Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-08-16, n. 202207139
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Pubblicato il 16/08/2022
N. 07139/2022REG.PROV.COLL.
N. 09711/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9711 del 2018, proposto dalla Casa Regina Apostolorum della Pia Società Figlie di San Paolo, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato F R, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Gian Giacomo Porro, n. 18;
contro
la Regione Lazio, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall' Avv. T C, domiciliataria ex lege in Roma, via Marcantonio Colonna, n. 27;
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, ASL Roma n. 6, non costituiti in giudizio;
Asl Roma 1, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato Gloria Di Gregorio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Roma 1 Azienda Asl in Roma, borgo Santo Spirito, n. 3;
nei confronti
Azienda Ospedaliera San Camillo - Forlanini, Irccs Ifo, Azienda Ospedaliera San Filippo Neri, Ordine Ospedaliero San Giovanni di Dio Ospedale San Pietro, non costituiti in giudizio;
Istituto Lazzaro Spallanzani, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Flavia Ciccopiedi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Thainlandia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma n. 5087 del 2018, resa tra le parti.
visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Istituto Lazzaro Spallanzani e di Asl Roma 1;
visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 giugno 2022 il Cons. A M M e uditi per le parti gli avvocati viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La Casa Regina Apostolorum della Pia Società Figlie di San Paolo, ospedale religioso classificato, ha impugnato avanti al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio – sede di Roma i decreti commissariali (n. 20/2008, n. 28/2008 e 10/2008) a mezzo dei quali è stata determinata la remunerazione degli ospedali classificati ed accreditati presso il SSN;dall’altro, le sono stati definiti i budget delle aziende sanitarie del SSR.
1.1. Secondo la ricorrente, l’Ospedale Regina Apostolorum, accreditato con il Servizio sanitario nazionale nell’ambito dell’A.U.S.L. Roma H, doveva in realtà ritenersi equiparato, anche sotto il profilo organizzativo e gestionale, alle strutture pubbliche, con la conseguenza che si sarebbero dovuti applicare - per il finanziamento delle attività di assistenza sanitaria - gli stessi parametri di valutazione applicati per le strutture pubbliche ospedaliere.
2. Il primo giudice, con sentenza n. 5087 del 4 maggio 2018, ha respinto il ricorso, sostenendo,
in particolare, che il contenuto della delibera regionale impugnata non poteva ritenersi illegittimo con riferimento alla rilevata disparità di trattamento tra i cd. ospedali privati classificati (e, in particolare, gli ospedali di proprietà di enti ecclesiastici) e le altre strutture ospedaliere di natura pubblica.
2.1. Infatti, ha aggiunto il T.A.R., «la classificazione degli ospedali gestiti da privati e da enti ecclesiastici tra i presidi del servizio sanitario nazionale, non implica in nessun caso di per sé l'assoluta parificazione della loro disciplina a tutti i fini», con la conseguenza che non può «ritenersi applicabile "sic et simpliciter" all'ospedale ecclesiastico privato classificato la disciplina prevista per gli enti ospedalieri pubblici».
2.3. Secondo il Tribunale, inoltre, «la ricorrente nel denunciare la palese insufficienza del budget , sostanzialmente mira ad ottenere l'eliminazione del tetto di spesa;e non tiene in alcun modo conto del fondamentale e concorrente interesse pubblico connesso al contenimento della spesa sanitaria che costituisce un vincolo ineludibile per l'amministrazione regionale in sede di quantificazione delle relative risorse». Per le singole strutture, ivi comprese quelle classificate, deve essere invece posto a carico del Servizio Sanitario Nazionale un volume di attività non superiore a quello previsto dagli indirizzi della programmazione nazionale e «nessuna ulteriore somma può essere erogata in eccedenza del budget predeterminato, il quale costituisce la misura delle prestazioni sanitarie che il SSN può acquistare da ciascuna struttura pubblica o privata».
3. La Casa Regina Apostolorum della Pia Società Figlie di San Paolo ha appellato l’indicata sentenza, ritenendola erronea sotto plurimi profili. In particolare l’appellante lamenta il difetto di motivazione, riguardo alla asserita scorretta ripartizione dei fondi LEA , nonché per il fatto che le strutture di titolarità pubblica, a suo dire, pur se obbligate per legge al pareggio di bilancio, si trovano in costante e grave disavanzo con il ripiano delle proprie perdite a consuntivo, specie con riguardo all’aumento dei costi di lavoro del personale, senza alcuna forma di controllo. Errerebbe, ancora, il primo giudice nell’affermare che il sistema delineato andrebbe a privilegiare l’attività delle strutture di titolarità pubblica a quelle di titolarità privata, posto che tale conclusione si porrebbe in aperto contrasto con i principi ribaditi anche di recente dalla Corte costituzionale (sent. n. 171 del 2022) sulla piena concorrenzialità che caratterizza il sistema sanitario.
3.1. Di qui secondo la tesi dell’appellante il dedotto vizio motivazionale, specie nella parte della programmazione regionale che, nella realtà, a dire della Casa Regna Apostolorum, sarebbe del tutto inesistente, escludendosi così la asserita corretta la ripartizione del budget .
3.2. Errerebbe, ancora, il Tribunale nell’aver affermato che le prestazioni erogate dall’odierno appellante, oltre il tetto, avrebbero potuto essere pagate con una tariffa regressiva;
3.3. In estrema sintesi, dunque, l’appellante lamenta, non tanto di vedersi ripianato il proprio bilancio quanto, piuttosto, il mancato pagamento delle prestazioni rese e formalmente riconosciute, oltre il budget assegnato.
4. All’appello si oppongono la Regione Lazio, il Commissario ad Acta per la Sanità della Regione Lazio e l’Azienda U.S.L. Roma H.
5. Nella udienza pubblica del 30 giugno 2022 la causa è stata trattenuta a sentenza.
6. L'oggetto della controversia riguarda la determinazione del regime di pagamento degli Ospedali civilmente riconosciuti, cd. “classificati”. Oggetto del contendere è, in particolare, l’esatto ambito di applicazione dell'intervento riduttivo, operato dalla riforma introdotta dal d.lgs. n. 112 del 2012 ed entrata in vigore nel mese di giugno 2008, nella parte in cui ha disciplinato, tra l’altro, il delicato rapporto intercorrente tra il principio di libertà di scelta dell’utente dei servizi sanitari, con quello della programmazione finanziaria, ispirata -come è noto- a criteri di autoritarietà e sostenibilità.
7. L’appello è infondato.
8. Osserva, anzitutto, il Collegio che la questione centrale del gravame - riguardante la remunerazione delle prestazioni degli ospedali “classificati” - ruota sull’esatto significato della equiparazione di detti enti ospedalieri a quelli pubblici, a seguito della citata riforma introdotta con il d.lgs. 112 del 2008.
8.1.L’equiparazione certamente comportava, fin dalla legge n. 132 del 1968, la presenza degli ospedali classificati, al fianco di quelli pubblici, quale componente stabile del servizio sanitario, e rilevava nel momento della definizione delle aree di intervento e delle capacità operative delle strutture, assicurando ai primi una positiva considerazione ai fini del finanziamento pubblico dei necessari investimenti, a seconda del ruolo e delle funzioni rispettivamente attribuite nell’ambito della programmazione regionale.
8.2. Con riferimento al sistema di remunerazione delle prestazioni, introdotto, in attuazione dell’articolo 8 del d.lgs. 502 del 1992, con il D.M. 15 aprile 1994, l’equiparazione degli ospedali privati classificati aveva comportato anche il riconoscimento, per le prestazioni da essi erogate, delle medesime tariffe applicate alle aziende ospedaliere pubbliche.
8.3. Ciò premesso la Sezione ha, peraltro, già avuto modo di rilevare che prima del decreto legge n. 112 del 25 giugno 2008 (convertito nella legge n. 133 del 6 agosto 2008), vi era la possibilità che le prestazioni rese oltre i volumi predeterminati in sede di programmazione nazionale e regionale, nonché negli accordi contrattuali, potessero essere, in qualche misura, remunerate. E si era sostenuto che, per gli ospedali classificati, come per le aziende ospedaliere pubbliche, le prestazioni eccedenti i tetti prefissati, non soltanto potessero, ma addirittura dovessero essere remunerate.
8.4. Solo con la riforma attuata dal decreto legge n. 112 del 2008, che ha introdotto nell'articolo 8- quinquies del d.lgs. 502 del 1992, i commi 2- quater e 2- quinquies , la diversità di trattamento tra le strutture pubbliche e le strutture private è diventata incompatibile con gli effetti che si facevano discendere dall’equiparazione.
8.3. In particolare, secondo la giurisprudenza della Sezione (sent. n. 4361 del 2013), «il selettivo richiamo contenuto nell’ultimo periodo del comma 2-quater comporta che agli accordi in questione non si applichi il comma 1, lettera d) - vale a dire la disposizione che consentiva di rivedere l'importo del corrispettivo preventivato in funzione del volume delle attività erogate e dei risultati raggiunti», con la conseguenza che «il corrispettivo preventivato in sede di programmazione regionale e negli accordi contrattuali diventa, di fatto, un tetto di spesa invalicabile».
8.4. La Sezione, con la indicata sentenze, ha poi aggiunto che «ad ulteriore garanzia del rispetto dei volumi di prestazione e dei tetti di spesa, individuati in sede di programmazione regionale, ma da recepirsi in sede contrattuale.
8.5. Del resto che non vi sia assoluta equiparazione è confermato da quanto è stato reiteratamente chiarito dalla giurisprudenza, là dove ha affermato che l’invocata equiparazione assume in realtà valore solo a livello tecnico operativo con riguardo alle prestazioni autorizzate, ma non può arrivare al punto di una assoluta equiparazione di disciplina tra strutture pubbliche e private, specie riguardo alla remunerazione delle spese extrabuget , ancorché recepite in sede contrattuale, non potendo superarsi il limite delle cd clausole di salvaguardia (Cons. di Stato sent. n. 2024 del 2020).
8.6. Tali disposizioni, secondo la Sezione, riguardano tutti gli enti erogatori, ad eccezione delle aziende ospedaliere e dei presidi delle unità sanitarie locali (viceversa, chiamate a stipulare accordi contrattuali alla luce di tutti i contenuti indicati dall'articolo 8-quinquies, comma 2, compresa la lettera d), che consente la rideterminazione, a consuntivo, del corrispettivo preventivato), e riguardano quindi, anche gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti e classificati.
8.7. A conforto di quanto affermato, dalla citata giurisprudenza anche l'articolo 1, comma 18, ultimo periodo, del d. lgs. n. 502 del 1992 – anch’esso introdotto dal d.l. n. 112 del 2008 – secondo cui «le attività e funzioni assistenziali delle strutture equiparate di cui al citato articolo 4, comma 12, con oneri a carico del servizio sanitario nazionale, sono esercitate esclusivamente nei limiti di quanto stabilito negli specifici accordi di cui all'art. 8 quinquies».
8.8. Per le ragioni che si sono indicate, infatti, la sentenza appellata deve essere condivisa integralmente condivisa, tenuto conto che le prestazioni rese dalle aziende ospedaliere classificate oltre i tetti di spesa non possono essere remunerate per il periodo in questione (2008).
8.9. Né osta alla suesposta conclusione il rilievo, adombrato dalla difesa appellante, secondo cui per il primo semestre del 2008 non avrebbe potuto trovare applicazione la riforma di cui al d.lgs. n. 112/2008 -essendo la stessa entrata in vigore come detto solo dal 1 giugno 2008 - dovendosi, in proposito, richiamare la consolidata e recente giurisprudenza che sul punto specifico ha avuto modo di chiarire della possibilità per l’amministrazione sanitaria di potersi rideterminare sulle prestazioni sanitarie extrabuget; ciò in ossequio dei principi e dei vincoli comunitari di contenimento della spese pubblica.
9. Alla luce degli indicati principi l’appello deve essere respinto, con conseguente conferma della sentenza gravata.
10. Avuto riguardo alla peculiarità delle questioni, il Collegio ritiene sussistano i presupposti per compensare tra le parti le spese del giudizio.