Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-05-23, n. 201302806

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2013-05-23, n. 201302806
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302806
Data del deposito : 23 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 10434/2003 REG.RIC.

N. 02806/2013REG.PROV.COLL.

N. 10434/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10434 del 2003, proposto da P T in proprio e quale procuratore di Priore Maria Assunta, rappresentata e difesa dall'avv. A R, con domicilio eletto presso l’avv. Claudio De Portu in Roma, via Flaminia, 354;

contro

- A.U.S.L. Ba/4, rappresentata e difesa dall'avv. P N, con domicilio eletto presso l’avv.. Marco Ravaioli in Roma, via Papiniano, n. 29;
- Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie c/o P.C.M., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - BARI: SEZIONE I n. 01089/2003, resa tra le parti, concernente riconoscimento infermità per causa di servizio


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’ A.U.S.L. Ba 4 del Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie presso la P.C.M.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 aprile 2013 il consigliere Bruno Rosario Polito e uditi per le parti gli avvocati Palieri e D'Ambrosio, rispettivamente per delega degli avv.ti Roselli e Nitti, e l’avvocato dello Stato Fedeli Fabrizio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso proposto avanti al T.A.R. per la Puglia, Sede di Bari, la sig.ra Teresa Priore - in proprio e quale di procuratrice della germana suor Maria Assunta Priore –impugnava, nella qualità di erede della sig.ra Anna Priore, già in servizio come ostetrica presso il Presidio ospedaliero di Modugno, la deliberazione del Direttore Generale della A.U.S.L. Bari 4 n. 1468 del 17 giugno 1998, recante il rigetto della domanda di concessione dell’equo indennizzo per patologia cerebrale causa di decesso.

Con sentenza n. 1089 del 2003 il T.A.R. adito respingeva il ricorso.

Avverso la pronunzia reiettiva è stato proposto atto di appello con il quale sono state confutate le conclusioni del primo giudice ed è stato chiesto, in riforma della sentenza appellata, l’ annullamento del provvedimento impugnato.

In sede di note conclusive la sig.ra Priore ha insistito nelle proprie tesi difensive.

L’ A.U.S.L. Bari 4, costituitasi in giudizio, ha contraddetto in memoria e note di replica le deduzioni dell’appellante e concluso per la conferma della sentenza appellate.

Si è altresì costituito in resistenza formale il Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie.

All’udienza del 25 gennaio 2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.

2. L’appello è infondato.

2.1. Il C.P.P.O. ha qualificato - con giudizio clinico non disatteso nel contenuto e conforme alla domanda di equo indennizzo - “ tumore celebrale – setticemia – morte ” l’infermità letale cui è stata ricondotta la richiesta di erogazione della misura indennitaria.

Il giudizio con il quale è stato negato il nesso di causalità dell’infermità con il servizio, espressione di discrezionalità tecnica, si configura indenne dai profili di irragionevolezza e di erroneo apprezzamento dei presupposti, disattesi dal primo giudice, e rinnovati in sede di appello.

Ed invero il C.P.P.O. - sulla scorta delle cognizioni acquisite dalla scienza medica sui fattori eziologici dell’insorgenza delle neoplasie – ha negato, con riferimento alla tipologia della prestazione di lavoro resa dalla sig.ra Priore, la sussistenza di fattori, anche sul piano solo potenziale, che potessero assurgere a fattore causale o concausale della malattia.

La stessa ipertensione arteriosa – cui viene dato rilievo ai fini della concessione dell’equo indennizzo - si configura come patologia risalente nel tempo (circostanza su cui conviene la stessa parte istante) ed il suo carattere endogeno, non indotto da fattori esterni e, quindi, dalle condizioni di lavoro, porta ad escludere ogni determinismo causale della neoplasia trattandosi di fattore di rischio generico non assistito da specificità in relazione alla malattia contratta.

2.2. Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante l’Azienda ospedaliera, nell’adottare l’atto di reiezione della domanda di equo indennizzo, non era tenuta a motivare le ragioni della prevalenza assegnata al parere del C.P.P.O. in raffronto all’avviso di segno positivo in precedenza espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera, che aveva riconosciuto la dipendenza dal servizio dell’infermità.

Va al riguardo ribadito il concorde indirizzo della giurisprudenza amministrativa in base al quale l’organo di amministrazione attiva che interviene a conclusione del procedimento diretto alla concessione dell’equo indennizzo può esprimere il proprio giudizio finale con rinvio “ ob relationem ” al parere rilasciato dal Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie.

Il giudizio valutativo di detto Comitato, per effetto della novella introdotta dall’art. 5 bis della legge 20.11.1987, n. 472, ha, invero, carattere pieno ed investe tutte le questioni inerenti all’insorgenza della patologia ed alle condizioni in cui è stata resa la prestazione lavorativa e non soffre limitazioni in relazione al contenuto del precedente parere della commissione medica ospedaliera. In quanto organo di sintesi e ponderazione di ogni precedente giudizio formulato sulla dipendenza della malattia dal servizio, il parere del C.P.P.O. si impone all’Amministrazione.

Quest’ultima, nell’esercizio dei poteri ad essa peculiari di amministrazione attiva, è tenuta unicamente alla verifica estrinseca della completezza e regolarità del precedente “ iter ” valutativo e non ad attivare una nuova ed autonoma valutazione che investa il merito più strettamente tecnico/sanitario della vicenda. Come previsto del resto in dall’art. 8, comma quinto, del D.P.R. 20.04.1994, n. 349, in sede di regolamentazione del procedimento “ de quo ”, una specifica e puntuale motivazione è dovuta nei soli casi in cui l’Amministrazione, in base ad elementi di cui disponga e che non siano stati vagliati dal C.P.P.O., ovvero in presenza di evidenti omissioni e violazioni delle regole procedimentali (circostanze che non ricorrono nella fattispecie in esame), ritenga di non poter aderire al parere del predetto consesso che, come è noto, è obbligatorio ma non vincolante (cfr. “ ex multis ” C. di S., sez. III^, n. 6180 del 23 novembre 2011;
sez. IV^, n. 4950 del 18 settembre 2012;
Sez. V, n. 5374 del 27 settembre 2011;
Sez. VI^, n. 108 del 24.01.2005;
n. 779 dell’11.02.2002).

Peraltro il giudizio negativo non presenta neppure profili di manifesta illogicità o di rilevante travisamento dei fatti: ed invero, corrisponde alle comuni conoscenze ed esperienze che non vi sia una significativa correlazione tra l’insorgenza di un tumore cerebrale e una determinata attività lavorativa (nella specie, quella di ostetrica) a meno che, eventualmente, l’attività non abbia comportato la sottoposizione ad un accertato fattore cancerogeno, il che nella specie non si verifica.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

In relazione agli interessi coinvolti dalla presente controversia spese ed onorari del giudizio possono essere compensati fra le parti.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi