Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2013-08-20, n. 201304182
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N. 04182/2013REG.PROV.COLL.
N. 09785/2000 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9785 del 2000, proposto da:
B P, rappresentato e difeso dagli avvocati A M, D M B, con domicilio eletto presso D M B in Roma, via Luigi Luciani, n. 1;
contro
Comune di Cellatica, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati I R, C T, C Zorat, con domicilio eletto presso I R in Roma, via Livio Andronico, n. 24;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA, n. 528/2000, resa tra le parti, concernente condono edilizio;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cellatica;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2013 il Cons. Luigi Massimiliano Tarantino e uditi per le parti gli avvocati Manca Bitti, in proprio e per delega dell'avvocato Mina, e Romagnoli;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. B P ricorreva dinanzi al TAR Lombardia, Sezione distaccata di Brescia, per l'annullamento dei provvedimenti di cui ai prot. n.2657 e n.2658 del 28.3.1996, di diniego alle istanze di condono edilizio dallo stesso presentate in data 24 febbraio 1995 relativamente alle opere realizzate sull’immobile di proprietà, insistente sul mappale n.174 fg.7 del Comune di Cellatica.
2. Avendo realizzato abusivamente una serie di interventi di ristrutturazione, consistenti, nella fattispecie, nel cambio di destinazione d’uso del primo piano del fabbricato e realizzazione di “rustici” (tettoie) al piano terra, e nel cambio di destinazione d’uso del piano terra, adibito ad appartamento, rispetto alla precedente utilizzazione quale capannone, il ricorrente presentava in data 24 febbraio 1995 due istanze per il rilascio della concessione in sanatoria. L’Amministrazione comunale, tuttavia, non accoglieva le richieste del ricorrente, esprimendo con i provvedimenti n.2657 e 2658 del 28 marzo 1996, il diniego di sanatoria. Il provvedimento n. 2657 motivava il diniego sulla scorta del fatto che, da un lato, non si potesse ritenere sussistente nella fattispecie un mutamento di destinazione d’uso, non essendo le opere realizzate tali da rendere il fabbricato idoneo per uso abitativo;dall’altro, per quanto riguarda i rustici e la copertura di ingresso, stante l’insussistenza dei presupposti per la sanatoria, trattandosi di opere parzialmente edificate in epoca successiva alla data del 31.12.1993. Il provvedimento n. 2658 motivava il diniego sull’impossibilità di ricondurre l’abuso al mero mutamento di destinazione d’uso.
3. Con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio B lamentava in relazione al provvedimento n. 2657, che: a) fosse stata commessa una violazione dell’art. 39 della L. 724/94, nonché vi fosse eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e di motivazione, relativamente all’accertamento dell’epoca cui riferire degli abusi, realizzati, ad avviso del Comune, successivamente alla data del 31.12.1993;b) si sarebbe formato il silenzio-assenso, non avendo l’Amministrazione provveduto espressamente sulle istanze del ricorrente, entro il termine annuale indicato dalla legge per i Comuni con meno di 500.000 abitanti (31.3.1996).
3.1. Mentre in relazione al provvedimento n. 2568 si duoleva della violazione dell’art. 25 della L. 47/85, così come modificato dal D.L. n.193 del 26.5.1995 e successive integrazioni, in considerazione delle caratteristiche dell’abuso denunciato (cambiamento d’uso senza opere). Considerati, infatti, gli interventi realizzati, tipici di un mutamento funzionale e non strutturale, veniva osservato che, in base alla legislazione regionale previgente (L.r. 19/92), ancora applicabile, non essendo intervenuta la nuova disciplina (così come previsto dalle norme citate), gli interventi denunciati non sarebbero soggetti neppure alla denuncia inizio attività e, quindi, all’accertamento di conformità con gli strumenti urbanistici.
4. Il TAR con sentenza del 19 giugno 2000, n. 528, premesso che l’immobile si trova in zona agricola ex L.r. 93/80, con vincolo di destinazione ad uso agricolo, sottoscritto dallo stesso ricorrente, respingeva il ricorso e condannava il ricorrente alle spese del primo grado di giudizio, per i seguenti motivi: 1) il primo motivo non appare fondato, in quanto, riscontrata la documentazione fotografica allegata dal ricorrente in occasione della domanda di condono, nonché quella depositata dall’Amministrazione, relativa agli accertamenti effettuati in due diversi periodi di tempo, è dato concludere che le opere siano state effettuate in epoca successiva a quella dichiarata nella domanda di sanatoria. Infatti, in occasione del sopralluogo effettuato in data 7.12.1994, era già stata appurata la presenza di interventi non autorizzati, ai quali, in epoca successiva si sono aggiunti ulteriori interventi, così come accertato a seguito del sopralluogo effettuato in data 9.1.1995;2) Il secondo motivo non è fondato, non potendosi ritenere formato il silenzio-assenso, in quanto i provvedimenti risultano assunti e notificati entro il termine annuale previsto dalla legge n.724/94 per i Comuni, come quello di Cellatica, con popolazione inferiore ai 500.000 abitanti (31.3.1996), ma soprattutto in quanto, attesa l’infedele dichiarazione, resa dall’interessato in occasione della domanda di condono, circa la data di ultimazione delle opere, il silenzio-assenso non poteva, nella fattispecie, formarsi;3) Anche il motivo proposto contro il provvedimento n. 2568 è infondato, perché gli interventi oggetto di richiesta di sanatoria, alla luce della documentazione in atti, non appaiono configurare un mutamento d’uso senza opere, o funzionale. Infatti, il cambiamento di utilizzazione del capannone sito al piano terra del fabbricato (originariamente adibito a ricovero attrezzi per l’attività agricola, conformemente alla destinazione agricola dello stesso: si ricordi il vincolo in tal senso sottoscritto dal proprietario) al fine di renderlo utilizzabile quale civile abitazione, ha reso necessaria una serie di interventi di ristrutturazione, configuranti un’ipotesi di mutamento strutturale, o con opere (gli stessi istanti fanno riferimento all’installazione di serramenti, di allacciamenti alle utenze), come tali soggetti al regime della concessione edilizia.
5. Con atto d’appello notificato il 18 ottobre 2000, il B censura la sentenza del primo Giudice, rilevando che: 1) i lavori sono stati completati prima del 31 dicembre 1993, erronea sarebbe pertanto la rilevazione dei tecnici comunali che constatavano l’assenza degli impianti, dei pavimenti, dei serramenti e degli intonaci, come risulta dai contrati per l’allacciamento alle condutture idriche telefoniche, elettriche e del gas metano. Inoltre, anche a ritenere corretta la ricostruzione dei tecnici comunali sarebbe sufficiente la presenza degli elementi costitutivi atti a definire gli assetti dimensionali dell’opera;2) infondato sarebbe l’assunto secondo il quale l’appellante avrebbe reso dichiarazioni infedeli, perché le stesse non contengono fatti completamenti divergenti dalla realtà;3) ai sensi del comma 4 dell’art. 39, l. 724/1994, sarebbe trascorso un anno dalla presentazione dell’istanza sicché è erronea la sentenza nella parte in cui afferma che non è trascorso un anno, pertanto il silenzio assenso dovrebbe ritenersi formato, né rileverebbe che le opere non sono state realizzate entro il 31 dicembre 1993;4) quanto al secondo diniego sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che il cambiamento di destinazione d’uso sia avvenuto con realizzazione di opere, atteso che l’installazione di serramenti, e di allacciamenti alle utenze non possono considerarsi “opere”, tali da sottoporre il cambiamento di destinazione d’uso al regime concessorio. Inoltre il mutamento di destinazione d’uso non potrebbe ritenersi soggetto ad alcuna autorizzazione in omaggio all’art. 9, comma 7, lett. e), d.l. 154/1996, ma a d.i.a salva diversa regolamentazione da parte della legge regionale ex art. 25, ult. Co. L. 47/1985, che non è intervenuta poiché la L.R. Lombardia n. 19/92 non fa riferimento ai mutamenti di destinazione d’uso. Pertanto, o la L.R. Lombardia n. 19/92 non prendendo in considerazione i mutamenti di destinazione d’uso li ha liberalizzati oppure in difetto della normativa regionale l’art. 9 comma 7 lett. e) d.l. 154/1996 non potrà essere invocato quindi non potrà ritenersi sottoposto il mutamento di destinazione d’uso nemmeno a d.i.a.
6. Con memoria di costituzione del 30 ottobre 2001 il Comune di Cellatica oppone che il termine iniziale per il computo dell’anno per la formazione del silenzio assenso decorrerebbe dalla data di scadenza del termine per la presentazione della domanda di condono ossia il 31 marzo 1995 (art. 39, co. 4 l. 724/1994 e art. 2 co. 61 l. 662/1996), mentre i provvedimenti sono stati notificati il 30 marzo 1996, da qui il mancato decorso dell’anno utile per la formazione del silenzio assenso. Inoltre, le opere sono state realizzate in violazione della L.R. 93/1980 artt. 5 e 6, atteso che si sarebbe in presenza di un mutamento di destinazione d’uso con realizzazione di opere.
6.1. Con memoria depositata il 30 maggio 2013, l’amministrazione comunale invoca per la dimostrazione del mancato intervento nella fattispecie del silenzio assenso l’arresto giurisprudenziale contenuto nella sentenza di questo Consiglio n. 5156 del 2010.
DIRITTO
1. L’appello è infondato e deve essere respinto, atteso che tutte le censure portate alla sentenza in epigrafe appaiono destituite di fondamento.
2. Quanto alla prima censura occorre ribadire come l’orientamento consolidato di questo Consiglio (da ultimo, C.G.A., 9 febbraio 2012, n. 140;Cons. St., Sez. IV, 30 gennaio 2009, n. 514) ha chiarito che l'epoca di realizzazione dell'abuso può essere provata dall'interessato solo sulla base di inconfutabili atti o documenti che, da soli o unitamente ad altri elementi probatori, offrano la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto. Nella fattispecie, invece, sia la documentazione fotografica prodotta dall’interessato che gli accertamenti posti in essere dall’amministrazione comunale hanno consentito di appurare che alla data del 31 dicembre 1993, le opere oggetto dell’abuso non erano state completate. Al riguardo, occorre, ulteriormente chiarire cosa debba intendersi per ultimazione dei lavori. Sul punto merita di essere richiamata la lettura offertane dalla Cassazione penale e da questo Consiglio. Così secondo la prima (Cass. pen., Sez. III, 4 novembre 2011, n. 40033) ai fini dell'accertamento del reato di abuso edilizio l'ultimazione dei lavori coincide con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni quali gli intonaci e gli infissi, valutando le opere nel loro complesso e non singolarmente ivi compresi gli annessi dell'abitazione. La giurisprudenza del Consiglio, invece, ha adottato un’esegesi meno rigorosa, secondo la quale in tema di condono di abusi edilizi, presupposto per il perfezionamento del silenzio-assenso di cui all'art. 39 comma 4 L. 23 dicembre 1994 n. 724 è l'avvenuta ultimazione delle opere al 31 dicembre 1993;pertanto, deve ritenersi che il silenzio-assenso si venga a formare solo nel caso in cui, quantomeno al momento dell'istanza, il manufatto, ancorché incompleto, sia pur sempre riferibile all'abuso per il quale è stato proposto il condono, in quanto in caso contrario si verificherebbe la manifesta inammissibilità dell'istanza per indeterminatezza dell'opera condonata, per cui non si potrebbe mai legittimamente formare il predetto silenzio-accoglimento. Pertanto, in relazione al completamento funzionale del manufatto è necessario che, entro la predetta data, siano stati realizzati quei lavori che consentono di ritenere che il bene sia adeguato all’uso (Cons. St., Sez. V, 4 ottobre 2007, n. 5153;Id., 21 maggio 1999, n. 587). Nella fattispecie l’assenza degli impianti, dei pavimenti, dei serramenti e degli intonaci, non consente di ritenere che alla data del 31 dicembre 1993 fossero stati realizzati lavori tali da far ritenere idoneo all’uso abitativo l’immobile de quo .
3. Anche il secondo motivo non può essere accolto, atteso che la dichiarazione di ultimazione delle opere in data antecedente al 31 dicembre 1993, non appare veritiera. Inoltre, il riferimento temporale relativo all'epoca dell'abuso da sanare costituisce requisito essenziale di formulazione della domanda, sicché l’affermazione dell’istante, divergente dalla realtà, non può che essere valutata come dichiarazione infedele.
4. Stessa sorte segue anche la terza censura secondo la quale sarebbe erronea la sentenza nella parte in cui non ha riscontrato il formarsi del silenzio assenso per il decorso del termine annuale dalla presentazione della domanda. Infatti, indipendentemente dal computo del termine annuale, affinché possa formarsi il silenzio assenso è necessario che vi sia la prova della ricorrenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dall’art. 39, comma 4, L. 23 dicembre 1994 n. 724, per le opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 (Cons. St., Sez. V, 8 novembre 2011, n. 5894;Id. Sez. IV, 16 febbraio 2011, n. 1005). Nel caso in esame, però, la presenza di dichiarazioni non veritiere e l’assenza del completamento di quelle opere che avrebbero reso l’opera funzionale all’invocato mutamento di destinazione d’uso esclude che il meccanismo del silenzio assenso possa operare.
5. Anche l’ultimo motivo di censura appare destituito di fondamento, il mutamento di destinazione d’uso ha per effetto il passaggio da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra e si traduce in un differente carico urbanistico. Lo stesso può avvenire senza la realizzazione di opere a seguito del mero mutamento d’uso che dell’immobile sicché anche la prova dell’abuso è limitata a quella del diverso uso dell’immobile. Oppure può essere accompagnato dalla realizzazione di quelle opere in assenza delle quali l’immobile non può soddisfare quella diversa funzionalità che comporta il trapasso da una categoria funzionalmente autonoma dal punto di vista urbanistico ad un’altra. Nella fattispecie si è in presenza di un mutamento di destinazione d’uso con realizzazione di opere, poiché il mutamento di destinazione da uso agricolo ad uso abitativo non sarebbe mai potuto avvenire senza quegli interventi di ristrutturazione posti in essere dall’appellante. Da qui, l’impossibilità di invocare un’esegesi della normativa statale e regionale tale da far ritenere che nella fattispecie l’intervento edilizio avrebbe richiesto non un provvedimento concessorio ma una mera denuncia di inizio attività.
6. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.