Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2021-11-22, n. 202107794
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Testo completo
Pubblicato il 22/11/2021
N. 07794/2021REG.PROV.COLL.
N. 05603/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5603 del 2019, proposto da
Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati F A, A C, C T, P Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Associazione Codici Onlus Centro per i Diritti del Cittadino, Movimento Consumatori, Altroconsumo, non costituiti in giudizio;
Associazione Codici – Centro per i Diritti del Cittadino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Carmine Laurenzano, Ivano Giacomelli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Ivano Giacomelli in Roma, via Giuseppe Belluzzo 1;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. 04062/2019, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Associazione Codici – Centro per i Diritti del Cittadino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2021 il Cons. T M e uditi per le parti gli avvocati A C e F A.
FATTO
1. Con ricorso iscritto al n. 5603 del 2019, Banca nazionale del lavoro s.p.a. (in seguito, “BNL”) propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, 27 marzo 2019 n. 4062 con la quale è stato respinto il ricorso proposto contro l’Autorità garante della concorrenza e del mercato per l'annullamento:
- del provvedimento dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, adottato nell'adunanza del 17.11.2010 a conclusione del procedimento n. PS/10972, con il quale è stato deliberato: a) che la pratica commerciale descritta posta in essere dalle società Banca nazionale del lavoro S.p.A. costituiva una pratica commerciale aggressiva ai sensi degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, e ne vietava l'ulteriore diffusione e la reiterazione; b) che alla medesima società era da irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria di 4.000.000 €;
- nonché di ogni altro atto anteriore, connesso e/o conseguente, in particolare il provvedimento del 21.6.2017 con cui l'Autorità aveva rigettato gli impegni proposti da BNL ai sensi dell'art. 27, comma 7 del Codice.
2. Il giudice di prime cure riassumeva i fatti di causa evidenziando che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato (in seguito “Autorità”), a seguito di alcune segnalazioni da associazioni di consumatori, avviava in data 5.4.2017 il procedimento istruttorio PS/10792 nei confronti di BNL per presunta violazione degli articoli 24 e 25 del Codice del Consumo. Tale procedimento concerneva 2 condotte poste in essere da BNL, consistenti:
a) nell’aver mantenuto in essere rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente con la clientela caratterizzati da clausole che prevedevano esplicitamente il conteggio degli interessi sugli interessi debitori (pratica a), atteso che a seguito dell’entrata in vigore della legge 27.12.2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), che all’art. 1, co. 629, ha modificato l’art. 120, co. 2, del Testo Unico Bancario - TUB, è stato vietato l’anatocismo;
b) nell’aver indotto la clientela a sottoscrivere l’autorizzazione preventiva all’addebito in conto corrente degli interessi debitori, successivamente alla modifica operata all'art. 120, co. 2, del TUB dall’art. 17-bis del D.L. 14.2.2016, n. 18, convertito, con modificazioni, in legge 8.4.2016, n. 49, che consente l’addebito in conto corrente degli interessi debitori previa autorizzazione (pratica b). Quest’ultima era stata rilevata attraverso: a) l’invio ai consumatori (da ottobre 2016) di moduli personalizzati e precompilati in busta preaffrancata, che contenevano la manifestazione del consenso all’addebito in conto corrente degli interessi debitori (rispettivamente in allegato alle comunicazioni effettuate con gli estratti conto del terzo trimestre 2016 e del quarto trimestre 2016, inviati ai sensi dell'articolo 118 del TUB riguardante la modifica unilaterale delle clausole contrattuali relative al calcolo degli interessi nei rapporti di conto corrente e di apertura di credito in conto corrente), da rispedire alla BNL sottoscritti; b) la predisposizione di “pop-up” (ovvero elementi dell'interfaccia grafica come finestre/riquadri, che compaiono automaticamente durante l'uso di browser in siti internet), per attirare l'attenzione dell'utente (visibili da fine dicembre 2016) nei siti internet delle aree clienti dei consumatori operanti in internet banking, contenenti informative sulle nuove disposizioni in tema di conteggio degli interessi debitori, che però indirizzavano, attraverso il link “PROSEGUI”, verso la procedura di autorizzazione on line all’addebito in conto corrente degli interessi debitori, sempre a far data da quando essi sarebbero divenuti esigibili, senza prevedere espressamente la possibilità di negare l’autorizzazione. In seguito BNL presentava il 26.5.2017 una proposta di impegni ex art. 27 co. 7 del Codice del Consumo, rigettato però dall’Autorità il 21.6.2017.
Il provvedimento impugnato dell’Autorità aveva infine archiviato la procedura per la pratica a), mentre per la pratica b) confermava l’ipotesi di una pratica commerciale scorretta ai sensi degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, vietava la diffusione o la reiterazione ed irrogava una sanzione pecuniaria di 4.000.000 €.
3. BNL impugnava il provvedimento sanzionatorio innanzi al Tar del Lazio, chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:
I. eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità, difetto di motivazione e di istruttoria; violazione e falsa applicazione dell’art. 27 co. 7 del Codice del Consumo;
II. eccesso di potere per carenza istruttoria, contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti, sviamento e irragionevolezza; violazione e falsa applicazione degli artt. 18, 20, 24 e 25 del Codice del Consumo;
II.A contenuto incompleto e fuorviante delle comunicazioni, scritte e del pop-up;
II.B mancante carattere aggressivo delle conseguenze “negative” delle comunicazioni;
II.C erroneità sulla forma e sulle modalità di diffusione delle comunicazioni scritte e del pop-up;
III in subordine: carenza istruttoria, violazione e falsa applicazione dell’art. 11 della legge n. 689 del 1981 (violazione del principio di proporzionalità della sanzione rispetto alla gravità dell’illecito).
4. Si era costituita in giudizio l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, chiedendo la reiezione del ricorso, siccome infondato.
5. Alla pubblica udienza dell’13.3.2019, la causa veniva discussa e decisa con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando la correttezza dell’operato della pubblica amministrazione e confermando la legittimità della sanzione pecuniaria.
6. Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto e in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo nei tre motivi di appello le proprie originarie censure, sotto meglio descritte. Nel giudizio di appello, si è costituita l’Autorità garante della concorrenza e del mercato, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso. Anche l’Associazione Codici – Centro per i Diritti del Cittadino si è costituita al fine di resistere al ricorso in quanto infondato. Alla pubblica udienza del 4 novembre 2021, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.
DIRITTO
7. L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
7.1 Si controverte in ordine ad un comportamento ritenuto aggressivo (e quindi contrario alla legge) consistito in una strategica e meditata sollecitazione dei clienti ad acconsentire ad una forma di reintroduzione dell’anatocismo bancario, senza avvertirli sull’esistenza di modalità alternative e senza informarli adeguatamente sugli effetti di questa azione. Sono opportune, per una migliore intellegibilità della causa, alcune premesse.
7.2 Il codice civile prevede all’art. 1283 per gli obblighi riguardanti somme di denaro un generale divieto di anatocismo, salvo specifiche eccezioni: in mancanza di usi contrari, gli interessi scaduti non producono interessi se non dal giorno della domanda giudiziale o per effetto di un accordo successivo alla loro scadenza, e sempre che si tratti di interessi dovuti almeno per sei mesi. Per gli obblighi nascenti dalle operazioni bancarie il Testo unico bancario prevede una disciplina specifica all’art. 120, co. 2, definisce i criteri e le modalità per il calcolo e l’esigibilità degli interessi e le regole di trasparenza e correttezza che gli intermediari devono rispettare. Nel 2013 il legislatore ha modificato l’art. 120, co. 2, ribadendo il principio della pari periodicità nel conteggio di interessi debitori (detti anche passivi) e creditori (detti anche attivi) in caso di operazioni di credito regolate in conto corrente ed introducendo un generale divieto di produzione di interessi ulteriori da parte degli