Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-06-15, n. 201203534
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N. 03534/2012REG.PROV.COLL.
N. 01847/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1847 del 2011, proposto da:
Ente di Gestione dei Beni Islamici in Italia Onlus e Limane Mohammed in proprio e quale rappresentante dell'Associazione di Promozione Sociale Fraternita', rappresentati e difesi dagli avv.ti F P, M S, con domicilio eletto presso M S in Roma, viale Parioli, 180;
contro
Comune di Arcole,in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. N M e A M, con domicilio eletto presso il secondo, in Roma, via Confalonieri n. 5;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. VENETO - VENEZIA: SEZIONE II n. 06331/2010, resa tra le parti, concernente DINIEGO SANATORIA EDILIZIA - ACQUISIZIONE OPERE AL PATRIMONIO COMUNALE PER INOTTEMPERANZA ORDINE DI DEMOLIZIONE
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Arcole;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 maggio 2012 il Cons. A M e uditi per le parti gli avvocati M S e A M;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
L’appellante Onlus, ente di gestione dei beni islamici in Italia è proprietaria di un immobile sito in Comune di Arcole alla via Nuova n.2/a , manufatto autorizzato originariamente dall’Amministrazione con concessione edilizia n.150/977 come magazzino e in uso all’associazione di promozione sociale Fraternità a scopi culturali.
A seguito di accertamenti eseguiti dagli organi comunali a ciò preposti,veniva rilevata la realizzazione, sine titulo, all’interno di detto immobile di alcune opere costituite, in particolare, da un soppalco di 20 mq, da una modifica di una porta in finestra , un antibagno e 2 locali WC e altri due disimpegni in carton - gesso e muratura.
A tanto faceva seguito il provvedimento dell’Ufficio Tecnico del Comune di Arcole del 22 /12/2009 prot. n.15.889 con cui si ordinava la demolizione dei manufatti sopradescritti, veniva dichiarata la inagibilità dell’immobile e contestato altresì il cambio di destinazione d’uso da magazzino a teatro e ancora a luogo di culto: avverso tale provvedimento veniva proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato inoltrato al Comune di Arcole il 26 aprile 2010
Intanto, in data 25 marzo 2010 , prot. n. 4157 veniva presentata istanza di concessione in sanatoria per gli abusi contestati;quindi in data 29 marzio 2010 si procedeva ad opera del personale dell’Ufficio Tecnico e della Polizia Municipale all’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione, fatta eccezione per il soppalco.
Con deliberazione n.21 del 26 aprile 2010 il Consiglio Comunale decideva di acquisire di diritto e gratuitamente al patrimonio comunale l’edificio di che trattasi con relativa area di sedime, cui faceva seguito il provvedimento dell’Ufficio tecnico del 12 maggio 2010 di acquisizione dell’immobile.
Infine, con provvedimento prot. n. 6991 del 17 maggio 2010 il Responsabile dell’UTC si determinava ad opporre il diniego in ordine alla domanda di concessione in sanatoria sul rilievo che l’istanza era fuori termine e riguardava manufatti per i quali era stata accertata l’inottemperanza all’ordine di demolizione in precedenza emesso, con conseguente acquisizione di diritto delle opere.
Veniva quindi interposto a cura della Onlus e dell’Associazione meglio descritta in epigrafe, ricorso giurisdizionale innanzi al Tar del Veneto avente ad oggetto il provvedimento di diniego di rilascio di permesso in sanatoria , il verbale di inottemperanza alla demolizione e gli atti dell’Amministrazione relativi alla disposta acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile de quo.
L’adito Tribunale territoriale con sentenza n.6331/2010 dichiarava il ricorso inammissibile in ragione della rilevata violazione della regola dell’alternatività tra ricorso straordinario e rimedio giurisdizionale. La parte interessata ha impugnato tale decisum, ritenuto errato ed ingiusto deducendo a sostegno del proposto gravame i seguenti motivi:
relativamente alla affermata inammissibilità del ricorso: error in iudicando;violazione falsa applicazione del principio di alternatività tra ricorso giurisdizionale e ricorso straordinario ex art.8 DPR n.1199/1071;violazione del principio generale di effettività della tutela giurisdizionale di cui agli artt.24,103 e 113 Cost.
Secondo parte appellante non è ravvisabile la rilevata violazione della regola dell’alternatività che presuppone l’identità delle domande, mentre invece tale identità di petitum non sussiste in relazione ai provvedimenti impugnati con i due rimedi del ricorso straordinario e quello giurisdizionale. In particolare con quest’ultimo è stato gravato il diniego di sanatoria e tale impugnativa ha una sua autonomia per cui sulle censure formulate in ordine all’opposto diniego il Tar si sarebbe dovuto pronunciare appositamente:
a) con riferimento agli atti comunali in contestazione , in ordine al diniego di sanatoria sono stati riproposti i motivi già dedotti in primo grado, così rubricati::
a1) illegittimità per violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art.36 del DPR n.380/2001: eccesso di potere per erronea valutazione e/o travisamento dei presupposti di fatto;
a2) eccesso di potere sotto il profilo del difetto di motivazione. Carenza di istruttoria;
b) in relazione all’acquisizione del bene al patrimonio comunale, questi i motivi dì’impugnazione:
b1) eccesso di potere per insussistenza e/o erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art.36 DPR n.380/2001;
b2) violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art.31, commi 3 e 4, del DPR n.380/2001;
b3) violazione e falsa applicazione di legge con riferimento all’art.31 DPR n.380/2001: eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità e dell’abnormità.
Si è costituito in giudizio il Comune di Arcole che contestato la fondatezza dei motivi dell’appello di cui ha chiesto la reiezione.
All’odierna udienza pubblica la causa è stata introitata per la definitiva decisione.
DIRITTO
Sono pienamente condivisibili le critiche rivolte nell’atto di appello avverso la statuizione del Tar di dichiarare inammissibile il gravame di primo grado per pretesa violazione della regola dell’alternatività tra ricorso straordinario e ricorso giurisdizionale.
L’istituto processuale dell’alternatività di che trattasi è stato erroneamente applicato dal primo giudice atteso che esso attiene ai soli casi i ( qui non rinvenibili ) in cui con entrambi i predetti rimedi oppositivi vengono impugnati gli stessi atti o comunque determinazioni di identico contenuto ( Cons. Stato, Sez. V, 5 ottobre 2010 n.2769 ) e tale regola non è suscettibile di applicazione analogica .
Nella fattispecie qui in rilievo, con il ricorso al Capo dello Stato è stata impugnata l’ordinanza di demolizione del 22 dicembre 2009, mentre oggetto di impugnativa innanzi al Tar è in via principale ed immediata il provvedimento comunale di diniego di concessione in sanatoria che costituisce atto diverso da quello sanzionatorio sopra menzionato, in quanto definisce un rapporto giuridico di tipo urbanistico- edilizio del tutto autonomo, quello della sanabilità o meno delle opere, e, come tale, ben poteva essere gravato, come puntualmente avvenuto, con impugnativa giurisdizionale ai sensi dell’art.21 della legge n.1034 del 1971.
Secondo alcune pronunce giurisdizionali ( Cons. Stato, Sez. III, 15 novembre 2010 n.1963 ) la regola sancita dall’art.8, comma 2, del DPR n.1199 del 1971 vale anche nei casi di atti connessi: ora a prescindere dal fatto che un siffatto orientamento è contrastato da altro arresto giurisprudenziale ( condiviso dalla Sezione ) secondo cui il principio dell’alternatività va inteso in senso rigoroso e restrittivo (Cons Stato, Sez. VI, 24 febbraio 2011 n.1181;Sez. V, 5 febbraio 2007 n.454) , in ogni caso nella specie non v’è rapporto di presupposizione e/o consequenzialità tra il pregresso provvedimento ripristinatorio e quello di diniego di sanatoria, per cui il ricorso giurisdizionale proposto avverso quest’ultimo atto è da ritenersi pienamente ammissibile.
Una volta superata la questione pregiudiziale di ammissibilità, occorre pronunciarsi sui profili di illegittimità denunciati col ricorso di prime cure e qui riproposti.
Fondate si appalesano le censure di cui ai punti a1) e a 2) sopra indicati, sub specie di violazione e falsa applicazione di legge e dell’eccesso di potere per difetto di motivazione e istruttoria dedotte nei confronti del provvedimento comunale di diniego di rilascio del permesso in sanatoria.
La presentazione di una domanda di sanatoria determina per l’Amministrazione l’onere di un provvedimento di reiezione (o di accoglimento) dell’istanza stessa cui deve far seguito l’eventuale adozione di ulteriori provvedimenti sanzionatori che il Comune è tenuto ad emanare con atti a contenuto vincolato, una volta che si sia verificato che non sussistono le condizioni per la sanatoria delle opere abusive ( Cons. Stato, Sez. IV, 12 maggio 2010 n.2244;idem, 12 novembre 2008 n. 5646)..
Questo sta , in particolare, a significare che dopo la presentazione della domanda di sanatoria ai sensi dell’art.36 DPR n.380/01 ( prima, art.13 legge n.47/85) le procedure per l’esecuzione di una sanzione amministrativa ( a maggior ragione la potestà di emanare la sanzione stessa ) deve ritenersi “sospesa” in attesa della determinazione dell’amministrazione sulla domanda di sanatoria.
Se così non fosse, potrebbe venir meno, prima della pronuncia dell’amministrazione, il substrato naturale ( opere abusive) oggetto di domanda.
In pendenza di domanda di sanatoria, quindi, il Comune non può procedere ad far eseguire misure sanzionatorie- ripristinatorie e tale illegittima circostanza nella specie si è verificata se è vero che la domanda di sanatoria è stata inoltrata il 25 marzo2010 e risulta definita con provvedimento del 17 maggio 2010, solo dopo che in data 29 marzo 2010 si è proceduto all’accertamento di inottemperanza della pregressa ordinanza di demolizione e tenuto altresì conto che la definizione della sanatoria segue e non precede gli atti comunali ( delibera consiliare del 26 aprile 2010 e provvedimento del 12 maggio 2010) che dispongono l’acquisizione al patrimonio comunale dell’immobile de quo.
Al di là del sovvertimento dell’ordine logico di valutazione della fattispecie sottoposta all’amministrazione, circostanza di per sé sufficiente ad inficiare i vari atti di tipo sanzionatorio assunti a carico dell’appellante,in ogni caso il provvedimento di diniego si fonda su inidonee ragioni giustificative della reiezione della domanda.
Invero, due sono i motivi di rigetto opposti dall’Amministrazione comunale:
a) tardività della domanda di sanatoria;
b) abusività delle opere per le quali è stata già emanato un provvedimento di demolizione e accertata la inottemperanza al medesimo ordine.
Quanto al primo argomento, il termine di presentazione della domanda di sanatoria non è quello di trenta giorni richiesto dall’amministrazione con la nota di avviamento del procedimento, bensì quello di 90 giorni dalla data di notificazione dell’ordinanza di demolizione, come previsto dall’art.36 del DPR n.320/2001 rispetto al quale la domanda de qua risulta tempestivamente prodotta.
Relativamente poi alla ragione sub b) il rilievo è del tutto inconferente ove si consideri che l’abusività di un’ opera intesa come realizzazione di un manufatto sine titulo non impedisce la sanabilità dell’opera stessa in presenza beninteso delle condizioni di fatto e di diritto richieste dalla normativa, senza che possa avere rilevanza l’avvenuta emanazione di provvedimenti sanzionatori.
Rimane il fatto, allora, che il provvedimento che ha definito negativamente la domanda di sanatoria non adduce ragioni di non conformità urbanistico- edilizia né fa riferimento alla presenza di altre cause procedurali o di carattere sostanziale ostative all’accoglimento dell’istanza e neppure risultano esperite attività istruttorie o acquisiti elementi di giudizio che evidenzino il contrasto di dette opere con la disciplina pianificatoria ed edilizia vigente.
Quanto testè esposto comporta la fondata sussistenza delle doglianze di violazione di legge ed eccesso di potere dedotte con i motivi sopra rubricati nei confronti del provvedimento di diniego di sanatoria con la conseguenza che siffatti vizi hanno un effetto caducante sugli altri atti assunti dal Comune e costituiti dal verbale di inottemperanza alla demolizione e i provvedimenti di acquisizione dell’immobile di che trattasi al patrimonio comunale vuoi perché queste determinazioni non potevano essere adottate in assenza di una previa definizione della domanda di sanatoria vuoi perché, ad ogni modo, connessi indissolubilmente ad un atto presupposto ( il diniego di sanatoria ) rivelatosi illegittimamente emesso.
Conclusivamente la sentenza impugnata è errata e va , in tal senso, riformata la statuizione di inammissibilità da essa recata, così come fondato si appalesa il ricorso di prime cure per gli assorbenti motivi sopra illustrati.
Le spese e competenze del doppio grado del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e liquidate come in dispositivo.