Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-28, n. 202006599

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2020-10-28, n. 202006599
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202006599
Data del deposito : 28 ottobre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 28/10/2020

N. 06599/2020REG.PROV.COLL.

N. 05004/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5004 del 2016, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, largo Antonio Sarti, 4;

contro

Ministero dell'Interno, Questura di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima) -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente diniego rinnovo permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di Questura di Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 ottobre 2020 il Cons. Antonio Massimo Marra e uditi per le parti gli avvocati l'avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

In data 10.9.2015 è stato emesso dal Questore della Provincia di Brescia il decreto prot. -OMISSIS-, con il quale è stato revocato - a seguito di reiezione dell’istanza di duplicato per asserito smarrimento - al cittadino marocchino sig. -OMISSIS-, il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo.

Tale provvedimento ha tratto fondamento da una pluralità di pregiudizi penali a carico del cittadino straniero e precisamente: i. da condanna riportata per lo spaccio di stupefacenti (art. 73, comma 5, del DPR 309/90), divenuta irrevocabile il 4 aprile 2011; ii. da condanna per furto, divenuta irrevocabile il 20 febbraio 2014;
da condanna per furto con destrezza divenuta irrevocabile il 27 maggio 2013, oltre al deferimento, all’Autorità giudiziaria da parte della Questura di Brescia, in data 22 settembre 2013 per furto aggravato e la frequentazione di pregiudicati.

Con ricorso proposto innanzi al Lombardia (BS), l’interessato ha impugnato detta revoca, deducendone la violazione dell’art. 4, della L. 189/2002;
oltre a vizio di eccesso di potere sotto distinti profili, omessa interpretazione di legge;
illegittimità propria e derivata.

Con sentenza -OMISSIS-, resa in forma semplificata, in data 7 dicembre 2016, il Tar Lombardia (BS) ha respinto il ricorso, rilevandone, la manifesta infondatezza sul presupposto che l’atto questorile impugnato, oltre a far richiamo alla disposizione palesemente ostativa (art. 9, commi 4 e 7, d.lgs. n. 3 del 2007) al mantenimento della titolarità del permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo, alla circostanza che lo straniero è stato condannato per plurimi reati di cui all’art. 380 c.p.p.

Detta sentenza è stata impugnata con appello, notificato il 28 maggio 2015, riproducendo sostanzialmente la surrichimata censura - non accolta in primo grado - e ponendola in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

In particolare, il Tar avrebbe errato, oltre che per avere superficialmente motivato, limitandosi a fare riferimento a pregresse sentenze di condanna a carico dello straniero, omettendo di effettuare un accertamento attuale e concreto in merito alle condizioni di vita e di famiglia dell’interessato e pervenendo ad un automatico giudizio di pericolosità sociale, in aperta violazione dell’art. 9 del d.lgs. n. 286/1998;
senza peraltro adeguatamente bilanciare - come avrebbe dovuto - l'indice presuntivo di pericolosità del ricorrente, desunto dalle precedenti condanne, con altri elementi idonei a dimostrare in concreto una prognosi di affidabilità del ricorrente, in prospettiva di una sua permanenza in Italia.

In particolare, l’erroneità della decisione del giudice di prime cure, secondo la prospettazione dell’appellante, risiede nell’aver ritenuto: i) sussistente l’esistenza di una minaccia per l’ordine e la sicurezza pubblica;
ii) automatica la revoca del permesso di soggiorno in presenza di condanne penale rientranti nell’art. 380 c.p.p.;
insignificanti gli ulteriori elementi, quali la durata del soggiorno, l’inserimento sociale, lavorativo e familiare, sicché la sentenza risulterebbe erronea nella motivazione, frutto di difetto di istruttoria.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione appellata.

Alla pubblica udienza del 22 ottobre 2020, la causa è stata trattenuta in decisione.

Oggetto della controversia è il decreto del Questore di Brescia in epigrafe meglio indicato, che nel respingere l’istanza di duplicato, ha revocato il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo del signor -OMISSIS-, in considerazione dei fatti, rilevanti penalmente, contestati allo straniero.

L’appello è infondato.

Osserva, anzitutto, il Collegio la tipologia delle condanne dell’extracomunitario per i reati richiamati in narrativa – pur in presenza degli allegati legami familiari, che impongano la valutazione discrezionale comparativa di cui all’art. 5, comma 5, ultimo periodo, t.u. 25 luglio 1998, n. 286 - sono certamente ostative al rilascio o al rinnovo del permesso di soggiorno, tanto più nelle ipotesi, come nella specie, in cui si è in presenza condanna riportata per lo spaccio di stupefacenti e altre condanne per reati contro il patrimonio anche rientranti nell’art. 380 c.p.p. (furto con destrezza), stante il grave disvalore che il legislatore attribuisce, “a monte”, ai reati in questione ai fini della tutela della sicurezza pubblica (Cons. St., sez. III, 4 maggio 2018, n. 2664;
26 febbraio 2016, n. 797;
10 aprile 2015, n. 1841;
24 febbraio 2015, n. 919).

In presenza di condanne per i surriferiti reati, non residua certamente alcuna sfera di discrezionalità in capo all’Amministrazione, che è obbligata a dare immediata applicazione al disposto normativo (Cons. St., sez. III, 1° agosto 2014, n. 4087).

E’ vero che, come si è detto, nell'adottare il provvedimento di rifiuto del rilascio, di revoca o di diniego di rinnovo del permesso di soggiorno dello straniero che abbia legami familiari nel territorio dello Stato (sul punto, Corte costituzionale, n. 202 del 2013), “si tiene anche conto della natura e della effettività dei vincoli familiari dell'interessato e dell'esistenza di legami familiari e sociali con il suo Paese d'origine, nonché, per lo straniero già presente sul territorio nazionale, anche della durata del suo soggiorno nel medesimo territorio nazionale”;
è, altresì, vero che, come chiarito dalla Sezione (29 novembre 2019, n. 8175;
4 maggio 2018, n. 2654), la formazione di una famiglia sul territorio italiano non può costituire scudo o garanzia assoluta di immunità dal rischio di revoca o diniego di rinnovo del permesso di soggiorno, ossia del titolo in base al quale lo straniero può trattenersi sul territorio italiano. Piuttosto, in casi speciali e situazioni peculiari, che eventualmente espongano i figli minori del reo a imminente e serio pregiudizio, l’ordinamento – ferma la valutazione amministrativa in punto di pericolosità e diniego di uno stabile titolo di soggiorno – offre, in via eccezionale, e a precipua tutela dei minori, uno specifico strumento di tutela, affidato al giudice specializzato dei minori. In forza del disposto dell’art. 31, comma 3, del TU immigrazione, infatti “Il Tribunale per i minorenni, per gravi motivi connessi con lo sviluppo psicofisico e tenuto conto dell'età e delle condizioni di salute del minore che si trova nel territorio italiano, può autorizzare l'ingresso o la permanenza del familiare, per un periodo di tempo determinato, anche in deroga alle altre disposizioni della presente legge”.

La motivazione resa dall’Amministrazione, è dunque, in concreto pienamente sufficiente a supportare la revoca del permesso di soggiorno per soggiornanti di lungo periodo.

L’appello deve, pertanto, essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e liquidate in dispositivo.

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