Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-17, n. 201900448

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-01-17, n. 201900448
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201900448
Data del deposito : 17 gennaio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/01/2019

N. 00448/2019REG.PROV.COLL.

N. 06635/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6635 del 2018, proposto da
M M B, rappresentata e difesa dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Amilcare Ponchielli, 6;

contro

Ministero della giustizia - Consiglio superiore della magistratura, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

M A, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione I) n. 5205/2018, resa tra le parti, concernente il provvedimento del Consiglio superiore della magistratura del 15 luglio 2016, protocollo P 14251/2016, pratica numero 999/PA/2015, con il quale veniva comunicato all’istante il giudizio negativo di valutazione per la copertura per l'anno 2014 di sette posti di consigliere della Corte di cassazione, ai sensi della legge 5 agosto 1998, n.303, in attuazione dell'art. 106, comma 3, della Costituzione, nonché la domanda di condanna dell'amministrazione a risarcire il danno subito dall'istante, anche per equivalente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia - Consiglio superiore della magistratura;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 dicembre 2018 il Cons. Elena Quadri e uditi per le parti gli avvocati Palatucci Luca e l’avvocato dello Stato Corelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L’appellante M M B, avvocato del libero foro, ha presentato la domanda riguardo alla copertura, relativamente all’anno 2014, di sette posti di consigliere alla Corte di cassazione, ai sensi della legge 5 agosto 1998, n.303 ( Nomina di professori universitari e di avvocati all'ufficio di consigliere di cassazione, in attuazione dell'articolo 106, terzo comma, della Costituzione ), ma è risultata non idonea a seguito del giudizio di valutazione del CSM.

L’interessata ha presentato ricorso al Tribunale amministrativo per il Lazio. Questo, con la sentenza indicata in epigrafe e qui appellata, ha respinto il ricorso, unitamente all’istanza di risarcimento del danno, per la non vincolatività del parere della commissione tecnica, il carattere assoluto e non comparativo del giudizio espresso dal CSM, la natura discrezionale dello stesso: reso, peraltro, logicamente in conformità ai parametri risultanti dalle circolari del CSM in materia.

L’interessata ha proposto appello, deducendo le seguenti censure:

1) Error in iudicando e in procedendo - erroneo inquadramento e rigetto delle censure per carenza di motivazione ed eccesso di potere: l’interessata non avrebbe dedotto l’erroneità del giudizio nel merito, come invece affermato dalla sentenza, bensì l’assenza di adeguata motivazione, l’illogicità e il travisamento dei presupposti del giudizio sulla discrezionalità tecnica esperito dal CSM, con particolare riguardo all’omissione di motivazione in relazione al parere positivo espresso dalla commissione tecnica di cui all’art. 12, comma 13, d.lgs. n. 160 del 2006 sull’elevata capacità scientifica e di analisi delle norme. Il CSM non avrebbe spiegato perché, nonostante tale valutazione positiva, fondata anche sui numerosi titoli esposti, all’interessata non potrebbe riconoscersi il presupposto dei meriti insigni ex art. 106 Cost..

2) Error in iudicando e in procedendo sulla valutazione comparativa: l’inesistenza di una valutazione comparativa, attesa che il numero dei candidati era minore di quello dei posti disponibili, render palese l’illogicità e la carenza di motivazione del giudizio (avevano presentato domanda quattro professori, di cui due con parere negativo della commissione tecnica, e dieci avvocati, di cui otto con parere negativo della commissione tecnica, per sette posti disponibili. Di questi sono stati giudicati idonei i quattro professori e nessun avvocato).

3) Error in iudicando e in procedendo sulle censure di violazione degli autovincoli posti dalle circolari del CSM n. 181 del 2012 e del 9 aprile 2014, specificanti il concetto dei “meriti insigni” con riferimento e valorizzazione degli aspetti di “elevata qualificazione professionale” dei candidati. Manca la motivazione delle ragioni per le quali si sarebbe ravvisata in capo all’interessata la mancanza dei requisiti espressi da tali parametri.

4) Error in iudicando e in procedendo sull’inquadramento giuridico del parere della commissione tecnica, atteso che l’art. 12, comma 16, d.lgs. n. 160 del 2008, che prevede la facoltà del CSM di discostarsi da tale parere motivatamente, si applicherebbe, oltre che all’ipotesi di giudizio espresso per l’accesso dei magistrati ordinari alla Corte di cassazione, anche nel caso di specie, soprattutto in considerazione del fatto che qui due candidati per i quali la commissione aveva espresso giudizio negativo sono stati, invece, giudicati meritevoli dal CSM.

Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia - Consiglio superiore della magistratura, che ha chiesto la reiezione dell’appello per infondatezza nel merito.

Successivamente le parti hanno prodotto memorie a sostegno delle rispettive conclusioni.

All’udienza pubblica del 13 dicembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

L’art. 106 Cost. detta il principio generale, che caratterizza l’ordinamento giudiziario italiano, per cui «le nomine dei magistrati hanno luogo per concorso» . L’articolo prevede poi due ipotesi derogatorie: al secondo comma, afferma che «la legge sull'ordinamento giudiziario può ammettere la nomina, anche elettiva, di magistrati onorari per tutte le funzioni attribuite a giudici singoli» ;
e al terzo comma che «su designazione del Consiglio superiore della magistratura possono essere chiamati all'ufficio di consiglieri di cassazione, per meriti insigni, professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati che abbiano quindici anni d'esercizio e siano iscritti negli albi speciali per le giurisdizioni superiori» .

È quest’ultima la fattispecie qui all’esame. Si tratta di una nominata eccezione alla regola del primo comma dell’accesso generalizzato allo status di magistrato, propria dell’ordinamento mediante concorso pubblico: come tale, è di applicazione limitata e contenuta negli stretti casi di legge.

La legge 5 agosto 1998, n. 303 ha dato attuazione a detta previsione.

All’art. 1 ( Nomina di avvocati e professori universitari all'ufficio di consigliere di cassazione ), comma 2, questa legge prevede: «Ai fini previsti dal comma 1, entro il 31 marzo di ogni anno sono inviate al Consiglio superiore della magistratura, con le modalità da questo stabilite, le segnalazioni di persone disponibili, effettuate dagli organismi universitari e forensi individuati dal Consiglio stesso. La nomina è conferita con decreto del Presidente della Repubblica, su designazione del Consiglio superiore della magistratura» ;
e al comma 3: «Il Consiglio superiore della magistratura, acquisiti i documenti comprovanti il possesso dei requisiti necessari per la nomina e di quelli utili a comprovare la presenza dei meriti insigni, nonché una dichiarazione attestante l'insussistenza delle cause di incompatibilità previste dalla legge, determina il numero dei posti da coprire e, acquisito il parere del Consiglio universitario nazionale (Cun) e del Consiglio nazionale forense, provvede alla designazione dei nominandi con deliberazione motivata» .

All’art. 2 ( Requisiti per la nomina ed elementi di specifica rilevanza ), comma 2, la legge prevede che, accertati i requisiti di cui al comma 1, di natura oggettiva « la designazione deve cadere su persona che, per particolari meriti scientifici o per la ricchezza dell’esperienza professionale, possa apportare alla giurisdizione di legittimità un contributo di elevata qualificazione professionale. A tal fine, costituiscono parametri di valutazione gli atti processuali, le pubblicazioni, le relazioni svolte in occasione della partecipazione a convegni».

Il procedimento si incentra dunque su un’iniziativa, annuale, che non è individuale, ma degli organismi universitari e forensi individuati dal CSM. E su una valutazione che compete al CSM sulla base degli appena detti elementi.

Si tratta all’evidenza di un giudizio discrezionale circa le attitudini corrispondenti ai “meriti insigni”, cioè sulla prospettiva del «contributo di elevata qualificazione professionale» alla giurisdizione di legittimità. La giurisprudenza ha rilevato che “la norma primaria, come è logico, non correla a parametri analitici la attuazione della clausola costituzionale di riferimento e affida quindi al Consiglio Superiore una amplissima latitudine di discrezionalità valutativa in ordine al possesso da parte dei designandi dei requisiti di qualificazione scientifica e tecnico professionale necessari per attingere il livello del "merito insigne"” (Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2009, n. 438).

Queste determinazioni del Consiglio superiore della magistratura, proprio in ragione della discrezionalità della valutazione del rapporto tra “meriti insigni” e siffatto particolarissimo contributo alla funzione di legittimità, restano dunque sindacabili in giustizia amministrativa soltanto per profili di illogicità ed abnormità o per aporie motivazionali (cfr. Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2009, n. 438, cit.;
16 gennaio 2008, n. 75).

Non è fuor di luogo rilevare, del resto, l’esistenza di circolari del Consiglio superiore della magistratura, fra cui spicca la n. 13778 del 2014 che contiene una previsione di dettaglio.

La circolare prevede che il Consiglio Universitario Nazionale (per i professori universitari) e il Consiglio Nazionale Forense (per gli avvocati) esprimano un parere adeguatamente motivato sul rilevante valore dell’attività scientifica e la varietà e l’importanza dell’attività forense, desunti dagli atti processuali predisposti, dalle pubblicazioni e dalle relazioni svolte in occasione della partecipazione a convegni;
mentre la Commissione tecnica dell’art. 12 d.lgs. n. 160 del 2006 deve esprimere un parere sulla capacità scientifica e di analisi delle norme del candidato. Tali pareri vanno trasmessi al CSM.

La Commissione tecnica, dunque, opera qui in ausilio del CSM, e solo ha il compito istruttorio di esaminare i titoli dei candidati, per accertarne la capacità scientifica e di analisi delle norme. I profili del giudizio attitudinale del Consiglio superiore della magistratura sono, dunque, devoluti alla sua esclusiva competenza.

Del resto, per l’art. 91 della circolare, il CSM deve operare “una valutazione di carattere assoluto in ordine alla sussistenza di quel livello di eccellenza richiesto dall’art. 106 della Costituzione ”.

Gli «elementi di specifica rilevanza» dell'art. 2, comma 3, l. n. 303 del 1998 (vale a dire: l'esercizio dell'attività forense da parte di professore d'università presso le giurisdizioni superiori;
l'insegnamento universitario in materie giuridiche per un periodo non inferiore a dieci anni;
il pregresso esercizio delle funzioni giudiziarie per un periodo non inferiore a dieci anni), previsti dalla legge, vanno certo considerati, ma non come elementi esclusivi e dirimenti, presupponendo l’accertamento dell’elevata qualificazione professionale del candidato.

Bene dunque ha deciso la sentenza appellata, sia in ordine alla discrezionalità del giudizio del CSM, che sul carattere non vincolante della valutazione degli organi tecnici (CUN o CNF e Commissione tecnica), nonché sull’inesistenza di un obbligo di motivare il disparere rispetto a dette rilevazioni tecniche.

Ne risulta la legittimità del giudizio insito nella delibera impugnata. Nella specie, invero, i candidati avvocati “pur meritevoli sotto vari aspetti, non raggiungono il livello richiesto dall’art. 106 Cost. per la nomina a magistrato di Cassazione”.

Con specifico riferimento all’appellante, nella delibera, dopo la descrizione dei suoi titoli, nonché dei pareri positivi degli organi tecnici, si legge che la candidata: “ha documentato una buona attività difensiva ed una adeguata capacità scientifica, un buon livello di approfondimento scientifico delle diversificate tematiche affrontate, adeguata capacità di analisi di sistemi normativi differenziati, dimestichezza nell'inquadramento e nella disamina dei variegati profili problematici oggetto di studio o di impegno forense. Deve quindi valutarsi positivamente l’attività della candidata, non riscontrandosi, tuttavia, gli elementi necessari per ritenere sussistente il presupposto dei meriti insigni, quale configurato dall'art. 106 Cost. e dalla legge attuativa, anche nell'interpretazione offerta dal C.S.M.”.

Tale motivazione bene supporta il giudizio negativo, in relazione al criterio di giudizio assoluto di eccellenza indicato dalla circolare.

L'esperienza professionale dell'avvocato aspirante alla nomina in Cassazione non raggiunge, quindi, a giudizio del CSM, quel livello di eccezionalità che le consenta di apportare alla Corte un contributo di elevata qualificazione (cfr., Cons. Stato, IV, 26 gennaio 2009, n. 438).

Risultano, infine, inammissibili i profili di censura che afferiscono gli assunti vizi della delibera in relazione alla valutazione positiva degli altri candidati, non supportati da un interesse dell’appellante, trattandosi, nella specie, di valutazione assoluta e non comparativa.

Alla luce delle suesposte considerazioni l’appello va respinto.

Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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