione della società, circostanza che avrebbe imposto già alla Banca d’Italia di integrare la propria istruttoria, come rilevato nel precedente motivo di appello e che, certamente, imponeva al MEF di procedere ad un’autonoma motivazione, ovvero di richiederla alla stessa Banca d’Italia, senza appiattirsi in modo acritico sulla motivazione di Banca d’Italia, peraltro già di per sé insufficiente;

- la sentenza impugnata nulla dice al riguardo di specifico, limitandosi a difendere la correttezza in astratto della motivazione per relationem ;

- il decreto di messa in liquidazione coatta amministrativa avrebbe dovuto dare conto della permanenza dei presupposti tramite un’adeguata ed autonoma motivazione, ovvero attraverso specifica richiesta alla Banca d’Italia della conferma circa la persistente sussistenza dei presupposti originariamente accertati, anche alla luce della più volte richiamata sopravvenuta messa in liquidazione della Paymove s.p.a.;

- in tal senso, appare rilevante la pronuncia del Consiglio di Stato, Sez. IV, 8 febbraio 2015, n. 657, per nulla considerata dal giudice di prime cure;

- la l.c.a. rappresenta un rimedio drastico che incide gravemente sul diritto, costituzionalmente garantito, di svolgere l’attività di impresa, per cui deve trovare il suo fondamento in circostanze precise e di gravità tale da legittimarne l’adozione, senza che sia possibile superare la crisi attraverso la liquidazione ordinaria;

- di tali circostanze si deve dar conto in modo completo ed esauriente nella motivazione, in quanto le stesse devono essere pienamente verificate e valutate dall’autorità che emana il provvedimento - nemmeno pare osservato, né è tenuto in alcun conto dalla sentenza impugnata, il principio di proporzionalità nella motivazione del decreto del MEF, data la sua natura autoritaria e l’attitudine ad incidere sulla libera iniziativa economica (art. 41 Cost.);

- la motivazione dell’Organo emanante il decreto avrebbe dovuto dare contezza dell’osservanza di tale fondamentale principio e, cioè, dimostrare che si trattava di uno stato di crisi così grave che ogni altro rimedio – come ad esempio, lo si ribadisce, la liquidazione ordinaria (come nel caso della “Paymove s.p.a. in liquidazione”) – sarebbe risultato vano;

- la motivazione per rinvio utilizzata dal MEF, pur non disconoscendone l’astratta ammissibilità nel nostro ordinamento, costituisce un indice importante per affermare, come nella fattispecie, che le risultanze della Banca d’Italia sono state recepite in modo acritico da parte del MEF, il quale ha omesso di compiere un’autonoma motivazione per la verifica e il controllo dei presupposti dedotti dall’autorità di vigilanza, nonché per la loro sussistenza al momento dell’emanazione della richiamata proposta, in relazione soprattutto al caso particolare in esame;

- di qui la palese illegittimità e sproporzione dei provvedimenti impugnati innanzi al T e, per l’effetto, della sentenza impugnata con il presente atto, giacché nulla ha sancito, al riguardo, il giudice di prime cure, limitandosi soltanto alla difesa, in astratto, della motivazione per relationem dei provvedimenti amministrativi in genere, senza prendere in considerazione la fattispecie concreta e le sue specificità.

4.1 Il motivo è infondato.

4.1.1 Il MEF non si è limitato a recepire le valutazioni effettuate dalla Banca d’Italia, ma ha condiviso le stesse ed ha motivato ( per relationem ) rifacendosi al contenuto alla delibera di proposta. Nel preambolo del decreto si fa espresso riferimento alla nota della Banca d'Italia del 22 maggio 2018 e agli “elementi derivanti dalla istruttoria effettuata” che permettono di “condividere la proposta formulata dalla Banca d'Italia” le cui “motivazioni sono qui integralmente richiamate e recepite”.

Come chiarito, ex multis , da Cons. di Stato, sez. V, 09/01/2023, n. 265, il provvedimento amministrativo, preceduto da esaurienti atti istruttori, può ritenersi adeguatamente motivato per relationem anche con il mero richiamo a tali atti, in quanto in tal modo l'autorità emanante esplicita l'intenzione di fare propri gli esiti dell'istruttoria condotta, ponendoli a base della determinazione adottata;
in tal modo, la motivazione è esaustiva perché dal complesso degli atti del procedimento sono evincibili le ragioni giuridiche che supportano la decisione, in modo da consentire, non solo al destinatario di contrastarle con gli strumenti offerti dall'ordinamento, ma anche al giudice amministrativo, ove investito della relativa controversia, di sindacarne la fondatezza.

4.1.2 Le complessive risultanze istruttorie hanno indotto la Banca d’Italia a proporre la sottoposizione della Paymove alla l.c.a. per violazioni normative e perdite del patrimonio di eccezionale gravità e dette risultanze e valutazioni sono state condivise dal MEF nel proprio decreto nel rispetto dei principi di proporzionalità e di completezza nella scelta sanzionatoria.

Peraltro il primo giudice ha correttamente ricordato che gli atti posti in essere dalle Autorità di vigilanza, costituiscono esplicazione di potere amministrativo caratterizzato da discrezionalità tecnica.

4.1.3 Anche la sentenza richiamata dagli appellanti (Cons. Stato, 657/2015) in realtà ribadisce il medesimo principio laddove afferma che la distinzione fra discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica presuppone, per la prima, la coesistenza del momento del giudizio - acquisizione ed esame dei fatti - e del momento della scelta - determinazione della situazione maggiormente opportuna ai fini della miglior tutela dell'interesse sottostante -, mentre la discrezionalità tecnica si concreta nella mera analisi di fatti e, perciò, non concerne il merito. Anche in materie o discipline connotate da un forte tecnicismo settoriale il giudice può solo verificare la logicità, la congruità, la ragionevolezza e l'adeguatezza del provvedimento e della sua motivazione, la regolarità del procedimento e la completezza dell'istruttoria, l'esistenza e l'esattezza dei presupposti di fatto posti a fondamento della deliberazione. Per quanto attiene al merito amministrativo, invece, il sindacato del giudice deve arrestarsi dopo aver verificato la legittimità delle regole tecniche sottostanti alla scelta dell'amministrazione, poiché diversamente vi sarebbe un'indebita sostituzione del giudice all'amministrazione, titolare del potere esercitato.

Gli appellanti invocano Cons. Stato, 657/2015 a sostegno delle proprie tesi. Ma va sottolineato che, oltre ad esplicitare il principio generale appena richiamato, nello specifico tale sentenza riguarda una procedura di amministrazione straordinaria ai sensi dell’art. 70 TUB e non una liquidazione coatta. In quel caso il Consiglio di Stato ha riconosciuto non illegittimo il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanza che dispone l’amministrazione straordinaria con motivazione ob relationem , ma lo ha censurato per aver puramente e semplicemente rinviato agli atti ispettivi della Banca d’Italia senza averne preliminarmente esaminato in modo analitico il contenuto, posto che in quel caso il Ministro non aveva dato atto – diversamente dal caso di specie – del compiuto esame delle risultanze istruttorie offerte dalla Banca ed inoltre vi era stata una modifica della situazione ricostruita dall’organo di vigilanza che avrebbe richiesto una verifica del perdurare dei presupposti della procedura che era, invece, mancata. Nel caso di specie non c’è stata alcuna modifica della situazione ricostruita dall’Organo di vigilanza e la motivazione ob relationem è scaturita da una condivisione delle scelte operate dall’Autorità tecnica che sono state fatte espressamente proprie e condivise dal Ministro firmatario.

5. Istanze istruttorie. La parte appellante reitera la richiesta, ai sensi dell’art. 67 d.lgs. n. 104/2010, di nominare un C.T.U., ovvero, se ritenuto più opportuno, di disporre una verificazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 19 e 66 c.p.a., al fine di valutare, alla data del 28.05.2018 (della messa in liquidazione coatta amministrativa), la sussistenza dei presupposti, in capo alla Società “Paymove s.p.a. in liquidazione”, per l’adozione della misura coattiva disposta, anche tenuto conto della liquidazione ordinaria in cui la stessa versava al momento dell’emanazione del decreto del MEF.

5.1 Le ragioni poste a fondamento del rigetto dei motivi di appello giustificano la reiezione della richiesta. Peraltro la verificazione richiesta avrebbe mero carattere esplorativo e come tale risulta inammissibile.

Agli atti esiste esauriente documentazione utile a supportare le conclusioni raggiunte nei provvedimenti impugnati.

6. Per le ragioni esposte l’appello deve essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

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