Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-12-21, n. 201206662
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N. 06662/2012REG.PROV.COLL.
N. 00576/2008 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 576 del 2008, proposto da:
Comune di San Felice Circeo, rappresentato e difeso dall'avv. N I, con domicilio eletto presso N I in Roma, via del Corso, 504;
contro
Rit Realizzazione Impianti Turistici Srl in liquid., Iniziative Edilizie Srl in liquid., rappresentate e difese dagli avv. M P, C M, con domicilio eletto presso Panunzio e Romano Studio Legale Associato in Roma, viale XXI Aprile, 11;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II BIS n. 07743/2007, resa tra le parti, concernente improcedibilita' domanda di condono edilizio e acquisizione al patrim. Comunale.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 dicembre 2012 il Cons. S D F e uditi per le parti gli avvocati Antonio Pignatelli (su delega di N I) e Aldo Ceci (su delega di M P);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio le società RIT (Realizzazione Impianti Turistici srl in liquidazione) e Iniziative edilizie srl con distinti ricorsi impugnavano gli atti (tre ordinanze di identico tenore datate 8 marzo 2000, nn. 27 , 28 e 29) del Comune di San Felice Circeo, con i quali era stata dichiarata l’improcedibilità delle domande di condono edilizio presentate in data 30 settembre 1986, con conseguente diniego della concessione in sanatoria richiesta e ordinata la demolizione delle opere, con avvertimento che la demolizione sarebbe stata effettuata dal Comune e disposta l’acquisizione al Comune stesso.
Le opere edilizie erano dapprima state assentite con regolari licenze edilizie nel lontano anno 1973;tali titoli edilizi erano poi stati annullati in autotutela dal Comune nel 1982;gli atti di autoannullamento erano stati a loro volta annullati dal Tar Latina con sentenza n.256 del 1983, poi riformata in appello dal Consiglio di Stato con sentenza n.308 del 1985. In definitiva, le opere risultavano alla fine abusive per assenza di titoli edilizi.
Pertanto, le società chiedevano quindi il condono, previo assentimento della Soprintendenza della Regione Lazio.
I dinieghi impugnati dichiaravano improcedibili le domande presentate, in quanto prive della allegazione documentale dei pareri degli enti preposti alla tutela del vincolo.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso, effettuando la distinzione tra i documenti e i provvedimenti;secondo il primo giudice, non potevano imputarsi alla richiedente le assenze dei pareri degli enti preposti, in quanto il parere è un presupposto dell’esito favorevole del procedimento, ma non è propriamente un documento che la parte istante ha l’onere di produrre, come invece aveva ritenuto l’amministrazione nell’esprimersi negativamente.
Veniva altresì accolto il ricorso avverso il motivo di diniego dell’amministrazione comunale, che pretendeva la predisposizione di un piano di lottizzazione per la realizzazione delle opere di urbanizzazione occorrenti, pretesa che quindi veniva ritenuta ingiustificata dal giudice.
Avverso tale sentenza ha proposto appello il Comune di San Felice Circeo, deducendo quanto segue.
Il Comune appellante evidenzia come la zona in questione sia situata nel Parco Nazionale del Circeo, sia soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale e dal 1983 è zona I/d a tutela integrale ed inedificabilità assoluta;ricade in zona a Protezione speciale (ZPS) e in sito di importanza comunitaria (SIC);sia soggetta a vincolo idrogeologico. Pertanto, secondo il Comune, è impossibile, senza alterare l’equilibrio ambientale della zona, il completamento degli insediamenti abitativi e la realizzazione di un piano di lottizzazione.
Il Comune appellante contesta la distinzione operata dal primo giudice tra documento e provvedimento e fa presente che, ai sensi della legislazione del condono, se il parere dell’ente preposto al vincolo non viene reso, il privato ha l’onere della impugnazione con silenzio-rifiuto, il che significa che le richieste di parere debbono essere inoltrate da chi vi ha interesse. Fa presente che i motivi negativi evidenziati dalle impugnate ordinanze facevano riferimento ai seguenti atti: certificato di idoneità statica;prova dell’avvenuto accatastamento;rilievi planimetrici dell’opera e del lotto su cui insiste;piano di lottizzazione e quindi tutta una serie di diversi documenti mancanti, non prodotti come invece era onere di parte istante.
Fa presente che i vincoli ambientali, idrogeologici e di inedificabilità (perché insistente in area del Parco Nazionale) debbono essere valutati con riguardo al momento della valutazione della sanatoria, anche se sopravvenuti e non preesistenti: pertanto, il provvedimento non potrebbe essere se non di diniego.
L’amministrazione in definitiva ribadisce la legittimità del suo operato, sia con riguardo alla esigenza della esistenza dei pareri, che erano mancanti, sia con riguardo alla esigenza di presentare il piano di lottizzazione.
Richiama sentenze del Consiglio di Stato (nn.3063 e 3064 del 2010 della sesta sezione) che si sono pronunciate negativamente per le società appellate rispetto al ricorso per silenzio-rifiuto nei confronti dell’inerzia dell’ente preposto al vincolo (Ente Parco).
Si sono costituite le società appellate, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato, ribadendo che l’istante deve produrre i documenti previsti per legge e non anche i pareri;fanno presente la piena antropizzazione della zona e la illogicità e illegittimità della pretesa di produrre altresì un piano di lottizzazione;deducono la violazione degli obblighi di comunicazione e partecipazione, distinguendosi tra istanza di sanatoria e provvedimento di demolizione.
Con ordinanza in sede cautelare la Sezione ha rigettato la richiesta del Comune appellante di sospendere l’esecutività della sentenza, sia per mancanza di pregiudizio grave e irreparabile per il Comune, sia per non impedire nelle more la conclusione del procedimento. Con memoria (di replica) la società appellata fa presente che con sentenza del Tar Lazio-sezione di Latina (n.559 del 27 giugno 2011) sono state annullate le dichiarazioni di improcedibilità pronunciate dal Comune relativamente a immobili limitrofi rispetto a quello in questione, sia relativamente alla esigenza supposta della presentazione di un piano di lottizzazione che non trova corrispondenza normativa, che rispetto alla esigenza di produrre i nulla osta e provvedimenti previsti dalla legge.
Alla udienza pubblica del 18 dicembre 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello deve essere accolto, non potendosi in ogni caso consentire la sanatoria in zone sottoposte a stringenti vincoli di inedificabilità assoluta.
Come rimarca l’appellante Comune, la zona in questione è situata nel Parco Nazionale del Circeo, è soggetta a vincolo paesaggistico-ambientale e dal 1983 è zona I/d a tutela integrale ed inedificabilità assoluta;ricade in zona a Protezione speciale (ZPS) e in sito di importanza comunitaria (SIC);sia soggetta a vincolo idrogeologico.
E’ quindi giuridicamente impossibile, senza alterare l’equilibrio ambientale della zona, il completamento degli insediamenti abitativi e la realizzazione di un piano di lottizzazione.
Si è ritenuto, proprio su questioni riguardanti aree comprese all’interno del Parco Nazionale del Circeo, che, atteso che in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zona sottoposta a vincolo previsto dall'art. 32, l. n. 47 del 1985, l’obbligo di acquisire il parere dell'autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo stesso al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, e che, in applicazione degli art. 33 l. n. 47 del 1985 e 32, comma 27 del d.l. n. 269 del 2003, sussiste l’assoluta inedificabilità alle condizioni ivi previste degli interventi abusivi realizzati su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, deve ritenersi corretto l’operato dell'autorità preposta alla tutela del vincolo - nella specie l’Ente parco nazionale del Circeo (nella specie si verte sul diniego comunale) - che non abbia svolto accertamenti sulle caratteristiche dell'immobile oggetto dell'istanza di condono che insiste in area sottoposta a vincolo idrogeologico, al fine di valutare la sua eventuale compatibilità con le ragioni del vincolo stesso (così, Consiglio Stato sez. VI, 17 maggio 2010, n. 3064).
Si è ritenuto nel su indicato precedente quindi che l’amministrazione non dispone di alcun potere discrezionale in merito al rilascio del nulla-osta, stante l’assoluta preclusione normativa, di tal che va dichiarato improcedibile per carenza di legittimazione e interesse a ricorrere il ricorso per la declaratoria di illegittimità o annullamento del silenzio-rifiuto determinato dalla mancata formulazione del parere da parte dell'organo tutorio nel termine di 180 giorni dalla richiesta.
Anche nella fattispecie, può ritenersi che l’acquisizione del parere era addirittura superflua, stante la preclusione di sanatoria e quindi l’impossibilità di un esito favorevole.
Inoltre, come ha osservato la sentenza su richiamata su immobili situati nella medesima area dell’immobile oggetto della presente controversia, in punto di fatto l'immobile è stato realizzato negli anni settanta, nel quadro di una lottizzazione di fatto, ed è pacifico che insista in un'area sottoposta a vincolo idrogeologico nota del 24 marzo 2000 del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali richiamata nel precedente citato).
Basterebbero i richiamati vincoli per ostacolare il perfezionamento della istanza di condono per ragioni relative alla pubblica incolumità.
Inoltre, l'immobile insiste nel Parco Nazionale del Circeo, istituito dalla legge n. 285 del 1934.
Nell'ambito del Parco, ai sensi dell'art. 5 della legge citata sono vietati la manomissione e l'alterazione delle bellezze naturali e delle formazioni geologiche, da determinarsi con regolamento, per le quali non sia applicabile la legge 11 giugno 1922 n. 778 abrogata e sostituita dalla legge n. 1479 del 1939.
Né può dirsi che tale richiamo comporterebbe la possibilità di valutare la compatibilità di quanto realizzato abusivamente con il vincolo.
L'area su cui insiste l'immobile in termini (sentenza della sesta sezione di questo consesso su richiamata) ricade nel PTP della Regione Lazio nella zona destinata a tutela integrale (I /d) per la quale non è ammesso alcun tipo di intervento se non a tutela della zona stessa (nota del Ministero del 3 ottobre 2000).
Ai sensi dell'art. 33 della legge n. 47 del 1985 :
"Le opere di cui all'articolo 31 non sono suscettibili di sanatoria quando siano in contrasto con i seguenti vincoli, qualora questi comportino inedificabilità e siano stati imposti prima della esecuzione delle opere stesse:
a) vincoli imposti da leggi statali e regionali nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;
b) vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
c) vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
d) ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.
Sono altresì escluse dalla sanatoria le opere realizzate su edifici ed immobili assoggettati alla tutela della L. 1° giugno 1939, n. 1089, e che non siano compatibili con la tutela medesima.
Per le opere non suscettibili di sanatoria ai sensi del presente articolo si applicano le sanzioni previste dal capo I."
Inoltre nel caso di specie rileva anche quanto previsto dall'art. 32 comma 27 lett. d) del d.l. n. 269 del 2003 convertito in legge n. 326 del 2003 che, in particolare, si riferisce a vincoli preesistenti le opere abusive e chiarisce meglio le condizioni di applicabilità dell'art. 33, specificandole :
"Fermo restando quanto previsto dagli articoli 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, le opere abusive non sono comunque suscettibili di sanatoria, qualora:
d) siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
Nella specie: 1) i vincoli paesaggistici ed idrogeologici preesistevano all'intervento;2) l'intervento concretava una lottizzazione di fatto per la quale erano state annullate le licenze concesse dallo stesso Comune che le aveva rilasciate e quindi in assenza del titolo (dovendo a tale ipotesi equipararsi quella del titolo posto nel nulla in autotutela);3) la realizzazione dei manufatti era avvenuta in assenza delle opere di urbanizzazione e di un piano di lottizzazione (e quindi in assenza delle prescrizioni urbanistiche);4) le valutazioni che si pretende di invocare a tutela dell'intervento abusivo da condonare sono superate dall'avvenuto annullamento in autotutela delle licenze, che imporrebbe, in sede di condono, ove non sussistesse (come invece sussiste) l'insanabilità assoluta del manufatto, un nuovo apprezzamento sulla compatibilità degli interventi.
In proposito si è ribadito con rigore nella giurisprudenza del Consiglio di Stato che ai sensi degli artt. 33, l. 28 febbraio 1985 n. 47 e 32 comma 27 lett. c), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, non sono condonabili le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a vincoli idrogeologico, paesaggistico e ambientale, risultando ininfluente che gli stessi siano stati apposti successivamente alla presentazione dell'istanza di condono, atteso che, in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zona sottoposta a vincolo previsto dall'art. 32, cit. l. n. 47 del 1985, l'obbligo di acquisire il parere da parte della autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo stesso al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono (tra tante, Consiglio Stato , sez. IV, 19 marzo 2009, n. 1646).
In ricorrenza di tali condizioni va applicato l'art. 33 della legge n. 47 del 1985 e lo stesso disposto di cui all'art. 32 comma 27 del d.l. n. 269 del 2003, norme che non prevedono alcuna possibilità di sanatoria ex post, mediante l'accertamento sulla compatibilità dell'intervento rispetto al vincolo.
Di fronte al chiaro disposto normativo del citato art. 32 comma 27, che stabilisce l'assoluta insanabilità alle condizioni ivi previste degli interventi abusivi realizzati su immobili sottoposti a vincolo paesaggistico, l'Amministrazione non deve neanche svolgere ulteriori accertamenti sulle caratteristiche dell'intervento al fine di valutare la sua eventuale compatibilità con le ragioni del vincolo stesso, non sussistendo nel caso specifico alcuna ragione per lo svolgimento di un'approfondita istruttoria sulla tipologia dell'abuso, non disponendo l'Amministrazione di alcun potere discrezionale in merito al rilascio del nulla osta, stante l'assoluta preclusione normativa.
Ai sensi degli artt. 33, l. 28 febbraio 1985 n. 47 e 32 comma 27 lett. c), d.l. 30 settembre 2003 n. 269, non sono condonabili le opere edilizie abusivamente realizzate in aree sottoposte a vincoli idrogeologico, paesaggistico e ambientale, risultando ininfluente che gli stessi siano stati apposti successivamente alla presentazione dell'istanza di condono, atteso che, in sede di rilascio della concessione edilizia in sanatoria per opere ricadenti in zona sottoposta a vincolo previsto dall'art. 32, cit. l. n. 47 del 1985, l'obbligo di acquisire il parere da parte della autorità preposta alla tutela del vincolo sussiste in relazione alla esistenza del vincolo stesso al momento in cui deve essere valutata la domanda di condono, come si è visto nella giurisprudenza su richiamata.
Nel caso di specie, inoltre, i vari motivi negativi evidenziati dalle impugnate ordinanze facevano riferimento (anche) ai seguenti atti mancanti: certificato di idoneità statica;prova dell’avvenuto accatastamento;rilievi planimetrici dell’opera e del lotto su cui insiste;piano di lottizzazione e quindi tutta una serie di diversi documenti mancanti, non prodotti come invece era onere di parte istante.
Su tali motivi autonomi di diniego, vestiti da mancanza della idonea produzione documentale, la parte appellate, ricorrente in prime cure, non ha ulteriormente controdedotto.
Ferma restando la sufficienza del motivo di diniego relativo alla esistenza di vincoli di inedificabilità assoluta, si aggiunge, per completezza, il principio giurisprudenziale, secondo il quale, in caso di diniego sorretto da più ragioni giustificatrici fra loro autonome, è sufficiente a sorreggere la legittimità dell'atto impugnato la conformità a legge anche di una sola di esse (così, Consiglio Stato , sez. IV, 10 dicembre 2007 , n. 6325).
Sussistendo evidenti preclusioni dovute alla esistenza di vincoli di inedificabilità, oltre che di altre carenze documentali, è superfluo scrutinare ulteriormente la questione relativa alla completezza o meno della produzione documentale e se, nel caso di pareri, essi rientrino o meno in essi o piuttosto siano dei presupposti procedimentali.
Per le considerazioni sopra svolte, l’appello va accolto e, in conseguenza della riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso originario.
La condanna alle spese del presente grado di giudizio segue il principio della soccombenza;le spese sono liquidate in dispositivo.