Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-05, n. 201806902

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2018-12-05, n. 201806902
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201806902
Data del deposito : 5 dicembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 05/12/2018

N. 06902/2018REG.PROV.COLL.

N. 00813/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 813 del 2016, proposto da
Dott.G D M in qualità di ex Amministratore di A Società di Intermediazione Mobiliare S.p.A, Ingefin S.r.l. in Liquidazione, A Società di Intermediazione Mobiliare S.p.A, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dagli avvocati F C e R R, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F C in Roma, via Vittoria Colonna, n. 32;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
Banca D'Italia, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati S R C, Donatella La Licata e Giovanni Lupi, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale della Banca D'Italia in Roma, via Nazionale, n. 91;
Consob - Commissione Nazionale per le Società e La Borsa non costituita in giudizio;

nei confronti

Antonio Blandini, Angelo Pappadà, Giampaolo Ferrari, Luca Fabretti, Anna Levi, Pietro Cerruti, Federico Galli, Angelo Dufour, Arturo Viterbori, Marta Giacobbe, Emanuela Schiaffino, Marco Valerio Giacobbe, Raffaella Schiaffino, Carlo Brockhaus, Giovanni Battista Calvini, Carlo Cortella, Anna Cresta, Laura Maianti, Alessandra Rosacco, Andrea Mirco, Marco Ravagli Ceroni, Alberto Schiaffino, Ottavia Schiaffino, Graziella Bottai, Valerio Bertini, Michele Denegri, Paola Corradi, Lucia Valli Malatesta, Paolo Traggia, Maria Luisa Baiano, Gianluca Traggia, Marta Carla Leumann, Maurizio Cresta, Cristina Manganelli, Marco Cresta, Paolo De Ranieri, Francesco Cauvin, Filippo Marchesi, Antonella Marchesi, Raffaella Magnani, Giuseppe Magnani, Giuliana Grondona, Rina Graziella Ricciardi, Antonella Mamberti, Rino Tavilla, Orietta Bordo non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Federico Gelli, Angelo Dufour, Emanuela Schiaffino, Raffaella Schiaffino, Carlo Brockhaus, Anna Cresta, Laura Maianti, Alessandra Rosasco, Alberto Schiaffino, Ottavia Schiaffino, Francesco Cauvin, Antonella Mamberti, Luca Frabetti, rappresentati e difesi dagli avvocati R D e Silvia Villani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Silvia Villani in Roma, via Asiago, n. 8;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il n. 12123 del 2015, concernente la revoca dell’autorizzazione all'esercizio dell'attività d'intermediazione e l’apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 novembre 2018 il Cons. G L e uditi per le parti gli avvocati R R, M S M dell'Avvocatura Generale dello Stato, S R C e R D;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1 - La s.p.a. A Sim (“A”) – autorizzata nel 1992 alla prestazione dei servizi di gestione di portafogli, ricezione e trasmissione di ordini e consulenza – operava principalmente nel settore delle gestioni patrimoniali;
essa faceva parte, insieme alla s.p.a. Compagnia Fiduciaria di Genova (“Cofidge”) del “Gruppo A”, al cui vertice si poneva la holding di partecipazione s.p.a. Ingefin (“Ingefin”).

2 - La Banca d’Italia, nel periodo novembre 2011 - gennaio 2012, effettuava presso A una ispezione nel corso della quale furono verificati, in modo completo, la struttura, l’organizzazione, le operazioni ed il funzionamento dei presidi interni della società, all’esito del quale la Banca d’Italia rilevava risultati “ parzialmente sfavorevoli” e individuava gli “aspetti di debolezza rilevati nel corso dell’ispezione”.

3 - In data 25 ottobre 2012, la Banca d’Italia avviava una nuova ispezione nei confronti della capogruppo Ingefin e di A che, secondo l’appellante, avrebbe avuto ad oggetto gli stessi aspetti operativi e organizzativi vagliati nella prima ispezione e che sarebbe stata originata dalla notizia del suicidio del Vice Presidente della Sim, dott. P M, e di presunte malversazioni a danno dei clienti della s.r.l. Auditors Italiana (“Auditors”) di cui il predetto era anche Presidente e socio, che non faceva parte del gruppo, ma che aveva relazioni commerciali con A.

4 – Alla luce delle risultanze di quest’ultima ispezione, con nota n. 372357 del 16 aprile 2013, la Banca d’Italia ha proposto al Ministero dell’Economia e delle Finanze la revoca dell’autorizzazione di A e di sottoporre la stessa a liquidazione coatta amministrativa, ai sensi dell’art. 57, comma 1, d.lgs. 58/1998, “ per irregolarità nell’amministrazione e violazioni normative di eccezionale gravità ”.

4.1 – Nella proposta si specifica che le irregolarità riscontrate “ risultano di eccezionale gravità in quanto: - sono direttamente riferibili agli Organi di vertice della SIM e dell’intero gruppo, cui sono riconducibili le quote azionarie e di controllo e la maggioranza delle relazioni d’affari;
denotano una strutturale inidoneità degli assetti di governance, organizzativo e dei controlli a garantire la sana e prudente gestione;
pregiudicano la corretta applicazione delle normative di settore, con particolare riferimento alle disposizioni sul conflitto di interessi e in materia di antiriciclaggio, quest’ultima posta a diretto presidio dell’integrità della gestione aziendale e, più in generale, del regolare funzionamento del sistema finanziario;
hanno determinato il deterioramento della situazione tecnica dell’intermediario
”.

5 – In data 7 maggio 2013, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, acquisito il parere positivo della Consob e condivise le argomentazioni della Banca d’Italia, con decreto n. 36077, ha disposto la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività alla A e il suo assoggettamento a liquidazione coatta amministrativa ex art. 57, comma 1, d.lgs. 58/1998, per irregolarità nell’amministrazione e violazioni normative di eccezionale gravità.

6 – Gli appellanti hanno impugnato tali provvedimenti avanti al T.A.R. per il Lazio che, con la sentenza n. 12123 del 2015, ha respinto il ricorso.

7 – Avverso tale sentenza hanno proposto appello i ricorrenti in primo grado. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’economia e delle finanze e la Banca d’Italia, nonché gli intervenuti in primo grado.

All’udienza del 8 novembre 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1 - In via preliminare, deve precisarsi che l’istruttoria che ha portato ai provvedimenti impugnati in questa sede è stata condotta dai funzionari della Banca d’Italia che, nell’esercizio dell’attività ispettiva, rivestono la qualifica di pubblici ufficiali ex art. 7, TUB. Il verbale dagli stessi redatto, in riferimento ai fatti accertati, assume la particolare efficacia probatoria propria dell’atto pubblico, conformemente alla giurisprudenza citata dalla stessa appellante (“ il processo verbale di una violazione amministrativa fa piena prova solo dei fatti attestati come compiuti in presenza del verbalizzante e non si estende ad accertamenti e apprezzamenti (Cass. Sez. Un. n. 12545/1992). Un limite che ovviamente si applica anche ai verbali, agli apprezzamenti ed alle valutazioni degli ispettori della Banca d’Italia ”).

2 - Pur dovendosi ribadire che tale fede privilegiata non copre evidentemente le valutazioni effettuate dagli ispettori, ma, come detto, solo i fatti e le circostanze dagli stessi accertati, non può non ricordarsi come dette valutazioni costituiscono espressione dell’esercizio di discrezionalità tecnica, propria dell’Autorità di Vigilanza, censurabile in questa sede solo nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza.

2.1 - In generale, quanto all’attività di vigilanza in materia bancaria, costituisce un cardine del sistema il concetto giuridico della “sana e prudente gestione” prevista dal legislatore fra le finalità della vigilanza (art. 5, TUB). Non può, dunque, dubitarsi che l’apprezzamento rimesso dalla legge alla Banca d’Italia in merito tale concetto indeterminato (“sana e prudente gestione”) sia riconducibile alla categoria delle valutazioni tecniche complesse, ossia a quel particolare tipo di giudizi implicanti l’apprezzamento di una serie di elementi di fatto – definiti nella loro consistenza storica o naturalistica – in relazione fra di loro ed alla stregua di regole che non hanno il carattere di leggi scientifiche, esatte e non opinabili, ma sono il frutto di scienze inesatte ed opinabili, di carattere prevalentemente economico.

In tali valutazioni complesse è dato registrare sovente una contestualità cronologica ed una parziale sovrapposizione logica tra il momento della valutazione tecnica e la ponderazione dell’interesse pubblico e, più in generale, la fusione dei due momenti in un procedimento logico unitario, a ciò conseguendo il riconoscimento di un potere di valutazione tendenzialmente riservato all’amministrazione e l’esclusione di un sindacato giurisdizionale caratterizzato dalla possibilità di sostituzione della valutazione del giudice a quella effettuata dall’amministrazione.

2.2 - Da un altro punto di vista, non sembra che possa esser messa in discussione l’esistenza di questa sfera riservata di attribuzioni in capo alla Banca d’Italia derivante, oltre che dalle illustrate caratteristiche degli apprezzamenti in questione, dalla rilevanza di interessi di rango primario, protetti da norme costituzionali, la cui ponderazione è spesso affidata dal legislatore ad articolazioni dell’amministrazione dotate di una particolare legittimazione, sotto il profilo della qualificazione tecnica ( cfr. Cons. Stato, sez. VI, n. 5156 del 2002). Non può, infatti, trascurarsi che le particolarità del settore creditizio si spiegano alla luce della complessiva considerazione dell’attività bancaria quale perno attorno a cui ruota l’intero sistema economico.

2.3 - Alla luce di tali considerazioni, non può che essere ribadita l’impostazione tradizionale volta ad affermare che il giudice amministrativo, fermo restando il potere di conoscere i fatti in modo pieno, può verificare anche la logicità, la congruità, ragionevolezza ed adeguatezza del provvedimento e della sua motivazione, la regolarità del procedimento e la completezza dell’istruttoria, l’esistenza e l’esattezza dei presupposti di fatto posti a fondamento della deliberazione, ma non può spingersi fino ad esprimere proprie autonome valutazioni in sostituzione dell’Autorità.

2.4 - Più nello specifico, deve precisarsi che la valutazione delle irregolarità amministrative e delle violazioni di disposizioni normative come eccezionalmente gravi ai fini dell’adozione del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, non può commisurarsi ad un parametro oggettivo precostituito, assumibile in tutte le situazioni, dovendosi rapportare tale valutazione al contesto concreto nel quale viene effettuata, in cui assumono un carattere decisivo la previsione dell’imminenza di un pregiudizio irreparabile per i creditori e i risparmiatori da un lato e l’apprezzamento del grado di affidabilità e fiducia della banca nel sistema.

3 – Prima di esaminare i singoli motivi di appello, giova esaminare sin da subito i dubbi sollevati solo con l’ultima memoria depositata nel presente giudizio di impugnazione da parte dell’appellante, secondo cui: “ un procedimento e un provvedimento amministrativo di sottoposizione a liquidazione coatta ex art. 57 TUF (quali sono quelli impugnati), che non consente alcun contraddittorio procedimentale con il destinatario” apparirebbe ex se di dubbia legittimità alla luce delle convenzioni sottoscritte dall’Italia ”.

Le conseguenze, secondo parte appellante, sarebbero che laddove si ritenesse consentita l’emissione di un provvedimento di revoca dell’autorizzazione all’esercizio di intermediazione mobiliare e l’assoggettamento di un intermediario a liquidazione coatta ( ex art. 57, TUF) senza alcun contraddittorio con l’interessato nel procedimento e, al contempo, il sistema giudiziario non consentisse la piena cognizione del giudice nel senso delineato dalla giurisprudenza della Corte EDU, poiché si è al cospetto di discrezionalità tecnica, sussisterebbe:

a) un potenziale contrasto con gli articoli 41, 47 e 48 della Carta di Nizza (e con il diritto dell’Unione e i suoi principi generali) di un siffatto sistema che, pure in assenza di qualsiasi interlocuzione nella fase procedimentale, non consente poi la piena cognizione del giudice nel senso delineato dalla giurisprudenza della Corte EDU;

b) in subordine, un problema di compatibilità con gli articoli 6 e 13 della CEDU rispetto ad un procedimento giurisdizionale di impugnazione di un provvedimento emesso in assenza di contraddittorio e interlocuzione nella fase procedimentale che presenti, per il giudice, limiti al potere di piena cognizione.

3.1 – Tali dubbi avanzati dall’appellante muovono da un presupposto errato e cioè che il procedimento per cui è causa si sia svolto senza il contradditorio con il soggetto poi destinatario del provvedimento.

Più precisamente, parte appellante omette di considerare che la proposta di liquidazione ed il successivo decreto del Ministero non sono che il segmento finale, ovvero il momento valutativo decisionale che è seguito alla fase istruttoria, del più ampio procedimento che ha coinvolto l’appellante.

In generale, difatti, tutti i procedimenti attivati dall’Autorità sono ispirati al principio di separazione tra fase istruttoria e fase decisoria. La prima, di competenza degli uffici della Vigilanza, che curano l’analisi tecnica di fatti e presupposti, sulla base di tutte le informazioni – qualitative e quantitative – disponibili, culmina con una comunicazione formale al Consiglio di Amministrazione del soggetto vigilato, contestuale alla consegna del rapporto ispettivo, in cui sono elencati i rilievi effettuati e gli eventuali provvedimenti correttivi da adottare che variano a seconda delle carenze riscontrate, nel pieno rispetto del contraddittorio procedimentale.

3.2 – Ad ulteriore conferma dell’inattendibilità della prospettazione di parte appellante si rileva che nel caso concreto i rilievi e le osservazioni degli ispettori di cui all’intervento terminato in data 23 gennaio 2013, e che hanno poi determinato la proposta di liquidazione, sono stati portati a conoscenza della società ispezionata affinché, come si legge testualmente in tale documento, “ sia sottoposto agli organi con funzioni di supervisione strategica, di gestione e di controllo, in apposite riunioni il cui verbale dovrà essere trasmesso all’Autorità di Vigilanza ”.

Non solo, nel medesimo atto si specifica che: “ l’azienda, nel termine di trenta giorni farà inoltre conoscere le proprie considerazioni in ordine ai rilievi e alle osservazioni formulate ”.

4 - Tanto precisato, può passarsi all’esame delle singole censure contenute nell’atto di appello, dovendosi sin da ora avvertire che la situazione fotografata nel corso dell’ispezione, per comprenderne la portata e la gravità, deve essere valutata nel suo complesso, senza potersi soffermare su tutte le irregolarità, alcune delle quali, se isolatamente considerate, appaiono di rilevo modesto e tutto sommato irrilevanti sia ai fini del provvedimento che ha disposto la liquidazione sia, di conseguenza, ai fini del presente giudizio.

5 – Con il primo motivo di appello si deduce l’erroneità e ingiustizia della sentenza del T.A.R. nella parte in cui ha respinto il primo motivo del ricorso, relativo: alla violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del D. Lgs. 24.02.1998, n. 58 (TUE) e degli arti. 80 del D Lgs. 1.09.1993, n. 385 (TUB);
all’eccesso di potere per travisamento dei fatti;
alla violazione della Circolare Banca d’Italia n. 269 del 7 05.2008.

La censura fa perno sulla presunta contraddittorietà tra la prima ispezione (svoltasi a cavallo tra il 2011 e il 2012) e la seconda ispezione (del 2013).

Più precisamente, secondo l’appellante i medesimi aspetti che, nel corso della prima ispezione sono stati indicati come mere “debolezze” nel quadro di un giudizio complessivo solo “ parzialmente sfavorevole ”, solo pochi mesi dopo sarebbero stati ritenuti tali da configurare “ irregolarità e violazioni connotate da eccezionale gravità ”, senza che, nel frattempo, nulla fosse mutato.

Parte appellante azzarda la tesi che, poiché l’unico fatto rilevante che (comprensibilmente) creò una forte agitazione nelle autorità di controllo fu la vicenda del suicidio di P M, con le incontrollate voci di malversazioni compiute da quest’ultimo ai danni di clienti di Auditors Italiana (che aveva rapporti commerciali con A), l’unica logica deduzione sarebbe che (nell’ottica dell’Autorità) la via più immediata per impedire eventuali malversazioni fosse quella di porre A in liquidazione coatta.

1.1 - La censura, così come proposta, è infondata, ovvero inammissibile, non potendosi neppure in via astratta dedurre l’illegittimità del provvedimento impugnato in questa sede solo perché, in riferimento ai medesimi oggetti di indagine, una precedente verifica non aveva avuto i medesimi esiti e non era giunta alle medesime conclusioni.

A questo riguardo, appare infatti del tutto condivisibile la valutazione del T.A.R., secondo cui “ la censura non è autonomamente in grado di sorreggere la domanda di annullamento. Si deve infatti stabilire se la contestata determinazione liquidatoria, in relazione alle doglianze prospettate, sia o non giustificata dalle risultanze fattuali e sia o non affetta dai lamentati errori valutativi (peraltro rilevanti solo se palesemente illogici), stante la doverosità del perseguimento degli interessi pubblici sottesi alla normativa di settore. La revoca dell’autorizzazione e la liquidazione coatta amministrativa si pongono infatti quali esiti necessari dell’eventuale riscontro della sussistenza dei relativi presupposti (di fatto e di diritto), non potendo a tali fini rilevare pregresse valutazioni sulla base delle quali è stata esclusa, all’epoca degli accertamenti, la configurazione di fattispecie abilitanti all’esercizio di potestà tutorie ”.

1.2 - La valutazione che precede non è scalfita neppure dal dedotto contrasto con la disciplina – prevista dalla stessa Banca d’Italia – concernente la c.d. “vigilanza prudenziale”, posta dal Capitolo II della parte Prima sezione Prima del Regolamento n. 269 del 7 maggio 2008.

Secondo parte appellante, in base a tale documento, l’azione di vigilanza si dovrebbe svolgere secondo un principio di gradualità degli interventi, così che, una volta formulato un giudizio “parzialmente sfavorevole” sull’intermediario, l’autorità di vigilanza non potrebbe, a breve distanza, assumere provvedimenti straordinari quali la proposta di liquidazione della società.

1.4 – A questo proposito, la Banca d’Italia ha chiarito che l’azione di vigilanza condotta nel caso di specie è stata improntata a tale principio, dovendosi considerare che a seguito della prima ispezione del 2012 la società era stata sollecitata ad intervenire per porre rimedio alle irregolarità già allora riscontrate;
che la seconda ispezione del 2013 si era resa necessaria dalla generica risposta della società, a cui ha fatto seguito il riscontro di irregolarità di eccezionale gravità che hanno dato luogo alla proposta di liquidazione coatta.

1.5 – In riferimento agli esiti delle due ispezioni sulle quali si basa la censura, non può, inoltre, trascurarsi che quelli che parte appellante vuole rappresentare come “ingiustificatamente diversi” nel breve tempo trascorso, non appaiono per nulla così incompatibili come li si vorrebbe rappresentare, avuto riguardo al fatto che il giudizio della prima ispezione come “parzialmente sfavorevole” si colloca già al punto 4 di una scala di 6, così che la successiva valutazione “sfavorevole”, che si colloca al punto 6, può ben rappresentare l’aggravamento dei rilievi già riscontrati nella prima ispezione, specie se nelle more non si era approntata alcuna misura per superarli.

3 - Con il secondo motivo di appello si deduce l’erroneità e l’ingiustizia della sentenza nella parte in cui ha respinto il secondo motivo del ricorso, concernente le contestazioni in riferimento alle riscontrate carenze degli assetti organizzativi, gestionali e di controllo.

In particolare, l’appellante rileva che gli addebiti in tema di governance , presidi informatici e funzioni di controllo sarebbero di contenuto generico e perplesso, non risultando neppure chiaro quali sarebbero i profili oggetto di contestazione, censurandosi l’utilizzo di espressioni quali “ rilevanti lacune ” o “ gravi carenze ”, senza la precisazione di quali fossero in concreto le presunte mancanze.

3.1 - Da un altro punto di vista, parte appellante insiste nel voler dimostrare che le singole obiezioni mosse dall’Autorità di vigilanza non sarebbero comunque tali da integrare gli estremi dell’irregolarità (e men che meno violazione) di “eccezionale gravità”.

Si contesta inoltre: che vi sia stato un “ elevato turn over ” nel consiglio di amministrazione;
che il consiglio di amministrazione abbia “ preso acriticamente atto delle decisioni assunte dalle figure apicali del gruppo ; che “ le principali scelte aziendali non fossero formalizzate nei verbali ”; anche la prospettata natura essenzialmente formale del controllo svolto dal collegio sindacale sarebbe un rilievo generico e del tutto decontestualizzato.

3.2 - Parte appellante ricorda, inoltre, che già con il ricorso di primo grado aveva specificamente contestato il rilievo secondo cui l’assetto organizzativo e i processi operativi di A sarebbero connotati da “ limiti nei presidi informatici connessi alla mancata implementazione delle procedure e alla limitata disponibilità temporale dei dati ”.

3.3 - In riferimento al sistema dei controlli, si contesta che il “Risk Management” sarebbe stato costituito solo nel corso del 2011, posto che tale funzione era stata istituita nel 2009 e affidata al dr. Federico Grianti quale consigliere non operativo referente.

3.4 - Quanto alla Funzione di revisione interna deduce che correttamente A non avrebbe istituito tale funzione “interna”, in puntuale applicazione del principio di proporzionalità sancito dal Regolamento Congiunto Consob - Banca d’Italia del 29 ottobre 2007 e dal Provvedimento della Banca d’Italia del 10 marzo 2011;
infatti, nelle SIM di piccole dimensioni, l’unità di revisione interna può non essere istituita, a condizione che i relativi compiti siano assegnati ad un amministratore privo di deleghe operative. Tale assetto organizzativo sarebbe stato adottato dalla società, la quale ha individuato in Rosa Paradiso, membro non operativo del consiglio di amministrazione di A, il soggetto preposto alla revisione interna.

3.5 – L’appellante contesta anche il rilievo secondo il quale le verifiche di conformità sarebbero “deboli”, anche a causa di una “ sub-esternalizzazione ”, la quale sarebbe invece una modalità consentita dal già citato Regolamento Congiunto Consob - Banca d’Italia.

4 – La censura innanzi esposta, nelle sue plurime articolazioni, è infondata. Con la stessa, infatti, si tenta di parcellizzare gli oggetti di indagine e le irregolarità riscontrate, trascurando l’aspetto di maggior criticità rilevato dagli ispettori, e di cui i singoli aspetti sui quali si è apprestata l’attenzione dell’appellante non sono che componenti.

4.1 – Più precisamente, nella proposta di liquidazione coatta si segnala innanzitutto che: “ l’azione degli organi aziendali è risultata scarsamente affidabile e fortemente influenzata da tre soci fondatori dell’intermediario, che ricoprivano incarichi di vertice nelle diverse realtà del gruppo, tra cui quelli di Presidente e Vice Presidente della SIM” ;
si specifica poi che: “con un’interpretazione riduttiva del proprio ruolo, il Consiglio di amministrazione, caratterizzato da elevato turn over, ha preso atto acriticamente delle decisioni assunte dalla figure apicali del gruppo, cui erano riservate la principali scelte strategiche. L’organo non ha definito misure atte ad assicurare il governo dei rischi e il rispetto delle normative di settore ”.

4.2 - Rispetto a tale grave criticità, gli appellanti si sono limitati a rilevare che in una realtà di piccole dimensioni, come quella della A, sarebbe del tutto normale e fisiologico che l’azione degli organi sociali sia condivisa con i soci fondatori, trascurando, però, che l’essenza della violazione contestata risiede nella critica sovrapposizione di ruoli e incarichi ricoperti dai medesimi soggetti in società appartenenti al gruppo A e in altre società comunque in relazione d’affari con le medesime, specie per gli effetti che ha determinato sull’organizzazione interna e nei confronti degli interlocutori della società, ingenerando confusione.

Tale concentrazione di cariche e commistioni di ruoli è analiticamente descritta nel verbale degli accertamenti ispettivi, ove si evidenzia “ il ruolo del dott. Giovanni P M (deceduto il 7 settembre 2012) socio ed esponente della SIM e di Cofidge (Presidente con poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione) e contestualmente Presidente della “Auditors” (società in relazione d’affari con il gruppo e titolare di 40 rapporti in A SIM e di n. 4 presso la Cofidge) e delle società Quadrifin e C. s.n.c. e Primo s.r.l., anch’esse in relazioni d’affari con A ”;
dovendosi, inoltre, tenere presente che a tale soggetto erano “ affidate importanti responsabilità gestionali nella SIM, atteso che lo stesso era: gestore, membro del Comitato esecutivo e di quello di gestione degli investimenti, responsabile dell’IT e dei rapporti con gli Organi di Vigilanza, referente dell’area amministrativa e, di fatto, dei controlli interni ”.

Per tornare alla specifica censura proposta dall’appellante è, dunque, evidente che la violazione riscontrata non risulta affatto generica, evidenziando con chiarezza che la descritta sovrapposizione di ruoli non poteva considerarsi fisiologica, rappresentando invece un vulnus al funzionamento degli ordinari meccanismi di funzionamento del governo societario.

Ne è conferma che, sempre nel rapporto ispettivo, è documentato che “a causa della concentrazione di cariche richiamata al rilievo 2 in capo al dr. P M, sono mancate azioni di monitoraggio e di presidio della sua operatività ad eccezione, nella Sim, della previsione di una mera firma – per accettazione -– del Presidente dr Giacomo d M, dei contratti della clientela presentata dal ripetuto esponente ” (dr. P M) . In particolare, non risultano oggetto di valutazione: a) la ragguardevole mole di movimentazioni finanziarie disposte dal citato nominativo, nella duplice veste di gestore del gruppo A nonché di rappresentante delle fiduciarie Auditors e Cofidge. Dette operazioni – limitatamente ai rapporti intestati a Auditors Italiana – sono risultate pari, tra entrate e uscite, a quasi euro 158 mln. nell’ultimo decennio, rappresentando il 70% (euro 88 mln.) dell’operatività della SIM nel comparto della raccolta ordini (al netto di quella riconducibile agli operatori istituzionali) e circa il 10% (euro 70 mln.) di quella effettuata a valere sulle gestioni (al netto di quelle “delegate” e dei fondi “Diadema”);
b) le movimentazioni dei rapporti intestati alla Auditors presso la SIM, identificati con il n. 310007 per la gestione patrimoniale e il n. 200076 per la raccolta ordini, per i quali era indicato come titolare effettivo il sig. G G. Infatti, su detti conti, sempre nell’arco temporale di un decennio, si sono registrati movimenti per euro 87,8 mln., compresi bonifici di elevato ammontare (n. 5 complessivi per euro 18,6 mln.) alcuni dei quali,(n. 2 per euro 5,7 mln.) privi di ordine scritto e a beneficio di una società lussemburghese. I legali del ripetuto sig. G, con nota del 12/12/2012 hanno disconosciuto l’attribuibilità al loro cliente di rapporti con la SIM
”.

La sovrapposizione di ruoli ha interessato anche altri esponenti. Quanto alla posizione del dott. d M, Presidente del consiglio di amministrazione di A, nel rapporto ispettivo si rimarca che egli “ opera sia in qualità di AD della Cofidge (che ha acceso rapporti presso la SIM) che di gestore in A di posizioni intestate alla predetta fiduciaria ”;
mentre in riferimento al dott. Magnani, terzo socio fondatore, esso risultava membro del Comitato esecutivo, oltre che Vice presidente della SIM, ricoprendo anche l’incarico di Vice Presidente di Ingefin.

Non può, inoltre, non osservarsi che i Collegi sindacali delle società del gruppo, a seguito dell’ispezione, hanno censito ben 64 situazioni di conflitto di interesse.

Tale assetto non appare effettivamente coerente con le regole di governance dettate dalla normativa societaria e di vigilanza ed è, di per sé, sufficiente a dimostrare la totale infondatezza dell’assunto degli appellanti secondo cui la segnalata influenza dei tre soci fondatori sarebbe da ricondurre a una situazione fisiologica.

4.3 – Anche le singole contestazioni, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, risultano motivate e circostanziate. Il loro accertamento è stato, inoltre, attestato nel verbale di ispezione, avente valore di prova privilegiata.

Nello specifico, i verificatori hanno rilevato l’inidoneità del sistema dei controlli, come comprovato dalla circostanza che esso non è stato in grado di rilevare le gravi irregolarità e violazioni emerse, riguardanti il rispetto della normativa in materia di servizi di investimento, in materia di antiriciclaggio e di conflitto di interessi.

Si è, inoltre, riscontrato che, per effetto delle rigidità del sistema amministrativo-contabile, risultava problematica, tra l’altro, “ l’implementazione del piano dei conti ” e che “ la disponibilità dei dati è assicurata solo per un periodo di sei mesi ”, così che risultava impossibile ricostruire la cronologia degli accessi presso l’unità di Roma della SIM.

Sempre con riguardo alle carenze dei presidi informatici, nella proposta di liquidazione coatta è pure evidenziata la circostanza che “ l’ex Vice Presidente si poneva da tramite tra la struttura aziendale e il consulente informatico, che operava in assenza di un formale rapporto contrattuale ”.

4.4 - Ad ulteriore dimostrazione della estrema precisione delle censure, giova ricordare il rilievo n. 4 del rapporto ispettivo, in cui si evidenzia che “ l’ufficio di Roma della SIM di via Nicotera 29 , dove prevalentemente operava il dr P M e che era anche sede legale di “Auditors”, benché fosse definito di rappresentanza nelle comunicazioni con le Autorità di vigilanza, si configurava di fatto come punto operativo della SIM – e come tale era presentato nelle brochure informative per la clientela. Esso era provvisto di dotazioni informatiche speculari a quelle della Sede di Genova e dell’ufficio di Milano, che permettevano l’interazione con le procedure di A SIM, rendendo possibile di conseguenza al cennato esponente di procedere a simulazioni sui conti dei clienti e di produrre conseguenti situazioni contabili ”.

Alla luce delle emergenze innanzi ricordate – ed in particolare: le strette relazioni d’affari tra la Auditors e la A, la coincidenza di sedi e di esponenti operativi nonché le dotazioni informatiche che consentivano al P M di interagire da quella postazione con le procedure della A e di produrre, pur non essendo dotato di abilitazioni dispositive, situazioni contabili dei clienti – deve convenirsi che le irregolarità e le carenze dei sistemi di governance , dei controlli ed dei sistemi informativi contribuivano a creare confusione nella clientela.

Tale assunto è confermato dal fatto che la Banca d’Italia ha rilevato che alcuni clienti della Auditors hanno chiesto “ il riconoscimento della sussistenza di un rapporto di gestione con la SIM, mettendo in luce una potenziale violazione della separatezza ”. Tali pretese continuerebbero ad essere avanzate nei confronti della società in liquidazione, come comunicato da ultimo dal Commissario liquidatore.

È, inoltre, utile richiamare il rilievo n. 5 del rapporto ispettivo in cui si legge che: “ le stesse valutazioni da ultimo condotte dal Risk Management della Sim (analisi del dimensionamento dei rischi del 30/11/2012) prendono atto dei potenziali profili di responsabilità della società per non avere vigilato sulla possibile confusione dei ruoli in diverse realtà aziendali, dei rischi rivenienti dal fatto che non avendo informazioni su alcuni titolari effettivi non è possibile escludere che contratti chiusi in passato afferissero a qualcuno dei reclami, nonché della circostanza che il rilevante calo delle masse riferibili ad Auditors potrebbe essere indicativo di movimentazioni non disposte su istruzione del fiduciante ”.

4.5 - Per quel che attiene alla funzione di revisione interna, rispetto alla quale A aveva nominato come referente Rosa Paradiso, anche la Corte d’Appello di Genova, dinanzi alla quale proprio la Paradiso ha proposto opposizione avverso la sanzione amministrativa irrogatale, afferma chiaramente che “ la funzione di revisione interna era limitata alle analisi delle relazioni fornite dalla funzione di conformità ”, avvalorando la valutazione effettuata dalla Banca d’Italia che aveva messo in luce la sostanziale mancanza di effettività di tale funzione.

Risultano, pertanto, irrilevanti, in quanto in ogni caso non idonee ad incrinare il quadro innanzi delineato, le circostanze (verifiche a campione effettuate nel corso del 2010, le riunioni tenute con il dr. D, la partecipazione alle riunioni del Collegio sindacale) a tal fine allegate da parte appellante al fine di contraddire tale assunto.

4.6 – Vale un’analoga considerazione a proposito del dedotto intervento di Unione Fiduciaria che, di per sé, non rappresenta un adeguato assolvimento della funzione in discorso non avendo, oltretutto, mai rilevato alcuna carenza nei controlli interni della SIM.

4.7 – Non può, inoltre, trascurarsi che solo successivamente all’invito della Banca d’Italia in tal senso era stata istituita una autonoma funzione di Risk Management , che tuttavia non pare essersi connotata per la sua effettività, dal momento che il nominato consigliere dr. E B dopo soli alcuni mesi si era dimesso dall’incarico per motivi di incompatibilità con altro incarico assunto;
né può essere enfatizzata la relazione relativa all’analisi delle conseguenze del suicidio del dr. P M sulla realtà aziendale di A, predisposta dal dr. D, che si colloca nell’imminenza del procedimento oggetto di causa e non vale certo a sanare le già evidenziate gravi criticità.

5 - Con il terzo motivo di appello si deduce l’ingiustizia della sentenza appellata nella parte in cui ha respinto il terzo motivo di ricorso vertente sulle asserite irregolarità nel rispetto della normativa in tema di servizi d’investimento

Anche in questo caso, parte appellante ha dedotto l’estrema genericità e il carattere immotivato degli addebiti, rilevando anche che l’Autorità non avrebbe richiamato alcuna norma.

5.1 - Più precisamente, in ordine all’asserita “ inadeguatezza dell’attività di monitoraggio delle performance ” rappresenta che, in primo luogo, non esisterebbe un criterio univoco predeterminato ex lege da applicare a tale monitoraggio. Inoltre, A avrebbe una sua procedura codificata nel “Manuale delle procedure” che era già stato esaminato durante la prima ispezione senza nessuna obiezione da parte della Banca d’Italia.

Quanto all’addebito relativo alla “ non formalizzazione della procedura di valorizzazione dei titoli ”, sarebbe la stessa sentenza impugnata a confermare la bontà della censura nel punto in cui si legge che “ gli ispettori hanno dato atto della successiva introduzione di una procedura adeguata, consentendo ai medesimi di affermare che i titoli illiquidi risultavano correttamente valorizzati ”.

3.2 - In ordine alla “ assenza di strumenti di controllo per le operazioni con maggiore rischio (e di verifiche di coerenza dell’asset allocation con le previsioni contrattuali) ”, nonché alla presunta “trasformazione di linee di gestione personalizzate in altre ad elevata standardizzazione”, parte appellante ha precisato che le modifiche delle linee da “personalizzate” a “standardizzate” sarebbero avvenute su indicazione di Banca d’Italia, a seguito della prima ispezione.

Da un altro punto di vista, le modifiche sarebbero sempre avvenute con il consenso scritto dei clienti coinvolti, in ossequio a quanto previsto dall’art. 17 delle condizioni generali allegate al contratto di gestione patrimoniale.

Anche in ordine alla mancata valutazione della “ rilevante mole di movimentazioni finanziarie disposte dall’ex Vice Presidente di A (dott. P M) in qualità di rappresentante di Co.Fi.Ge. e Auditori ” gli appellanti ne hanno contestato l’estrema genericità, posto che l’Autorità non avrebbe indicato quali norme siano (in ipotesi) state violate.

3.3 – A questo riguardo, il T.A.R. ha rilevato che l’obiezione dell’Autorità non era la “mole” delle movimentazioni (il dato quantitativo di per sé è neutro ai fini della vigilanza), quanto il fatto che A non le abbia valutate;
l’unico meccanismo istituito a presidio dell’operatività aziendale – osserva il T.A.R. – era la firma “per accettazione” del Presidente di A apposta ai contratti della clientela presentata dal dr. P M.

L’appellante censura tali assunti, insistendo sul fatto che A non poteva contestare nel merito detta “mancata valutazione”, in quanto i provvedimenti impugnati, come già si è detto: a) non avrebbero indicato norme eventualmente violate né ragioni, finalità o necessità in concreto di questa imprecisata “valutazione”;
b) non avrebbero mai posto in dubbio la liceità di dette operazioni.

In fatto, precisa che il numero e l’entità delle movimentazioni sono giustificati dal fatto che, nel periodo in osservazione, vi sono stati ben due interventi legislativi (nel 2002 e nel 2009) diretti ad incoraggiare il rimpatrio o la regolarizzazione di capitali e attività illecitamente detenuti all’estero attraverso il c.d. “scudo fiscale”.

3.4 – Secondo parte appellante, sarebbe inoltre errata l’affermazione del T.A.R. secondo cui i ricorrenti non avrebbero contestato alcuni dei rilievi contenuti nella relazione ispettiva, come quelli: sulla coincidenza di sedi (sede legale di Auditors e ufficio operativo di A, indicato come mera sede di rappresentanza) e di dotazioni informatiche;
sul disconoscimento, da parte del titolare, delle operazioni sui conti n. 310007 e 200076 e sull’effettuazione di alcuni bonifici privi di ordine scritto in favore di una società lussemburghese (rilievo n.

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