Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-05, n. 201007310

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-05, n. 201007310
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007310
Data del deposito : 5 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01577/2010 REG.RIC.

N. 07310/2010 REG.DEC.

N. 01577/2010 REG.RIC.

N. 01606/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 1577 del 2010, proposto da:
P O, rappresentato e difeso dall'avvocato E S, con domicilio eletto presso E S in Roma, via degli Avignonesi, 5;

contro

A S e G A, rappresentati e difesi dagli avvocati L R e Angelo D'Onofrio, con domicilio eletto presso A D A in Roma, via Portuense, 104;

nei confronti di

Comune di Striano, G G, A Rino, Anella R, Ciro G, Franca G, Emilia G, non costituiti;



sul ricorso numero di registro generale 1606 del 2010, proposto da:
Comune di Striano, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall'avvocato Fausto Porcu, con domicilio eletto presso lo Studio Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

A S e G A, rappresentati e difesi dagli avv. Angelo D'Onofrio e L R, con domicilio eletto presso A D A in Roma, via Portuense, 104;
P O, G G, A Rino, Anella R, Ciro G, Franca G, Emilia G, non costituiti;

entrambi per la riforma della sentenza del T.a.r. Campania - Napoli: Sezione II n. 08313/2009, resa tra le parti, concernente PERMESSO DI COSTRUIRE.


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di A S e di G A;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2010 il Cons. A A e uditi per le parti gli avvocati E S e Giuseppe Tempesta su delega degli avvocati L R e Angelo d'Onofrio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con autorizzazione n. 3833 del 30 giugno 1994 il comune di Striano ha autorizzato, previa concessione di un contributo, la manutenzione (ordinaria e straordinaria) di un fabbricato danneggiato dal sisma del 1980, all’epoca di proprietà dei signori G, R e R.

Con successiva autorizzazione in variante n. 5443 del 3 ottobre 1994 il comune ha consentito alla proprietà di apportare interventi più incisivi, comportanti pacificamente una diversa dislocazione delle volumetrie dell’immobile: dopo il rilascio del primo titolo era infatti emerso che l’edificio aveva subito danni ben più gravi di quelli originariamente ipotizzati nella relazione tecnica depositata nel trimestre precedente.

In fatto, tali ulteriori interventi superavano il c.d. limite di convenienza, comportando una spesa eccedente l’80% di quella necessaria per la ricostruzione dell’immobile: pertanto gli stessi venivano attuati mediante demolizione e ricostruzione.

I signori S e A, proprietari di un immobile confinante, hanno impugnato le autorizzazioni sopra richiamate con il ricorso al T.A.R. Campania n. 3293 del 1995, deducendone l’illegittimità per violazione del piano di recupero comunale.

La definitiva sistemazione dell’immobile non è stata tuttavia completata a causa di un contenzioso civile insorto tra le parti nonché di procedimenti aperti con vario esito in sede penale.

In data 3 agosto 2006 con permesso n. 20 il comune di Striano ha quindi autorizzato la proprietà al seguito dei lavori, che sono stati completati sulla parte dell’immobile di proprietà R.

Per il completamento della restante parte l’odierno appellante sig. O (avente causa dai signori G e R per compravendita in data 28 marzo 2007) ha ottenuto dal comune il permesso di costruire n. 10 del 2008, in variante al permesso n. 20 del 2006;
tale permesso è stato annullato dal comune in autotutela e sostituito dal nuovo permesso n. 33 del 2008.

Quest’ultimo è stato impugnato dagli odierni appellati con il ricorso n. 6888 del 2008, anch’esso proposto avanti al T.A.R. Campania.

Con la sentenza in epigrafe indicata l’adito Tribunale ha respinto il ricorso n. 3293 del 1995 nella parte volta all’impugnazione dell’originaria autorizzazione 3833/1994, mentre lo ha accolto nella parte rivolta ad impugnare la successiva variante n. 5443/1994, che è stata quindi annullata. Il Tribunale ha infine accolto il ricorso n. 6888/2008, ritenendo l’ultimo permesso di costruire n. 33 del 2008 in sostanza viziato per invalidità derivata.

A sostegno del decisum la sentenza impugnata ha rilevato che gli interventi contemplati nella variante n. 5443 esulano (oltre che dalla manutenzione) dalla ristrutturazione edilizia ed avrebbero quindi dovuto essere assentiti con concessione, sulla base delle norme urbanistiche applicabili alla zona in cui è ricompreso l’immobile.

La sentenza è stata impugnata col ricorso n. 1577 del 2010 dal proprietario sig. P O il quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, deducendo un unico articolato motivo d’appello.

La sentenza è stata separatamente impugnata col ricorso n. 1606 del 2010 dal comune di Striano il quale ne ha chiesto l’integrale riforma, previa sospensione dell’esecutività, deducendo un unico motivo d’appello sostanzialmente articolato in tre parti.

Si sono costituiti gli appellati, insistendo per il rigetto dei gravami.

Nella camera di consiglio del 3 marzo 2010, fissata per l’esame dell’incidente cautelare, le richieste di sospensione sono state abbinate al merito.

Tutte le parti hanno presentato memorie insistendo nelle già rappresentate conclusioni.

All’udienza del 13 luglio 2010 gli appelli sono stati trattenuti in decisione.




DIRITTO

Gli appelli vanno riuniti ai sensi dell’art. 335 del cod. proc. civ. in quanto rivolti ad impugnare la stessa sentenza.

Essi sono infondati e vanno pertanto respinti, con integrale conferma di quanto deciso in primo grado.

Al fine di delimitare l’oggetto del presente giudizio deve in primo luogo rilevarsi che i ricorrenti originari non hanno impugnato in via incidentale il capo di sentenza che ha respinto le censure da essi rivolte avverso la prima autorizzazione n. 3833 del 1994, con l’ovvia conseguenza che la legittimità di tale titolo non può qui essere ulteriormente posta in discussione.

In secondo luogo va ricordato, da un lato, che l’ultimo permesso di costruire n. 33 del 2008 è stato annullato dal primo Giudice solo per illegittimità derivata, in quanto cioè ha assentito il completamento con modifiche di un immobile abusivamente realizzato;
dall’altro, che gli appellati non hanno qui riproposto nemmeno in via incidentale semplificata le ulteriori censure da essi originariamente dedotte avverso quel titolo edilizio.

Da quanto ora premesso consegue che la vera (e sostanzialmente unica) questione qui da decidere concerne la legittimità dell’autorizzazione in variante n. 5443 del 1994, con la quale il comune di Striano ha autorizzato i danti causa dell’odierno appellante sig. O a demolire una porzione dell’immobile in controversia e a ricostruirla – ferma restando la volumetria complessiva in virtù di una riduzione dell’altezza dei soffitti - con creazione di nuovi volumi al primo piano, anche in conseguenza di una diversa ubicazione di quella scala di accesso al medesimo che la originaria autorizzazione prescriveva invece di non modificare.

Al riguardo la sentenza impugnata, dopo aver rilevato che il piano di recupero consentiva in realtà per l’immobile in questione esclusivamente interventi di manutenzione ordinaria, ha comunque escluso che la demolizione e ricostruzione autorizzata con la variante di cui si discute potesse inquadrarsi nell’ambito della ristrutturazione, applicandosi tale istituto solo nell’ipotesi in cui il nuovo edificio rispetti volumi e sagoma del vecchio.

Con i centrali motivi di impugnazione entrambi gli appellanti contestano tale statuizione, rilevando, in primo luogo, che il piano di recupero, come modificato con delibera consiliare n. 47 del 1988, consentiva interventi di ristrutturazione comportanti demolizione con ricostruzione non fedele.

In secondo luogo, osservano gli appellanti che il T.A.R., allorchè ha escluso l’applicabilità al caso in esame della citata delibera in quanto l’autorizzazione in deroga non era stata disposta dal consiglio comunale, è incorso in un evidente vizio di extrapetizione, essendo tale rilievo del tutto estraneo al contenuto delle censure ritualmente introdotte dai ricorrenti.

I mezzi, che vanno contestualmente esaminati attesa la reciproca interconnessione, non hanno fondamento.

Risulta dagli atti che la delibera del consiglio comunale di Striano n 47 del 1988 ha integrato le norme di attuazione al piano di recupero all’epoca vigente con un articolo 19, secondo il quale: “ Nei casi e nei modi previsti dalle vigenti leggi e previa delibera del consiglio comunale il Sindaco, sentita la Commissione edilizia, può concedere concessioni in deroga a norme del presente regolamento. Non sono derogabili le norme relative ai rapporti di copertura. La cubatura dei nuovi edifici non dovrà superare il volume attuale maggiorato del 20%.”.

Come rilevato dal T.A.R. la normativa ora trascritta si presta a molteplici interpretazioni, attesa la sua evidente ambiguità. Né risulta dagli atti se la stessa norma sia divenuta efficace a seguito dell’approvazione regionale, che dovrebbe ritenersi necessaria trattandosi con evidenza di modifica allo strumento urbanistico allora vigente.

E tuttavia, anche a volerla applicare nel senso sostenuto dagli appellanti, la normativa in questione si limita a prefigurare in capo al sindaco, a ciò autorizzato dall’organo consiliare, la facoltà di derogare alle previsioni del piano di recupero, autorizzando aumenti di cubatura ove possibili secondo le leggi vigenti.

La norma, che ha un evidente carattere eccezionale, individua quindi un procedimento sulla scorta del quale le norme del piano possono essere derogate ricorrendone le condizioni.

Essa dunque non è invocabile nella fattispecie all’esame, in quanto l’autorizzazione in variante n. 5443 del 1994, a prescindere da ogni ulteriore approfondimento sul nomen di tale atto in rapporto al suo effettivo contenuto, non ne costituisce in alcun modo atto applicativo.

Tanto si deduce – in disparte il dirimente rilievo circa l’omissione di ogni riferimento al programma di recupero e alla sua deroga - dal fatto che tanto il titolo, quanto l’allegata relazione tecnica si danno cura di specificare che i volumi dell’immobile ricostruito non devono superare quelli preesistenti e dal fatto – opportunamente evidenziato dalla sentenza impugnata – che l’autorizzazione sindacale non richiama in alcun modo la necessaria previa delibera consiliare.

D’altro canto, va pure ricordato che la modifica normativa di cui si discute è ben anteriore alla data di rilascio anche del primo atto autorizzatorio;
non si può quindi ipotizzare (come sembrano fare gli appellanti) che il secondo titolo in variante sia stato adottato sulla base di uno ius superveniens medio tempore intervenuto.

Concludendo sul punto, tale modifica normativa è del tutto estranea alla presente controversia in cui – in termini piani – non si discute di un atto sindacale che la applica in modo asseritamente viziato ma di una autorizzazione edilizia, di variante in corso d’opera a precedente autorizzazione, adottata su diversi presupposti e con altre finalità: deve perciò escludersi che il Tribunale, rilevando quanto sopra e rigettando conseguentemente le difese del comune e del controinteressato, possa aver in alcun modo violato il principio di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato.

Tornando quindi al reale contenuto dell’autorizzazione n. 5443 del 1994, devono confermarsi in toto le conclusioni raggiunte dal T.A.R..

Tale atto, infatti, da un lato, viola le prescrizioni del piano di recupero che consentivano sul fabbricato solo interventi di manutenzione ordinaria;
dall’altro, consente trasformazioni che eccedono, in ogni caso, anche i limiti connessi agli interventi di ristrutturazione edilizia.

Per quanto concerne il primo e dirimente profilo, è in atti l’attestazione sindacale – in data 29 maggio 1995 e dunque di epoca successiva al rilascio del titolo in variante – nella quale si chiarisce

che per l’immobile è appunto prevista nel piano di recupero la manutenzione ordinaria.

Per quanto riguarda il secondo profilo, deve escludersi che anche prima dell’entrata in vigore del T.U. sull’edilizia n. 380 del 2001 e s.m.i. nelle ipotesi di ristrutturazione edilizia potessero essere ricompresi gli interventi di demolizione con ricostruzione non fedele.

Certamente, fino all’entrata in vigore del T.U. n. 380 del 2001 è mancata un’espressa disciplina legislativa per gli interventi di demolizione e successiva ricostruzione, ora ricondotti all’ipotesi della ristrutturazione edilizia nel caso di rispetto della volumetria e sagoma dell’edificio preesistente [art. 3 comma 1 lettera d) T.U. citato come modificato dall’art. 1 del D. L.vo n. 301 del 2002].

Tuttavia già in precedenza la giurisprudenza amministrativa aveva chiarito che la nozione di ristrutturazione, interpretata ai sensi dell'art. 31 della legge 5 agosto 1978 n. 457, comprende anche gli interventi consistenti nella demolizione e successiva ricostruzione di un fabbricato, purchè tale ricostruzione sia ”fedele”, dando cioè luogo ad un immobile identico al preesistente per tipologia edilizia, sagoma e volumi ( ad es. V Sez. n. 594 del 1990).

L’intervento autorizzato in variante dal comune di Striano non può rientrare in tale nozione, attesa la pacifica diversità di sagoma dell’edificio preesistente rispetto a quello realizzato.

Quanto sin qui rilevato conduce al rigetto dei mezzi di impugnazione passati in rassegna.

Conseguentemente va confermato – e sfugge perciò alle critiche degli appellanti – il capo della sentenza impugnata che ha annullato il permesso di costruire n. 33 del 2008: questo titolo edilizio, infatti, come esattamente rilevato dal T.A.R., permette il completamento di una porzione di immobile realizzata in virtù di un’autorizzazione rivelatasi illegittima.

Con ulteriore motivo gli appellanti criticano il capo di sentenza nel quale il Tribunale, anche al fine di orientare la successiva azione dell’Amministrazione, ha precisato che nel caso all’esame non risultano assentibili manufatti aventi caratteristiche planovolumetriche e di sagoma diverse dalla preesistente struttura demolita.

Osserva in particolare il comune di Striano che, ai sensi dell’art. 38 del T.U. n. 380 del 2001, spetta alla discrezionale valutazione della P.A. stabilire la tipologia della sanzione ( eventualmente pecuniaria) applicabile all’abuso.

Questi rilievi sono inammissibili per difetto d’interesse, in quanto esula dal presente giudizio di cognizione ogni questione (allo stato, dunque, meramente teorica) afferente all’applicazione del citato art. 38.

Infatti la sentenza impugnata, nel capo ora in rassegna, precisa soltanto che la strumentazione urbanistica del comune non consente la realizzazione di un edificio diverso rispetto a quello all’epoca demolito (salvo che per il cantinato oggetto di sanatoria) e quindi nulla stabilisce in merito alle concrete sanzioni che il comune dovrà applicare a seguito dell’abuso ora riscontrato.

Sulla scorta delle considerazioni che precedono gli appelli vanno quindi respinti.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in via forfettaria nel dispositivo.


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