Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-27, n. 202311181

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-12-27, n. 202311181
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202311181
Data del deposito : 27 dicembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/12/2023

N. 11181/2023REG.PROV.COLL.

N. 03113/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3113 del 2023, proposto da
Troticoltura Toscana di P A (già Troticoltura Il Giardino di A P), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato E L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente della Giunta pro tempore , rappresentata e difesa dagli Avvocati F S e S R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Mzi, in Roma, via Alberico II n. 33;

nei confronti

Impresa Individuale Boscolo Stefano e Impresa Individuale Cazzola Giada, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda) n. 00070/2023, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Emilia Romagna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2023 il Cons. Marco Poppi;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’odierna appellante impugna la sentenza del Tar Emilia-Romagna n. 70 del 6 febbraio 2023 con la quale veniva respinto il ricorso proposto avverso il mancato accoglimento della domanda di contributo n. 41/IPA/17. 5 presentata nel 2018 con riferimento all’Avviso pubblico denominato «

FEAMP

2014/2020 – Misura 2.48 “Investimenti produttivi destinati all’acquacoltura” – Annualità 2017
».

Per completezza di trattazione, si espone che una prima istanza di concessione del beneficio in questione veniva rigettata dalla Regione con provvedimenti impugnati dinanzi al Tar nel giudizio iscritto al n. 837/2018 R.R., nell’ambito del quale, con successivi motivi aggiunti, veniva impugnato il rinnovato diniego maturato a seguito del riesame disposto in fase di appello cautelare con ordinanza di questo Consiglio di Stato n. 1237/2019.

Il Tar definiva il giudizio dichiarando improcedibile il ricorso introduttivo e respingendo i motivi aggiunti con sentenza n. 949 del 9 dicembre 2019, impugnata con appello accolto per soli vizi procedimentali con decisione n. 7172/2020 ritenendo il fondamento della dedotta violazione dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990.

All’esito nel nuovo segmento valutativo la Regione negava ancora una volta il contributo con determinazione n. 11942 del 23 giugno 2021, impugnata innanzi al Tar con ricorso iscritto al n. 611/2021, respinto con la già citata sentenza sentenza n. 70 del 6 febbraio 2023.

La decisone da ultimo intervenuta veniva impugnata nel presente giudizio con appello depositato il 5 aprile 2023 deducendone l’erroneità per:

1. « ECCESSO DI POTERE NELLE FORME DELL’INGIUSTIZIA GRAVE E MANIFESTA. ISTRUTTORIA CARENTE. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI TIPIZZAZIONE DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE »;

2. « ECCESSO DI POTERE NELLA FORMA DELLA DISPARITA’ DI TRATTAMENTO. VIOLAZIONE DELL’ART. 6

DELLA LEGGE

241/90. VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEL SOCCORSO ISTRUTTORIO
».

La Regione Emilia-Romagna si costituiva in giudizio il 14 aprile 2023 sviluppando le proprie censure con memoria del 24 aprile successivo con la quale eccepiva in via pregiudiziale la tardività dell’impugnazione dell’Avviso sul rilievo che fosse immediatamente lesivo delle posizioni dell’appellante;
nel merito confutava le avverse censure chiedendo la reiezione del ricorso.

Alla camera di consiglio del 27 aprile 2023, con ordinanza n. 1675/2023 veniva fissata l’udienza di merito ex art. 55, comma 10, c.p.a..

La Regione si riportava alle proprie difese con memoria del 20 novembre 2023.

L’appellante, in data 20 novembre 2023, depositava memoria conclusiva alla quale la Regione replicava con deposito del 30 novembre successivo.

All’esito della pubblica udienza del 21 dicembre 2023, la causa veniva decisa.

Ai fini di un corretto inquadramento delle censure oggetto del presente appello, si rende necessaria una sommaria descrizione della procedura regionale nell’ambito della quale insorgeva l’odierna controversia.

Con Avviso «

FEAMP

2014/2020 – Misura 2.48 “Investimenti produttivi destinati all’acquacoltura” – Annualità 2017
» la Regione Emilia-Romagna indiceva una procedura per l’erogazione di misure di sostegno economico alle imprese agricole per « Investimenti produttivi destinati all’acquacoltura » ex art. 48 del Reg. UE n. 508/2014 prevedendo distinte sottomisure riferite a obiettivi tematici così raggruppati:

- Gruppo A: Obiettivo Tematico 3, promozione della competitività delle PMI del settore agricolo (per il FEASR) e del settore della Pesca e dell’acquacoltura (per il FEAMP);

- Gruppo B: Obiettivo Tematico 6, salvaguardia e tutela dell’ambienta e promozione dell’uso efficiente delle risorse;

- Gruppo C: Obiettivo Tematico 4, sostegno della transizione verso un’economica a basse emissione di carbonio.

L’appellante presentava l’istanza per conseguire il finanziamento di un articolato progetto di ristrutturazione e rimessa in efficienza di un impianto di acquacoltura dismesso, acquistato nel 2016, comportante i seguenti lavori:

« Gruppo A:

Sottomisura A:

- Realizzazione strutture per vasche di allevamento in c.a. con canali di adduzione in c.a., vasca di presedimentazione e canali di restituzione acqua al torrente, piattaforme a jets per ossigenazione.

- Acquisto pompa per pozzo artesiano.

Sottomisura C:

- Realizzazione di tubazioni by-pass.

- Gruppo elettrogeno.

- Acquisto di silos di stoccaggio.

- Acquisto selezionatore pesci.

- Acquisto carica pesci.

Sottomisura D:

- Realizzazione rete di copertura e protezione degli uccelli ittiofagi;

Gruppo B.

Sottomisura E:

- Impermeabilizzazione fondi vasche di allevamento, pozzetti e relative tubazioni.

- Acquisto di n. 2 filtri rotanti.

- Acquisto di n. 1 pompa sommergibile.

- Paratoie di regolazione acqua

Sottomisura I:

- Realizzazione impianto di ricircolo completo di canalizzazioni e pozzetti.

- Acquisto di n. 2 pompe sommergibili ».

Contestualmente la Società richiedente si impegnava « a utilizzare il sostegno in conformità agli scopi precisiti dal progetto finanziato » dichiarando di « essere in regola con il possesso di tutti i permessi/autorizzazioni/nulla osta, necessari all’intervento proposto ».

L’investimento prospettato dall’appellante ammontava a € 780.650,48 IVA esclusa, relativamente agli interventi di cui al Gruppo A e a € 400.629,93 IVA esclusa, relativamente agli interventi di cui al Gruppo B finanziabili, ai sensi dell’art. 95, paragrafo 1, Reg. n. 508/2014, nella misura del 50%, subordinatamente alla sussistenza dei requisiti necessari da comprovarsi mediante produzione della documentazione prescritta dall’Avviso al paragrafo 9.

La domanda, tuttavia, inviata tramite posta elettronica certificata come consentito dal paragrafo 8 dell’Avviso perveniva sprovvista della « dichiarazione sostitutiva resa dal tecnico progettista richiesta per gli investimenti fissi in cui sono elencati tutti i permessi e le autorizzazioni necessari per i lavori da eseguire ovvero che attesti che non sono necessari permessi o autorizzazioni » (para. 9, lett. j) e del titolo di « disponibilità dell’area e/o dell’immobile su cui viene realizzato l’intervento » (para. 9, lett. r): ragione per la quale, previa comunicazione del rituale preavviso di diniego e acquisizione delle controdeduzioni e successiva audizione della parte, veniva disposto il diniego della misura richiesta.

L’Avviso, infatti, prevedeva che « qualora risultino assenti esclusivamente i documenti di cui alle lettere c), p), s), u) e bb) del medesimo paragrafo 9, l’Amministrazione provvederà a richiederne la trasmissione. Tutti gli altri documenti [fra i quali quelli di cui alle lettere j) e r), ndr] non sono integrabili ».

In presenza di carenze documentali le conseguenze venivano descritte nel paragrafo 12, punto 2, dell’Avviso disciplinante la « Valutazione istruttoria » - « Ammissibilità », a norma del quale l’incompletezza documentale (fatte salve le illustrate eccezioni) era previsto fosse sanzionata con l’inammissibilità della domanda o l’inammissibilità della spesa cui si riferisce il documento mancante (in questa ipotesi rientrano i documenti di cui al paragrafo 9, lett. j) e r).

Il provvedimento impugnato, in particolare, negava la concessione del finanziamento richiesto sul rilievo:

- che il documento di cui alla lett. r) « seppur indicato al numero 17, con la dicitura “ATTO DI ACQUISTO REGISTRATO”, tuttavia, da approfondito controllo effettuato sul sistema informatico regionale … NON è presente agli atti trai documenti effettivamente allegati alla domanda di contributo e inoltrati » con pec del 26 febbraio 2018 come « peraltro emerge dalla mera stampa della PEC trasmessa dalla società »:

- che, in fase procedimentale, benché concordato in sede di audizione, non veniva esibita « la ricevuta di accettazione del sistema e della avvenuta consegna nella casella PEC del destinatario »;

- che la dichiarazione di cui alla lett. J) « non può essere considerata “superflua” » (come afferma l’appellante) posto che in alcuno dei documenti depositati « viene attestato che oltre ai permessi prodotti non sono necessarie ulteriori autorizzazioni » come richiesto dall’Aviso;

- che anche la dichiarazione resa dal tecnico di parte a seguito del preavviso di diniego non sarebbe conforme poiché « attesta solamente le autorizzazioni in essere al momento della sottoscrizione (30/01/2018) e non che tali permessi sono tutti quelli necessari secondo la normativa vigente » (fra i quali è richiamata nell’atto l’Autorizzazione Unica Ambientale – AUA);

- che in merito alla « concessione per l’attingimento dal torrente Cedra » risultava una « variante [non comunicata, ndr] per “l’utilizzo della risorsa idrica anche a scopo idroelettrico sfruttando il flusso di restituzione al copro idrico senza alcuna variazione delle opere di presa e delle quantità idriche prelevate, mantenendo l’ubicazione delle opere di presa e di restituzione e l’utilizzazione a scopo “itticoltura” ».

In merito all’eccezione di tardività dell’impugnazione dell’Avviso sollevata dalla Regione, per completezza di esposizione, si rileva che la giurisprudenza ha già avuto modo di affermare che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito devono di norma essere impugnati unitamente agli atti che ne fanno applicazione atteso che è solo in tale frangente che si identifica il soggetto leso e si concretizza la lesione patita (Cons. Stato, Sez. VII, 17 gennaio 2023, n. 579).

Tuttavia la giurisprudenza ha, altresì, individuato ipotesi di deroga al suesposto principio che ricorrono in presenza di « clausole che impediscano la partecipazione o impongano oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati » (Cons. Stato, Sez. III, 19 luglio 2022, n.6264) o «“riguardanti requisiti di partecipazione, le quali sono ex se ostative alla partecipazione dell'interessato” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 25 febbraio 2019, n. 1266) » (Cons. Stato, Sez. II, 8 aprile 2022, n. 2634).

Nel caso di specie, l’appellante in primo grado impugnava l’Avviso, pubblicato il 14 dicembre 2017, « nella parte in cui ritiene non integrabile la documentazione la cui mancanza ha comportato la non ammissibilità della domanda di contributo » (epigrafe del ricorso) lamentando una generica scarsa chiarezza dell’Avviso (« fa non poca confusione », pag. 20 dell’appello), nonché l’illogicità e contraddittorietà delle previsioni che consentivano unicamente l’integrazione postuma di alcuni documenti e non altri.

Espone in particolare che dette previsioni si porrebbero in contrasto con l’art. 6 della L. n. 241/1990 nella parte in cui dispone che « il responsabile del procedimento … può chiedere il rilascio di dichiarazioni e la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete e può esperire accertamenti tecnici ed ispezioni ed ordinare esibizioni documentali ».

Di tale facoltà l’amministrazione si sarebbe dovuta avvalere stante la natura non comparativa della procedura in questione che escluderebbe la configurabilità di profili di violazione del principio di par condicio .

Le suesposte tesi non convincono.

Non può, infatti, che rilevarsi come sia la stessa appellante ad affermare che la lex specialis non fosse chiara in merito agli adempimenti in esame.

Ricorrendo un tale situazione di incertezza, riferita ad un profilo rilevante in punto di ammissibilità alla procedura, gravava sulla richiedente l’onere di procedere all’immediata contestazione dell’Avviso non potendo la stessa dolersi successivamente di atti che ne facciano fedele applicazione.

Integrando il già illustrato contesto giurisprudenziale, deve ulteriormente rilevarsi come sia pacifico che il bando debba essere tempestivamente impugnato qualora preveda oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura (Cons. Stato, Sez. V, 12 aprile 2019, n. 2387;
Sez. VI, 7 marzo 2018, n. 1469;
Sez. IV, 11 ottobre 2016, n. 4180;
Sez. III, 15 febbraio 2021, n. 1295).

Irrilevante ai fini invocati dall’appellante è il richiamo all’art. 6 della L. n. 24/1990 che prevede una mera facoltà di integrazione documentale senza introdurre alcun obbligo a carico dell’amministrazione, così come è priva di pregio, ai fini invocati, la pretesa natura non comparativa della procedura in esame posto che si verte in tema di erogazioni contingentate la cui concessione avviene all’esito della redazione di una graduatoria.

Ciò posto l’illustrata questione pregiudiziale è superabile stante la manifesta infondatezza della doglianza nel merito.

Le censure formulate avverso l’Avviso, infatti, sono generiche e non consentono la percezione dei concreti profili di illegittimità delle clausole che dispongono la produzione di documentazione a pena di esclusione trattandosi di scelta rientrante nell’ampio margine di discrezionalità dell’amministrazione.

In ogni caso non si comprende quale sia la lesione della posizione giuridica dell’appellante derivante dalle illustrate disposizioni della lex specialis posto che pertengono a un documento (l’atto di proprietà) nella disponibilità della parte che può agevolmente produrlo e ad una mera dichiarazione ricognitiva dei titoli necessari per la realizzazione del progetto che non possono che essere noti alla richiedente il finanziamento.

Diversamente opinando, ovvero aderendo alla tesi di parte appellante per la quale si tratterebbe di oneri sproporzionati o non comprensibili, non potrebbe che dichiararsi, per le ragioni già esposte, la tardività dell’impugnazione dell’avviso e l’inammissibilità dell’impugnazione degli atti che ne fanno applicazione.

Quanto al merito dell’appello, con il primo capo di impugnazione l’appellante censura la sentenza nella parte in cui riconosce l’incompletezza della documentazione trasmessa unitamente all’istanza di finanziamento, deducendo che sarebbe stata documentata la produzione di quanto indicato alla richiamata lett. r) del paragrafo 9 dell’Avviso e che sarebbe, invece, superflua la produzione di quanto indicato alla lett. j).

Quanto al documento di cui alla lettera r) (atto di proprietà del sito), deduce l’erroneità della decisione del Tar laddove statuisce che « la mancanza ricezione di tale documento tra quelli allegati alla PEC ricevuta dalla Regione in data 26 febbraio 2018 alle 18.06 è stata attestata nel verbale di istruttoria del 6 maggio 2019 » e che « la tesi di parte ricorrente secondo cui detto documento sarebbe stato correttamente allegato alla PEC ma si sarebbe “smarrito” per non meglio precisate cause informatiche non può trovare accoglimento proprio avendo riguardo alla disciplina normativa in materia di posta elettronica certificata… ».

A sostegno di quanto dedotto allega che il titolo di proprietà è indicato quale documento 17 nell’elenco riportato all’Allegato I dell’istanza e figura « nella stampata della pec dd. 26/02/2018, prima del materiale invio alla Regione, usata come check list dall’odierna ricorrente per verificare la completezza della domanda » (pag. 12 dell’appello).

La circostanza che il documento inviato non sia stato ricevuto dalla Regione non potrebbe che essere imputata ad un mero errore tecnico/informatico non imputabile alla Società e la mancata considerazione di tale eventualità non potrebbe che viziare la determinazione di inammissibilità della domanda.

La censura è infondata.

La effettiva trasmissione del titolo non è comprovata dall’appellante, né può considerassi sufficiente a tal fine l’indicazione dello stesso nell’elenco delle produzioni documentali o nella stampa di prova effettuata prima dell’invio all’amministrazione dell’istanza di finanziamento (priva di qualsivoglia valenza probatoria) né è prodotta una ricevuta della pec attestante la ricomprensione fra gli allegati del titolo mancante.

Non è, altresì, comprovato, il preteso errore informatico né in fase procedimentale (avvalendosi del termine a tale scopo concesso dall’amministrazione) né in giudizio.

Ciò comporta che trovi applicazione il generale principio di cui all’art. 2967 c.c. ai sensi del quale « chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento », con la conseguenza che incombe sulla parte appellante l’onere di comprovare gli elementi di fatto allegati a sostegno delle proprie deduzioni (fra le tante, Cons. Stato, Sez. II, 8 maggio 2020, n. 2906).

Ne deriva che la copia dell’atto di proprietà depositata a termini spirati, stante il già illustrato divieto di integrazione postuma del documento, non può in alcun modo sanare il contestato inadempimento.

Né può accedersi alla tesi dell’appellante per la quale doveva ritenersi che « l’amministrazione avesse contezza della sussistenza del titolo in parola » poiché menzionato in altri documenti.

L’affermazione non coglie nel segno atteso che la semplice menzione dell’atto in un diverso documento (senza allegazione dello stesso) non può soddisfare l’esigenza di certezza circa la disponibilità dell’area o dell’immobile interessato all’intervento sottesa alla previsione in questione.

Quanto al documento di cui alla lett. j), la sentenza sarebbe errata nella parte in cui afferma che « quanto alla non surrogabilità della dichiarazione sostitutiva del tecnico progettista con i titoli edilizi effettivamente allegati alla domanda, l’amministrazione in sede procedimentale da un lato non poteva che applicare, al riguardo, quanto espressamente previsto dalla lex specialis del procedimento secondo cui la presentazione di detta dichiarazione in allegato alla domanda era prevista a pena di inammissibilità (art.9 lett.j Avviso Pubblico del 2017), dall’altro non poteva aderire alla tesi di parte ricorrente secondo cui la dichiarazione sostitutiva del tecnico progettista sarebbe superflua quando, come nel caso in esame, i titoli edilizi siano stati effettivamente allegati alla domanda ».

A sostegno della censura allega che « il tenore della prescrizione di cui alla lett. j) lasciasse presupporre che fosse sufficiente l’indicazione, nella dichiarazione richiesta, dei titoli edilizi volti alla ristrutturazione dell’impianto » (pag. 14 dell’appello) e che tale lettura troverebbe conferma nella lettera del « primo diniego » opposto dall’amministrazione il 3 agosto 2018.

A conferma della superfluità della dichiarazione in questione allega che alla domanda di contributo erano allegati i titoli edilizi relativi alle opere da realizzarsi (SCIA n. 4/2016 e successiva variante. n. 5412/2017) e che la relazione del proprio tecnico conteneva l’indicazione di « tutti i permessi e le autorizzazioni necessarie per i lavori in corso e da eseguire (cfr. doc. 13) » (pag. 17 dell’appello) potendosi in tal modo considerare perfezionata la « fattispecie del principio relativo al “raggiungimento dello scopo” che necessariamente deve conformare l’intera attività amministrativa » con conseguente « inutilità della dichiarazione sostitutiva in parola » (pag. 17 dell’appello)

Afferma ulteriormente che « se invece l’intendimento dell’Amministrazione fosse stato quello di ottenere la menzione di permessi e/o autorizzazioni ulteriori, avrebbe dovuto specificarlo espressamente nel bando » (pag. 15 dell’appello).

Ad ulteriore sostegno della censura richiama il testo dell’Avviso pubblico 2020 (estraneo al presente giudizio) riferito alla misura 2.48 che, « a differenza di quanto previsto per l’Annualità 2017 » non richiede « i permessi e le autorizzazioni necessari per i lavori da eseguire » ma « i permessi e le autorizzazioni necessari per la realizzazione del progetto » (pag. 16 dell’appello).

Da tale differente formulazione l’appellante ricava che « la dichiarazione sostitutiva prescritta dalla lettera j) era da ritenersi superflua in quanto ciò che tale dichiarazione si proponeva di attestare (in via sostitutiva, appunto), era stato espressamente allegato e provato » (pag. 17 dell’appello).

Le suesposte doglianze sono infondate.

Sotto un primo profilo, deve rilevarsi che l’appellante contestava la legittimità della clausola poiché « era da ritenersi superflua in quanto ciò che tale dichiarazione si proponeva di attestare (in via sostitutiva, appunto), era stato espressamente allegato e provato » (pag. 13 del ricorso di primo grado) in quanto desumibile da altri documenti depositati. Essendo, quindi, raggiunto lo scopo che la clausola si proponeva di conseguire, non poteva che rilevarsi « l’inutilità della dichiarazione sostitutiva in parola ».

La suesposta posizione non è condivisibile atteso che è pacifica la mancata produzione del documento né è comprovato, e nemmeno allegato, che ciò sia dovuto a cause di forza maggiore o ad una impossibilità oggettiva, mentre, è riconosciuto dalla stessa appellante, che l’omissione dipende da una consapevole scelta della stessa che lo riteneva inutile sulla base di una soggettiva valutazione.

Erronea è ulteriormente la tesi per la quale l’indicazione in questione si sarebbe dovuta intendere come limitata ai soli titoli edilizi: tesi che non trova supporto nel dato testuale della clausola che prescriveva la dichiarazione di « tutti i permessi e le autorizzazioni necessari secondo la normativa vigente » riferiti a tutti « gli investimenti fissi » attestando che non ne fossero richiesti di ulteriori per la realizzazione dell’intervento finanziato.

Né, d’altra parte, la doglianza può fondarsi sui contenuti del diniego precedentemente opposto dall’amministrazione il 3 agosto 2018 (dal quale si ricaverebbe che « il tenore della prescrizione di cui alla lett. j) lasciasse presupporre che fosse sufficiente l’indicazione, nella dichiarazione richiesta, dei titoli edilizi volti alla ristrutturazione dell’impianto » - pag. 14 dell’appello) trattandosi di atto estraneo al giudizio, superato dalla successiva e definitiva determinazione del 23 giugno 2021 cui è riferibile la lesione in questa sede lamentata.

Priva di pregio è, altresì, la dedotta omessa predisposizione di uno specifico modulo per la dichiarazione in questione che, in assenza di una puntuale esposizione delle ragioni per le quali ciò incidesse sulla possibilità di renderla comunque, non può giustificare l’omissione di un adempimento previsto a pena di esclusione.

Deve, ulteriormente, evidenziarsi l’irrilevanza dei contenuti dell’Avviso pubblicato per l’annualità 2020 essendo atto successivo, estraneo al presente giudizio e riferito a diversa, ancorché analoga, iniziativa che potrà semmai rilevare qual parametro di legittimità degli atti adottati all’esito di quella procedura.

In ogni caso, non può che rilevarsi come il concetto di permessi e autorizzazioni « necessari per la realizzazione del progetto » (formula utilizzata nel testo dell’Avviso 2020) non differisce sostanzialmente dal concetto di permessi e autorizzazioni « necessari per i lavori da eseguire » (utilizzata nell’Avviso 2017) posto che i lavori da eseguire non possono che identificarsi in quelli che realizzano il progetto.

Infine deve rilevarsi la manifesta infondatezza dell’affermazione per la quale la necessità di « ottenere la menzione di permessi e/o autorizzazioni ulteriori » non sarebbe stata espressamente specificata dall’amministrazione che trova smentita nel già illustrato paragrafo 9 dell’Avviso che conteneva l’elenco della documentazione da allegarsi necessariamente alla domanda di finanziamento.

L’appellante, di seguito precisa che « offerta una chiara interpretazione circa il contenuto della dichiarazione in parola, si evidenziano qui di seguito le censure mosse nei confronti dell’operato dell’Amministrazione regionale » (pag. 16 dell’appello).

La criptica affermazione non consente di comprendere se quanto segue integri una critica della sentenza impugnata;
una riproposizione di censure non esaminate dal giudice di prime cure o, ancora, una inammissibile formulazione di censure dirette a contestare i provvedimenti impugnati in primo grado senza formulare specifiche critiche riferite alla decisione di primo grado (come lascerebbe intendere il tenore letterale dell’affermazione).

Il profilo, tuttavia, può essere superato stante l’infondatezza delle censure successivamente sviluppate, in gran parte ripetitive di quelle già scrutinate e da ritenersi, quindi, infondate per le ragioni già esposte.

Affrontando nuovamente il tema della necessaria produzione della relazione di cui alla lett. j), l’appellante sostiene che anche aderendo all’interpretazione dell’amministrazione, per la quale dovevano essere indicati permessi e autorizzazioni ulteriori a quelli edilizi, in ogni caso non avrebbe dovuto indicare l’AUA sin dal momento della presentazione della domanda trattandosi di « autorizzazione necessaria per attivare lo scarico » da acquisirsi prima dell’attivazione dell’impianto.

L’appellante, in merito alla variante richiesta per l’utilizzo della risorsa idrica a scopo idroelettrico, evidenzia che l’istanza aveva ad oggetto quanto al Gruppo A « 1. strutture per vasche di allevamento in calcestruzzo con canali di adduzione in c.a., vasca di pre-sedimentazione e canali di restituzione acqua al torrente, piattaforme a jets per ossigenazione;

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