Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-02-28, n. 201301232
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
N. 01232/2013REG.PROV.COLL.
N. 05082/2007 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5082 del 2007, proposto da:
All Center s.r.l. in p.l.r.p.t., rappresentato e difeso dall'avv. F L, con domicilio eletto presso F L in Roma, via del Viminale, 43;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, Bingoo S.r.l., Margherita S.r.l., Bingo Nichelino S.r.l., Immobiliare Aurelia 83 S.r.l., Moncenisio S.p.A., Eredi Giacinto Contin S.n.c.;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO – Roma - Sezione II n. 00897/2007, resa tra le parti, concernente una procedura concorsuale per il rilascio di concessioni per l’attivazione di sale gioco del “bingo”.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2013 il Cons. Giulio Veltri e uditi per le parti gli avvocati F L;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Trattasi di una procedura concorsuale per l’affidamento in concessione di sale da gioco “Bingo”.
All Center, società odierna appellante, partecipava alla gara non collocandosi utilmente (al 35° posto con punti 6). Il TAR Lazio accoglieva la domanda annullatoria dalla medesima proposta, talchè con sentenza n.6202/2002 annullava in parte qua la graduatoria, respingendo al contempo la domanda risarcitoria.
La sentenza era appellata da entrambe le parti.
Il Consiglio di Stato annullava con rinvio per difetto di contraddittorio (dec. 4640/2005).
Ripresa la causa in primo grado, l’amministrazione emanava nuovo provvedimento (DM 22 dicembre 2004) con il quale riconosceva punti 19, comunque non sufficienti. Il nuovo provvedimento era impugnato con motivi aggiunti.
Il TAR ha infine accolto la domanda di annullamento della prima graduatoria ritenendo sussistente un difetto di motivazione;ha dichiarato inammissibile (cfr. pag. 7 della sentenza) i motivi aggiunti proposti avverso il secondo provvedimento, ritenendo che quest’ultimo fosse meramente esecutivo e non potesse che condividere le sorti della sentenza dichiarata nulla dal Consiglio di Stato;ancora una volta ha respinto la domanda risarcitoria.
Propone adesso appello All Center. Argomenta in ordine alla sussistenza del danno, assumendo che se l’amministrazione avesse condotto diligentemente la gara, essa si sarebbe utilmente collocata ed avrebbe pertanto ottenuto per tempo la concessione ed i previsti profitti, oltre che evitato una serie di spese legate alla “messa a disposizione” di un locale di proprietà.
Solo nella memoria conclusiva, non notificata, l’appellante deduce ulteriormente, ed in termini chiari, che nelle more del giudizio di primo grado, l’amministrazione ha con provvedimento del 9 ottobre 2006 attribuito la concessione, la quale è stata poi rinunciata in forza di sopravvenuti ed ostativi mutamenti aziendali. La spettanza del bene della vita sarebbe dunque indubitabilmente dimostrata dallo stesso comportamento postumo dell’amministrazione, con conseguente sussistenza del cd danno da ritardo.
L’appello investe anche il capo relativo alle spese del giudizio: il TAR, nonostante la soccombenza dell’amministrazione le avrebbe ingiustamente compensate fra le parti.
L’appello non è fondato.
Il giudice di prime cure non fa cenno di una sopravvenuta aggiudicazione della concessione, ed anzi procede ad annullare l’atto (pregresso) che l’aveva negata a causa della non utile collocazione in graduatoria, come se lo stesso avesse ancora un ruolo efficiente per gli interessi del ricorrente. L’appellante, da canto suo, non ha espressamente gravato le statuizioni demolitorie nella parte in cui non hanno dato rilievo e valenza alla sopravvenuta azione dell’amministrazione, ma sì è limitato ad impugnare il capo sul risarcimento evidenziandone la sua ingiustizia ed erroneità.
In realtà l’iter argomentativo compiuto dal primo giudice fa pensare ad una mancata conoscenza o considerazione del provvedimento sopravvenuto, poichè altrimenti poco senso avrebbe la parte della decisione in cui il medesimo, nel motivare il rigetto dell’istanza risarcitoria, precisa che “ nella fattispecie in esame l’amministrazione conserva, anche dopo il disposto annullamento dell’impugnata graduatoria un potere discrezionale in sede di nuova valutazione dell’offerta dell’odierna istante… ” (cfr. pag. 7 sentenza di primo grado).
L’errore di fondo avrebbe dovuto da subito essere stigmatizzato in sede di appello, mentre lo è stato, chiaramente, solo in fase conclusiva.
Ad ogni modo, anche a prescindere dagli aspetti di ammissibilità del gravame, e volendo ammettere che l’iniziale appello copra implicitamente anche i citati profili di errore in relazione all’interesse primario, tutto concentrato sulle statuizioni risarcitorie, esso è in ogni caso infondato nel merito.
L’annullamento disposto in sede giurisdizionale nel 2007 ha riguardato una graduatoria del 2001. Aperta la lunga parentesi processuale, l’amministrazione, nel 2006, senza averne l’obbligo (a quel tempo nessuna valida sentenza aveva affermato l’erroneità delle sue valutazioni) ha offerto all’istante il cd “bene della vita”, e l’istante lo ha rifiutato.
Non può accettarsi in proposito la tesi secondo la quale l’offerta sarebbe stata tardiva rispetto al tempo previsto o prevedibile, poichè essa logicamente suppone come scontato un dato, che invece scontato non è affatto: e cioè che la concessione del 2006 costituisca l’ammissione di un errore pregresso finalmente sanato. Il giudice di primo grado di certo non lo ha affermato, ed anzi ha dato atto di una riformulazione della graduatoria nel 2004 (assegnazione di punti 19, ancora non utili) considerandola caducata insieme alla sentenza che l’aveva determinata. Ergo, nel 2006 l’amministrazione potrebbe aver proposto all’offerente la concessione in forza di uno scorrimento della graduatoria o di fatti sopravvenuti, o comunque diversi da quelli che avevano condotto alla non utile posizionamento in graduatoria.
Non solo. Dal tenore della pronuncia demolitoria (ripetesi non gravata in alcun modo) non emerge affatto un comportamento colposo dell’amministrazione, riguardando, la controversia, l’allegazione di un progetto di massima previsto dal bando e nella specie mancante. Il Giudice di prime cure in proposito ha ritenuto che l’amministrazione avrebbe potuto in radice escludere la concorrente, per come previsto dal bando (punto 13 lett.h) ma, una volta determinatasi per l’ammissibilità dell’istanza, il principio di coerenza imponeva di esaminare tutti gli aspetti oggettivi che erano comunque aliunde ricavabili dal generale contesto della domanda.
Trattasi di comportamento non così grave o manifestamente erroneo da integrare o far ragionevolmente presumere la sussistenza del requisito della colpa, com’è noto necessario anche per la responsabilità civile da provvedimento illegittimo.
L’appello è pertanto respinto.
La decisione è del medesimo tenore anche in relazione all’ulteriore motivo d’appello avente ad oggetto la ripartizione delle spese processuali del primo grado: la soccombenza è stata reciproca avendo, il giudice di prime cure, a fronte dell’accoglimento della domanda di annullamento, respinto quella di risarcimento. Ciò è sufficiente a giustificare la compensazione.
Anche le spese del presente giudizio d’appello possono del resto essere compensate, in ragione della peculiarità della vicenda e della sua evoluzione.