Consiglio di Stato, sez. I, parere definitivo 2022-03-31, n. 202200699
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Testo completo
Numero 00699/2022 e data 31/03/2022 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 23 febbraio 2022
NUMERO AFFARE 01419/2020
OGGETTO:
Ministero dello sviluppo economico.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dai sigg.ri F B, R P e C M contro il Ministero dello Sviluppo Economico, in persona del legale rappresentate p.t., per l'annullamento della nota 05/05/17 prot. n. 0.0167874 del Ministero dello Sviluppo Economico, e di ogni altro atto presupposto, connesso, collegato e/o consequenziale, tra cui il parere provvisorio 30/10/15 e la nota pec 08/06/17 prot. n. U. 0216248 del Direttore Generale della Direzione "vigilanza sugli enti il sistema cooperativo e le gestioni commissariali" nonché per l'accertamento della insussistenza in capo al Ministero dello Sviluppo Economico del diritto ad acquisire (e del diritto di disporre de) i residui attivi del patrimonio della ex cooperativa a r.l. Santa Barbara sciolta con decreto dirigenziale 27/06/11 n. 12/2011/CC del Ministero dello Sviluppo Economico medesimo.
LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota n. prot. 209544 del 13 luglio 2021, con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Paolo Carpentieri;
Premesso:
1. Con il ricorso in trattazione, notificato il 7 settembre 2017, i sigg.ri F B, R P e C M, rispettivamente, ex socio ed eredi dell'ex socio Rossi Angelo della coop. Santa Barbara, cooperativa di produzione e lavoro operante nel settore dell'edilizia e dell'impiantistica, hanno impugnato la nota n. 0.0167874 del 5 maggio 2017, in epigrafe, con la quale il Ministero dello sviluppo economico ha comunicato che “ in presenza di un residuo attivo, lo stesso - al netto del rimborso ai soci delle quote versate, qualora ciò non sia già avvenuto - dovrà essere devoluto ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione così come previsto dalla legge n. 59/92 e s.m.i. o, come nel caso, all’Erario giusta il disposto della citata legge ”, ritenendo non applicabile al caso in esame la giurisprudenza delle Sezioni unite della Cassazione (sentenze 12 marzo 2013, nn. 6070, 6071 e 6072) secondo la quale si trasferiscono ai soci, in regime di contitolarità o di comunione indivisa, i diritti ed i beni non compresi nel bilancio di liquidazione della società estinta. I ricorrenti hanno inoltre impugnato la nota pec 8 giugno 2017 prot. n. U. 0216248 con la quale il Direttore generale della direzione Vigilanza sugli enti il sistema cooperativo e le gestioni commissariali ha respinto l’istanza di riesame presentata dal legale dei ricorrenti ed ha confermato, “ senza che ciò abbia comportato l'esperimento di rinnovata attività istruttoria ”, la precedente nota prot. n. 167874 del 5 maggio 2017, con atto da “ ritenersi . . . siccome meramente ricognitivo confermativo della determinazione del 5 maggio u.s. ”
2. Hanno premesso i ricorrenti che la cooperativa Santa Barbara, costituita a Taranto in data 7 aprile 1982, è stata dichiarata fallita con sentenza del 4 novembre 1992, n. 4424 (previa declaratoria con nota 1 giugno 1992 n. 1469/P dell'allora Ministero del lavoro e previdenza sociale del carattere imprenditoriale e non mutualistico delle attività svolte), è stata quindi sciolta con decreto dirigenziale del 27 giugno 2011, n. 12/2011/CC del Ministero dello sviluppo economico senza la nomina del commissario liquidatore per omesso deposito dei bilanci d'esercizio da oltre 5 anni, ed è stata infine cancellata dal registro delle imprese in data 11 dicembre 2012.
3. Hanno quindi esposto i ricorrenti che la Sezione fallimentare del Tribunale di Taranto, nel concludere la procedura fallimentare con atto del 9 giugno 2008, aveva autorizzato il curatore, che aveva recuperato tutti i crediti e saldato i debiti della cooperativa, a versare i residui attivi (all’epoca stimati in euro 68.861,57 oltre interessi) “ al legale rappresentante della cooperativa ovvero aprendo a nome della stessa cooperativa LDR da depositarsi m cancelleria, a disposizione del legale rappresentante della stessa ”, sennonché il sopravvenuto decesso del legale rappresentante della cooperativa aveva impedito il riparto e i tentativi di ricostituire gli organi sociali si erano rivelati infruttuosi, sicché interveniva il citato decreto dirigenziale del 27 giugno 2011 di scioglimento della società cooperativa e conseguente cancellazione dal registro delle imprese in data 11 dicembre 2012.
4. Hanno inoltre riferito i ricorrenti che era in tal modo rimasta senza soluzione la questione della sorte dei residui attivi di liquidazione “ al punto che, decorsi cinque anni dal deposito delle relative somme presso la cancelleria fallimentare di Taranto, si pose il problema della loro attribuzione al Fondo Unico di Giustizia, ai sensi dell'art. 2, co. 2, lett. c-ter del DL n. 143/08 conv. in L. n. 181/08, in combinato disposto con l'art. 117 LF ”, ipotesi però esclusa con nota del 19 ottobre 2015 n. 016.001.013-5 del Ministero della Giustizia. Seguiva una richiesta di parte di chiarimenti sul punto, riscontrata dal Ministero dello sviluppo economico con una nota del 30 ottobre 2015 che, “ con valore dichiaratamente di "prime considerazioni", assumeva che "la presenza del residuo attivo - dopo la chiusura del fallimento per riparto finale con il pagamento integrale dei creditori, come da lei dichiarato - dovrebbe essere in linea di principio devoluto ai fondi mutualistici previsti dalla norma speciale L. 59/92, naturalmente - se aderente - ai fondi dell'associazione nazionale di rappresentanza ”. I ricorrenti, quindi, sollecitavano una pronuncia definitiva del Ministero, alla quale seguivano gli atti in questa sede impugnati.
4. A sostegno del ricorso i ricorrenti hanno dedotto il seguente, articolato, motivo di censura: “ Violazione e falsa applicazione arti 11 e 20 L.n. 59/1992;violazione artt. 2251 e 2282 CC. Violazione art. 2495, 2 comma 2 CC. Eccesso di potere per falsità del presupposto e carenza di motivazione ”. A giudizio dei ricorrenti sarebbe illegittimo l’assunto ministeriale sul quale si fondano gli atti impugnati, secondo il quale le disposizioni degli artt. 11 e 20 della legge n. 59 del 1992 costituirebbero un “sistema chiuso” che impedisce l'applicazione alle cooperative dei principi elaborati dalla giurisprudenza in materia di devoluzione ai soci dei residui attivi conseguenti alla cancellazione della cooperativa. Il Ministero avrebbe errato nel ritenere che la Santa Barbara fosse (o fosse rimasta) una vera e propria cooperativa e nel non considerare il carattere generale dei principi, fondati sul regime della comunione, affermati dalle Sezioni unite della Cassazione nelle note sentenze del 2013 e la loro applicabilità in caso di cessazione di qualsiasi forma di struttura associativa. La cooperativa Santa Barbara avrebbe acquisito la natura di società di fatto, ossia di semplice, avendo perso già prima del fallimento ogni caratteristica di mutualità tanto da essere soggetta a tale procedura concorsuale e non a quella prevista per gli enti mutualistici e come accertato dallo stesso Ministero del lavoro e della previdenza sociale già nel 1992 riguardo alla natura imprenditoriale e non mutualistica dell’attività svolta, con cessazione dei benefici fiscali riconosciuti alle cooperative e assoggettabilità al fallimento in luogo della liquidazione coatta amministrativa. La persistente qualificazione dell'ente associativo in termini di cooperativa costituirebbe pertanto una mera petizione di principio formalistica. Poiché nel caso in esame la liquidazione della cooperativa era stata disposta con il decreto dirigenziale del 27 giugno 2011 n. 12/2011/CC e la cancellazione era avvenuta in data 11 dicembre 2012 senza che si procedesse alla liquidazione dei residui attivi esistenti, sarebbe stato possibile considerare gli ex soci alla stregua di soci di una società semplice, con conseguente inapplicabilità degli artt. 11 e 20 della legge n. 59 del 1992 e applicazione degli artt. 2251 e ss. del codice civile, in particolare dell'art. 2282 che dispone la ripartizione dei residui attivi.
5. Il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto a trasmettere alla parte ricorrente, con nota n. 10092 del 13 gennaio 2021, una relazione istruttoria “preliminare”, nella quale ha eccepito la carenza di legittimazione attiva dei ricorrenti e di un interesse ad agire (mandando un atto lesivo della loro sfera giuridica) ed ha comunque concluso per l’infondatezza nel merito e per il rigetto del ricorso.
6. I ricorrenti hanno replicato con una memoria in data 12 febbraio 2021, nella quale, oltre a replicare alle eccezioni di inammissibilità sollevate dal Ministero, hanno altresì dedotto un ulteriore profilo di censura, sostenendo che difetterebbe nella fattispecie il presupposto della liquidazione della cooperativa indispensabile (giusta Cons. Stato, Sez. IV, 14 ottobre 2004, n. 6670) per l’applicazione della norma residuale di cui all’art. 11, comma 5, della legge n. 59 del 1992, essendo a loro dire nel caso in esame “ pacifico che non vi sia stata alcuna liquidazione ”.
7. Il Ministero ha dunque trasmesso, con nota n. prot. 209544 del 13 luglio 2021, la relazione definitiva, integrata “ con le opportune repliche ”, confermando integralmente le conclusioni per il rigetto del ricorso già riportate nella relazione preliminare (ed evidenziando, in particolare, la non pertinenza della sentenza del Consiglio di Stato richiamata da controparte n. 6670 del 2004, “ trattandosi di un caso vertente sulla fusione tra cooperative in relazione all’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale di cui all’at. 11, co. 5, della legge n.59/1992 ”, atteso che la cooperativa è stata sottoposta a scioglimento con provvedimento dell’Autorità di vigilanza, fattispecie per la quale l’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione è sancito dall’art. 2514, comma 1, lett. d ), del codice civile.
8. I ricorrenti, con pec del 14 settembre 2021, in riscontro alla suddetta relazione ministeriale, hanno prodotto una seconda memoria, alla quale hanno allegato, in replica all’eccezione ministeriale di difetto di legittimazione attiva, copia di uno stralcio del libro soci della ex cooperativa Santa Barbara e copia della autodichiarazione della sig.ra M C in ordine alla sua qualità di erede del defunto marito A R.
9. Il Ministero dello sviluppo economico ha dunque inviato – con nota n. prot. 355870 del 12 novembre 2021 - una relazione integrativa “ con le necessarie repliche, nuovamente confermando integralmente le conclusioni per il rigetto integrale del ricorso riportate nella Relazione finale medesima ”. Il Ministero ha in particolare ribadito che la dichiarazione di fallimento di una cooperativa che svolga attività imprenditoriale, ammessa ex artt. 2 e 196 della legge fallimentare e 2545- terdiecies del codice civile, come ribadito dalla Cassazione (n. 6835 del 24 marzo 2014;Sez. unite civili, 24 febbraio 1986, n. 1104), non fa venir meno la natura di cooperativa della società, che resta in ogni caso soggetta all’obbligo di devoluzione del patrimonio sociale a conclusione della liquidazione fallimentare.
10. La parte ricorrente ha infine fatto pervenire, con pec in data 27 novembre 2021, una terza memoria di replica, nella quale ha insistito nelle proposte tesi e domande.
Considerato:
1. Il ricorso è inammissibile perché fa valere posizioni di (preteso) diritto soggettivo avverso atti amministrativi di natura meramente dichiarativa e privi di contenuto provvedimentale, con la duplice, conseguente carenza di un interesse processuale attuale e concreto (come eccepito dal Ministero resistente) e, di riflesso, della giurisdizione amministrativa sulla lite (e, quindi, dell’ammissibilità del ricorso straordinario, ex art. 7, comma8, del codice del processo amministrativo).
2. La pretesa dei ricorrenti – ex socio ed eredi di altro ex socio della cooperativa Santa Barbara di produzione e lavoro, già operante nel settore dell'edilizia e dell'impiantistica – ad ottenere il riparto in loro favore del residuo attivo della cooperativa Santa Barbara stimato in euro 68.861,57 oltre interessi, accertato all’esito della procedura fallimentare chiusa con atto del 9 giugno 2008 della Sezione fallimentare del Tribunale di Taranto, ha natura giuridica di (asserito) diritto di credito al riversamento delle suindicate somme, rispetto al quale le pronunce del Ministero, rese in risposta a quesiti avanzati in tempi diversi dal legale dei ricorrenti, non hanno carattere provvedimentale decisorio con effetti diretti sulla sorte di quei residui attivi e nei patrimoni dei ricorrenti;non hanno, dunque, effetti autoritativi di disposizione unilaterale dei beni controversi, con la conseguenza che non incidono sulla posizione di pretesa creditoria vantata dai ricorrenti, che conserva la sua natura di diritto soggettivo (non “degradato” a interesse legittimo), come tale riservata alla cognizione del Giudice ordinario.
3. Le note impugnate non recano nel dispositivo un comando giuridico preciso. La nota n. prot. 167874 del 5 maggio 2017, che costituisce l’oggetto principale della proposta impugnativa, avente ad oggetto “ quesito nota prot. 146829/2017 - Santa Barbara soc. coop. a.r.l. ”, costituisce il riscontro, indirizzato alla “ Dott.ssa A S, n.q. di delegato dei soci della Santa Barbara soc. coop. a.r.l. ”, della richiesta presentata dai soci della cooperativa per cui è causa, con il quale il Direttore generale per la vigilanza sugli enti, il sistema cooperativo e le gestioni commissariali, “ a conferma ed integrazione di quanto già comunicato con e-mail del 30 ottobre 2015 ”, ha così concluso: “ Orbene, alla luce di tutto quanto su esposto, risulta evidente che in presenza di un residuo attivo, lo stesso - al netto del rimborso ai soci delle quote versate, qualora ciò non sia già avvenuto - dovrà essere devoluto ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione così come previsto dalla legge n. 59/92 e s.m.i. o, come nel caso, all’Erario giusta il disposto della citata legge ”.
3.1. La successiva nota, anch’essa qui impugnata, la 6 giugno 2017, prot. n. U. 0216248 costituisce in tutta evidenza un atto meramente confermativo della nota del 5 maggio 2017, come tale espressamente qualificato, con il quale la medesima Direzione generale ministeriale (come riferito nello stesso ricorso introduttivo) “ ha statuito "senza che ciò abbia comportato l'esperimento di rinnovata attività istruttoria, questa Direzione ritiene di non aver motivo di discostarsi dall'orientamento precedentemente assunto nella propria nota protocollo nr. 16 78 74 del 5 maggio 2017 ... ed in tal senso deve ritenersi la presente siccome meramente ricognitivo confermativa della determinazione del 5 maggio u.s. ..." ”. Si tratta, dunque, di un atto non autonomamente lesivo, che nulla aggiunge alla precedente nota n. prot. 167874 del 5 maggio 2017, come tale neppure impugnabile.
3.2. Ma già il messaggio trasmesso per posta elettronica inviato il 30 ottobre 2015 alla medesima dott.ssa A S dal Direttore generale ministeriale presentava il medesimo contenuto meramente informativo che caratterizza anche i successivi atti del 2017 (è utile, per completezza di esame dell’affare in trattazione, riportare qui di seguito il breve contenuto del suddetto messaggio: “ In riscontro alla sua richiesta di parere, d’intesa con il responsabile del procedimento, le fornisco di seguito delle prime considerazioni, suscettibili di essere ulteriormente vagliate allorché ci fornisca altri elementi, ad esito dei suoi approfondimenti con il Giudice Delegato. Seppure sottoposta alla procedura fallimentare (dichiarato con sentenza del 4/11/92 e successivamente chiuso con decreto 9/6/2008) non si ritiene che la società abbia perso la forma giuridica di società cooperativa. Pertanto, la presenza del residuo attivo - dopo la chiusura del fallimento per riparto finale con il pagamento integrale dei creditori, come da lei dichiarato - dovrebbe essere in linea di principio devoluto ai fondi mutualistici previsti dalla norma speciale L.59/92, naturalmente - se aderente – ai fondi dell’associazione nazionale di rappresentanza. Peraltro, se è vero che la cooperativa non era tenuta in costanza di fallimento a depositare i bilanci d’esercizio e che dalla chiusura del fallimento – 2008 - al momento dell’adozione dello scioglimento -27/6/2011- non erano trascorsi più di cinque anni, è anche da evidenziare che non risultano depositati bilanci di esercizio sin dalla sua costituzione il 7 aprile 1982. Inoltre, in merito alla cancellazione va precisato che in visura camerale viene riportato “vista la certificazione di mancato reclamo della cancelleria del tribunale del 8/11/2012 la cciaa di Taranto procede ad iscrivere la cancellazione d’ufficio. Si resta a disposizione per ogni necessità ”.
4. Ritiene il Collegio che gli atti, in questa sede impugnati, la nota n. prot. 167874 del 5 maggio 2017 e il successivo atto meramente confermativo 6 giugno 2017, prot. n. U. 0216248, non presentino una natura sostanzialmente diversa dal messaggio informativo del 2015, ora citato, sicché deve confermarsi la carenza, nei suddetti atti, di quei contenuti (ed effetti) propriamente provvedimentali che avrebbero potuto fondare l’ammissibilità, sotto i diversi profili esaminati, del proposto gravame.
5. Manca in atti, in definitiva, né esso è in alcun modo indicato o identificato dalle parti, un atto amministrativo che d’autorità abbia disposto la devoluzione dei fondi controversi in favore di un qualche altro soggetto o il riversamento in conto entrate nelle casse dello Stato.
6. L’art. 2514 del codice civile ( Requisiti delle cooperative a mutualità prevalente ), prevede che “ Le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti: . . . d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione ”. La legge 31 gennaio 1992, n. 59 ( Nuove norme in materia di società cooperative ) prevede, nell’art. 11 ( Fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione ), commi 4, 5 e 6, che (comma 4) “ Le società cooperative e i loro consorzi, aderenti alle associazioni riconosciute di cui al primo periodo del comma 1, devono destinare alla costituzione e all'incremento di ciascun fondo costituito dalle associazioni cui aderiscono una quota degli utili annuali pari al 3 per cento. Il versamento non deve essere effettuato se l'importo non supera ventimila lire ”, che, inoltre (comma 5) “ Deve inoltre essere devoluto ai fondi di cui al comma 1 il patrimonio residuo delle cooperative in liquidazione, dedotti il capitale versato e rivalutato ed i dividendi eventualmente maturati, di cui al primo comma, lettera c), dell'articolo 26 del citato decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni ”, e che, infine (comma 6) “ Le società cooperative e i loro consorzi non aderenti alle associazioni riconosciute di cui al primo periodo del comma 1, o aderenti ad associazioni che non abbiano costituito il fondo di cui al comma 1, assolvono agli obblighi di cui ai commi 4 e 5, secondo quanto previsto all'articolo 20 ” (l’art. 20, nel disporre la soppressione della gestione fuori bilancio del Ministero del lavoro e della previdenza sociale preordinata all'attività di ispezione delle cooperative, già alimentata anche dal gettito dei contributi di cui all'articolo 11, comma 6, della medesima legge n. 59 del 1992, ha stabilito, nel comma 2, che “ Ai fini di quanto disposto al comma 1, i contributi ivi previsti sono versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati, con decreto del Ministro del tesoro, ai capitoli di spesa da istituirsi ai sensi del comma 1 ”).
7. Manca, nella fattispecie, come sopra evidenziato, il provvedimento amministrativo che, in attuazione della ora indicata previsione legislativa, abbia disposto autoritativamente il versamento dei fondi residui all’entrata del bilancio dello Stato, come stabilito dal citato comma 2 dell’art. 20 della legge n. 59 del 1992.
8. L’azione proposta dai ricorrenti esibisce, dunque, in definitiva, una natura di azione di accertamento del proprio asserito diritto di credito al recupero dei residui attivi per cui è causa e di condanna dell’Amministrazione a procedere di conseguenza (Amministrazione peraltro ancora da identificare, poiché gli stessi ricorrenti negano in radice il potere del Ministero dello sviluppo economico di disporre in merito alla sorte di tale residuo attivo). Non a caso e significativamente, la domanda si conclude con il seguente petitum : “ nonché per l'accertamento della insussistenza in capo al Ministero dello Sviluppo Economico del diritto ad acquisire (e del diritto di disporre de) residui attivi del patrimonio della ex cooperativa a r.l. Santa Barbara sciolta con decreto dirigenziale 27/06/11 n. 12/2011/CC del Ministero dello Sviluppo Economico medesimo ”, che rivela la verace natura dell’azione proposta, al di là della strumentale impugnativa delle note ministeriali come detto prive di contenuto provvedimentale e costituenti il mero riscontro di quesiti proposti dalla parte odierna ricorrente.
9. Concorre nel senso dell’inammissibilità del ricorso anche l’esame della pronuncia del Tribunale di Taranto, Sezione fallimentare, depositata in data 11 novembre 2016 (allegato 6 alla produzione ministeriale), che ha respinto l'istanza depositata in data 18 ottobre 2016 dalla “ rag. A. Sammartino ” “ rilevato che la cancellazione della cooperativa dal suddetto registro [registro prefettizio] non comporta alcuna modifica della struttura formale della cooperativa medesima, né del requisito intrinseco della mutualità;rilevato che il requisito della mutualità impedisce, in caso di cessazione della attività, ogni possibilità di devoluzione del patrimonio sociale ai soci ”.
10. Per tutti gli esposti motivi il ricorso deve giudicarsi inammissibile per difetto di giurisdizione amministrativa, ex art. 7, comma 8, del codice del processo amministrativo. Resta salva la facoltà della parte di avvalersi degli effetti della così detta translatio judicii , in presenza dei presupposti e alle condizioni stabiliti dall’art. 11 c.p.a.