Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2016-05-02, n. 201601656
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N. 01656/2016REG.PROV.COLL.
N. 04340/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4340 del 2009, proposto da Z Y, rappresentata e difesa dagli avvocati F S F e R S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato F S F in Roma, corso Trieste, n.16;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro
pro-tempore
, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, n.12;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. Campania, Napoli, Sezione VI, n. 1400 del 5/18 marzo 2008.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2016 il Consigliere Paola Alba Aurora Puliatti;
Uditi per l’appellante l’Avvocato R S e per l’Amministrazione l'Avvocato dello Stato Sergio Fiorentino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con ricorso n.r.g. 7315 del 2007, la sig.ra Z Y ha impugnato dinnanzi al T.a.r. Campania: a) il decreto n. Cat.A12/Imm/2007/840 del 22 maggio 2007, con cui il Questore della Provincia di Caserta ha annullato il permesso di soggiorno rilasciato alla ricorrente in data 9 giugno 2006;b) il decreto n. Cat.12./Imm/2007 del 27 luglio 2007, con cui il Questore della Provincia di Avellino ha annullato il precedente permesso di soggiorno n. D247492 rilasciato per motivi di famiglia;c) gli atti preordinati, connessi e/o consequenziali.
2. - La sentenza in epigrafe ha respinto il ricorso dando atto che “ il censurato annullamento del permesso di soggiorno rilasciato alla ricorrente dalla Questura di Avellino, che a sua volta supporta il parimenti censurato annullamento del successivo permesso di soggiorno rilasciato dalla Questura di Caserta, è basato sulla falsità del certificato di stato di famiglia, con cui si attestava la convivenza con il marito Ding S nel Comune di Solfora (AV), in via Regina Margherita, prodotto dalla ricorrente medesima contestualmente alla richiesta del permesso di soggiorno per motivi familiari ”.
2.1. - Sul punto, la sentenza ha rilevato anche che l’art. 4, comma 2, del D.L.vo, del 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge n. 189/2002, prevede che la presentazione di documentazione falsa o contraffatta o di false attestazioni a sostegno della domanda di visto comporta automaticamente oltre alle relative responsabilità penali, l’inammissibilità della domanda di soggiorno.
Poiché nella fattispecie è avvenuto che, dagli accertamenti esperiti dalla Squadra Mobile di Avellino, è emersa la falsità del predetto certificato, per cui la ricorrente è stata deferita, congiuntamente a numerosi altri cittadini extracomunitari di nazionalità cinese, alla competente A.G. ed anche il permesso di soggiorno rilasciato a Ding S è stato annullato dal Questore di Avellino in data 27 marzo 2006, ne è derivata, secondo il primo giudice, la legittimità dei provvedimenti impugnati, per il carattere non veritiero delle indicazioni fornite dalla ricorrente in ordine alla convivenza ed alla residenza.
2.2. - La sentenza ha ritenuto, inoltre, che “ alla stregua, quindi, della situazione fattuale e normativa avanti rilevata si dequotano i dedotti vizi di violazione di legge (artt. 4, comma 2, e 5 del D.L.vo n. 286/1998, art. 3 della legge n. 241/1990) e di eccesso di potere (insufficienza ed irrazionalità della motivazione, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, difetto dei presupposti, carenza istruttoria). Stessa sorte segue la prospettazione di violazione degli artt. 7 e 10 bis della legge n. 241/1990, in considerazione del carattere vincolato dei provvedimenti impugnati, che non avrebbero potuto avere contenuto diverso da quello concretamente adottato (cfr. art. 21 octies legge n. 241/1990)”.
3. - Con l’appello in esame, notificato il 30 aprile 2009, viene denunciata l’erroneità della sentenza per i seguenti motivi:
I) violazione dell’art. 3 l. 241/1990 per omessa e insufficiente motivazione;violazione e/o falsa applicazione degli artt. 4, 5, 6 D.lgs. n. 286/1998;eccesso di potere per sviamento, per insufficienza della motivazione, per erronea valutazione dei fatti ovvero per omessa dimostrazione di sussistenza dei presupposti necessari, per carenza di istruttoria;
II) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 del D.lgs n. 286/98;eccesso di potere per travisamento ed erronea valutazione dei fatti, per carenza di istruttoria;
III) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 10 bis della l. 241/1990.
4. - L’ordinanza della VI sezione di questo Consiglio di Stato n. 2933 del 10 giugno 2009 ha sospeso il provvedimento impugnato.
5. - Con decreto presidenziale n. 37 del 22 gennaio 2015, l’appello veniva dichiarato perento per inattività ultraquinquennale, ex art. 82 c.p.a..
6. - In accoglimento dell’opposizione proposta dalla parte ricorrente, ai sensi dell’art. 85 c.p.a., con ordinanza collegiale n. 5389 del 27 novembre 2015, veniva disposta la rimessione in termine per errore scusabile (anche con riguardo al termine per proporre opposizione al decreto decisorio) e veniva fissata contestualmente l’udienza di trattazione del gravame.
7. - Si è costituita in giudizio l’Amministrazione resistendo all’impugnazione.
8. - All’udienza pubblica del 3 marzo 2016, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. - L’appello merita accoglimento per la fondatezza del primo motivo e, in particolare, della censura con cui si deduce il difetto di motivazione dell’atto impugnato.
2. - L’annullamento del permesso di soggiorno rilasciato alla ricorrente in data 9 giugno 2006 poggia sulla circostanza che il Questore di Avellino “ con decreto del 26.0.07 ha annullato ab origine il permesso di soggiorno D247492 rilasciato alla medesima ” e sulla considerazione che la produzione di atti o documenti non veritieri determina gli effetti di cui all’art. 4, comma 2, del T.U. 286/1998 (art. 2, comma 2, DPR 334/04 del 18 ottobre 2004).
2.1. - Anche la motivazione del decreto del Questore di Avellino è poco circostanziata, limitandosi ad enunciare in modo generico che da accertamenti effettuati dalla Squadra mobile risulta che la certificazione esibita ai fini del conseguimento del permesso di soggiorno per motivi di famiglia (ricongiungimento al coniuge DING S) sarebbe falsa.
2.2. - Solo gli atti prodotti in giudizio dall’Avvocatura dello Stato (relazione del 3.12.2007 della Questura di Avellino all’Avvocatura distrettuale dello Stato di Salerno ed allegati) hanno evidenziato e circostanziato il sospetto che fosse falso il certificato di stato di famiglia, rilasciato dal Comune di Solofra alla ricorrente, in cui si attestava la convivenza con il marito (la ricorrente non avrebbe mai abitato in via Starza Conte n. 15) ed hanno dimostrato che risultava pendente una denuncia penale (per aver prodotto certificati falsi al fine di ottenere il permesso di soggiorno) nei confronti della ricorrente e di numerosi altri cittadini cinesi, come emerso nell’ambito dell’attività di indagine denominata “ Drago rosso”, condotta dalla Squadra mobile e dall’Ufficio Immigrazione di Avellino.
2.3. - Il Collegio osserva che le considerazioni esposte per la prima volta in sede giudiziaria dall’Amministrazione, seppur astrattamente idonee a giustificare il diniego, si configurano alla stregua di integrazione postuma della motivazione dell'atto amministrativo che, anche dopo le modifiche apportate con la l. n. 15 del 2005, deve ritenersi non ammissibile, secondo un pacifico orientamento giurisprudenziale.
La specificazione di ulteriori elementi di fatto che giustificherebbero il provvedimento impugnato non può intervenire nel corso del giudizio, atteso che la motivazione deve precedere e non già seguire l'atto della Pubblica amministrazione, soprattutto laddove i fatti evidenziati in giudizio dalla difesa dell'Amministrazione, malgrado preesistessero all'adozione dell'atto impugnato, non sono stati posti a base di esso e non siano stati resi conoscibili all’interessato (da ultimo, cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 25/02/2016, n. 750).
2.4. - Scopo della motivazione dell’atto è quello di esternare le ragioni del provvedimento in modo da rendere comprensibile l’iter logico seguito dall’Autorità e rendere possibile la difesa delle proprie ragioni al destinatario del provvedimento, rimanendo altrimenti vanificato sia il principio costituzionale del buon andamento dell’amministrazione, sia la possibilità di difesa dell’interessato e la possibilità stessa del sindacato giurisdizionale.
2.5. - Anche la censura dedotta con il terzo motivo di appello, concernente la mancata comunicazione di preavviso di diniego del provvedimento, ex art. 10 bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, merita accoglimento.
Le comunicazioni a scopo partecipativo hanno la funzione di permettere un effettivo confronto tra l'Amministrazione e i privati anteriormente all'adozione di un provvedimento negativo, in modo che non siano trascurati elementi istruttori utili alla decisione finale.
Deve, dunque, affermarsi che la mancanza della comunicazione ex art.10 bis l. n. 241 del 1990 incide sulla validità dell'atto conclusivo del procedimento, in presenza di un atto a contenuto discrezionale laddove l’amministrazione non dimostri in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello concretamente deliberato.
Nei limiti previsti dall'art. 21 octies, comma 2, l.241/1990, ossia qualora abbia determinato un deficit istruttorio, la mancata comunicazione del preavviso di diniego determina l’annullamento del provvedimento (cfr., tra le tante, Consiglio di Stato, sez. III, 27/06/2013, n. 3525).
2.6. - Nel caso di specie, l’amministrazione non ha effettuato la comunicazione che, contrariamente all’avviso del primo giudice, non avendo l’annullamento del precedente permesso di soggiorno natura vincolata, ben avrebbe potuto consentire alla destinataria di comprovare la sua situazione familiare e la sua effettiva residenza, contrastando adeguatamente e documentalmente le risultanze dell’indagine di polizia.
2.7. - Difatti, la pubblica Amministrazione può negare il rilascio del permesso di soggiorno e revocare quello eventualmente già rilasciato se l'extracomunitario, al fine di ottenerlo, ha prodotto in sede procedimentale documentazione attestante falsamente il possesso di uno dei requisiti e a tal fine non è determinante che il giudizio penale relativo al reato di falso non sia stato ancora avviato o non sia ancora concluso e, pertanto, non si abbia certezza circa il reato di falsificazione e su chi l'abbia materialmente commesso, considerato che l'art. 5 comma 8 bis, d.lg. 25 luglio 1998 n. 286 sanziona penalmente non solo chi ha materialmente commesso la contraffazione o l'alterazione di documenti, ma anche chi abbia soltanto utilizzato documenti contraffatti o alterati per il rilascio di un titolo di soggiorno.
Tuttavia, ai fini del diniego o della revoca del titolo di soggiorno, se non è necessario che la falsità degli atti sia dichiarata da una sentenza penale definitiva di condanna, l'Autorità amministrativa deve però procedere ad una autonoma valutazione secondo il criterio di ragionevolezza e confortata da idonei elementi di riscontro (C.d.S. sez. III, 23/01/2015, n. 390;23/06/2014, n. 3182).
3. - In conclusione, l’appello va accolto nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata va dichiarato illegittimo il decreto del Questore di Caserta impugnato, facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
4. - Le spese di giudizio si compensano tra le parti, in ragione della peculiarità della vicenda.