Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-12-18, n. 201505738

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-12-18, n. 201505738
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505738
Data del deposito : 18 dicembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07477/2015 REG.RIC.

N. 05738/2015REG.PROV.COLL.

N. 07477/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7477 del 2015, proposto da:
-OMISSIS-,
rappresentato e difeso dall’avv.to C C ed ex lege domiciliato presso la Segreteria della Sezione Terza del Consiglio di Stato, in Roma, piazza Capo di Ferro, 13,

contro

- MINISTERO degli INTERNI,
in persona del legale rappresentante p.t.;
- QUESTURA di BRINDISI,
in persona del legale rappresentante p.t.,
costituitisi in giudizio, ex lege rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati presso gli ufficii della stessa, in Roma, via dei Portoghesi, 12,

per la riforma

della sentenza breve del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE - SEZIONE II n. 02396/2015, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione su trasferimento in norvegia quale stato competente a decidere sulla domanda di asilo.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero e della Questura;

Visti gli atti tutti della causa;

Data per letta, alla camera di consiglio del 19 novembre 2015, la relazione del Consigliere S C;

Uditi, alla stessa camera di consiglio, l’avv. C C per l’appellante e l’avv. Attilio Barbieri dello Stato per gli appellati;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

Con l’atto di appello all’esame è impugnata la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione Staccata di Lecce, ha dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia de qua, concernente la legittimità:

- del provvedimento prot. n. IT-22756-A del 21 aprile 2015, con il quale il Dirigente dell’Unità Dublino - Direzione Centrale dei Servizi Civili per l’Immigrazione e l’Asilo - Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione del Ministero dell’Interno, vista l’istanza presentata in data 21 gennaio 2015 dal cittadino di nazionalità iraniana odierno appellante diretta ad ottenere la protezione internazionale, ha disposto il trasferimento del predetto in Norvegia, in quanto Stato competente alla delibazione dell’istanza, entro sei mesi dall’accettazione, con le modalità che saranno comunicate allo stesso dalla Questura competente;

- dell'ordine di trasferimento in Norvegia della Questura di Brindisi - Ufficio Immigrazione del 10.6.2015 notificato in data 11.6.2015;

- di ogni atto connesso, presupposto e/o consequenziale.

Secondo l’appellante la tesi del T.A.R., secondo cui la posizione giuridica dell’interessato avrebbe consistenza di diritto soggettivo e pertanto la pretesa lesione della stessa rientrerebbe nella giurisdizione del giudice ordinario, non può essere condivisa.

Invero, egli afferma, « la fattispecie oggetto del gravame non concerne un provvedimento di diniego dello status di rifugiato o di altra forma di protezione internazionale … Né siamo in presenza di un atto della Commissione Territoriale o Centrale per il riconoscimento della Protezione Internazionale … o di altro competente organo. Ciò in quanto lo Stato Italiano non ha mai assunto la competenza ad esaminare la richiesta di asilo, e pertanto il procedimento amministrativo di esame della situazione personale del cittadino straniero da parte degli organi competenti non è mai stato avviato, e nessuna posizione di diritto soggettivo si è mai incardinata in capo al soggetto richiedente » ( pagg. 3 – 4 app. ).

Si sono costituiti in giudizio, senza peraltro formulare difese, il Ministero dell’Interno e la Questura di Brindisi.

La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla camera di consiglio del 19 novembre 2015.

L’appello è infondato.

Ritiene invero la Sezione, se pure in difformità da quanto in precedenza statuito su analoga questione ( v. sent. n. 3825/2015 ), che, come correttamente rilevato dal T.A.R., la situazione giuridica soggettiva dello straniero richiedente protezione internazionale rientri nel novero dei diritti umani fondamentali, con la conseguenza che la garanzia apprestata dall'art. 2 Cost. esclude che dette situazioni possano essere degradate ad interessi legittimi per effetto di valutazioni discrezionali affidate al potere amministrativo.

Ne deriva che anche i provvedimenti, quale quello oggetto del presente giudizio, di determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di protezione internazionale ai sensi del Regolamento UE 604/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013 ed in particolare di individuazione della competenza territoriale di altro Stato ai sensi dell’art. 3, comma 3, del D. Lgs. 28 gennaio 2008, n. 25 ( cui fa séguito, ai sensi dell’art. 30, comma 1, secondo periodo, dello stesso decreto, la dichiarazione di estinzione del procedimento da parte della Commissione territoriale, alla quale il provvedimento di cui qui si tratta è stato appunto trasmesso “per i conseguenti adempimenti di competenza” ), adottati in applicazione delle “clausole discrezionali” ai fini dell’adempimento degli “obblighi dello Stato membro competente”, di cui agli articoli 17 e 18 del citato Reg. ( CE ) 26/06/2013, n. 604/2013, non possono considerarsi incidenti su mere posizioni di interesse legittimo, in quanto la procedura di protezione internazionale, in ogni sua fase ( anche, dunque, quella dell’interpello dello Stato estero, della sua risposta positiva e della c.d. ripresa in carico, pur connotata dalla facoltà di tale richiesta e dalla sua procedimentalizzazione entro termini definiti e celeri: v. parr. 2 e 3 dell’art. 23 del cit. Reg. n. 604/2013 ), ha per oggetto il diritto soggettivo dello straniero richiedente alla protezione invocata, per nulla affievolito dalla discrezionalità valutativa attribuita dal citato corpus normativo al singolo Stato membro che riceva una domanda di protezione internazionale laddove viene stabilito che “in deroga all'articolo 3, paragrafo 1, ciascuno Stato membro può decidere di esaminare una domanda di protezione internazionale presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide, anche se tale esame non gli compete in base ai criteri stabiliti nel presente regolamento” (art. 17, par. 1, del Reg. n. 604/2013) o che “uno Stato membro presso il quale una persona di cui all'articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), abbia presentato una nuova domanda di protezione internazionale che ritenga che un altro Stato membro sia competente ai sensi dell'articolo 20, paragrafo 5, e dell'articolo 18, paragrafo 1, lettere b), c) o d), può chiedere all'altro Stato membro di riprendere in carico tale persona” ( art. 23, par. 1, del Reg. n. 604/2013 ).

Pertanto, qualsiasi controversia attinente qualsivoglia fase della procedura stessa, ritiene questo Collegio senza margini di ambiguità ed incertezza, ricade comunque nella giurisdizione del giudice ordinario, che, a prescindere dalla espressa attribuzione di giurisdizione in suo favore operata dal comma 1 dell’art. 35 del D. Lgs. n. 25/2008 ( “avverso la decisione della Commissione territoriale e la decisione della Commissione nazionale sulla revoca o sulla cessazione dello status di rifugiato o di persona cui è accordata la protezione sussidiaria è ammesso ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria ordinaria”;
ma nel caso di specie, si badi, deve intendersi qui impugnata, in quanto “atto connesso e/o consequenziale”, la pur non menzionata dichiarazione di estinzione del procedimento da parte della Commissione territoriale ), è in ogni caso il giudice “naturale” dei diritti soggettivi.

Non si può, in definitiva, a differenza di quanto sostiene l’appellante, distinguere, ai fini di cui si tratta, tra due diverse fasi della procedura attivata con la presentazione della richiesta di protezione internazionale, ciascuna connotata da una diversa posizione giuridica facente capo al richiedente ( in una prima fase di interesse legittimo e poi di diritto soggettivo ), atteso che la già sottolineata posizione indistinta di diritto soggettivo si radica, e permane, nella sfera giuridica dell’interessato per effetto della mera presentazione di detta domanda secondo le procedure previste dal D. Lgs. n. 25/2008 e dal Reg. CE n. 604/2013;
procedure, queste, investenti diritti fondamentali (basti qui ricordare le disposizioni del citato Reg. recate dall’art. 3 in ordine all’impossibilità di trasferire il richiedente verso lo stato membro inizialmente designato come competente, proprio nel presente giudizio invocate dal ricorrente laddove pretende che lo Stato Italiano avrebbe dovuto assumere la competenza non potendosi considerare la Norvegia un Paese membro “sicuro”;
ovvero quelle di cui all’art. 26 in relazione alla “notifica di una decisione di trasferimento”, qui appunto contestata) e dunque diritti soggettivi, la cui tutela è affidata al giudice ordinario.

L’appello va in definitiva respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata anche quanto al richiamo dell’art. 11 c.p.a. ai fini della riassunzione del processo innanzi al giudice indicato nella pronuncia stessa come fornito di giurisdizione.

Le incertezze giurisprudenziali sul tema giustificano l’integrale compensazione fra le parti delle spese del presente grado.

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