Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2015-05-07, n. 201502324
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N. 02324/2015REG.PROV.COLL.
N. 07362/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso in appello n. 7362 del 2013, proposto da
Vianello L G s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti A B e G P, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, viale Giulio Cesare n. 14, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;
contro
Comune di Venezia, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti G G, G V e N P, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Barnaba Tortolini n. 34, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dell’interno e ANAS s.p.a., in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato, e presso la stessa domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi n.12;
Provincia di Venezia, Consorzio di bonifica delle acque risorgive, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;
nei confronti di
Alce s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Primo Michielan e Luigi Manzi, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via F. Confalonieri n. 5, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 182 del 21 agosto 2013, resa tra le parti, concernente un permesso di costruire rilasciato dal Comune
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2015 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati Bianchini, Pafundi, Paoletti, Mazzeo, per delega dell'Avv. Manzi, Michielan e l'avvocato dello Stato Marina Russo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso iscritto al n. 7362 del 2013, Vianello L G s.p.a. propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sezione seconda, n. 182 del 21 agosto 2013 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro il Comune di Venezia, la Provincia di Venezia, il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero dell’interno, il Consorzio di bonifica delle acque risorgive, ANAS s.p.a. e Alce s.r.l. per l'annullamento: del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Venezia alla ditta Alce S.r.l. in data 23/1/2012 prot. n. 2012/30564;dell'autorizzazione paesaggistica rilasciata dal Comune di Venezia alla ditta Alce S.r.l. in data 23/1/2012 prot. 2012/30306;del provvedimento del Comune di Venezia - Direzione Finanza Bilancio e Tributi 24/1/2012 prot. 2012/33826; dell'autorizzazione ai sensi del D.Lgs. n. 152/2006 rilasciata dalla Provincia di Venezia - determinazione n. 2819/2011 - 23/11/2011 prot. n. 88373/2011;della concessione edilizia rilasciata dal Consorzio di Bonifica Acque Risorgive 24/9/2012 prot. n. 8169;dei pareri resi: dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali - Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna 29/3/2011 prot. n. 4718, dalla Commissione Edilizia nella seduta del 15/12/2010, dal Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Venezia, appartenente al Ministero dell'Interno 21/2/2011 prot. n. 4585, dal Comune di Venezia - Direzione Mobilità e Trasporti 19/5/2011 prot. 2011/212874, dal Comune di Venezia - Direzione Progettazione ed Esecuzione Lavori 25/7/2011 prot. n. 310723, dal Comune di Venezia - Dipartimento Opere Pubbliche - Direzione Mobilità e Trasporti 19/3/2010 prot. n. 124941 e dal Consorzio di Bonifica Acque Risorgive 21/9/2011 prot. n. 1143-10_1295-4296-5505/CC/DD;delle relazioni recanti l'esame istruttorio, l'istruttoria paesaggistica e dell'esame istruttorio.
A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente aveva premesso che con il permesso di costruire (prot. nr. 2012/30564) e l’autorizzazione paesaggistica (prot. nr. 2012/30606) il Comune di Venezia aveva assentito la realizzazione di una nuova costruzione prospiciente via Terraglio, relativa ad una stazione di servizio stradale per la distribuzione dei carburanti con annesso un fabbricato destinato ad attività commerciale.
Successivamente al permesso di costruire veniva rilasciata la concessione del consorzio di bonifica Acque sorgive per la realizzazione dei due ponti sul collettore Terraglio Nord e l’autorizzazione ai sensi del d. Lgs. 152/2006 per un impianto di trattamento delle acque di prima pioggia e l’attivazione del relativo scarico.
Parte ricorrente, in quanto titolare di un vicino impianto di distribuzione di carburante, impugnava i provvedimenti sopra citati, reputandoli gravemente illegittimi e lesivi.
In relazione a detta impugnativa si sosteneva l’esistenza dei seguenti vizi: la violazione degli artt. 8-11 del Dpr 380/2001, in quanto nell’atto unilaterale d’obbligo parte ricorrente avrebbe erroneamente dichiarato di essere proprietaria di aree, al contrario, appartenenti al Comune di Venezia e all’Anas;la mancanza di un presupposto essenziale al rilascio del permesso di cui si tratta, in quanto individuato nel consenso del proprietario della strada all’installazione del distributore di carburante;la violazione della disciplina speciale in materia di distribuzione dei carburanti, laddove quest’ultima precluderebbe la possibilità di insediare un distributore nelle zone di pregio ambientale;l’incompetenza dell’Amministrazione comunale a ridurre di circa 30 metri la via Quarto e, con il quinto motivo, che il ricorrente non avrebbe richiesto l’autorizzazione alla vendita dei carburanti;la contraddittorietà del progetto approvato con il parere del Dipartimento delle opere pubbliche del 19 Marzo 2010;che, con il settimo motivo, la concessione per la realizzazione di due ponti sul collettore Terraglio Nord sia stata rilasciata successivamente all’emanazione del permesso di costruire;si contestava, in ultimo, l’illegittimità dello spostamento verso Mestre della preesistente fermata dell’autobus.
Nel corso del giudizio si costituiva il Comune di Venezia che, nel chiedere una pronuncia di infondatezza nel merito rilevava, altresì, l’inammissibilità di un ricorso in quanto preordinato a evitare il sorgere di un nuovo impianto di distribuzione carburanti che si porrebbe in diretta concorrenza con quello di proprietà della ricorrente.
Si costituiva, altresì, la Alce Srl in qualità di soggetto controinteressato, eccependo in via preliminare l’inammissibilità del ricorso, in quanto non sarebbe stata fornita alcuna prova di un pregiudizio consequenziale ai provvedimenti impugnati e, ciò, con riferimento sia al permesso di costruire che all’autorizzazione paesaggistica. Analoga eccezione di inammissibilità veniva presentata con riferimento all’impugnazione proposta avverso i pareri in epigrafe citati (riferiti ad esempio al parere della Soprintendenza o a quello della Commissione edilizia) e, ciò, considerando sia, la mancanza di un interesse concreto ed attuale in relazione all’annullamento di detti provvedimenti sia, nel contempo, che l’insussistenza di detto interesse trovava conferma nella natura di atti endoprocedimentali degli stessi provvedimenti e, quindi, di atti provvisori in relazione ai quali non era seguita l’impugnazione dell’atto definitivo e conclusivo del relativo procedimento.
Anche la società controinteressata chiedeva, in subordine, il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Si costituiva la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici di Venezia e Laguna, unitamente al Ministero dell’Interno, per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato.
Alla camera di consiglio del 10 aprile 2013 parte ricorrente dichiarava di rinunciare all’istanza cautelare.
Nel corso dell’udienza del 26 giugno 2013, il ricorso veniva discusso e deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione, in relazione alle molteplici censure proposte.
Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze come motivi di gravame.
Nel giudizio di appello, si è costituita l’Avvocatura dello Stato per il Ministero per i beni e le attività culturali, il Ministero dell’interno e ANAS s.p.a., nonché il Comune di Venezia e la parte controinteressata Alce s.r.l., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.
Dopo il diniego della domanda di adozione di misure cautelari inaudita altera parte, avutosi con decreto presidenziale n. 4019 del 14 ottobre 2013, all’udienza del 29 ottobre 2013, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 4301/2013.
Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2015, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - In via preliminare, la Sezione ritiene di prendere posizione sulle due eccezioni preliminari sollevate, che concernono rispettivamente il difetto di legittimazione ad agire in capo alla ricorrente per carenza di vicinitas e l’intervenuta improcedibilità per difetto di interesse al ricorso, stante la quasi completa realizzazione dell’impianto.
Le questioni possono essere risolte sinteticamente, anche in considerazione dell’infondatezza nel merito dell’appello (evenienza che ha indotto il T.A.R. semplicemente a porre in disparte l’esame dell’eccezione stessa).
In concreto, le due eccezioni sono infondate.
In merito alla carenza di legittimazione per carenza della vicinitas, va ricordato come la giurisprudenza (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 3 settembre 2014 n. 4480), analizzando i rapporti intercorrenti tra l’impugnativa degli atti aventi ad oggetto i titoli edilizi rilasciati e quelli concernenti l’esercizio del commercio, abbia precisato come per i secondi “la vicinitas in senso spaziale deve invece essere trasferita nell’ambito della nozione di bacino commerciale, ossia dell’area in cui si dispiega l’influenza economica del concorrente ed è quindi idonea a incidere sulle posizioni di mercato del controinteressato. In questo settore, la rilevanza della posizione del ricorrente si rapporta all’interesse ad un regolare svolgimento della concorrenza, tale da non ledere illegittimamente la posizione di un altro operatore nel proprio settore di mercato (dove peraltro va rimarcata la presenza in giurisprudenza di valutazioni differenziate del requisito in esame: ad esempio, Consiglio di Stato, sez. IV, 25 gennaio 2013 n. 489 sull’insufficienza della mera vicinitas e la pretesa di uno specifico e concreto pregiudizio non deve necessariamente concretarsi in una lesione alla concorrenza;Consiglio di Stato, sez. V, 30 novembre 2012 n. 6113 sulla legittimazione fondata non sulla mera pretesa a conservare il proprio flusso di clientela ma sulla lesione a ulteriori e diversi beni della vita).”
Pertanto, nel caso in esame, sussistono tutti i presupposti per l’impugnativa, non essendo sufficiente la mera allocazione su un diverso asse viario a elidere il concetto di bacino di utenza a fronte della oggettiva vicinanza dei due esercizi.
Nessun rilievo ha poi la circostanza della quasi completa esecuzione dell’impianto, il cui accoglimento verrebbe addirittura a pretermettere la tutela giuridica di fronte al mero fatto.
Le due eccezioni preliminari sono quindi infondate.
3. - Può ora passarsi al merito del ricorso, iniziando lo scrutinio delle censure alla sentenza del primo giudice dal primo motivo di appello, con cui viene lamentata illogicità manifesta, irragionevolezza e difetto di motivazione della sentenza gravata per violazione di legge (artt. 8 – 11 del d.P.R. n. 380 del 2001, art. 26 del D.Lgs. n. 285 del 1992);eccesso di potere per difetto di presupposto, per difetto di istruttoria e per genericità assoluta;sviamento di potere. In concreto si contesta la titolarità della ricorrente per quanto riguarda le aree indicate nei mappali n. 1027/55, rilevando come la particella 1027 appartenga al Comune di Venezia, mentre la n. 55 sia di proprietà dell’Anas, evidenziando quindi l’inesattezza dell’atto unilaterale d’obbligo sottoscritto in data 29 dicembre 2011 dall’attuale appellata. Sotto altro profilo, si lamenta poi la genericità dell’individuazione delle opere da realizzare su proprietà pubblica, tramite il generico rinvio all’elaborato grafico e al computo metrico.
3.1. - La doglianza, nella sua doppia formulazione, non può esser condivisa.
In merito al primo profilo, sebbene non sia dubbio che l’atto unilaterale d’obbligo contenga le affermazioni oggetto di censura, appare del tutto condivisibile la lettura fattane dal primo giudice sulla concreta irrilevanza ai fini dell’annullamento dell’atto.
In primo luogo, è palmare come le dette affermazioni siano legate ad un mero errore materiale nel riferimento al mappale n. 1027, come è evincibile dalla circostanza che nel testo la questione sia stata valutata in modo diverso, dapprima affermando che la proprietà di detto mappale spetti alla società Alce e poi, asserendo invece che spetti al Comune. Ed in effetti, il primo giudice giunge correttamente ad affermare che si tratta di un’area acquistata dal Comune a seguito di una procedura espropriativa diretta alla realizzazione di una pista ciclabile lungo la Statale 13 “Terraglio”.
In merito al mappale n. 55, poi, è confermato dallo stesso atto unilaterale d’obbligo che l’area sia di proprietà demaniale e, ciò, considerando come la società Alce si fosse obbligata a realizzare, nella stessa area, determinate opere. In questo senso, è significativa la circostanza che con deliberazione della Giunta comunale n. 259 del 05/06/2006, nell’alveo e nella classificazione delle strade comunali.
In secondo luogo, ed è questo l’aspetto giuridicamente più rilevante, peraltro non contestato in appello e sul quale si può anche evidenziare la formazione di una preclusione processuale, il T.A.R. ha escluso che la proprietà dell’area fosse requisito essenziale per la realizzazione dell’intervento, atteso che è apparso legittimo al primo giudice che spetti al Comune “prevedere la realizzazione di determinate opere su aree di proprietà e da parte di soggetti privati, al fine di acquisire le stesse opere e così destinarle a pubblica utilità.”
Se, infatti, l’atto unilaterale d’obbligo si inquadra in una fattispecie più ampia di programmazione e di pianificazione urbanistica concertata tra il privato e l’Amministrazione, mediante la stesura di atti sia unilaterali che pattizi, e l’assunzione di specifici obblighi, appare anche corretto che le parti possano farsi reciproche concessioni in vista del raggiungimento dello scopo finale.
Peraltro, la proprietà dell’area è uno dei possibili presupposti per il rilascio del titolo abilitativo edilizio e non l’unico possibile, come attesta l’art. 11 “Caratteristiche del permesso di costruire” del d.P.R. n. 380 del 2001 che afferma che “Il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo.”
Correttamente, il primo giudice ha ritenuto che la parte appellata potesse giovarsi della disponibilità dell’area, derivante dagli stessi atti delle parti pubbliche concedenti.
Del pari è infondata la censura sotto forma di carenza della prevista domanda, dove si fa rilevare la contraddittorietà e la genericità delle indicazioni contenute nell’atto unilaterale d’obbligo e, ciò, nella parte in cui sono state definite le opere di competenza della Alce Srl.
Va infatti confermata la statuizione del primo giudice dove si evidenzia come fosse palese l’impegno della controinteressata a realizzare un tratto di percorso ciclo pedonale in asfalto di circa 107 metri, l’esecuzione di opere relative alla segnaletica orizzontale e verticale, di opere a verde, di una fermata ACTV e di due nuovi ponti di accesso e uscita. Peraltro, con il deposito documentale in primo grado (memoria datata 5 aprile 2013), il Comune di Venezia ha evidenziato come i profili grafici e descrittivi fossero in dettaglio indicati dalla documentazione fotografica e dalla relazione descrittiva depositata.
Infine, come ancora nota correttamente il primo giudice, la censura, quand’anche fondata, non consentirebbe l’annullamento dell’atto, atteso che, stante il loro inserimento in una fattispecie di carattere convenzionale, la loro non corretta indicazione, vicenda qui non riscontrabile, imporrebbe unicamente, nel rispetto del canone della buona fede, l’obbligo per il Comune di richiedere una precisazione delle obbligazioni così assunte e, ciò, senza che da detta circostanza sia possibile determinare, di per sé e autonomamente, l’illegittimità del permesso di costruire.
Conclusivamente, il motivo va dichiarato infondato, anche in relazione alla sua ultima parte, dove si contesta la possibilità che si possa utilizzare un atto unilaterale d’obbligo per costituire un rapporto del tipo di quello in esame, atteso che lo stesso, per quanto sopra evidenziato, si inquadra in una fattispecie procedimentale di tipo consensuale, tesa alla qualificazione urbanistica dell’area in esame.
4. - Con il secondo motivo si lamenta illogicità manifesta, irragionevolezza e difetto di motivazione della sentenza gravata per violazione di legge (artt. 24, 26 e 27 del D.Lgs. n. 285 del 1992;artt. 46 – 61 del d.P.R. n. 495 del 1992);eccesso di potere per difetto di presupposto e per difetto di istruttoria. Nel dettaglio si evidenzia l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per la mancanza di un presupposto essenziale, quale il consenso del proprietario della strada all’installazione del distributore di carburante, e l’inesistenza di un atto di autorizzazione degli accessi.
4.1. - La censura va disattesa.
In merito alla questione del riparto tra competenze dei diversi enti, va evidenziato come il T.A.R. abbia affermato, profilo non ulteriormente contestato, che il tratto di strada del “Terraglio” non appartiene all’Anas, ma rientra nell’ambito delle strade comunali così come precisate dalla delibera sopra ricordata e, ciò, considerando altresì che la stazione di servizio viene a sorgere a ridosso di un tratto viario prossimo all’area urbana.
In relazione a tale circostanza, il relativo parere tecnico è stato correttamente espresso da parte del Comune di Venezia, tramite i suoi organi espressamente attributari di funzioni, ossia i dirigenti tecnici. E ciò nella considerazione che, nella fattispecie in esame, non sono ravvisabili profili che possano ricondursi a scelte strategiche o di indirizzo politico da compiere, di spettanza dei soli organi di direzione politica (in questo senso, Consiglio di Stato, sez. V, 20 agosto 2013 n. 4192 che ha confermato l’attribuzione generale in capo ai dirigenti e non già al Consiglio comunale né, tanto meno, alla Giunta comunale dei poteri di disciplinare un rapporto concessorio in scadenza).
5. - Con la terza censura, ci si duole di illogicità manifesta, irragionevolezza e difetto di motivazione della sentenza gravata per violazione di legge (D.M. 24 gennaio 1967;art. 157 del D.Lgs. n. 42 del 2004;artt. 1 – 2 del D.Lgs. n. 32 del 1998;artt. 2 – 3 della legge regionale Veneto n. 23 del 2003;art. 3 della legge n. 241 del 1990;art. 3 – 33 del