Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-06-18, n. 201904116

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2019-06-18, n. 201904116
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201904116
Data del deposito : 18 giugno 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/06/2019

N. 04116/2019REG.PROV.COLL.

N. 07748/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 7748 del 2014, proposto da
Istituto Autonomo per le Case Popolari della Provincia di Napoli, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Arcangelo D’Avino, con domicilio eletto presso lo studio Alberto D’Auria in Roma, via Calcutta 45;

contro

Scoglio s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato A S, con domicilio eletto presso lo studio Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;

per la riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 02308/2014, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della Scoglio s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 maggio 2019 il Cons. G L B e uditi per le parti gli avvocati Arcangelo D’Avino ed A S;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La società Scoglio S.p.A., con la quale l’Istituto Autonomo per le Case Popolari della provincia di Napoli aveva stipulato in data 16 dicembre 2002 rep. n. 10731 un contratto per l’esercizio e la manutenzione di impianti termici centralizzati di proprietà e/o gestiti dall’Istituto (comprendente anche la fornitura di combustibili) e per interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria anche su impianti di riscaldamento autonomi, presentava ricorso al Tribunale amministrativo regionale della Campania, notificato il 28 maggio 2010 e depositato il 5 giugno 2010, per l’accertamento del suo diritto ed il corrispondente obbligo dell’ente di provvedere alla revisione periodica dei prezzi dell’appalto svolto dall’impresa per il servizio predetto, nel periodo 2002-2007, e successive proroghe, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della legge n. 537 del 1993 e succ. mod. (poi art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006), nonché per l’annullamento delle note prot. n. 9543/2009 e n. 1616/2005, dell’art. 12 del capitolato speciale che non ammetteva la revisione dei prezzi e di ogni altro atto connesso e consequenziale.

1.1. Si costituiva in giudizio l’Istituto resistente, obiettando che, trattandosi di contratto di lavori pubblici, non sarebbe stata applicabile la normativa invocata dalla ricorrente, bensì l’art. 26 della legge n. 109 del 1994, e comunque eventuali istanze di compensazione sarebbero state inammissibili, perché intempestive ai sensi dell’art. 133, comma 6- bis , del d.lgs. n. 163 del 2006.

2. Con la sentenza indicata in epigrafe il ricorso è stato accolto, per le ragioni seguenti:

a) l’appalto in contestazione andava qualificato come contratto misto di servizi e forniture, perché prevalentemente contratto di gestione di impianti termici, con obbligo di fornitura del combustibile;

b) nessun riferimento era ammissibile a prestazioni inerenti opere e lavori pubblici “ essendo i possibili interventi strutturali da compiersi a cura dell’appaltatore volti esclusivamente ad assicurare la continuità del funzionamento di impianti già esistenti, e non già la loro realizzazione ex novo”;

c) ai sensi dell’art. 14, secondo comma, lett. b), del d.lgs. n. 163 del 2006, nel caso di specie, la prevalenza economica doveva essere riconosciuta al valore delle forniture di combustibile e di parti di ricambio rispetto alle attività di riparazione e controllo;

d) ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, che ripropone l’art. 6, comma 4, della legge n. 537 del 1993 e l’art. 44 della legge n. 724 del 1994, il contratto oggetto del presente giudizio, per tutta la sua durata, imponeva all’ente resistente, in presenza di più istanze di riconoscimento di compenso revisionale provenienti dall’appaltatore, di attivare il subprocedimento di cui all’art. 115, facendo ricorso ai parametri di verifica ivi previsti.

2.1. Ne sono seguiti, come detto, l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto, la dichiarazione dell’obbligo dell’I.A.C.P. di Napoli di attivare il procedimento di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163;
con compensazione delle spese di giudizio.

3. Per la riforma della sentenza l’Istituto Autonomo per le Case Popolari – I.A.C.P. della provincia di Napoli ha avanzato appello, basato su cinque motivi.

La società Scoglio s.p.a. si è costituita per resistere al gravame.

Le parti hanno depositato memorie difensive;
la parte appellata anche memoria di replica.

All’esito dell’udienza pubblica del 21 maggio 2019 è stata riservata la decisione.

4. Col primo motivo ( Error in procedendo – violazione dell’art. 29 c.p.a. Inammissibilità dell’azione proposta in primo grado avverso il divieto di revisione prezzi di cui all’art. 12 del C.S.A. ) l’Istituto appellante sostiene che l’azione proposta dalla società appaltatrice avrebbe carattere impugnatorio avverso i provvedimenti di diniego prot. n. 142/05 del 12 gennaio 2005 e prot. n. 342/09/C del 16 gennaio 2009, sicché il ricorso notificato il 28 maggio 2010 sarebbe tardivo, perciò inammissibile.

4.1. L’appellante aggiunge che non sarebbe ammissibile un’autonoma azione di accertamento del diritto alla revisione prezzi alla presenza di un provvedimento esplicito di rigetto non impugnato nei termini di decadenza, perché la posizione dell’appaltatore è di interesse legittimo ed assume carattere di diritto soggettivo solo dopo che la pubblica amministrazione abbia riconosciuto la sua pretesa e si controverta in materia di quantum del compenso revisionale.

5. Il motivo - col quale è formulata una censura rimasta assente nel dibattito processuale del primo grado di giudizio, ma attinente a questione rilevabile d’ufficio - non merita favorevole apprezzamento.

E’ corretto l’assunto da cui prende le mosse la difesa dell’I.A.C.P. secondo cui la posizione dell’appaltatore che rivendichi la revisione del prezzo dell’appalto oggetto di contratti ad esecuzione periodica o continuativa è di interesse legittimo, in quanto relativa ad attività discrezionale della pubblica amministrazione, da esercitarsi previo svolgimento del procedimento di revisione prezzi (all’epoca disciplinato dall’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006), che si conclude con un provvedimento autoritativo che deve essere impugnato nel termine decadenziale di legge (cfr. Cons. Stato, III, 9 gennaio 2017, n. 25;
id., V, 27 novembre 2015 n. 5375;
id., III, 24 gennaio 2013 n. 465).

Tuttavia l’obbligatoria inserzione della clausola di revisione periodica del prezzo, da operare sulla base di un’istruttoria condotta dai competenti organi tecnici dell’amministrazione, alla stregua delle norme di cui si dirà trattando dei motivi di merito, pur non comportando alcun diritto dell’appaltatore all’automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale (cfr. Cons. Stato, V, 22 dicembre 2014, n. 6275), fa sorgere l’obbligo dell’amministrazione di provvedere agli adempimenti istruttori sanciti per legge, avviando il relativo procedimento, a seguito dell’istanza dell’appaltatore.

In sintesi, come ritenuto con diversi precedenti di questo Consiglio di Stato, l'istituto della revisione prezzi si atteggia secondo un modello procedimentale volto al compimento di un'attività di preventiva verifica dei presupposti necessari per il riconoscimento del compenso revisionale, modello che sottende l’esercizio di un potere autoritativo tecnico-discrezionale dell'amministrazione nei confronti del privato contraente e che comporta che questi potrà avvalersi dei rimedi e delle forme tipiche di tutela dell’interesse legittimo, essendo sempre necessaria l'attivazione - su istanza di parte - di un procedimento amministrativo nel quale l’Amministrazione dovrà svolgere l'attività istruttoria di sua competenza. Pertanto, in caso di inerzia da parte della stazione appaltante, a fronte della specifica richiesta dell’appaltatore, quest’ultimo potrà impugnare il silenzio inadempimento prestato dall’Amministrazione, pur non potendo demandare in via diretta al giudice l’accertamento del diritto, non potendo questi sostituirsi all’amministrazione rispetto ad un obbligo di provvedere gravante su di essa (cfr. Cons. Stato, V, 24 gennaio 2013 n. 465).

5.1. Nel caso di specie, le contrapposte ragioni delle parti si basano sul significato da attribuire alle due note dell’IACP prot. n. 1616 del 27 gennaio 2005 e prot. n. 9543 dell’11/16 febbraio 2009.

Secondo l’Istituto appellante si sarebbe trattato di provvedimenti di diniego della pretesa della società Scoglio S.p.A. alla revisione dei prezzi dell’appalto di cui al contratto stipulato tra le parti il 16 dicembre 2002 rep. n. 10731, da impugnarsi perciò nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricezione dei provvedimenti.

Secondo la società appellata si sarebbe trattato invece di note interlocutorie – della seconda delle quali assume non esservi prova nemmeno della tempestiva ricezione e conoscenza da parte della società - non idonee ad esprimere le determinazioni della stazione appaltante in punto di revisione dei prezzi dell’appalto ai sensi degli artt. 6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537, come sostituito dall'art. 44 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 e succ. mod., e 115 del d.lgs. n. 163 del 2006. Pertanto, secondo l’appellata, il procedimento di revisione dei prezzi disciplinato da tali disposizioni non sarebbe mai stato nemmeno avviato, con conseguente obbligo dell’amministrazione di provvedervi, secondo quanto perciò richiesto col ricorso introduttivo del presente giudizio ed ottenuto con la sentenza qui appellata che ha sancito l’obbligo dell’amministrazione, appunto, di provvedere ad “ attivare il procedimento di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi […] ”.

5.2. Malgrado l’azione in giudizio e la difesa della società appaltatrice non siano state del tutto coerenti con tali assunti – avendo la Scoglio s.p.a. anche impugnato le note predette (sia pure, come detto nella memoria di replica, “ soltanto in via tuzioristica ”) ed avendo accennato in alcuni scritti difensivi, soprattutto del primo grado, al significato di diniego da attribuirsi alle note anzidette - queste (allegate con i numeri 2 e 3 alla memoria depositata dall’IACP in primo grado) vanno tuttavia interpretate tenendo conto del contenuto letterale, a prescindere dal significato preteso dalle parti.

5.2.1. Orbene, entrambe le note sono redatte nel presupposto - sul quale l’Istituto appellante insiste anche con i motivi quarto e quinto del ricorso in appello, di cui si dirà - che la richiesta di adeguamento del prezzo contrattuale dovesse essere vagliata ai sensi dell’art. 26 della legge 11 febbraio 1994, n. 109, come modificato dall’art. 1, comma 550, della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Tali norme sono espressamente richiamate sia nella nota del 2005, per negare la sussistenza della condizioni ivi previste per l’adeguamento dei prezzi dei lavori pubblici;
sia nella nota del 2009, dove viene riepilogato il “ quadro normativo di riferimento inerente la disciplina economica dell’esecuzione dei LL.PP. ”, senza fare alcun cenno all’applicabilità/inapplicabilità delle norme sulla revisione dei prezzi poste a fondamento del ricorso giurisdizionale.

5.3. Dato ciò, poiché sono del tutto differenti i presupposti per il riconoscimento della revisione dei prezzi di servizi e forniture oggetto di contratti ad esecuzione periodica o continuativa, rispetto ai presupposti per il riconoscimento dell’adeguamento dei prezzi dei lavori pubblici, e poiché non risulta che l’I.A.C.P. abbia avviato il procedimento previsto dall’art. 115 del d.lgs. n. 115 del 2006 relativamente al contratto oggetto del presente contenzioso, è corretta la sentenza di primo grado che ha sancito l’obbligo dell’Istituto di provvedere in tale senso.

5.4. In proposito, giova aggiungere che è rimasta immune da censure la scelta del rito ordinario operata dalla società ricorrente in primo grado.

5.5. Pertanto, i principi applicabili sono quelli già affermati in giurisprudenza, secondo cui “ la disciplina dettata in materia di revisione prezzi negli appalti di servizi o forniture ad esecuzione periodica o continuativa, di cui all'art. 115 del d.lgs. n. 163/06, ha carattere imperativo ed un'eventuale clausola contrattuale difforme rispetto alla disciplina normativamente prevista, deve ritenersi nulla. La legge non ha, invece, provveduto a stabilire espressamente un periodo massimo oltre il quale non sia possibile richiedere di procedere alla revisione del prezzo. Considerata […] la mancanza di un espresso termine normativo entro il quale il diritto possa essere fatto valere, la richiesta può essere effettuata entro il termine di prescrizione quinquennale dettato dall'art. 2948, n. 4, c.c. ” (Cons. Stato, III, 19 luglio 2011 n. 4362;
id., III,1 febbraio 2012, n. 504).

Il primo motivo di appello va quindi respinto.

6. Col secondo motivo ( Error in iudicando – erronea applicazione dell’art. 115 del d.lgs. n. 163/2006 – violazione commi 2 e 5 dell’art. 33 legge n. 41 del 28.2.1986, come modificato dall’art. 3 del D.L. 11.7.1992 n. 333, convertito con modificazioni in legge 8.8.1992 n. 359 ) l’appellante sostiene che la disciplina applicabile al contratto de quo non sarebbe quella di cui all’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006, ritenuta in sentenza;
piuttosto, sarebbe quella vigente alla data della sua stipulazione, il 16 dicembre 2002, da rinvenirsi nella disposizione dell’art. 33, comma 2, della legge 28 febbraio 1986, n. 41, come modificata dalle disposizioni sopravvenute indicate in rubrica e come interpretata dalla giurisprudenza indicata in ricorso (Cons. Stato, VI, 12 luglio 2011, n. 4197).

6.1. Col terzo motivo ( Error in iudicando – erronea qualificazione dell’appalto – violazione e falsa applicazione del comma 8 dell’art. 3 del D.lgs. n. 163/2006 ), l’appellante, premesso che “ non vi è dubbio che nella fattispecie si tratta di un contratto misto di lavori e forniture ”, sostiene che la fornitura di combustibile avrebbe avuto un valore unicamente strumentale e sussidiario, come si dovrebbe desumere dall’art. 1 del C.S.A. (secondo cui l’appalto comprende “ anche la fornitura di combustibili gassosi e liquidi ”).

6.1.1. L’appellante censura quindi la motivazione della sentenza che si sarebbe basata sul valore quantitativo ed aritmetico per individuare la prestazione principale, obiettando che, per giurisprudenza pacifica, per stabilire quale dei servizi di un appalto misto abbia valore superiore ai fini dell’individuazione della disciplina applicabile, occorre fare riferimento al criterio qualitativo di matrice comunitaria c.d. sostanzialistico, previsto dall’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006, basato sull’oggetto principale del contratto.

6.1.2. L’appellante censura altresì la motivazione laddove esclude che gli interventi strutturali previsti nel CSA si possano qualificare come lavori pubblici ai fini della disciplina applicabile al contratto, osservando che il primo giudice avrebbe erroneamente, anche per tale aspetto, attribuito valore determinante al dato quantitativo piuttosto che al dato qualitativo;
all’opposto, dagli artt. 1, 2, 3, 4, 10 e 25 del CSA (parzialmente riprodotti o richiamati nel ricorso), accettati dall’appaltatore con la sottoscrizione del contratto, si desumerebbe che l’oggetto principale dell’appalto era ricompreso nella nozione di lavori pubblici di cui all’art. 2 della legge n. 109 del 1994, atteso che “ i concetti di riqualificazione, trasformazione, manutenzione ordinaria e straordinaria comportano un’attività prevalente ed essenziale di modificazione della realtà fisica […] ”, come da giurisprudenza richiamata in ricorso (Cons. Stato, V, n. 2518/01;
id., IV, n. 1680/98). Ulteriore conferma della qualificazione dell’appalto come appalto di lavori si avrebbe, per un verso, nella previsione dell’art. 2, comma 1, lett. l), del D.P.R. n. 554 del 1999, contenente il regolamento di esecuzione della legge quadro sui lavori pubblici, laddove è definito, tra l’altro, il concetto di manutenzione ;
per altro verso, nella circostanza che le opere realizzate dalla società Scoglio s.p.a. hanno formato oggetto di regolare collaudo il 19 giugno 2009 e l’appaltatore ha ripetutamente richiesto l’applicazione delle disposizioni in materia di lavori.

6.1.3. Conclude l’appellante che, per quanto sopra, la fornitura del combustibile avrebbe avuto carattere accessorio e che i maggiori costi non avrebbero superato l’alea contrattuale, come provato per via documentale.

7. I motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

La normativa riguardante contratti aventi per oggetto forniture e servizi di cui all’art. 33, commi 3 e 5, della legge n. 41 del 28 febbraio 1986, come modificato dall’art. 3 del d.l. n. 333 del 1992, convertito con la legge n. 359 del 1992, è stata definitivamente superata, per quanto riguarda i contratti ad esecuzione periodica o continuativa, dall’ art. 6 della legge 24 dicembre 1993 n. 537 (poi sostituito dall'art. 44 della legge 23 dicembre 1994 n. 724 e modificato, al secondo comma, dall’art. 23 della legge 18 aprile 2005 n. 62, infine abrogato dall'art. 256 del d.lgs. n. 163 del 2006).

Non è pertinente il precedente giurisprudenziale richiamato nell’illustrazione del secondo motivo di appello, poiché riguardante i contratti relativi ad opere e lavori pubblici, per i quali ha continuato ad operare la disciplina abolitrice dell’istituto della revisione dei prezzi, di cui alle norme citate, alla quale ha fatto seguito l’art. 26 della legge n. 109 del 1994.

7.1. La questione concernente la normativa applicabile al contratto stipulato tra le parti il 16 dicembre 2002 presuppone perciò l’individuazione della natura giuridica dell’appalto che ne è oggetto. Col terzo motivo, l’Istituto appellante sostiene essersi trattato di contratto misto di lavori e forniture e attribuisce a queste ultime funzione unicamente “ strumentale e sussidiaria ”;
per contro, la società appaltatrice sostiene essersi trattato di contratto misto di servizi e forniture, come ritenuto in sentenza.

7.1.1. In proposito, non appare decisivo l’inciso dell’art. 1 del C.S.A. laddove è detto che l’appalto comprende anche la fornitura di combustibili gassosi e liquidi;
piuttosto, in senso contrario va considerato l’intero testo dello stesso articolo, secondo cui l’appalto ha per oggetto “ A) L’esercizio e la manutenzione di impianti termici centralizzati di proprietà di proprietà e/o gestiti dall’I.A.C.P. Napoli … comprendente anche la fornitura di combustibili gassosi e liquidi, intendendo il complesso di operazioni comportante assunzione di responsabilità finalizzata alla gestione degli impianti includente: conduzione, manutenzione ordinaria e straordinaria e controllo, nel rispetto delle norme in materia di sicurezza, di contenimento dei consumi energetici e di salvaguardia ambientale (D.P.R. 412/93);
B) assunzione del ruolo di “terzo responsabile” (D.P.R. 412/93) dell’esercizio e della manutenzione degli impianti termici […];
C) interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria anche su impianti di riscaldamento autonomi a servizio delle singole unità abitative. Si precisa sin d’ora che tali eventuali interventi sono esclusi dall’importo dell’appalto […]
”.

7.1.2. Nemmeno appare decisivo il rilievo che l’Istituto appellante vorrebbe attribuire alla nozione di manutenzione ordinaria e straordinaria, come prevista negli artt. 2 e 3 dello stesso Capitolato Speciale di Appalto.

Infatti, occorre considerare che l’art. 2 contiene l’indicazione degli obblighi e delle condizioni generali non solo per la manutenzione degli impianti, ma anche per la loro conduzione , desumendosi dal testo dell’articolo che quest’ultima costituiva oggetto di apposito servizio, da prestarsi alle condizioni appunto ivi previste.

Analoghe considerazioni valgono per il contenuto dell’art. 3, da cui si desume che malgrado il titolo ( Prestazioni di manutenzione ), è dato autonomo rilievo alla “ fornitura del combustibile, liquido o gassoso, necessario per il funzionamento delle centrali termiche ”, nonché all’attività di gestione degli impianti e di sostituzione e riparazione di singole parti, funzionale ad assicurarne il regolare funzionamento.

Pertanto, pur essendo stabilito che l’appaltatrice, nel primo anno di esercizio, avrebbe dovuto procedere al completo adeguamento delle centrali termiche alle vigenti normative, il contratto ha assunto chiaramente i connotati di contratto misto di servizi e forniture, tutt’al più comprendente lavori.

7.1.2. Sebbene la definizione di lavori pubblici contenuta nel testo originario dell’art. 2, comma primo, della legge n. 109 del 1994, richiamata anche nell’atto di appello, perché applicabile ratione temporis tenuto conto della data di stipulazione del contratto, vi comprenda anche le attività di manutenzione di opere ed impianti, è corretta la conclusione raggiunta nella sentenza qui gravata circa il carattere accessorio dei lavori volti ad assicurare la continuità del funzionamento degli impianti già esistenti, piuttosto che la loro realizzazione ex novo . La natura accessoria dell’attività di manutenzione dell’esistente non è affermata in astratto, come sembra ritenere l’appellante, bensì esclusivamente in ragione del contenuto prestazionale del contratto in oggetto, quale desumibile dalle disposizioni del C.S.A. su riportate. Peraltro, l’Istituto appellante non ha nemmeno specificamente dedotto in punto di (maggiore) incidenza percentuale del rilievo economico dei lavori di manutenzione.

Anzi, a tale ultimo riguardo, va dato seguito al rilievo della difesa della società appellata basato sull’art. 11 del C.S.A. ( Prezzo del servizio – importo a base d’asta ), che commisura il prezzo al Mcal ( potenzialità nominale dei singoli impianti (massima quantità di calore sensibile che può essere sviluppata nel focolare stesso) per ogni ora di esercizio ), con ciò confermandosi la preminenza dell’espletamento del servizio di esercizio degli impianti termici in uno con la fornitura del combustibile, in relazione alla quale sono determinati l’importo a base d’asta e il prezzo contrattuale.

7.1.3. L’interpretazione del contratto di cui sopra risulta conforme al criterio qualitativo c.d. sostanzialistico, nei termini in cui è stato introdotto già nel citato art. 2, comma primo, della legge n. 109 del 1994 con la modifica apportatavi dall’art. 24, comma 2, della legge n. 62 del 2005 (che vi ha aggiunto gli incisi finali secondo cui “ Nei contratti misti di lavori, forniture e servizi e nei contratti di forniture o di servizi quando comprendono lavori si applicano le norme della presente legge qualora i lavori assumano rilievo superiore al 50 per cento. Quest’ultima disposizione non si applica ove i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto all’oggetto principale dedotto in contratto ”), poi confluita nella previsione dell’art. 14, comma 3, del d.lgs. n. 163 del 2006 (“ …l’oggetto principale del contratto è costituito dai lavori se l’importo dei lavori assume rilievo superiore al cinquanta per cento, salvo che, secondo le caratteristiche specifiche dell’appalto, i lavori abbiano carattere meramente accessorio rispetto ai servizi o alle forniture, che costituiscano l’oggetto principale dell’appalto ”).

7.1.4. Non è invece rilevante, ai fini della decisione, individuare quali tra i servizi e le forniture fossero le prestazioni prevalenti, sebbene la sentenza si sia soffermata sulla rilevanza della fornitura di combustibile.

7.2. Infatti, l’art. 6 della legge n. 537 del 1993, come sostituito dall’art. 44 della legge n. 724 del 1994, stabiliva: “ Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui al comma 6 ” (comma 4).

La previsione sopravvenuta dell’art. 115 del d.lgs. n. 163 del 2006 precisa che “ Tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo. La revisione viene operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili della acquisizione di beni e servizi sulla base dei dati di cui all’art. 7, comma 4, lettera c) e comma 5.”

7.3. Come riconosciuto da univoca giurisprudenza scopo di tali norme è quello di tutelare l’interesse pubblico a che le prestazioni di beni o servizi da parte degli appaltatori delle amministrazioni pubbliche non subiscano col tempo una diminuzione qualitativa a causa degli aumenti dei prezzi dei fattori della produzione, incidenti sulla percentuale di utile considerata in sede di formulazione dell'offerta, con conseguente incapacità del fornitore di far fronte compiutamente alle stesse prestazioni. Sulla scorta di ciò è stato affermato il carattere di norma imperativa alla quale si applicano gli artt. 1339 (inserzione automatica di clausole) e 1419 (nullità parziale) del codice civile (cfr. Cons. Stato, V, 2 novembre 2009 n. 6709;
id., III, 1 febbraio 2012, n. 504 e 9 maggio 2012, n. 2682;
id. V, 22 dicembre 2014, n. 6275 e 21 luglio 2015, n. 3594).

7.4. Trattandosi di una norma imperativa, che si inserisce automaticamente, essa prevale sulla regolamentazione pattizia, che sia in contrasto con la previsione di legge, come nel caso di specie l’art. 12 del capitolato speciale di appalto.

7.5. Giova peraltro ribadire che, non essendo previsto alcun diritto soggettivo dell’appaltatore al riconoscimento del compenso revisionale, sarà soltanto l’istruttoria da svolgersi da parte dei competenti organi tecnici della stazione appaltante ad accertare se i maggiori costi rivendicati con l’istanza di revisione abbiano o meno superato l’alea contrattuale, ben potendo l’attività istruttoria, da svolgersi in contraddittorio, condurre alla conclusione dell’invarianza dei prezzi contrattuali (cfr. Cons. Stato, VI, 27 novembre 2012, n. 5997).

Esulano perciò dal thema decidendum del presente giudizio le deduzioni difensive dell’IACP concernenti la mancata dimostrazione da parte della società Scoglio s.p.a. della sussistenza dei presupposti per la revisione del prezzo del combustibile.

7.6. In conclusione, i motivi secondo e terzo vanno respinti.

8. Col quarto motivo ( Error in iudicando – Erronea valutazione delle istanze dell’appaltatore e degli atti impugnati – violazione dell’art. 133, comma 6 bis, D.lgs. n. 163/2006 ) l’appellante sostiene che il primo giudice avrebbe erroneamente interpretato le istanze dell’appaltatrice in sede amministrativa, con le quali sarebbe stato richiesto l’adeguamento dei prezzi contrattuali ai sensi dell’art. 26 della legge n. 109 del 1994. In riferimento a tale richiesta, l’Istituto ribadisce che nello stato finale dei lavori in data 2 gennaio 2009 l’impresa appaltatrice aveva apposto delle riserve, ma che l’adeguamento non sarebbe stato possibile per insussistenza dei presupposti richiesti dal citato art. 26, commi 3 e 4, in materia di lavori pubblici ed inoltre che, trovando applicazione nella fattispecie l’art. 133, la richiesta di compensazione avrebbe dovuto essere presentata nel termine di decadenza di sei mesi ivi previsto.

8.1. Col quinto motivo ( Ulteriore error in iudicando – erronea valutazione delle istanze dell’appaltatore e degli atti impugnati – violazione dell’art. 133, comma 6 bis, D.lgs. n. 163/2006, degli artt. 54 e 64 del R.D. n. 350/1895 ), l’appellante argomenta in merito alla legittimità dei provvedimenti di diniego di riconoscimento delle riserve apposte nello stato finale dei lavori e richiamate e quantificate (in € 73.186,27) nel certificato di collaudo, eccependo preliminarmente il difetto di giurisdizione.

9. I motivi sono inammissibili per carenza di interesse, considerato che, per quanto sopra, all’istanza di revisione dei prezzi dell’appalto avanzata dalla società ricorrente in sede giudiziale non è applicabile la disciplina delle riserve, che concerne l’appalto di opere e lavori pubblici.

10. L’appello va respinto e, per l’effetto, va confermato l’obbligo per l’IACP di Napoli di attivare il procedimento di verifica dei presupposti per il riconoscimento della revisione prezzi ai sensi dell’art. 115 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, impregiudicata ogni determinazione riguardo alla spettanza del compenso revisionale, rimessa agli organi tecnici competenti dell’Istituto.

10.1. Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

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