Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-29, n. 201201870

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2012-03-29, n. 201201870
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201870
Data del deposito : 29 marzo 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06848/2005 REG.RIC.

N. 01870/2012REG.PROV.COLL.

N. 06848/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6848 del 2005, proposto da:
D A M, rappresentata e difesa dall'avv. T K D L G, con domicilio eletto presso T K D L G in Roma, via degli Scialoja, n.6;

contro

Azienda Ospedaliera "S. Camillo - Forlanini" in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. R R V, con domicilio eletto presso R R V in Roma, corso Vittorio Emanuele II 284;
Azienda Sanitaria Locale Rm/D, Regione Lazio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA SEZIONE I BIS n. 16049/2005;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 marzo 2012 il Cons. R C e uditi per le parti gli avvocati Klitsche de la Grange e Miranda su delega dell’avv. Valentini Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente aveva chiesto davanti al Tar del Lazio, sede di Roma, l’annullamento della nota del direttore generale dell'azienda ospedaliera “Nicholas Green”, ospedali San Camillo-Forlanini- Spallanzani in data 18 marzo 1995, con la quale era stata respinta la richiesta tesa ad ottenere la estensione del giudicato e ricostruzione della sua posizione giuridica ed economica in applicazione dell’A.N.U.L. del personale ospedaliero 17 febbraio 1979 e secondo i principi affermati dalla Sezione I° del Tar del Lazio con le sentenze nn. 1058/1989, 1693/1989, 656/1992 e dalla V Sezione del Consiglio di Stato con la sentenza n. 345/1994.

Aveva altresì chiesto la declaratoria del diritto alla ricostruzione della sua posizione giuridica ed economica, con conseguente inquadramento nel livello funzionale retributivo di collaboratore coordinatore amministrativo (VIII° livello) a decorrere dal 9 aprile 1984.

Esponeva che il Tar del Lazio, con sentenze nn. 1058 e 1693 del 1989, aveva accolto i ricorsi proposti da taluni dipendenti, per i quali si assumeva identità di posizione pretensiva, avverso le deliberazioni con le quali la ex-Usl Rm/16 (alla quale è succeduta la Usl Rm/10) aveva revocato i precedenti provvedimenti di inquadramento nella VIII° qualifica funzionale.

Deduceva in particolare la violazione dell’obbligo di provvedere, la violazione dell’art. 74 dell’

ANUL

17 febbraio 1979, eccesso di potere per illogicità, omessa valutazione dei presupposti, difetto di motivazione, violazione dei principi generali vigenti in materia in relazione agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, violazione del D.P.R. 384/83, del D.P.R. 270/87, del D.P.R. 384/90.

Nella sostanza la ricorrente si doleva che l’amministrazione nel negarle la ricostruzione della carriera aveva omesso di dare applicazione a criteri di equità, imparzialità e buon andamento che dovrebbero informarne, sulla base dei parametri costituzionali di riferimento, il suo operato.

Insisteva, quindi, per l’accoglimento del gravame e, previa declaratoria di illegittimità del silenzio rifiuto, per l’accertamento del proprio diritto alla ricostruzione di carriera, con retrodatazione della nomina e condanna dell’amministrazione intimata alla liquidazione delle differenze retributive con rivalutazione monetaria ed interessi in misura di legge.

2. Il Tar respingeva il ricorso.

Ed infatti poiché sotto un profilo sostanziale veniva sollecitata l’applicazione dell’A.N.U.L. per il personale ospedaliero in data 17 febbraio 1979 (art. 74) non poteva non tenersi conto che l’art. 70 del D.P.R. 25 giugno 1983 n. 348 aveva stabilito con riferimento anche al trattamento economico che, “a decorrere dall'entrata in vigore del decreto che approva il presente accordo, cessano di avere efficacia nei confronti del personale confluito nel comparto sanitario le norme specifiche dei settori di provenienza”.

La previsione di cui sopra precludeva all’amministrazione di procedere, nel 1994, all’applicazione retroattiva di disposizioni previgenti rispetto all’accordo refluito poi nel D.P.R. 348/83 e, comunque, in epoca largamente successiva all’entrata in vigore dell’art. 70 che inibiva l’ulteriore efficacia delle norme (già) disciplinanti i settori di provenienza del personale poi confluito nel servizio sanitario nazionale.

Né nella vicenda poteva invocarsi la pretesa disparità di trattamento rispetto a dipendenti beneficiari degli effetti di retrodatazione della nomina con conseguente ricostruzione di carriera trattandosi di una conseguenza necessaria rispetto al carattere retroattivo assunto dalle pronunzie giurisdizionali di annullamento.

3. Sostiene nell’atto di appello la ricorrente che:

a) la decisone del Tar non è conforme ai principi generali per cui gli atti vanno interpretati in base alla disciplina legislativa vigente all’atto della loro adozione mentre la disposizione invocata dal Tar, ritenuta preclusiva all’accoglimento del gravame, si limitava a delimitare la efficacia temporale della normativa preesistente nel senso che non poteva darsi applicazione all’ANUL del 1979 per atti e situazioni deliberati e maturati dopo l’entrata in vigore del DPR 348/83. Con l’effetto che ad atti deliberati prima ben poteva essere applicata la normativa ratione temporis applicabile, vigente all’epoca del verificarsi della fattispecie.

b) Sarebbe erroneo il ragionamento seguito dal Tar che ha distinto la situazione della ricorrente rispetto a colleghi vincitori per effetto delle sentenze nn.821 del 1993 e 345/94 del Consiglio di Stato, cui è stata riconosciuta la posizione giuridica con applicazione degli ANUL pregressi.

Ciò in quanto il giudicato del Tar non statuiva sul diritto dei colleghi della ricorrente ad essere promossi e inquadrati al livello superiore vincolando la p.a. all’accertamento relativo, ma annullava per difetto di motivazione il diniego espresso dall’amministrazione resistente lasciando libera la stessa di riesaminare la situazione dei medesimi

Si è costituita l’azienda ospedaliera S.Camillo Folanini chiedendo con dovizia di argomentazioni il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza.

Alla camera di consiglio del 2.3.1012 la causa è stata trattenuta per la decisione

4. L’appello non merita accoglimento.

Va premesso in generale che in tema di divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato nella materia del pubblico impiego, la posizione giuridica di coloro che abbiano presentato un tempestivo ricorso, si differenzia sotto il profilo soggettivo da quella degli altri dipendenti che hanno prestato acquiescenza rimanendo inattivi, mentre le esigenze di risanamento della finanza pubblica sono idonee a sorreggere, sul piano della compatibilità costituzionale, disposizioni che introducono differenze di trattamento volte a conseguire economie di spesa (Cons. Stato, V, 25 gennaio 2005 n.139).

Nel caso di specie era stata impugnata, in esito all’atto di diffida con la quale la appellante chiedeva la estensione di un giudicato in materia di inquadramento, la nota della azienda ospedaliera che respingeva la richiesta richiamando l’art. 22 co.34 della legge 23.12.1994 n.724 il cui contenuto veniva così riportato “..é fatto divieto di adottare provvedimenti per l’estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato o comunque divenute esecutive nella materia del pubblico impiego”.

5. La richiamata previsione normativa non lascia alcun margine di apprezzamento discrezionale in capo alle amministrazioni, vietando in modo tassativo qualunque forma di estensione soggettiva del giudicato in tema di impiego pubblico.

Pertanto, correttamente l'amministrazione non ha fatto uso del potere discrezionale circa l'apprezzamento della sussistenza delle posizioni analoghe a quelle positivamente scrutinate dal giudice amministrativo, ostandovi il preciso divieto stabilito dalla legge.

6. Irrilevante è quindi la circostanza che nel caso di specie si trattasse di estendere un giudicato di annullamento per difetto di motivazione e che la amministrazione venisse lasciata libera di riesaminare la posizione dei ricorrenti coperti dal giudicato, essendo dirimente la preclusione radicale di estensione del giudicato a causa della normativa sopravvenuta qualunque ne fosse il suo contenuto.

Il Tar, pur con una pluralità di argomentazioni, non ha mancato di rimarcare, al punto II.2 della sentenza, l’ impossibilità di estensione del giudicato in base alla norma di cui sopra, sottolineando inoltre la ontologica differenzazione della posizione dei soggetti vittoriosi coperti dal giudicato rispetto a quella dei dipendenti (come la ricorrente) che avevano prestato acquiescenza.

La sentenza è in linea con la giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che anche di recente ha osservato che, in tema di divieto di estensione di decisioni giurisdizionali aventi forza di giudicato nel pubblico impiego, la posizione giuridica di coloro che abbiano presentato un tempestivo ricorso si differenzia sotto il profilo soggettivo da quella degli altri dipendenti che hanno prestato acquiescenza rimanendo inattivi (Cons. Stato , sez. V, 14 febbraio 2011 , n. 960;
id. 25 gennaio 2005 , n. 139).

7. In conclusione l’appello non merita accoglimento.

8. Spese e onorari seguono la soccombenza come in dispositivo.

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