Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-10-25, n. 202408542

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-10-25, n. 202408542
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202408542
Data del deposito : 25 ottobre 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/10/2024

N. 08542/2024REG.PROV.COLL.

N. 02492/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2492 del 2024, proposto da:
Salgito s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G O, M V e P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



contro

Comune di Arzignano, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati D M e F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F S in Roma, via Giosuè Borsi, n. 4;



per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione Seconda, n. 159/2024, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Arzignano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 1° ottobre 2024 il Cons. F C e uditi per le parti l’avvocato P B e l’avvocato F S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:



FATTO e DIRITTO

1. - Con ricorso principale, integrato da motivi aggiunti, la società Salgito s.r.l. (d’ora in avanti, solo la Società) impugnava dinanzi al T.a.r. per il Veneto dapprima il silenzio-rigetto formatosi ai sensi dell’art. 36, comma 3, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (T.U. edilizia) e poi il diniego espresso di sanatoria oppostole in data 3 giugno 2021 dal Comune di Arzignano in relazione a un’istanza volta a sanare ai sensi degli artt. 34- bis e 36 del richiamato d.P.R. opere edilizie realizzate in parziale difformità dal permesso di costruire n. 19P023 del 4 febbraio 2020 e consistenti nell’innalzamento di cm. 40 di un sottotetto posto nel centro storico, accanto al municipio.

L’Ente civico, svolti i rilievi topografici con l’ausilio di un soggetto terzo (Studio Effe Project), con il provvedimento impugnato, aveva, infatti, ritenuto detto innalzamento del sottotetto insuscettibile di sanatoria, per aver comportato una modifica della sagoma, dell’altezza e del volume dell’edificio, in contrasto con l’art. 63 delle norme tecniche di attuazione - operative del Piano degli interventi (P.I.) (che impone di mantenere la stessa sagoma dell’edificio preesistente), nonché con la scheda che tutela l’immobile con grado di protezione “E” e con categoria di intervento pari alla “ ristrutturazione edilizia ”, la quale non ammette alcuna modifica planivolumetrica.

Questa la motivazione dell’impugnato diniego:

« l’intervento abusivamente realizzato è in contrasto con le previsioni del Piano degli Interventi vigente come meglio sopra esplicitate dal parere della Commissione Tecnica Comunale n. 7 del 18.12.2020, in quanto è stata modificata la sagoma dell’edificio con incremento della volumetria e modificato le altezze oltre il limite di tolleranza del 2% previsto dall’art. 34 bis del D.P.R. 380/2001 s.m.i. In sostanza, trattasi di una parziale difformità del titolo edilizio, ex art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 ed art. 93 della L.R. 27.06.1985, n.61, che si pone in contrasto con la vigente normativa comunale, ex art. 27 del d.P.R. n. 380/2001» .

La Società contestava la legittimità del diniego di sanatoria sotto plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

2. - L’adito T.a.r., nella resistenza dell’intimata Amministrazione, con la sentenza segnata in epigrafe, dichiarava improcedibile il ricorso introduttivo (per sopravvenuta carenza d’interesse poiché l’originario silenzio della P.A. era stato poi superato dal diniego espresso sopravvenuto, che rinnovava e approfondiva la lesione degli interessi della ricorrente) e respingeva il ricorso per motivi aggiunti.

3. - Con rituale atto di appello la società Salgito s.r.l. chiedeva la riforma della predetta sentenza, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua dei seguenti motivi, così rubricati:

« 1) Violazione di legge - Violazione dell’art. 34 bis DPR. n. 380/2001 - Violazione dell’art. 16 NTA del P.I. di Arzignano - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria - Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

2) Violazione di legge - Violazione dell’art. 3 DPR. n. 380/2001 - Violazione dell’art. 63 NTA del P.I. di Arzignano - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria - Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto;

3) Violazione di legge - Violazione dell’art. 34 bis DPR. n. 380/2001 - Eccesso di potere - Difetto di istruttoria - Illogicità - Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto ».

4. - Resisteva al gravame il Comune di Arzignano, chiedendone il rigetto.

5. - All’udienza pubblica del 1° ottobre 2024, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. - L’appello è infondato secondo quanto di seguito osservato, potendosi conseguentemente prescindere dalla disamina delle eccezioni preliminari sollevate alla difesa comunale.

6.1. - Con il primo motivo d’appello la società Salgito s.r.l. sostiene che il Comune avrebbe errato nel considerare l’altezza del fabbricato all’estradosso (parte esterna) anziché all’intradosso (parte interna) della copertura del tetto e che avrebbe utilizzato l’altezza di gronda (parte più bassa del tetto) anziché quella media tra le fronti della copertura. Tale errore avrebbe comportato la mancata applicazione delle c.d. “tolleranze costruttive” nella misura del 2 % stabilita dall’art. 34- bis del d.P.R. n. 380 del 2001, laddove invece, come da rappresentazione grafica integrata nei motivi di appello, nella specie l’applicabilità di tale norma avrebbe escluso finanche la sussistenza dell’abuso, sicché l’istanza di sanatoria presentata doveva in realtà essere intesa come mera comunicazione volta a chiarire le modalità con le quali la Società aveva modificato la copertura originaria.

La ricostruzione non può essere condivisa.

Come emerge dalla relazione istruttoria del Servizio Edilizia privata dell’Area “Gestione del territorio” del Comune di Arzignano relativamente alla richiesta di sanatoria presentata dalla Società, anche invocando l’art. 34- bis del T.u.e., ambedue le critiche alle modalità di calcolo seguite non possono trovare accoglimento.

Preliminarmente va evidenziato che l’art. 16 delle N.T.A. del P.I. del Comune di Arzignano definisce in questi termini l’altezza massima di un edificio: « Altezza massima: per altezza del fabbricato deve intendersi l’altezza massima tra quelle delle varie fronti, misurata dal piano campagna sistemato all’intradosso dell’ultimo solaio praticabile, o alla linea di gronda se più alta. La linea di gronda rappresenta il limite inferiore della falda di un tetto da cui defluisce l’acqua piovana» . Ne discende che l’altezza massima di un edificio non è individuata in assoluto, ma in relazione alle preesistenze, in quanto corrisponde a quella del fronte più alto e deve essere calcolata « all’intradosso dell’ultimo solaio praticabile, o alla linea di gronda, se più alta ».

Nel caso di specie, come si evince dalla relazione tecnica fornita dallo Studio Effe Project - le cui misurazioni sono avallate da parte appellante ( cfr. pag. 7 e pag. 19 del ricorso in appello) - il Comune di Arzignano ha correttamente applicato le regole urbanistiche sopra richiamate. D’altro canto, dirimente ai fini di causa appare l’analisi di dettaglio della scheda urbanistica che tutela l’edificio (cfr. allegato 4 del fascicolo documenti primo grado); ne discende che l’intervento edilizio per cui è causa doveva rispettare l’altezza preesistente, senza alterare l’andamento (differente) delle falde originarie.

Invero, come evidenziato dalla difesa civica, in mancanza di espresse previsioni ( rectius, deroghe) che lo consentano, è vietato modificare la sagoma ed il volume del fabbricato de quo .

In generale, infatti, le schede urbanistiche constano di due parti, ovvero il c.d. “ stato di fatto ”, che descrive lo stato di fatto esistente e quello di “ progetto ”, che disciplina gli eventuali interventi futuri consentiti.

Nella fattispecie oggetto del presente giudizio, nella parte destra, cioè nella colonna relativa alle progettualità assentibili, per quanto riguarda i metri quadrati della superficie coperta, l’altezza massima in gronda e i metri cubi del volume, non è previsto alcunché: a ciò consegue necessariamente che lo stato di fatto esistente, ben rappresentato nella parte sinistra, non poteva essere modificato in relazione, tra l’altro, all’altezza del fabbricato.

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