Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-04-14, n. 201501923
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N. 01923/2015REG.PROV.COLL.
N. 07488/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7488 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avv. A C e S G, con domicilio eletto presso la Segreteria sezionale del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro n. 13;
contro
U.T.G. - Prefettura di -OMISSIS-, Questura di -OMISSIS- e Ministero dell’interno, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi n. 12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI -OMISSIS-: SEZIONE II n. 00762/2014, resa tra le parti, concernente revoca beneficio di emersione da lavoro irregolare disposta con decreto del Prefetto di -OMISSIS- 30 agosto 2012 - annullamento permesso di soggiorno disposto con decreto del Questore di -OMISSIS- notificato il 12 novembre 2012.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di -OMISSIS-, Questura di -OMISSIS- e Ministero dell’interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 52 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, commi 1 e 2;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 febbraio 2015 il Cons. Angelica Dell'Utri e uditi per la parte appellata l'avv. dello Stato Paola Saulino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- A seguito della presentazione da parte del datore di lavoro dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare in favore del signor -OMISSIS- -OMISSIS-, cittadino pakistano, in data 23 giugno 2010 gli interessati sottoscrivevano il contratto di soggiorno ed al signor -OMISSIS- era rilasciato il permesso di soggiorno con scadenza 23 giugno 2011, rinnovato con permesso scadente il 6 ottobre 2012.
Tuttavia, con decreto 30 agosto 2012 dello Sportello unico per l’immigrazione dell’U.T.G.-Prefettura di -OMISSIS- erano disposti l’annullamento del contratto di soggiorno e la reiezione della domanda di emersione a “causa del mancato rispetto del periodo di impiego sancito dalla Legge 102/09”. Ciò dal momento che in data 13 gennaio 2011 il datore di lavoro aveva dichiarato davanti a incaricati di P.G. di aver apposto una firma presso l’INPS di -OMISSIS- a richiesta di una persona a lui nota, al fine di consentire la regolarizzazione della posizione del signor -OMISSIS-, non conosciuto e che mai aveva lavorato per lui.
Sulla base del provvedimento prefettizio con decreto datato 7 settembre 2012 il Questore di -OMISSIS- annullava i due permessi di soggiorno per insussistenza del titolo al rilascio.
2.- Il signor -OMISSIS- ha impugnato tali provvedimenti davanti al TAR Lombardia, sede di -OMISSIS-, che, dopo aver – tra l’altro – accolto la domanda cautelare disponendo il rilascio del permesso di soggiorno fino alla conclusione della già disposta istruttoria di riesame e previa definizione del contenzioso penale, con sentenza 2 luglio 2014 n. 762 ha respinto il ricorso. Tanto alla stregua del proprio orientamento in materia, secondo cui la dichiarazione resa dal datore di lavoro ai Carabinieri, tesa a smentire quella implicitamente contenuta nella domanda di emersione, prevale su quest’ultima in considerazione della particolare fede ad essa attribuita, sicché nella specie sarebbe superfluo attendere l’esito del procedimento penale;ciò anche per l’inaccoglibilità comunque dell’istanza per incapacità reddituale del datore di lavoro.
3.- Di qui l’appello in epigrafe, inoltrato per le notifiche il 2 settembre 2013 e depositato il 16 seguente, col quale si deduce:
a.- Per quanto attiene all’annullamento dei permessi di soggiorno, risulta violato il disposto dell’art. 5, co. 5, del d.lgs. n. 286 del 1998 poiché non sono stati valutati i “sopraggiunti nuovi elementi”. Difatti, mentre in sede di permesso nell’ambito del procedimento di sanatoria occorre applicare rigidamente le cause ostative di legge, successivamente, ove emergano cause ostative non precedentemente rilevate, occorre un provvedimento in autotutela di carattere discrezionale, dovendosi tener conto appunto del cit. art. 5, co. 5, con ponderazione dei due elementi dell’interesse pubblico attuale alla rimozione del permesso e della posizione dell’interessato quale definita dalla eventuale sopravvenienza di nuovi elementi nel tempo in cui ha fruito del permesso, pena altrimenti anche la violazione dell’art. 8 della CEDU e dei principi affermati dalla Corte di Strasburgo sui diritti fondamentali alla famiglia, al lavoro, alla libera circolazione ed al soggiorno. E nella specie, dopo aver lavorato per quel datore di lavoro, egli ha svolto regolarmente altri lavori ed attualmente è assunto presso una ditta di verniciature, è socialmente inserito nella comunità e del tutto incensurato, onde il comportamento della p.a. ha suscitato un ragionevole affidamento, tutelato – tra l’altro – dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 990.
b.- Per quanto attiene al carattere fittizio del rapporto, nessuna responsabilità penale è stata accertata e tanto meno la natura fittizia del contratto, trattandosi di semplici presunzioni e nulla più. Del resto, egli si è recato in almeno tre occasioni allo Sportello unico col datore di lavoro, sicché è inverosimile che non si conoscessero. In merito ai redditi, se la dichiarazione è respinta per cause imputabili al datore, lo Sportello deve verificare il pagamento dei contributi e la presenza sul territorio, quindi la Questura deve rilasciare il permesso;ne consegue l’irrilevanza dell’incapacità reddituale, imputabile al datore di lavoro, la procedura non potendo essere lasciata alla discrezionalità del medesimo, sicché deve darsi atto del perfezionamento della procedura di regolarizzazione in applicazione del principio del favor per il lavoratore straniero.
Il Ministero dell’interno, la Questura e l’U.T.G.-Prefettura di -OMISSIS- si sono solo formalmente costituiti in giudizio.
4.- Dopo che con decreto 22 settembre 2014 n. 4238 era accolta la domanda di misure cautelari provvisorie avanzata in appello, con ordinanza 10 ottobre 2014 n. 4608 l’istanza cautelare è stata parimenti accolta.
5.- L’appello è stato introitato in decisione all’udienza pubblica del 26 febbraio 2015.
6.- Ciò posto, la Sezione osserva che le censure di violazione dell’art. 5, co. 5, del t.u. sull’immigrazione e dell’art. 8 della CEDU, esposte nel primo motivo, appaiono inammissibili in quanto dedotte per la prima volta solo in questa sede, non comparendo nei motivi aggiunti di primo grado, aventi ad oggetto il decreto 7 settembre 2012 del Questore, e tanto meno nell’atto introduttivo del giudizio, avente ad oggetto il decreto prefettizio 30 agosto 2012.
7.- Risulta invece fondata la reiterata doglianza di difetto di istruttoria e di motivazione, che si coglie in entrambi i mezzi di gravame, con riguardo all’unica ragione posta base del disposto annullamento del contratto di soggiorno stipulato il 23 giugno 2010 e reiezione dell’istanza di emersione, vale a dire il mancato svolgimento del rapporto di lavoro in questione dal 1° aprile 2009 alla data di presentazione in via telematica della domanda nel settembre seguente.
Invero, l’affermazione dello Sportello unico circa la natura fittizia del medesimo rapporto di lavoro e, quindi, l’insussistenza del requisito temporale di legge, si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni postume del datore di lavoro interessato, ancorché il fatto-base non fosse stato già accertato nella competente sede penale.
Né dette dichiarazioni sono state comparate con le eventuali opposte dichiarazioni dello straniero, non raccolte. E neppure risultano espletati ulteriori approfondimenti in via amministrativa. Oltretutto, il signor -OMISSIS- non è stato coinvolto nel procedimento di secondo grado, sicché non è stato posto in grado di presentare in quella sede le proprie osservazioni difensive, l’avviso di avvio del procedimento essendogli stato comunicato dopo una prima ordinanza cautelare con cui il TAR aveva disposto la rinnovazione dell’attività che aveva condotto all’annullamento del contratto di soggiorno;rinnovazione la quale, tuttavia, non si è conclusa.
D’altra parte, si legge in sentenza che, pur successivamente alla cennata ordinanza, la Questura aveva “ravvisato la necessità di sospendere l’attività istruttoria posta in essere sino alla conclusione dell’attività dell’Autorità giudiziaria relativa ai procedimenti penali a carico del sig. (…) e del sig. -OMISSIS- -OMISSIS-”.
Diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, deve pertanto essere condivisa la tesi dell’appellante, secondo cui il preteso accertamento sul predetto fatto-base consiste in realtà in mera presunzione della veridicità delle dichiarazioni contrastanti con l’istanza di regolarizzazione, rese dal datore di lavoro (a carico del quale, peraltro, il ricorrente esponeva di aver presentato in data 5 novembre 2012 denuncia-querela con indicazione di testi) agli incaricati di polizia giudiziaria, le quali di per sé sole non sono sufficienti a superare quelle implicitamente contenute nella stessa istanza di regolarizzazione, in assenza di ulteriori elementi.
8.- Non senza dire che l’incapienza reddituale, a cui si accenna – come detto – nella sentenza appellata ma non esplicitata come causa giustificatrice nel decreto dello Sportello unico, sembra riferirsi alla stesse dichiarazioni del datore di lavoro in data 13 gennaio 2011 (riportate nel provvedimento stesso), il quale lamentava che “dal mese di ottobre dello scorso anno non mi viene più corrisposta la pensione”, cioè al reddito dell’anno 2010, mentre il requisito previsto dall’art. 1 ter , co.4, , lett d), del d.l. 1° luglio 2009 n. 78 (conv. con modd. dalla l. 3 agosto 2009 n. 102) riguarda il “reddito imponibile, risultante dalla dichiarazione dei redditi” ovviamente del 2009 se non del 2008, onde l’incapienza sarebbe sopravvenuta e resterebbe irrilevante ai fini della validità del contratto. A maggior ragione, dunque, è condivisibile quanto sostenuto al riguardo dall’appellante, trattandosi del venir meno di un requisito del datore di lavoro, quindi non incidente sul perfezionamento della regolarizzazione.
9.- In conclusione, anche a prescindere dalla questione reddituale, l’appello va comunque accolto in relazione a quanto esposto al precedente punto 7). Ne deriva la riforma della sentenza appellata nel senso dell’accoglimento del ricorso di primo grado con annullamento degli atti impugnati, salvi restando, ovviamente, gli eventuali ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Tuttavia, stante la peculiarità della vicenda, si ravvisano ragioni affinché possa essere disposta la compensazione tra le parti delle spese del grado.