Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-01-29, n. 201800608

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2018-01-29, n. 201800608
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201800608
Data del deposito : 29 gennaio 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/01/2018

N. 00608/2018REG.PROV.COLL.

N. 07262/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7262 del 2017, proposto dalla Bone s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati S B e C M ed elettivamente domiciliata presso il loro studio legale in Roma, via Pasubio n. 11;

contro

l’Azienda sanitaria locale Rm 6, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio, nonché;

nei confronti di

Intrauma s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio,

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. III quater, 7 giugno 2017, n. 6691, non notificata, recante la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuto difetto di interesse del ricorso n. 2681/2017, proposto ex artt. 22 ss., l. 7 agosto 1990, n. 241 e 116, comma 1, c.p.a. per l’annullamento del silenzio-diniego formatosi sull’istanza di accesso agli atti inviata a mezzo Pec in data 10 gennaio 2017, nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto della medesima di accedere ai documenti richiesti con la predetta istanza e, per l’effetto, per ordinare l’esibizione degli stessi, ai sensi dell’art. 116, comma 4, c.p.a., alla Asl Rm 6.- di ogni altro atto presupposto, consequenziale e/o comunque collegato o connesso all'impugnato silenzio-diniego, ancorché non conosciuto dalla Società ricorrente.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 18 gennaio 2018 il Cons. Giulia Ferrari e udito il difensore presente dell’appellante, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con istanza inoltrata per posta elettronica certificata il 10 gennaio 2017, la Bone s.r.l. ha chiesto alla Asl Rm 6 l’ostensione degli atti relativi alle forniture di prodotti ortopedici affidate ad Intrauma s.p.a. a decorrere dal 1° ottobre 2014. Avverso il silenzio formatosi sulla predetta istanza la Bone ha proposto ricorso, depositato al Tar del Lazio il 22 marzo 2017.

Al fine di radicare il proprio interesse ad ottenere i documenti richiesti, essa ha chiarito di essere una società operativa nel settore della produzione, acquisto, vendita e noleggio di materiale sanitario ed ospedaliero (in particolare ortopedico), che ricomprende tra i propri clienti numerose strutture pubbliche e private operanti sia nella Regione Lazio che nel resto del territorio nazionale.

Nel settembre 2014 aveva stipulato un contratto con la Intrauma s.p.a. per la distribuzione esclusiva di prodotti ortopedici, con l’impegno di detta società a non vendere direttamente i propri prodotti in ospedali ed altre strutture sanitarie e a trasmettere al distributore qualsiasi ordine o richiesta di informazione proveniente da strutture nel territorio oggetto dell’esclusiva contrattuale, che si estende in tutta la Regione Lazio, salvo le zone di Rieti e provincia e le zone dell’Ospedale Belcolle di Viterbo.

Avendo la Intrauma disposto il recesso anticipato dal contratto (nota del 3 dicembre 2015), la Bone l’ha convenuta dinanzi al Tribunale Civile di Torino per sentirla condannare alla esatta esecuzione del contratto relativamente al diritto di esclusiva ed al risarcimento del danno.

Poiché la Asl Rm 6 ha continuato ad inviare direttamente ad Intrauma numerosi ordinativi di fornitura di prodotti ortopedici, con Pec del 10 gennaio 2017 la Bone ha chiesto l’ostensione degli atti relativi alle forniture di prodotti ortopedici affidate ad Intrauma s.p.a. a decorrere dal 1° ottobre 2014, al fine di determinare il quantum risarcitorio nel giudizio pendente dinanzi al Tribunale Civile di Torino.

Avverso il diniego tacito di rilascio dei documenti richiesti la Bone ha proposto il succitato ricorso al Tar Lazio che, con sentenza n. 6691 del 7 giugno 2017, ha dichiarato la sopravvenuta carenza di interesse, avendo l’Azienda sanitaria nelle more della definizione del giudizio, con nota del 7 aprile 2017, formalmente accolto l’istanza di accesso agli atti del 10 gennaio 2017, trasmettendo alla ricorrente (con nota del 18 maggio 2017) la documentazione richiesta.

2. Avverso la predetta sentenza n. 6691 del 2017 la Bone ha proposto appello, notificato il 3 ottobre 2017 e depositato il successivo 17 ottobre, ritenendo la decisione erronea nella parte in cui è stata disposta la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio. In corretta applicazione del principio della soccombenza virtuale, infatti, il Tar avrebbe dovuto condannare la Asl Rm 6 al pagamento delle spese e degli onorari del giudizio, atteso che il rilascio dei documenti, richiesto il 10 gennaio 2017, è avvenuto solo il 7 aprile 2017, quindi dopo la proposizione del ricorso (depositato il 22 marzo 2017).

3. L’Azienda sanitaria locale Rm 6 non si è costituita in giudizio.

4. La Intrauma s.r.l. non si è costituita in giudizio.

5. Alla camera di consiglio del 18 gennaio 2018 la causa è stata trattenuta per la decisione.

6. L’appello è infondato, in applicazione del condivisibile orientamento giurisdizionale (da ultimo, Cons. St., sez. IV, 17 ottobre 2017, n. 4795;
id. 23 giugno 2017, n. 3068) secondo cui la decisione del giudice di merito, in materia di spese processuali, è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa;
non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l'esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull'opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese medesime. Tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice ha emesso una pronuncia di merito, ma anche quando egli si è limitato a dichiarare l'inammissibilità o l'improcedibilità dell'atto introduttivo del giudizio. Infatti, pure in tali ultimi casi, sussiste pur sempre una soccombenza, sia pure virtuale, di colui che ha agito con un atto dichiarato inammissibile o improcedibile, che consente al giudice di compensare parzialmente o totalmente le spese, esercitando un suo potere discrezionale che si traduce in un provvedimento che rimane incensurabile purché non illogicamente motivato e che ha, come suo unico limite, il divieto di condanna della parte vittoriosa.

Tale presupposto non si è verificato nella fattispecie per cui è causa, con conseguente reiezione dell’appello e integrale conferma dell’impugnata decisione.

Nulla per le spese, non essendosi le controparti costituite nel giudizio di appello.

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