Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-05-17, n. 202203875

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-05-17, n. 202203875
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202203875
Data del deposito : 17 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 17/05/2022

N. 03875/2022REG.PROV.COLL.

N. 03824/2019 REG.RIC.

N. 04813/2021 REG.RIC.

N. 03364/2021 REG.RIC.

N. 05623/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3824 del 2019, proposto dal Lido La Bussola di Tania Maria Nicola &
C. s.a.s. e dal Lido del Sole di Tania Maria Nicola &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese dagli avvocati M C e A B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D V in Roma, via Giunio Bazzoli, n. 3 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Vasto, in persona del Sindaco pro tempore , non costituito in giudizio;

nei confronti

del sig. D S, rappresentato e difeso dall’avvocato Andrea Pisani Massamormile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

e con l'intervento di

ad opponendum
Pasi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 4813 del 2021, proposto dalle società Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D V in Roma, via Giunio Bazzoli, n. 3 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Pasi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Comune di Vasto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato N Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
dell’Hotel Bristol S.a.s. di Sallese Giuseppe, dell’Hotel Perrozzi S.r.l., dell’Hotel San Giorgio s.a.s. di Celenza Claudia &
C., di D S e G Safetta, dell’Adriatica s.n.c. di Scafetta Gabriella &
C., dell’Hotel Principe di Celenza Giuseppe, di Baiocco G. e Figli s.n.c. di Baiocco Luigi &
C., dell’Hotel Caravel S.n.c., dell’Hotel President S.r.l., dell’Hotel Rio S.r.l., del MAR.CEL.Hotel S.r.l., della A.T.A.I. S.r.l., della Cooperativa Balnearia Servizi a R.l. e Padovano Lacché Riccardo, del Lido Acapulco S.a.a. di Di Lorenzo Massimo e Di Rosario Vincenzo, della società La Prora di Romagnoli Daniele e Silvia S.n.c., della Sabbia d’oro S.a.s, di Gattafoni Emidio &
C., della società Zio Fiore S.n.c. di Fiore Luciano &
C., del Lido la Sirenella di Del Casale Luigi e Giovanna S.a.s. di Del Casale Marco &
C., della Luccioletta S.a.s. di Del Villano A. &
C., dello Stabilimento Balneare il Delfino S.n.c. di Pomponio Palmerino e Pollutri Annalisa, della società La Scogliera S.n.c. di Cinquina Luigi &
C., della società Da Mimì S.n.c. di Molino Domenico &
F.lli, di Sorgente Ferdinando, della società Le Vele S.a.s. di Farina Marta &
C., di Del Borrello Giorgio, non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 3364 del 2021proposto da L B, in qualità di titolare della omonima ditta, rappresentato e difeso dagli avvocati S D S, C M e Riccardo Ugo D’Ippolito, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la società Pasi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

del Comune di Vasto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato N Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
della Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, per legge domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e del Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D V in Roma, via Giunio Bazzoli, n. 3 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
dell’Hotel Bristol S.a.s. di Sallese Giuseppe, dell’Hotel Perrozzi S.r.l., dell’Hotel San Giorgio s.a.s. di Celenza Claudia &
C., di D S e G Safetta, dell’Adriatica s.n.c. di Scafetta Gabriella &
C., dell’Hotel Principe di Celenza Giuseppe, di Baiocco G. e Figli s.n.c. di Baiocco Luigi &
C., dell’Hotel Caravel S.n.c., dell’Hotel President S.r.l., dell’Hotel Rio S.r.l., del MAR.CEL.Hotel S.r.l., della A.T.A.I. S.r.l., della Cooperativa Balnearia Servizi a R.l. e Padovano Lacché Riccardo, del Lido Acapulco S.a.a. di Di Lorenzo Massimo e Di Rosario Vincenzo, della società La Prora di Romagnoli Daniele e Silvia S.n.c., della Sabbia d’oro S.a.s, di Gattafoni Emidio &
C., della società Zio Fiore S.n.c. di Fiore Luciano &
C., del Lido la Sirenella di Del Casale Luigi e Giovanna S.a.s. di Del Casale Marco &
C., della Luccioletta S.a.s. di Del Villano A. &
C., dello Stabilimento Balneare il Delfino S.n.c. di Pomponio Palmerino e Pollutri Annalisa, della società La Scogliera S.n.c. di Cinquina Luigi &
C., della società Da Mimì S.n.c. di Molino Domenico &
F.lli, di Sorgente Ferdinando, della società Le Vele S.a.s. di Farina Marta &
C., di Del Borrello Giorgio, non costituiti in giudizio;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
società Diamante Costruzioni S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Stefano Labbate e Alessio Maria Mucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 5623 del 2021, proposto dal Comune di Vasto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato N Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la società Pasi S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato M Z, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

della Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore della Giunta regionale, non costituita in giudizio;
del Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e del Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentate e difese dall'avvocato A B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato D V in Roma, via Giunio Bazzoli, n. 3 e con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
del sig. L B, dell’Hotel Bristol S.a.s. di Sallese Giuseppe, dell’Hotel Perrozzi S.r.l., dell’Hotel San Giorgio s.a.s. di Celenza Claudia &
C., di D S e G Safetta, dell’Adriatica s.n.c. di Scafetta Gabriella &
C., dell’Hotel Principe di Celenza Giuseppe, di Baiocco G. e Figli s.n.c. di Baiocco Luigi &
C., dell’Hotel Caravel S.n.c., dell’Hotel President S.r.l., dell’Hotel Rio S.r.l., del MAR.CEL.Hotel S.r.l., della A.T.A.I. S.r.l., della Cooperativa Balnearia Servizi a R.l. e Padovano Lacché Riccardo, del Lido Acapulco S.a.a. di Di Lorenzo Massimo e Di Rosario Vincenzo, della società La Prora di Romagnoli Daniele e Silvia S.n.c., della Sabbia d’oro S.a.s, di Gattafoni Emidio &
C., della società Zio Fiore S.n.c. di Fiore Luciano &
C., del Lido la Sirenella di Del Casale Luigi e Giovanna S.a.s. di Del Casale Marco &
C., della Luccioletta S.a.s. di Del Villano A. &
C., dello Stabilimento Balneare il Delfino S.n.c. di Pomponio Palmerino e Pollutri Annalisa, della società La Scogliera S.n.c. di Cinquina Luigi &
C., della società Da Mimì S.n.c. di Molino Domenico &
F.lli, di Sorgente Ferdinando, della società Le Vele S.a.s. di Farina Marta &
C., di Del Borrello Giorgio, non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso iscritto al numero R.G. 3824 del 2019:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 83, pubblicata in data 14 marzo 2019;

quanto al ricorso iscritto al numero R.G. 4813 del 2021:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021;

quanto al ricorso iscritto al numero R.G. 3364 del 2021:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021;

quanto al ricorso iscritto al numero R.G. 5623 del 2021:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Vasto, della Regione Abruzzo, di D S, del Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e del Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s., della società Pasi S.r.l.;

Visto l’atto di intervento ad opponendum della società Pasi S.r.l. nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al numero R.G. 3824 del 2019;

Visto l’atto di intervento ad adiuvandum della società Diamante Costruzioni S.r.l. nel giudizio introdotto con ricorso iscritto al numero R.G. 3364 del 2021;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2022 il Cons. B B e uditi i difensori delle parti secondo quanto indicato nel verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con sentenza n. 83 del 14 marzo 2019 il TAR Abruzzo, sede di Pescara, ha definito, previa riunione, due giudizi (R.G. n. 183 del 2018 ed R.G. n. 184 del 2018, entrambi integrati con motivi aggiunti) proposti, rispettivamente, dalle società Lido La Bussola di T M N &
C. s.a.s. e Lido del Sole di T M N &
C. s.a.s., avverso le determinazioni adottate dal Comune di Vasto di decadenza delle concessioni demaniali marittime loro rilasciate.

Il giudice di primo grado, nello specifico, ha preliminarmente rilevato l’improcedibilità dei ricorsi introduttivi, in quanto rivolti avverso determinazioni di decadenza delle concessioni superate per effetto dei provvedimenti successivi, impugnati con i motivi aggiunti, sui quali si è concentrato il sindacato giurisdizionale alla luce delle censure dedotte. Con articolate motivazioni, il TAR adito ha escluso la fondatezza sia delle contestazioni incentrate sulla sussistenza di un obbligo di astensione del dirigente che ha sottoscritto le determinazioni di decadenza impugnate sia di quelle incentrate su vizi procedimentali, quanto al termine di conclusione del procedimento, alla partecipazione dei soggetti interessati, nonché alla mancata considerazione delle valutazioni espresse dall’Avvocatura comunale e dal Segretariato Generale, non ravvisando neppure la configurabilità del vizio di eccesso di potere per sviamento e per disparità di trattamento, pure censurati dalle ricorrenti. Il primo giudice, inoltre, ha concluso per la legittimità dell’operato dell’amministrazione, la quale ha adottato le determinazioni di decadenza in esito alla verifica circa la permanenza dei requisiti in capo alle concessionarie, tenuto conto delle vicende che hanno interessato le società, entrambe costituite nella forma dell’accomandita semplice, successivamente al decesso, in data 29 maggio 2016, del socio accomandatario (T M N), che ne hanno determinato lo scioglimento e lo stato di liquidazione, non superato dalle iniziative medio tempore assunte, giacché l’operazione straordinaria di trasformazione avviata non si è perfezionata, non constando, peraltro, la relativa iscrizione nel registro delle imprese. In tale quadro, inoltre, il primo giudice ha anche evidenziato che lo stato di liquidazione della società e la inutile scadenza del termine di legge per la ricostituzione della figura del socio accomandatario, costituiscono circostanze preclusive della continuazione dell’attività di impresa, venendosi a configurare una situazione di oggettiva incompatibilità con il mantenimento del titolo rispetto ad un soggetto giuridico per legge non autorizzato alla continuazione dell’attività di impresa per la quale il titolo era stato rilasciato, ritenendo, pertanto, integrati i presupposti alla base delle disposte decadenze e, in specie, la fattispecie prevista dall’art. 47 lett. c) del cod. nav., con l’ulteriore rilievo costituito dalla prosecuzione dell’attività da parte di soggetti non autorizzati al subentro ai sensi degli artt. 46 cod. nav. e 30 del d.p.r. n. 328 del 1952.

Con il ricorso in appello iscritto al numero di R.G. 3824 del 2019, le società Lido La Bussola di Tania Maria Nicola &
C. s.a.s. e Lido del Sole di Tania Maria Nicola &
C. s.a.s. criticano la sopra indicata sentenza, in quanto il giudice di primo grado non si sarebbe avveduto della sussistenza di evidenze obiettive che comproverebbero la ricezione da parte dell’amministrazione delle istanze di ricusazione, le quali, infatti, sono state protocollate, avendo, inoltre, erroneamente ritenuto non configurabile la sussistenza di un obbligo di astensione del dirigente che ha sottoscritto i provvedimenti di decadenza.

Le deduzioni successive si appuntano sui rapporti tra l’attività procedimentale alla base dell’adozione dei primi provvedimenti di decadenza, superati dalle successive determinazioni impugnate con i ricorsi per motivi aggiunti, in quanto verrebbe in rilievo una radicale nullità dei provvedimenti adottati in data 18 maggio 2018, dovendosene, pertanto, escludere la convalida. Erroneamente, inoltre, ad avviso delle appellanti, il primo giudice non avrebbe ritenuto di riconnettere rilievo alle valutazioni espresse dall’Avvocatura comunale nel parere integrativo del 14 maggio 2018, segnatamente riferito alla incidenza della morte del socio accomandatario ed allo scioglimento e sottoposizione in liquidazione delle società, con precipuo riferimento alle carenze motivazionali censurate, unitamente ai profili di irragionevolezza e contraddittorietà. In tale quadro, è stata, altresì, dedotta la sussistenza delle censurate violazioni delle garanzie di partecipazione procedimentale, stante il contenuto della comunicazione di avvio del procedimento del 7 agosto 2017, la quale non recava alcun riferimento a contestazioni delle condotte suscettibili di assumere rilievo ai sensi degli artt. 45 bis e 47 cod. nav., poste a fondamento della dichiarata decadenza, nonché tenuto conto della omessa considerazione delle memorie procedimentali trasmesse a mezzo p.e.c. dal liquidatore pro tempore , sig. M S, con note del 6 luglio 2018.

Nel reiterare la censura del vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento, in quanto le determinazioni di decadenza constano essere state adottate solo nei confronti delle appellanti e non anche di tutti gli altri concessionari, mai sottoposti a controllo semestrale, serrate critiche sono state rivolte avverso i capi della sentenza concernenti più propriamente le ragioni alla base delle disposte decadenze.

Ad avviso delle appellanti, infatti, il primo giudice non avrebbe tenuto in considerazione il principio di proporzionalità che avrebbe dovuto indurre a riguardare con maggiore approfondimento gli inadempimenti contestati e, in ogni caso: il decesso della socia accomandataria non ha determinato una novazione soggettiva del rapporto concessorio, nella titolarità di una società dotata di autonomia patrimoniale e distinta soggettività;
la clausola di continuazione c.d. facoltativa contenuta nei patti sociali attribuiva agli eredi del socio defunto il diritto potestativo di entrare in società, con permanenza della società con i soci superstiti e conseguente prosecuzione dell’attività di impresa senza necessità del consenso unanime dei soci medesimi;
la mancata eliminazione di una causa di scioglimento nel termine previsto non determina l’estinzione della società, che discende esclusivamente dalla cancellazione della società dal registro delle imprese. Al riguardo, peraltro, parte appellante ha sottolineato che le conclusioni alle quali è pervenuto il primo giudice – contestate per le ragioni sinteticamente illustrate – avrebbero dovuto determinare la declaratoria di difetto di legittimazione attiva delle società con declaratoria di inammissibilità dei ricorsi.

Le appellanti hanno, altresì, soggiunto che essendo i titoli concessori stati rilasciati in proprio favore, nessun subentro sarebbe configurabile, con conseguente esclusione dell’applicabilità dell’art. 46, comma 3 cod. nav., insuscettibile di applicazione analogica, dovendosi anche escludere che la sottoposizione a liquidazione delle società abbia determinato un sostanziale mutamento non autorizzato dello scopo per il quale era stata rilasciata la concessione, risultando, quindi, inapplicabile l’art. 47 cod. nav., tanto più tenuto conto delle attribuzioni proprie del liquidatore involgenti anche la valorizzare il patrimonio aziendale che comprende, tra l’altro, l’avviamento commerciale della attività di gestione del bene demaniale, nonché della proficua utilizzazione delle concessioni proseguita anche durante la fase di liquidazione.

La difesa delle appellanti ha, inoltre, riproposto le censure non esaminate nella sentenza, riferite agli ulteriori giustificativi alla base dei provvedimenti di decadenza, oltre all’azione risarcitoria per i danni prodotti nei quindici giorni di fermo totale delle attività preparatorie all’avvio della stagione balneare a causa del ritardo con il quale l’amministrazione ha adottato le determinazioni conclusive dei procedimenti, come pure di quelli conseguenti all’illegittimo esercizio dell’attività amministrativa.

In via di subordine, le appellanti hanno prospettato profili di illegittimità costituzionale degli artt. 45 bis, 46 e 47 cod nav. in rapporto all’art. 3 della Costituzione, nonché di non conformità al diritto unionale.

Si è costituito in giudizio il sig. D S, socio accomandante delle appellanti intervenuto ad adiuvadum nei giudizi definiti con la sentenza impugnata, illustrando le vicende interne alla compagine societaria, oltre alla sua estromissione di fatto dalle attività imprenditoriali, insistendo, in specie, sull’assenza di responsabilità a lui imputabili in ordine ai fatti alla base delle disposte decadenze.

Si è costituita in giudizio, dispiegando intervento ad opponendum , la società Pasi S.r.l., allegando la sussistenza della propria legittimazione ed interesse correlati alla presentazione all’amministrazione di domande aventi ad oggetto l’assegnazione delle aree oggetto dei provvedimenti di decadenza in contestazione.

Con D.P. n. 2215 del 9 maggio 2019 è stata rigettata la domanda di misure cautelari monocratiche proposta dalle appellanti.

Con ordinanza n. 2654 del 24 maggio 2019, questo Consiglio (Sez. V), in accoglimento della domanda interinale, ha sospeso l’efficacia della sentenza impugnata “ in considerazione della idoneità dei provvedimenti impugnati ad arrecare pregiudizi gravi e irreparabili all’attività economica delle appellanti ”.

Successivamente le parti hanno prodotto documenti e memorie, anche in replica, insistendo per l’accoglimento delle rispettive deduzioni, con rilevazione dei profili di connessione con altri giudizi aventi ad oggetto l’impugnazione della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021, concernente la delibera della Giunta municipale di Vasto n. 183 del 20.08.2020 ed ulteriori atti riferiti alla proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime.

E, infatti, con il ricorso iscritto al numero di R.G. 4813 del 2021 la sopra indicata sentenza è stata impugnata dalle società Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s..

Il giudizio di primo grado trae genesi dall’approvazione da parte della Giunta municipale di Vasto della delibera n. 183 del 20 agosto 2020, con la quale, rilevata la proroga delle concessioni demaniali marittime disposta con l’art. 1, commi 675 e ss. della L. n. 145 del 2018 e richiamati i successivi interventi normativi in materia, sono stati emanati indirizzi applicativi per la formalizzazione dei provvedimenti di estensione al 31 dicembre 2033 della durata delle concessioni, con approvazione di uno schema di avviso, disponendosi, per l’effetto, la proroga automatica delle concessioni rilasciate.

La suddetta delibera, unitamente alla determina attuativa n. 152 del 2020, all’avviso pubblico del 4 settembre 2020 avente ad oggetto la “ estensione della durata delle concessioni demaniali ”, a tutte le concessioni demaniali, sia pure non conosciute, eventualmente rinnovate ovvero prorogate sulla base di detti atti, nonché, nei limiti dell’interesse, alla determina dell’amministrazione regionale del 22 gennaio 2019, sono stati impugnati dalla società PASI, la quale ha anche richiesto l’accertamento della intervenuta scadenza del termine di durata delle concessioni demaniali marittime nn. 18/2002 e 19/2002, entrambe in proroga fino al 31 dicembre 2020, e comunque della inapplicabilità nei loro confronti delle proroghe disposte ex lege , stante l’intervenuta decadenza con provvedimenti del 2018 che hanno superato il vaglio giurisdizionale, secondo quanto statuito con la sentenza del medesimo TAR adito n. 83 del 2019, oltre all’accertamento della spettanza delle concessioni richieste con istanza presentata all’amministrazione in data 14 settembre 2020.

La sopra indicata società, nel rappresentare di operare nel settore turistico – ricettivo ha evidenziato di aver presentato in data 14 settembre 2020 ed ulteriormente ribadito in data 29 settembre 2020 una istanza per ottenere le concessioni demaniali in precedenza nella titolarità delle società Lido La Bussola e Lido del Sole e di aver richiesto, in via di subordine, l’assegnazione di altre aree tra quelle in scadenza al 31 dicembre 2020, di pari pregio per collocazione ed ampiezza. Su tali basi ha sostenuto l’illegittimità degli atti impugnati, articolando censure avverso gli stessi a sostegno delle proprie pretese.

Successivamente all’instaurazione del giudizio, avendo appreso dell’adozione di provvedimenti di proroga rilasciati dall’amministrazione comunale in favore di vari concessionari, la società PASI, con ricorso per motivi aggiunti, ha impugnato anche il provvedimento di proroga prot.n.406/2020 del 26 novembre 2020, pubblicato in data 16.12.2020, riferito alla concessione demaniale n .4/2014 e suppletiva n.1/2014 – Rep.n.162/2014, rilasciata in favore del titolare del Lido Aurora, in quanto concernente un’area ritenuta da detta società di pari pregio rispetto a quelle per le quali aveva presentato la richiesta di concessione demaniale (le aree, cioè, nella disponibilità delle società Lido La Bussola e Lido del Sole).

Con sentenza n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021, l’adito Tribunale ha accolto il ricorso ed i motivi aggiunti, limitatamente all’interesse della ricorrente, ovvero disponendo l’annullamento della delibera della Giunta municipale, dell’avviso pubblico e dei provvedimenti di proroga delle concessioni, limitatamente alle tre aree demaniali per le quali ha ritenuto sussistente il relativo interesse, con obbligo per l’amministrazione di procedere alla loro assegnazione ai sensi di quanto prescritto dall’invocato art.37 cod.nav..

Le società Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s. hanno proposto, come sopra esposto, appello avverso la sentenza, articolando censure sia relativamente a profili processuali sia per quanto attiene al merito.

Nell’ambito del relativo giudizio il Comune di Vasto si è costituito solo formalmente, mentre l’appellata società PASI ha articolato ampie deduzioni a sostegno dell’infondatezza dell’impugnazione sollevando eccezione di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse.

Inoltre, dapprima con D.P. n. 2813 del 2021 e, poi, con ordinanza n. 2997 del 2021, le domande di misure cautelari, monocratica e collegiale, hanno trovato accoglimento, con conseguente sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

Anche il sig. B L, nella qualità di titolare dell’omonima ditta, ha proposto appello avverso la ridetta sentenza, con ricorso iscritto al numero di R.G. 3364 del 2021.

L’appellante ha preliminarmente dedotto il difetto assoluto di giurisdizione, avendo il giudice di primo grado erroneamente disapplicato l’art. 1, comma 682 della l. n. 145 del 2018, recante proroga per quindici anni delle concessioni demaniali, con la conseguenza, in considerazione del rango della fonte normativa, che avrebbe semmai dovuto essere sollevata questione di legittimità costituzionale.

Ha, inoltre, dedotto l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha respinto l’eccezione di inammissibilità dei motivi aggiunti proposti dalla ricorrente originaria avverso il provvedimento di proroga della concessione demaniale n.4/2014 e suppletiva n.1/2014 per mancanza di procura, che sarebbe stata necessaria tenuto conto dell’assenza di correlazione tra il ricorso introduttivo e quello per motivi aggiunti, non potendosi l’atto impugnato con quest’ultimo considerarsi episodio della medesima lesione, con le ulteriori carenze costituite dalla circostanza che la procura non contempla l’impugnativa della concessione rilasciata in proprio favore, è stata rilasciata in data antecedente al provvedimento impugnato e non è stata neppure notificata unitamente al ricorso per motivi aggiunti.

Con ulteriore censura l’appellante ha contestato la sentenza in quanto il ricorso introduttivo non era stato a lui notificato, come invece avrebbe dovuto, considerato che gli atti impugnati con detto ricorso, con i quali il Comune di Vasto ha dato attuazione all’estensione ex lege della durata delle diverse concessioni, integrano non già atti generali ma plurimi ed ad effetti scindibili, incidenti su soggetti (i titolari di concessioni demaniali marittime ricompresi nell’ambito applicativo della disposizione di legge) facilmente individuabili, avendo, peraltro, il giudice di primo grado circoscritto l’annullamento degli avvisi di proroga esclusivamente alle concessioni rilasciate in favore del Lido La Bussola, del Lido del Sole ed all’appellante (Lido Aurora). Stante l’omessa notificazione del ricorso introduttivo proposto dalla società Pasi nei propri confronti, ne deriverebbe ad avviso dell’appellante l’irricevibilità del ricorso per motivi aggiunti per tardività nella parte diretta a far valere vizi dedotti con il ricorso originario contro gli atti presupposti (delibera di Giunta e avviso pubblico). In subordine, l’appellante ha censurato la mancata integrazione del contraddittorio, essendo stato precluso il contraddittorio a tutti i soggetti titolari di una posizione giuridica di vantaggio dipendente dai provvedimenti impugnati.

Sono state, inoltre, reiterate le contestazioni concernenti la mancanza in capo alla società PASI delle fondamentali condizioni dell’azione, sia in quanto detta società non esercita attività di gestione di stabilimenti balneari e non era in possesso dei requisiti per svolgerla sia in quanto le istanze di detta società valorizzate dal primo giudice ai fini di ritenere sussistente la legittimazione ad agire concernono la richiesta di assegnazione delle aree demaniali nella disponibilità del Lido del Sole e del Lido La Bussola e non anche quelle nella disponibilità dell’appellante, per la quale solo successivamente alla sentenza impugnata la PASI ha avanzato domanda di concessione.

Con ampie deduzioni, inoltre, il sig. L B ha censurato i capi della sentenza con i quali è stata ritenuta illegittima la delibera della Giunta Municipale impugnata, nonché ravvisato un contrasto con la precedente delibera consiliare n. 39 del 2000, priva di valenza provvedimentale, oltre quelli concernenti la statuizione di annullamento dell’atto di rideterminazione della durata del titolo concessorio rilasciato in proprio favore.

La Regione Abruzzo si è costituita in giudizio, eccependo la propria carenza di legittimazione passiva, stante l’assenza di specifiche censure rivolte avverso la propria determina del 22 gennaio 2019, atto, peraltro, la cui natura provvedimentale sarebbe dubbia e, comunque, tardivamente impugnato, rilevando, altresì, la natura meramente ricognitiva dello stesso.

Il Comune di Vasto si è costituito solo formalmente in giudizio.

Si è costituita in giudizio, inoltre, l’appellata società Pasi diffusamente deducendo in relazione ai profili di contestazione proposti.

Si sono costituite in giudizio anche le società Lido La Bussola e Lido del Sole, insistendo, con ampie argomentazioni, per l’accoglimento del ricorso.

La società Diamante Costruzioni ha spiegato atto di intervento ad adiuvandum , in quanto titolare del Lido Aurora, essendo subentrata nella concessione demaniale originariamente rilasciata dal sig. L B.

Con ordinanza cautelare n. 2991 del 2021 questo Consiglio ha accolto la domanda cautelare, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.

La sentenza medesima sentenza è stata appellata dal Comune di Vasto, con ricorso iscritto al numero di R.G. 5623 del 2021, con il quale ha censurato l’operato del primo giudice sull’assunto della propria preclusione alla disapplicazione della normativa statale con la quale è stata disposta la proroga, dovendosi, ad avviso dell’appellante, anche escludersi una applicazione diretta della direttiva 2006/123/CE. In tale quadro, inoltre, è stata censurata la ritenuta assenza di una adeguata considerazione da parte del giudice di primo grado della normativa emanata per fronteggiare la situazione emergenziale provocata dalla pandemia da Covid-19. Con un ultimo mezzo, infine, il Comune appellante ha dedotto l’erroneità della statuizione sulle spese, in considerazione, in particolare, del non integrale accoglimento del gravame e, quindi, della sussistenza di una soccombenza reciproca, nonché dei contrasti giurisprudenziali sussistenti sulle questioni implicate.

La società PASI si è costituita anche in tale giudizio, insistendo per la integrale conferma della sentenza appellata, richiedendo, con memoria depositata in data 19 aprile 2022 l’improcedibilità del giudizio per sopravvenuta carenza di interesse, alla luce delle sentenze dell’Adunanza Plenaria nn. 17 e 18 del 9 novembre 2021.

Si sono costituiti in giudizio le società Lido La Bussola di Sallese Michele &
C. s.a.s. e Lido del Sole di Sallese Michele &
C. s.a.s., le quali hanno concluso per l’accoglimento del ricorso in appello.

Con ordinanza cautelare n. 4996 del 2021 questo Consiglio ha accolto la domanda cautelare, sospendendo l’efficacia della sentenza impugnata.

Relativamente ai giudizi sopra indicati le parti hanno prodotto numerosa documentazione e scritti difensivi, anche in replica, insistendo per l’accoglimento delle rispettive deduzioni.

Con note depositate in tutti i giudizi introdotti con i ricorsi in epigrafe in data 7 maggio 2022, la difesa della società PASI S.r.l. ha richiesto il passaggio in decisione delle cause, rappresentando un ulteriore profilo di improcedibilità derivante dai principi espressi nella sentenza della Corte di cassazione n. 15676 del 22 aprile 2022, riferiti alla inammissibilità di proroghe ex lege relativamente ai titoli concessori rilasciati in epoca risalente ed esclusi dalla proroga stabilita dal D.L. n. 194 del 2009, applicabile solo alle concessioni “nuove”, per tali intendendosi esclusivamente quelle successive dallo stesso decreto legge.

All’udienza pubblica del 10 maggio 2022 le cause sono state trattenute per la decisione, previa discussione dei difensori delle parti presenti, nel corso della quale, relativamente al primo dei ricorsi in epigrafe, il Collegio ha anche rappresentato, ex art. 73, comma 3 c.p.a. possibili profili di inammissibilità dell’impugnazione.

DIRITTO

1. Il Collegio dispone preliminarmente la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante la connessione sussistente tra il ricorso iscritto al numero di R.G. 3824 del 2019, proposto dalle società Lido La Bussola di T M N &
C. s.a.s. e Lido del Sole di T M N &
C. s.a.s. avverso la sentenza, pure indicata in epigrafe, riferita alle determinazioni di decadenza delle concessioni demaniali marittime adottate del Comune di Vasto ed il ricorso iscritto al numero di R.G. 4813 del 2021, proposto avverso della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sede di Pescara, n. 40, pubblicata in data 3 febbraio 2021, concernente la delibera della Giunta municipale di Vasto n. 183 del 20 agosto 2020, avente ad oggetto la proroga ex lege delle concessioni demaniali marittime, impugnata anche con gli ulteriori ricorsi (R.G. n. 3364 del 2021 ed R.G. n. 5623 del 2021), con conseguente applicazione dell’art. 96, comma 1 c.p.a..

2. Il Collegio, inoltre, sempre via in via preliminare, non ritiene suscettibile di positivo apprezzamento la richiesta di rinvio della trattazione delle cause formulata in udienza dai difensori delle società Lido La Bussola e Lido del Sole – con riguardo alla quale solo alcune delle controparti hanno espresso adesione –, essendo stata addotta a sostegno di detta istanza la prospettazione, con note depositate in data 7 maggio 2022 dalla società PASI, di asserite sopravvenienze, correlate ai principi espressi dalla Corte di cassazione in materia di limiti all’operatività delle proroghe ex lege delle concessioni demaniali marittime, insuscettibili di determinare una incidenza nel presente giudizio, la cui celere definizione risulta prioritaria, in conformità ai generali principi processuali.

2.1. Al fine di escludere la sussistenza di sopravvenienze incidenti sul perdurante interesse alle impugnative correlate all’orientamento espresso dalla Corte di cassazione nella pronuncia indicata dalla società PASI, il Collegio reputa sufficiente evidenziare che relativamente al primo dei ricorsi riuniti, concernente i provvedimenti di decadenza dei titoli concessori, tra le ragioni poste a fondamento degli stessi l’amministrazione non ha annoverato la decorrenza del termine di efficacia dei titoli medesimi, risultando anche relativamente agli ulteriori ricorsi in appello in trattazione dirimenti differenti profili, secondo quanto di seguito si andrà ad esporre, con l’ulteriore rilievo che nel ricorso originariamente proposto innanzi al competente TAR dalla società PASI (R.G. n. 428 del 2020) non è stata articolata alcuna censura specificamente incentrata sulla esclusione della operatività della proroga disposta con il D.L. n. 194 del 2009 per essere tale proroga applicabile solo alle concessioni successive alla data di entrata in vigore dello stesso decreto legge, appuntandosi le contestazioni su altri aspetti precipuamente concernenti la non conformità con diritto unionale di tutte le proroghe introdotte con le disposizioni di legge indicate, inclusa quella di cui al suddetto decreto legge.

3. Relativamente al primo dei ricorsi riuniti, il Collegio evidenzia la sussistenza di profili – dei quali, come esposto nella narrativa in fatto, le parti sono state rese edotte in udienza, in conformità alle previsioni dell’art. 73, comma 3 c.p.a. – che militano nel senso della radicale inammissibilità del ricorso, non essendo in contestazione che a seguito della morte, in data 29 maggio 2016, dell’unica socia accomandataria, non è stata ricostituita la compagine sociale entro il termine di cui all’art. 2323 c.c., con conseguente scioglimento della società e sottoposizione a liquidazione.

3.1. A prescindere, infatti, dal rilievo che, contrariamente a quanto sostenuto dalla parte appellante, la cancellazione delle società di persone dal registro delle imprese riveste efficacia dichiarativa e non costitutiva – a differenza di quanto avviene, invece, per le società di capitali (cfr., ex multis , C. Cass., SS.UU. 22 febbraio 2010, n. 4061) –, il Collegio evidenzia che i giudizi risultano essere stati proposti da due società disciolte e poste in liquidazione, senza alcun riferimento neppure nelle relative procure allo stato di liquidazione determinato dalla causa di scioglimento prevista ex lege .

2.2. Tenuto conto anche della data di proposizione dei ricorsi di primo grado, emergono criticità quanto alla qualità di rappresentante legale dichiarata dal sig. M S. L’atto notariale del 24 maggio 2017, riferito, peraltro, ad una operazione di trasformazione mai perfezionatasi e sulla quale ci si soffermerà nel prosieguo della trattazione, reca la nomina del sig. M S a liquidatore non già all’unanimità ma a maggioranza, in difformità sia alle previsioni contenute negli atti costitutivi sia alle previsioni dell’art. 2276;
inoltre, la nomina del sig. M S a liquidatore era stata prevista solo in via interinale nella prospettiva di un ripristino dell’operatività delle società attraverso una operazione di trasformazione che non è avvenuta. I difensori delle società, peraltro, si sono limitati ad asserire la sussistenza di una pregressa nomina del sig. M S che sarebbe avvenuta all’unanimità senza specificazione alcuna degli estremi identificativi dell’atto idoneo a comprovare tale affermazione, di centrale rilievo ai fini della comprova del potere di rappresentanza delle società nel presente giudizio.

2.3. Né va trascurato che a seguito dell’avvio della liquidazione le uniche attività che il liquidatore era legittimato a svolgere erano quelle proprie di tale fase, di definizione dei rapporti in corso;
la ratio sottesa all’art. 2279 c.c. – ai sensi del quale “I liquidatori non possono intraprendere nuove operazioni ” – è quella di impedire ai liquidatori la prosecuzione dell'attività sociale, consentendo agli stessi solo gli atti necessari perla cessazione dell'attività (cfr. Cons. St., n. 4534 del 2010, ove si evidenzia che “ una società regolarmente sciolta continua a sopravvivere come soggetto collettivo, all'unico scopo di liquidare i risultati della cessata attività sociale, sicché non è consentito ai liquidatori, in virtù degli artt. 2278 e 2279 c.c., intraprendere nuove operazioni, intendendosi per tali quelle che non si giustificano con lo scopo di liquidazione o definizione dei rapporti in corso, ma che costituiscono atti di gestione dell'impresa sociale ”).

2.4. Relativamente alla mancata comprova della qualità dichiarata dal sig. M S, va altresì, soggiunto che in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari deve escludersi la possibilità di riconoscere al socio accomandante, finanche ove risulti unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale (cfr. capo 14, sub 1 della presente decisione).

3. Anche prescindendo dalle rilevate criticità concernenti la effettiva sussistenza del potere di rappresentanza legale delle società del sig. M S, precipuo rilievo ai fini della declaratoria di inammissibilità riveste la circostanza che dalla documentazione versata in atti emerge che sulle aree oggetto delle concessioni demaniali incise dai provvedimenti di decadenza ha continuato ad essere svolta attività imprenditoriale, quanto meno da parte di alcuni degli originari soci accomandanti, stanti i dissidi (pure ampiamente documentati in atti) insorti con il socio D S, derivando da ciò la configurabilità di società di fatto o irregolari, con applicazione delle disposizioni dettate dall’art. 2297 per la società in nome collettivo irregolare, le quali all’evidenza costituiscono soggetto distinto dalle disciolte società in accomandita semplice, con una serie di implicazioni, in primis in relazione alla legittimazione processuale.

3.1. In conseguenza del mancato superamento della causa di scioglimento ex lege delle società e dello svolgimento – in luogo dell’effettivo avvio e compimento delle procedure di liquidazione – delle attività di impresa, non può, infatti, revocarsi in dubbio la non corrispondenza del tipo societario alla figura legale della società in accomandita semplice, stante l’indefettibilità, per tale forma societaria, di almeno un socio accomandatario. Con lo scioglimento della società in accomandita semplice per la mancata ricostituzione della pluralità categoriale dei soci si è determinata una incidenza diretta sul contratto societario ed i soci avrebbero dovuto provvedere alla trasformazione delle società, invece solo prefigurata ma mai perfezionata, ovvero alla sua cancellazione dal registro delle imprese.

3.2. Quanto esposto, dunque, determina la radicale assenza di legittimazione delle società appellanti e ciò a prescindere dal rilievo – che si evidenzia solo per completezza – che: a) ai sensi dell’art. 3 del d.P.R. n. 247 del 2004 la mancata ricostituzione della pluralità dei soci entro il prescritto termine integra una causa di cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese, dovendosi la norma riferire alla pluralità categoriale, nella fattispecie venuta meno dal 2016;
b) difetta finanche la prova avente data certa che fosse stato tempestivamente nominato un amministratore provvisorio, il quale, comunque, era legittimato ad operare solo in via interinale fino alla ricostituzione della compagine sociale entro il prescritto termine di sei mesi, emergendo dall’atto notarile del 24 maggio 2017 solo la ratificata di detta nomina (a fronte del decesso del socio risalente al 2016) nell’ambito di un procedimento di trasformazione della società, come già rilevato, mai perfezionatosi con l’iscrizione nel registro delle imprese per il rifiuto opposto dal notaio, in ragione della ritenuta assenza delle condizioni di legge.

4. Né può attribuirsi qualsivoglia valenza, al fine di addivenire a differenti conclusioni, alla circostanza che, con produzioni del 25 gennaio 2021, le appellanti abbiano depositato atti notarili del 12 settembre 2020, recanti delibere di modifica dei patti sociali con mutamento delle denominazioni delle società, stabilendo di eliminare la causa di scioglimento con nomina del sig. M S quale socio accomandatario e contestuale revoca dello stato di liquidazione.

4.1. Tali atti, infatti, oltre ad essere stati adottati in assenza di unanimità, avendo i soci D S ed E S espresso il proprio dissenso, constando anche la proposizione da parte del sig. D S di un giudizio allo stato pendente innanzi al Tribunale civile di Vasto per l’accertamento della invalidità delle delibere ed il conseguimento della propria quota di liquidazione, non sono idonei a sanare la carenza della fondamentale condizione dell’azione che deve notoriamente sussistere sin dalla data di introduzione del giudizio e per tutta la durata dello stesso.

4.2. Vale solo soggiungere, sul punto, che, come statuito dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio con la sentenza n. 4 del 26 aprile 2018, deve “ fornirsi risposta positiva al quesito concernente la permanente possibilità per il giudice di appello di rilevare ex officio la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la proposizione del ricorso di primo grado in carenza di pronuncia del giudice di primo grado, sul punto ”, giacché “ precludere al giudice di appello il rilievo officioso dell’assenza dei presupposti processuali o delle condizioni dell’azione condurrebbe a conseguenze negative sul piano del diritto sostanziale ”.

5. Ai rilevati profili preclusivi si associa l’infondatezza delle censure proposte avverso la sentenza impugnata, al cui esame il Collegio ritiene comunque di procedere, per un vaglio più approfondito e completo delle complesse vicende contenziose in trattazione.

6. Il primo motivo di ricorso in appello attiene alla sostenuta illegittimità dei provvedimenti di decadenza per essere stati adottati da un dirigente che versava in asserito conflitto di interessi e, dunque, per la sussistenza di una causa determinante l’obbligo di astensione.

6.1. Le vicende riferite alla presentazione di una nota trasmessa a mezzo pec in data 25 giugno 2018, avente ad oggetto intimazioni in ordine all’ostensione degli atti concernenti i procedimenti di decadenza, nell’ambito della quale è stata formulata anche una istanza di ricusazione del responsabile del procedimento, risultano irrilevanti ai fini in esame.

6.2. Anche superando i profili, evidenziati dal primo giudice, in ordine alla ritualità della presentazione della sopra indicata nota, la circostanza che non sia stato fornito un riscontro espresso all’istanza non rifluisce in una illegittimità dei provvedimenti di decadenza adottati.

6.3. E, invero, proprio l’adozione delle determinazioni con le quali è stata disposta la decadenza implica che l’amministrazione non abbia ravvisato la sussistenza dei rappresentati profili di incompatibilità.

6.4. Va, altresì, sottolineato che le previsioni regolamentari devono essere interpretate in conformità alla disciplina normativa recata nelle fonti primarie ed al riguardo deve evidenziarsi che l’art. 8 del regolamento sul procedimento amministrativo del Comune di Vasto, approvato con delibera 8 maggio 2012 n. 29, ha stabilito tempistiche, estremamente ristrette (48 ore) per la definizione di tali istanze, dovendosi escludere – come correttamente rilevato dal primo giudice – sospensioni sine die dei procedimenti ovvero arresti non compatibili con i termini di conclusione degli stessi stabilite dalla legge.

6.5. Risulta, comunque, dirimente il rilievo che le cause suscettibili di determinare l’insorgere di un obbligo di astensione rilevano a prescindere dalla presentazione o meno di una istanza di ricusazione, come pure dalla relativa definizione, integrando la violazione delle regole in materia di conflitti di interessi vizi accertabili in via diretta in sede giurisdizione, senza mediazione del potere decisionale dell’organo competente sull’istanza di ricusazione.

6.6. Nella fattispecie non è ravvisabile la sussistenza di una situazione di conflitto di interessi integrante l’insorgere di un obbligo di astensione del dirigente, dovendosi confermare le conclusioni alle quali è addivenuto il primo giudice sul punto.

6.7. Le previsioni dell’art. 6 bis della l. n. 241 del 1990 e, già in precedenza, le cause di incompatibilità di cui all’art. 51 c.p.c. – estensibili a tutti i capi dell’azione amministrativa – sono poste a presidio dei generali principi di imparzialità e trasparenza. L'obbligo di astensione figura altresì tra i doveri che il codice di comportamento dei pubblici dipendenti, approvato con d.P.R. 16 aprile 2013, n. 62, configura tra i doveri d'ufficio la cui violazione è fonte, ferme restando le ipotesi di responsabilità civile, penale e amministrativa, di responsabilità disciplinare.

6.8. La circostanza che il funzionario pubblico sia sottoposto ad indagine penale non comporta di per sé un obbligo di astensione, in assenza di altri elementi idonei a profilare tale situazione.

6.9. L’analisi circa la sussistenza di cause di conflitto di interessi deve essere condotta, infatti, con particolare accuratezza, dovendosi escludere tentativi strumentali e manipolativi allo scopo di tutelare l’esigenza di certezza dell’azione amministrativa e la stessa imparzialità che le sopra richiamate disposizioni mirano a preservare;
tanto soprattutto in funzione dell’esigenza di evitare interferenze suscettibili di produrre alterazioni nei meccanismi decisionali, con effetto parimenti distorsivo rispetto quello scaturente dalla omessa astensione di chi versi in una situazione di conflitto.

6.10. Le società appellanti hanno prospettato la sussistenza di una causa di incompatibilità del dirigente che adottato i provvedimenti di decadenza delle concessioni sulla base della circostanza di avere esse stesse presentato avverso il medesimo denunce penali in data 17 maggio 2018 ed in data 22 maggio 2018, con conseguente apertura del relativo procedimento, relativamente alle vicende procedimentali che avevano condotto all’emanazione delle analoghe e precedenti determinazioni di decadenza riferite agli stessi titoli.

6.11. Emerge con immediatezza, dunque, che il procedimento penale all’epoca solo avviato nei confronti del dirigente (dagli esiti ignoti, in quanto neppure rappresentati dalla parte nel lungo tempo decorso dal suo avvio) e scaturito dalle denunce presentate dalle stesse società successivamente all’adozione degli originari provvedimenti di decadenza dei titoli concessori, non evidenzia un coinvolgimento personale e per fini propri del dirigente, afferendo, invece, all’espletamento della sua attività nel perseguimento degli interessi pubblici demandati alla cura dell’ente.

6.12. La presentazione delle denunce ad opera delle società che hanno determinato il mero avvio di un procedimento penale non integrano l’insorgere di un obbligo di astensione, trattandosi di iniziative riferibili alla parte e non al dirigente, mentre il sentimento di grave inimicizia, per risultare pregiudizievole, deve essere reciproco e deve trarre origine da rapporti di carattere privato, estranei al procedimento.

6.13. Ed infatti, in tutti questi casi, onde evitare di lasciare l'amministrazione (e gli interessi pubblici ad essa affidati) in balia di iniziative unilaterali, dilatorie e strumentali, non si ravvisa l'interesse privato e personale del titolare dell'organo, che è indispensabile affinché si configuri il presupposto dell'obbligo di astensione (cfr. Cons. St., sez. V, 28 maggio 2012, n. 3133, nonché sez. III, 24 gennaio 2013, n. 477, e sez. IV, 12 giugno 2007, n. 3308).

6.14. Dalla documentazione versata in atti non consta la sussistenza di evidenza alcuna suscettibile anche solo di prospettare la possibilità che l’operato del dirigente fosse ispirato a finalità diverse dall’adempimento dei propri compiti in funzione del perseguimento degli interessi pubblici ovvero, tanto meno, da pregiudizievole avversione nei confronti delle società.

7. Relativamente alle contestazioni dirette a far valere la preclusione della convalida disposta con i rinnovati provvedimenti di decadenza delle concessioni per nullità degli atti convalidati, il Collegio ne rileva l’inammissibilità, stante la preclusione derivante dal divieto di nova in appello di cui all’art. 104 c.p.a., in quanto tale vizio avrebbe dovuto essere specificamente dedotto avverso le determinazioni impugnate con i ricorsi per motivi aggiunti proposti nei giudizi riuniti in primo grado, nei quali tale deduzione non figura.

8. Deve anche evidenziarsi che le ragioni alla base delle determinazioni di decadenza delle concessioni adottate dall’ente risultano supportate da un solido impianto motivazionale, oltre che scaturite da una istruttoria particolarmente approfondita dalla quale sono emerse – secondo quanto di seguito si andrà ad esporre – evidenze tali da escludere che i provvedimenti conclusivi dei procedimenti avviati d’ufficio potessero essere diversi da quelli in concreto adottati.

9. La circostanza, poi, che l’amministrazione abbia utilizzato risultanze emerse nel corso dei precedenti procedimenti aventi ad oggetto la decadenza dei titoli concessori, doverosamente apprezzate alla luce di quelle successive, lungi dall’integrare una illegittimità, risulta pienamente rispondente al generale principio di conservazione degli effetti utili dell’attività amministrativa espletata.

10. Né sono ravvisabili violazioni delle garanzie di partecipazione procedimentale, sia in quanto le originarie comunicazioni di avvio del procedimento (del 7 agosto 2017) recano esaustivo riferimento alle circostanze emerse nell’istruttoria, con puntuali riferimenti all’art. 2323 c.c., nonché agli artt. 46 e 47 cod. nav., sia in quanto di per sé considerate le ragioni rappresentate alle società, incentrate sul mancato possesso dei requisiti per la permanenza del rapporto concessorio – oggetto di ulteriore approfondimento negli sviluppi procedimentali –, sono idonee a sorreggere, in punto di legittimità le determinazioni adottate, a prescindere da ulteriori profili di contestazione. Al riguardo, peraltro, deve anche sottolinearsi che nonostante il termine assegnato dall’amministrazione per la ricostituzione della compagine sociale e la regolarizzazione della posizione delle società quest’ultime non sono state in grado di assumere iniziative risolutive.

10.1. Dal complesso della documentazione in atti, inoltre, consta che le società sin dall’originario avvio dei procedimenti di decadenza sono state poste nelle condizioni di conoscere le criticità ravvisate dall’ente, potendone concretamente apprezzare consistenza e portata.

10.2. Deve, altresì, escludersi, a prescindere da ulteriori considerazioni, che la mancata adesione del dirigente alle valutazioni espresse dall’avvocatura comunale ovvero dal Segretario Generale dell’ente siano suscettibili di determinare l’illegittimità delle determinazioni di decadenza impugnate, spettando al dirigente, nel rispetto delle regole sulla competenza ed in assenza di previsioni idonee a fondare la configurabilità di un carattere obbligatorio e tanto meno vincolate di dette valutazioni, l’adozione della determinazione conclusiva, dovendosi anche ulteriormente evidenziare che le ragioni alla base dei provvedimenti di decadenza risultano esaustivamente e, per quanto si andrà ad esporre ai successivi capi della presente decisione, anche correttamente esplicitate.

10.3. Con riferimento, inoltre, alla omessa considerazione dell’atto sottoscritto dal sig. M S e trasmesso con pec del 6 luglio 2018, recante riscontro alla comunicazione di avvio del procedimento di riesame ai fini della eventuale decadenza, il Collegio ne rileva l’irrilevanza, stante il dirimente rilievo che detto atto si è limitato a rinviare alle deduzioni articolate nei ricorsi proposti innanzi al TAR, ad evidenziare gli esiti delle relative fasi cautelari e ad insistere per la definitiva archiviazione dei procedimenti, con riserva di avanzare pretese risarcitorie. Difetta, dunque, un contenuto sostanziale suscettibile di essere apprezzato al fine di ritenere integrata una violazione delle garanzie di partecipazione procedimentale, non recando l’atto osservazioni in senso proprio sul merito della vicenda in relazione ai profili di criticità prospettati dall’amministrazione e noti alle società. A ciò va soggiunto, solo per completezza, che il rilievo contenuto nella sentenza circa la trasmissione da parte dell’amministrazione agli interessati di una pec in data 20 giugno 2018 nella quale è stata rappresentata la ricezione, nei termini, della sola memoria del sig. D S e non anche di quella del sig. M S e la conseguente possibilità per quest’ultimo di fornire riscontro a detta pec evidenziando l’erroneità di quanto comunicato (e, cioè, l’avvenuta presentazione anche della suddetta nota del 6 luglio 2018 sottoscritta dal sig. M S), assume rilievo sotto il profilo della valutazione del contegno complessivo tenuto, imponendosi la conformazione di entrambe le parti ai generali canoni di correttezza, buona fede e lealtà comportamentale.

11. Deve, altresì, rilevarsi che la violazione dei termini procedimentali non costituisce motivo di illegittimità del provvedimento. L’art. 2 bis della legge generale sul procedimento, infatti, correla all’inosservanza del termine finale conseguenze sul piano della responsabilità dell’amministrazione, ma non include, tra le conseguenze giuridiche del ritardo, profili afferenti la stessa legittimità dell’atto tardivamente adottato. In assenza di una specifica disposizione che espressamente preveda il termine come perentorio, comminando la perdita della possibilità di azione da parte dell’amministrazione al suo spirare o la specifica sanzione della decadenza, il termine va inteso come meramente sollecitatorio o ordinatorio, sicché il suo superamento non determina l’illegittimità dell’atto.

12. Correttamente, inoltre, il primo giudice non ha ravvisato la configurabilità del vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento. La giurisprudenza amministrativa è costante, infatti, nell’affermare che: “ In caso di disparità di trattamento, il destinatario di un provvedimento illegittimo non può invocare, come sintomo di eccesso di potere, il provvedimento più favorevole illegittimamente adottato nei confronti di un terzo che si trovi in analoga situazione ” (Con. St. sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2548;
idem 8 luglio 2011, n. 4124).

12.1. La stessa giurisprudenza ha anche evidenziato che vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento (configurabile soltanto in caso di assoluta identità di situazioni di fatto e di conseguente assoluta irragionevole diversità del trattamento riservato alle stesse), non può essere dedotto quando viene rivendicata l’applicazione in proprio favore di posizioni giuridiche riconosciute ad altri soggetti in modo illegittimo, in quanto, in applicazione del principio di legalità, la legittimità dell’operato della p.a. non può comunque essere inficiata dall’eventuale illegittimità compiuta in altra situazione.

12.2. L’omessa attivazione dei controlli previsti con cadenza semestrale in ordine alla permanenza in capo a tutti i concessionari delle facoltà di contrarre con la pubblica amministrazione, al pari delle vicende, risalenti al 2011, richiamate nel ricorso introduttivo del presente giudizio (pag. 21 ove si rinvia alla narrativa in fatto dei ricorsi per motivi aggiunti presentati nel giudizio di primo grado) non sono suscettibili di determinare un superamento dei sopra richiamati – e, si ribadisce, consolidati – principi.

13. Quanto alle deduzioni più specificamente afferenti al merito della vicenda contenziosa, la sentenza impugnata merita integrale conferma, con alcune integrazioni motivazionali che il Collegio ritiene di articolare per maggiore chiarezza.

14. Le concessioni demaniali marittime che vengono in rilievo erano state originariamente rilasciate in favore della sig.ra T M N, la quale, negli anni ’90 ha proceduto alla costituzione delle due società in accomandita semplice, assumendo il ruolo di unico accomandatario mentre quello di soci accomandanti è stato assunto dai figli. In conseguenza di tale differente strutturazione dell’attività di gestione delle aree demaniali, la sig.ra T M N ha richiesto ed ottenuto dall’amministrazione il subingresso nei titoli concessori delle due società.

In data 29 maggio 2016 l’unica socia accomandataria è deceduta senza che, entro il termine di sei mesi prescritto dall’art. 2323 c.c. i soci accomandanti abbiano provveduto ad adempiere agli obblighi di legge. Ciò ha determinato – come incontestato e, comunque, documentato in atti – l’integrazione di una causa di scioglimento ex lege della società con la relativa sottoposizione a liquidazione.

14.1. Esclusa la possibilità in caso di sopravvenuta mancanza di tutti i soci accomandatari di riconoscere al socio accomandante, anche ove risulti unico superstite, la qualità di rappresentante della società per il solo fatto di aver assunto in concreto la gestione sociale, posto che l’ingerenza del socio accomandante nell'amministrazione, pur comportando la perdita della limitazione di responsabilità ai sensi dell'art. 2320 c.c., non determina l'acquisto, da parte sua, del potere di rappresentanza della società (Cass., 7 luglio 2011, n. 15067;
Cass., 11 ottobre 2006, n. 21803), deve rilevarsi, che, come già evidenziato ai precedenti capi della presente decisione, non consta con atto avente data certa nemmeno che nell’imminenza dell’evento che ha colpito l’unica socia accomandataria delle società fosse stato nominato un amministratore provvisorio. L’atto notariale del 24 maggio 2017, infatti, reca solo una deliberazione di ratificata di detta nomina, asseritamente avvenuta con scrittura privata del 3 giugno 2016, e, comunque, la nomina di detto amministratore riveste natura eminentemente interinale: serve, infatti, per fronteggiare una situazione non solo straordinaria, ma anche temporanea come chiaramente indicato dalla norma che delimita il periodo di amministrazione provvisoria nel termine di sei mesi. Se tale termine poi decorre inutilmente (senza la ricostituzione della pluralità delle categorie dei soci), l'amministratore provvisorio decade automaticamente al compimento del semestre, mentre lo scioglimento della società diviene operativo (di diritto) con la conseguenza che va aperta la liquidazione e nominato il liquidatore.

14.2. A seguito della nota prot. n. 37097 del 22 luglio 2017 dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Vasto, e della successiva visura CCIIAA, l’amministrazione ha appreso che, in occasione di controlli di polizia demaniale, le società ricorrenti (costituite entrambe in forma di s.a.s. ove T M N rivestiva la qualifica di socio accomandatario), erano entrambe disciolte e poste in liquidazione perché prive di un socio accomandatario che, dunque, neppure a quella data risultava aver integrato la compagine sociale.

14.3. Nonostante l’invito dell’amministrazione a provvedere alla nomina del socio accomandatario ovvero alla regolarizzazione dell’assetto societario nessuna iniziativa risolutiva è stata assunta dai soci accomandanti.

14.4. Risultano documentati in atti i dissidi insorti tra i soci evidenzianti, del resto, già dal sopra indicato atto notarile del 24 maggio 2017 dal quale consta l’opposizione del sig. D S all’operazione straordinaria di trasformazione della società, come pure alla revoca dello stato di liquidazione, con deliberazione non già all’unanimità ma solo a maggioranza (pag. 14) della nomina del sig. M S quale liquidatore in pendenza del diritto di opposizione e poi quale amministratore unico.

14.4. Correttamente il giudice di primo grado ha rilevato che l’operazione di trasformazione non è giunta a definitivo perfezionamento a seguito del rifiuto del Notaio rogante comunicato con lettera del 7 giugno 2017 inviata con raccomandata a.r. con cui esponeva ai soci di non ritenere adempiute le condizioni stabilite dalla legge, e, pertanto di rifiutare l’iscrizione e l’omologa degli atti presso il competente Registro delle imprese.

14.5. Con la suddetta nota, peraltro, il Notaio ha informato i soci della facoltà di ricorso al Tribunale avverso il rifiuto di procedere ad omologa, non constando l’adozione di alcuna iniziativa in tal senso dei soci, con conseguente perdurante sussistenza della società nello stato di liquidazione.

14.6. Con nota del 24 giugno 2017, inoltre, il sig. D S diffidava gli altri soci dal porre in essere atti di gestione intimando la cessazione di quella in corso, stante l’assenza del socio accomandatario, la permanenza della causa di scioglimento e la perdurante sussistenza dello stato di liquidazione, evidenziando, altresì, l’assenza di un rappresentante legale.

14.7. Contrariamente a quanto sostenuto dalle appellanti, nella descritta situazione fattuale deve escludersi che gli eredi della accomandataria potessero subentrare nelle concessioni demaniali rilasciate in favore delle società in accomandita semplice, risultando imprescindibile la permanenza dell’operatività delle società alle quali i titoli erano stati rilasciati ovvero la loro trasformazione in conformità alla disciplina di riferimento.

14.8. Correttamente il primo giudice ha evidenziato l’irrilevanza delle clausole di continuazione facoltativa delle disciolte società, stante la mancata ricostituzione della compagina con nomina del socio accomandatario.

14.9. L'art. 2284 c.c. stabilisce che, in caso di morte del socio, se il contratto sociale non contenga disposizioni contrarie, la società prosegue tra i soci superstiti, i quali hanno l'obbligo di liquidare la quota agli eredi. In alternativa alla liquidazione della quota i soci possono sciogliere la società, pervenendo così alla sua liquidazione, oppure continuarla con gli eredi del socio defunto, se questi vi acconsentano.

14.10. Con riferimento alle società in accomandita semplice le suddette clausole vengono ritenute valide solo ove i contraenti abbiano già individuato la persona chiamata a succedere all’accomandatario in caso di decesso, non potendosi ammettere una designazione della funzione amministrativa ad incertam personam che coinvolge la stessa struttura societaria ed in quanto detta funzione, strettamente strumentale al perseguimento del fine sociale, non può essere affidata ad un soggetto che, al momento in cui è posto in essere il negozio societario, resti indeterminabile, ovvero sia individuabile con criteri di indifferenza rispetto alle sorti della società e allo scopo che i soci intendono raggiungere (Cass. civ. Sez. I, 4 marzo 1993, n. 2632).

14.11. Anche nel caso in cui le clausole si limitino ad attribuire agli eredi del socio ovvero ai soci superstiti un diritto potestativo di continuare con i soci superstiti o con gli eredi, il superamento della causa alla base dello scioglimento e della conseguente sottoposizione a liquidazione della società assume carattere indefettibile, dovendosi anche escludere che attraverso l’introduzione in via convenzionale di clausole di continuazione facoltativa possa essere consentita una deroga alla disciplina legale prevista per il modello societario prescelto e, specificamente, che possa ammettersi l’applicazione delle disposizioni stabilite dal codice civile per i liquidatori delle società per azioni, con la conseguenza che, ai fini in esame, dette clausole non sono opponibili all’amministrazione.

14.12. Non sono ravvisabili erroneità negli sviluppi motivazionali della sentenza impugnata che, coerentemente alla situazione di fatto e correttamente su di un piano tecnico giuridico, ha evidenziato che non possa sostenersi, ai fini che in questa sede rilevano, che se la società non sia ricostituita nel termine di sei mesi non si determini alcuna modificazione soggettiva dei rapporti facenti capo all’ente, la titolarità dei quali si concentra sui soci superstiti.

14.13. La disciplina civilistica delle società di persone in generale e delle società in accomandita semplice in particolare osta ad una simile conclusione.

14.14. L’art. 2320 c.c. vieta ai soci accomandanti di compiere atti di amministrazione, e di trattare o concludere affari in nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari;
inoltre, i soci superstiti avevano l’obbligo nella descritta situazione di avviare concretamente la liquidazione della società, stato nel quale le società versavano alla data di adozione dei provvedimenti di decadenza oltre che di proposizione dei giudizi innanzi al TAR e del primo dei ricorsi riuniti in esame.

14.15. Con lo scioglimento di una società di persone, a fortiori nel caso in esame nel quale vengono in rilievo società in accomandita semplice prive del socio accomandatario, resta preclusa la possibilità di esercitare poteri diversi da quelli previsti dall'art 2274 c.c., atteso che lo scioglimento determina il passaggio della società in una fase diretta alla liquidazione di tutti i soci, con la ripartizione del residuo attivo, dopo l’estinzione dei debiti.

14.16. E si è già in precedenza evidenziata la ratio sottesa all’art. 2279 c.c. che nell’imporre il divieto per i liquidatori di intraprendere nuove operazioni è funzionale ad escludere qualsivoglia iniziativa non giustificata con lo scopo di liquidazione o definizione dei rapporti in corso.

15. In tale quadro, deve sottolinearsi l’inconferenza del riferimento della difesa delle appellanti alle disposizioni che regolano la liquidazione nelle società di capitali, ove, invece, nella fattispecie vengono in rilievo società di persone, peraltro connotate da specifiche peculiarità di disciplina. Per la medesima ragione, non pertinenti si palesano, i riferimenti della parte appellante a pronunce riferite a fattispecie non assimilabili a quella in esame per la natura delle compagini societarie e per le peculiarità delle vicende che hanno interessato le disciolte società in accomandita semplice, sottoposte (si ribadisce) ad una disciplina sensibilmente differente rispetto a quella che regola la società di capitali.

16. Le prospettazioni dalle appellanti, con le quali tentano di sostenere una compatibilità dell’operato del liquidatore con la prosecuzione dell’attività in precedenza svolta dalla disciolta società, non solo contrastano con gli inequivoci riferimenti normativi sopra richiamati ma, soprattutto, non trovano riscontro nella documentazione prodotta, dalla quale non emerge affatto il compimento di atti funzionali alla liquidazione che, infatti, a distanza di così tanti anni dal suo formale avvio non è stata portata a compimento, con alimentazione di un elevato contenzioso con il socio dissenziente che reclama la liquidazione.

16.1. I limiti derivanti ai poteri del liquidatore dagli artt. 2278 e 2279 c.c. non sono compatibili con la prosecuzione dell’ordinaria attività sociali, dovendosi anche ribadire che per le società di persone l’iscrizione della cancellazione nel registro delle imprese riveste natura dichiarativa e non costitutiva e tale permanenza è solo funzionale, relativamente alle società in liquidazione, alla definizione dei rapporti con i creditori e tra i soci stessi.

17. Ciò che consta dagli atti è, invero, una situazione del tutto differente da quella rappresentata dalle appellanti, nella quale con lo scioglimento delle società è venuta meno la loro operatività e non poteva essere altrimenti a fronte dell’assenza del socio accomandatario imprescindibile per la stessa configurazione di una società in accomandita semplice.

17.1. Legittimamente il Comune di Vasto ha proceduto alla declaratoria di decadenza alla luce delle rilevate preclusioni alla continuazione dell’attività di impresa, venendosi a configurare, come correttamente evidenziato dal primo giudice, “ una situazione di oggettiva incompatibilità del mantenimento in vita del titolo rispetto ad un soggetto giuridico per legge non autorizzato alla continuazione dell’attività di impresa per cui il titolo era stato rilasciato ”.

17.2. L'art. 47 cod. nav. prevede quali ipotesi di decadenza dalla concessione marittima il mutamento sostanziale non autorizzato dello scopo per il quale è stata fatta la concessione e l'inadempienza agli obblighi da essa derivanti, includendo tale ipotesi anche il caso integrato nella fattispecie di scioglimento di una società con sottoposizione a liquidazione, la quale non versa nelle condizioni di assicurare la più proficua utilizzazione della concessione. Il lungo tempo decorso, inoltre, dallo scioglimento ex lege e dall’avvio della liquidazione, in assenza degli adempimenti prescritti dalla legge per consentire di recuperare l’operatività delle società, rendevano non ulteriormente procrastinabile la declaratoria di decadenza dalle concessioni, a tutela degli interessi pubblici implicati.

17.3. Già di per sé tale rilievo e l’integrazione della suddetta causa di decadenza sarebbe sufficiente a sostenere le determinazioni adottate dall’ente, essendo appena il caso di soggiungere che al ricorrere delle ipotesi decadenziali disciplinate dall'art. 47 del codice della navigazione l'amministrazione concedente esercita una discrezionalità di tipo tecnico, dovendosi essa cioè limitare al riscontro dei relativi presupposti fattuali (Cons. giust. amm., 12 giugno 2012, n. 550).

18. Il Collegio ritiene, però, rilevante, un ulteriore profilo, sul quale pure il giudice di primo grado si è soffermato e che necessità di ulteriori approfondimento, al fine di meglio evidenziare la piena legittimità del provvedimento di decadenza.

18.1. Nella sentenza si evidenzia l’esclusione della possibilità di sostenere « che i soci accomandanti, continuando nell’esercizio dell’attività di balneazione abbiano dato “in concreto” prova di proficua utilizzazione della concessione. Tale circostanza riveste un mero rilievo in via di fatto, ma non dal punto di vista giuridico, necessitando una esplicita autorizzazione al subentro da parte dell’Autorità competente a norma degli artt. 46 cod. nav. e 30 del d.p.r. n. 328/1952 ».

18.2. È, infatti, vero che l’attività ha continuato ad essere svolta solo da alcuni dei soggetti che componevano le società disciolte e in stato di liquidazione e si è già evidenziato in più punti della presente decisione che il regime proprio della disciplina societaria per la tipologia che viene in rilievo non consente di sostenere che questa attività fosse ascrivile alle società in favore delle quali i titoli erano stati rilasciati (ovvero, più correttamente, subentrate all’originaria concessionaria, unica socia accomandataria deceduta nel maggio del 2016).

18.3. Come chiarito dalla consolidata giurisprudenza, nel caso in cui più eredi esercitino, congiuntamente ed in via di fatto, lo sfruttamento diretto dell'azienda già appartenuta al de cuius (da intendersi come perseguimento dello scopo lucrativo per il tramite di un'attività imprenditoriale), deve escludersi la configurabilità di una mera amministrazione di beni ereditari in regime di comunione incidentale di godimento, trattandosi, invece, di esercizio di attività imprenditoriale da parte di una società di fatto, con conseguenze anche in ordine alla responsabilità per i debiti contratti nell'esercizio di tale attività, restando prive di rilievo la qualità successoria delle persone anzidette e le eventuali limitazioni di responsabilità ad essa correlate (C. Cass., 02 novembre 2020, n. 24197;
27 novembre 1999 n. 13291).

18.4. La prosecuzione dell’attività imprenditoriali sulle aree oggetto dei titoli concessori da parte di alcuni degli eredi dell’accomandataria e soci della disciolta società, configura la costituzione di nuove società di fatto o irregolari, distinte dalle precedenti e prive del necessario titolo di legittimazione all’utilizzazione delle aree medesime.

18.5. La condivisa giurisprudenza di questo Consiglio ha sottolineato in relazione all’art. 46 cod. nav. che, “ al di là del nomen iuris utilizzato dalla norma (autorizzazione), ci si trova dinnanzi a un istituto che necessariamente partecipa della natura della concessione demaniale, configurando una sorta di fenomeno derivativo, rispetto al quale non opera il silenzio assenso, occorrendo invece un provvedimento espresso ”, imprescindibile al fine di consentire la verifica in ordine alla sussistenza dei requisiti necessari, incluso quello in ordine all’affidabilità dell’operatore (Cons. St., sez. V, sent. n. 52 del 2018, ove si evidenzia che: « Tale soluzione trova poi indiretta conferma, sul piano sistematico, nella disposizione dell’art. 30 del reg. nav. mar., il cui terzo comma stabilisce che “qualora l’amministrazione, in caso di vendita o di esecuzione forzata, non intenda autorizzare il subingresso dell’acquirente o dell’aggiudicatario nella concessione, si applicano in caso di vendita le disposizioni sulla decadenza e in caso di esecuzione forzata le disposizioni sulla revoca»”;
in particolare, la previsione di una revoca (dell’originaria concessione) sembra escludere che il subingresso si fondi su di un mero provvedimento di rimozione di un limite ad un diritto preesistente. Un non dissimile ordine di argomenti è stato seguito da questa Sezione nel precedente di cui alla sentenza 16 febbraio 2017, n. 688, che ha posto in evidenza come “il potere autorizzatorio previsto dall’art. 46 in esame va[da] poi correlato con l’immanente potestà dell’autorità concedente di verificare la conformità dell’uso privato riservato rispetto al preminente interesse pubblico correlato al bene demaniale ex art. 36 del medesimo codice e, in caso di domande concorrenti ai sensi del successivo art. 37, di comparare le proposte alternative di uso del bene al fine di verificare quale sia quella in grado di offrire “maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione”
»).

18.6. In definitiva, il procedimento di autorizzazione al subingresso di cui all’art. 46 cod. nav., non descrive una fattispecie autorizzatoria, bensì l’esercizio di una potestà pubblica che partecipa della medesima natura del potere concessorio che ha condotto all’emanazione del provvedimento della cui successione si tratta, delineando così un procedimento nell’ambito del quale l’autorità concedente è chiamata a valutare la conformità del subingresso all’interesse pubblico al migliore utilizzo del bene oggetto di concessione.

18.7. Qualsiasi mutamento di titolarità, incluso quello parziale, è privo di effetti se non autorizzato e trasfuso nella necessaria variazione della concessione demaniale e dà luogo, peraltro, ad uno dei presupposti in forza dei quali può essere pronunciata la decadenza del concessionario dal titolo.

19. Le previsioni dell’art. 45 bis cod. nav. rispondono alla medesima ratio che è quella di assicurare, attraverso le verifiche e le valutazioni dell’amministrazione, la tutela degli interessi pubblici implicati dall’affidamento a terzi. La sopra indicata disposizione, aggiunta dalla l. 4 dicembre 1993 n. 494 (art. 2 comma 2), prevede, invero, due ipotesi di affidamento da parte del concessionario dell'attività oggetto della concessione ad altro soggetto: nella prima ipotesi la sostituzione può avvenire, su autorizzazione dell'autorità concedente, in casi eccezionali e per i periodi determinati;
nella seconda la possibilità di sostituzione, senza vincoli di eccezionalità e di tempo, deve riguardare solo attività secondarie e cioè accessorie sotto il profilo quantitativo e qualitativo e presuppone la rigorosa descrizione e delimitazione di ciò che si intende affidare a terzi, oggetto di apprezzamento da parte dell’amministrazione alla quale pure compete il rilascio dell’autorizzazione.

19.1. In conseguenza della violazione dell’art. 45 bis sopra richiamato l’attività è stata svolta in assenza della prescritta autorizzazione, essendo state precluse all’amministrazione le necessarie verifiche, circostanza, questa, non irrilevante sul piano dell’affidabilità del concessionario, emergendo, nel complesso delle evidenze in atti, che la violazione dell’art. 45 bis cod. nav. costituisce una violazione tutt’altro che di lieve entità

19.2. Deve convenirsi con le appellanti quanto al fatto che i titolo concessori sono stati rilasciati alle società in accomandita semplice che mai potrebbero subentrare a se stesse, ma questa considerazione è priva di utilità ai fini pretesi constando che le società disciolte e poste in liquidazione non sono state sottoposte ad alcun procedimento di trasformazione ed hanno cessato la propria giuridica operatività per tale intendendosi la prosecuzione della gestione dell'impresa sociale, in radice difettando i presupposti essenziali per la stessa configurabilità di una società in accomandita semplice;
inoltre, alcuni dei soggetti che facevano parte di quelle compagini societarie hanno avviato in via di fatto ovvero in forma irregolare una attività di impresa utilizzando le aree in argomento in assenza del necessario titolo concessorio.

20. Tanto basta per ritenere che il potere di cui si è avvalsa l'amministrazione - in sede di controllo circa la permanenza dei requisiti per la prosecuzione dei rapporti concessori - sia stato esercitato nel rispetto della disciplina attributiva del potere medesimo e delle finalità ad essa sottese, dovendosi escludere tanto la violazione del principio di proporzionalità quanto la stessa configurabilità di un legittimo affidamento tutelabile.

21. Il Collegio deve, altresì, soggiungere l’irrilevanza di tutte le vicende successive rappresentate e documentate dalle parti dovendo la legittimità dei provvedimenti amministrativi, in conformità al principio tempus regit actum , essere apprezzata nella considerazione della situazione di fatto e di diritto sussistente alla data della relativa adozione.

22. Quanto sin qui argomentato risulta dirimente ai fini del rigetto del primo dei ricorsi riuniti, giacché la legittimità delle ragioni alla base dei provvedimenti di decadenza, esaminate nei capi che precedono, sono di per sé idonee a sostenerne il fondamento a prescindere dagli ulteriori profili di contestazione che, anche in caso di accoglimento delle deduzioni delle appellanti, non condurrebbero ad un differente esito del giudizio (A.P. n. 5 del 2015).

23. Prive di rilevanza, oltre che manifestamente infondate, risultano, alla luce delle considerazioni sopra svolte, le questioni di legittimità costituzionale prospettante dalle appellanti, al pari dei rilevati profili di non conformità al diritto unionale, venendo nella fattispecie in rilievo due società in accomandita semplice che a seguito del loro scioglimento e della sottoposizione a liquidazione non sono state in grado di ricostituire la propria operatività, in conformità alla disciplina di legge con determinazione, nella situazione di incertezza e confusione scaturita dalla conflittualità tra i soci accomandanti, di una utilizzazione abusiva in quanto non autorizzata delle aree demaniali da parte di soggetti privi della necessaria legittimazione. Tutti i parametri costituzionali ed i principi unionali richiamati dalle appellanti risultano, quindi, non pertinenti, dovendosi escludere disparità rispetto alle società sottoposte a fallimento, essendo tale procedura regolata dalla legge a garanzia degli interessi pubblici e privati implicati.

24. Infondata è, inoltre, l’eccezione di inammissibilità dell’atto di intervento ad opponendum spiegato dalla società PASI S.r.l., la cui legittimazione ed interesse trovano fondamento nell’istanza di assegnazione delle concessioni demaniali oggetto dei provvedimenti di decadenza presentata all’amministrazione in data 14 settembre 2020, vantando tale società un interesse strumentale, di per sé idoneo a sorreggere l’iniziativa giurisdizionale, alla possibilità di conseguire la titolarità delle concessioni, in esito alla procedura che l’ente dovrà svolgere nel rispetto dei principi espressi dall’Adunanza Plenaria nelle sentenza n. 17 e 18 del 2021, secondo quanto si andrà ad esporre nei capi successivi della presente pronuncia.

24.1. Ogni considerazione in ordine al possesso dei requisiti da parte della PASI per conseguire l’aggiudicazione in concessione dei beni in argomento attiene alle valutazioni che dovranno essere svolte dall’ente, restando precluso a questo giudice esprimersi su poteri non ancora esercitati, con l’ulteriore rilievo che la circostanza che detta società non operi già nel settore non integra una causa di inammissibilità dell’atto di intervento, dovendo le procedure di assegnazione conformarsi ai principi di concorrenzialità con definizioni di criteri che pur potendo valorizzare l’esperienza maturata nel settore da alcuni operatori non determinino una sostanziale preclusione dell’accesso al settore di nuovi operatori.

25. Residua l’esame delle domande risarcitorie proposte dalle appellanti.

25.1. Dall’infondatezza delle censure proposte discende il rigetto della domanda risarcitoria fondata sull’esercizio dell’attività amministrativa, pienamente legittimo.

25.2. Relativamente alla domanda di risarcimento del danno da ritardo che le appellanti individuano nel fermo delle attività per quindici giorni in concomitanza con l’avvio della stazione balneare, nello sviamento della clientela, in asseriti danni all’immagine, il Collegio ne rileva l’infondatezza, sia in considerazione dalla complessità delle questioni fattuali e giuridiche che l’amministrazione ha dovuto esaminare e che escludono la sussistenza dell’elemento soggettivo, sia in quanto le spese legali sostenute per le azioni a tutela non sono da imputare al ritardo dell’amministrazione quanto piuttosto alle vicende contenziose nel loro complesso, rese vieppiù problematiche dai dissidi insorti tra germani soci accomandanti, sia, ancora, in quanto il danno all’immagine non sussiste in re ipsa ma è un “danno-conseguenza” e, come tale, deve essere dimostrato dal danneggiato, mediante prove dirette o anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé.

25.3. Deve anche evidenziarsi che negli scritti difensivi sia dei giudizi di primo grado sia di quello in appello, la parte si è limitata a considerazioni del tutto generiche senza dettagliare, in stretto ancoraggio alla copiosa documentazione prodotta, le obiettive evidenze a comprova dei danni correlati al ritardo con il quale l’amministrazione ha proceduto all’adozione dei legittimi provvedimenti di decadenza, dovendosi anche sottolineare che le aree sono rimaste, sino ad ora, nella disponibilità di soggetti non legittimati alla relativa utilizzazione in forza delle misure interinali disposte nei giudizi proposti.

26. Il primo dei ricorsi riuniti va, dunque, respinto.

27. Dal rigetto del ricorso proposto avverso la sentenza del TAR Abruzzo, sede di Pescara, n. 83 del 14 marzo 2019, discende, inoltre, l’improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse del secondo dei ricorsi riuniti, proposto dalle società in epigrafe avverso la sentenza del medesimo Tribunale di accoglimento del ricorso proposto dalla società PASI.

27.1. A seguito dei provvedimenti di decadenza, infatti, le appellanti non hanno beneficiato delle proroghe disposte ex lege , dovendo le aree in questione ritornare nella disponibilità dell’amministrazione per le valutazioni di competenza, con avvio di procedure competitive nell’ipotesi in cui ritenga di procedere all’instaurazione di nuovi rapporti concessori.

28. Il Collegio può, dunque, procedere all’esame del terzo dei ricorsi riuniti (R.G. n. 3364 del 2021), proposto dal sig. L B avverso la sentenza del TAR in epigrafe, n. 40 del 2021.

29. Preliminarmente il Collegio evidenzia che non è ravvisabile, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa dell’appellata nella memoria depositata in data 19 aprile 2022, l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse alla luce delle decisioni dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio nn. 17 e nn. 18 del 2021, in quanto con tali pronunce sono stati elaborati principi di diritto che necessitano di una applicazione concreta, dovendosi evidenziare che l’Adunanza Plenaria ha ritenuto di modulare gli effetti temporali delle proprie decisioni individuando nella data del 31 dicembre 2023 l’intervallo temporale entro il quale dovrà procedersi ad un riordino della materia con conseguente operatività sino a quella data delle proroghe previste dalla normativa statale esaminata.

30. Il Collegio, inoltre, non ritiene di accogliere l’eccezione sollevata dalla Regione Abruzzo di carenza della propria legittimazione passiva, tenuto conto della circostanza che la determina regionale ha costituito oggetto di specifica impugnazione e che le censure proposte involgono ambiti ricompresi nelle competenze dell’ente in relazione a profili di centrale rilievo che sospingono nel senso di escludere l’estromissione dal giudizio di tale amministrazione.

31. Il Collegio può, dunque, procedere all’esame delle censure proposte dall’appellante.

32. La censura con la quale è stato dedotto il difetto di giurisdizione, argomentata sulla sostenuta preclusione per il giudice di disapplicare la normativa statale recante proroga delle concessioni demaniali marittime alla base della deliberazione della Giunta municipale impugnata dalla società PASI, unitamente agli atti successivi, è infondata.

32.1. Ove venga in rilievo una incompatibilità comunitaria (per contrasto sia con gli artt. 49 e 56 TFUE sia con l’art. 12 della direttiva 2016/123) della disciplina nazionale (art. 1, commi 682 e 683, l. n. 145/2018 e art. 182, comma 2, d.l. 19 n. 34/2020) che prevede la proroga ex lege delle concessioni demaniali già rilasciate, il giudice non solo è legittimato ma ha il dovere di disapplicarla, senza che sia necessario sollevare incidente di costituzionalità.

32.2. E, anzi, come evidenziato dall’Adunanza Plenaria di questo Consiglio (cfr. sentenza n. 18 del 2021), tale dovere investe anche gli organi dell’amministrazione, compresi quelli degli enti territoriali;
la sentenza, in particolare, ha sottolineato che: « Anche la Corte costituzionale (sentenza n. 389 del 1989) ha ribadito che “tutti i soggetti competenti nel nostro ordinamento a dare esecuzione alle leggi (e agli atti aventi forza o valore di legge) – tanto se dotati di poteri di dichiarazione del diritto, come gli organi giurisdizionali, quanto se privi di tali poteri, come gli organi amministrativi – sono giuridicamente tenuti a disapplicare le norme interne incompatibili con le norme” comunitarie nell’interpretazione datane dalla Corte di giustizia europea. Il Consiglio di Stato, a sua volta, sin dalla sentenza sez. V 6 aprile 1991, n. 452, ha chiarito che tutti i soggetti dell’ordinamento, compresi gli organi amministrativi, devono riconoscere come diritto legittimo e vincolante le norme comunitarie, non applicando le norme nazionali contrastanti. Opinare diversamente significherebbe autorizzare la P.A. all’adozione di atti amministrativi illegittimi per violazione del diritto dell’Unione, destinati ad essere annullati in sede giurisdizionale, con grave compromissione del principio di legalità, oltre che di elementari esigenze di certezza del diritto ».

33. Anche le deduzioni riferite all’inammissibilità dei motivi aggiunti per la contestata assenza della procura e per le ulteriori carenze rilevate dall’appellante risultano infondate.

33.1. Dall’analisi del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, infatti, emerge chiaramente che la pretesa fosse rivolta avverso tutti gli atti, inclusi i provvedimenti di proroga delle concessioni demaniali marittime, adottati dall’ente a seguito della deliberazione della Giunta municipale riferita a dette proroghe. L’atto impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, integra un episodio della medesima lesione e, inoltre, la procura prodotta in giudizio unitamente al ricorso introduttivo è sufficientemente specifica e reca riferimento anche alla riserva di proposizione di ricorso per motivi aggiunti.

33.2. Alla data di notificazione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, proposto dalla società per tutelare il proprio interesse al conseguimento delle concessioni demaniali indicate nelle istanze presentate all’amministrazione, le domande di proroga non erano state pubblicate, sicché la società non era nelle condizioni di individuare gli eventuali controinteressati e, inoltre, il provvedimento impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, di proroga della concessione demaniale rilasciata in favore dell’appellante, è stato adottato in data 26 novembre 2020 e pubblicato il successivo 16 dicembre 2020.

33.3. Va anche soggiunto che la procura è stata notificata e depositata in via telematica con il relativo ricorso e che a seguito della notificazione del ricorso per motivi aggiunti non solo l’appellante ha avuto la possibilità di espletare le proprie difese con garanzie piene del contraddittorio ma ha acquisito la disponibilità di tutti gli elementi necessari per poter ritenere tale contraddittorio ritualmente istaurato.

34. Quanto esposto esclude la configurabilità delle preclusioni prospettate dall’appellante, essendo stati sia il ricorso introduttivo sia il ricorso per motivi aggiunti ritualmente e tempestivamente proposti.

35. Inammissibili per carenza di interesse proprio e diretto sono, poi, le deduzioni incentrare sulla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri operatori interessati, peraltro non incisi dalla pronuncia, la quale ha circoscritto i propri effetti solo alle tre aree demaniali per le quali il primo giudice ha ritenuto sussistente l’interesse della società PASI, con conseguente obbligo per l’amministrazione di procedere alla loro assegnazione ai sensi di quanto prescritto dall’invocato art.37 cod.nav..

36. La censura con la quale è stata contestata la mancanza in capo alla società PASI delle fondamentali condizione dell’azione merita, invece, accoglimento, nei termini e per le ragioni di seguito indicate.

36.1. Le istanze presentante dalla società PASI all’ente in data 14 settembre 2020 ed in data 29 settembre 2020 recano riferimento specifico esclusivamente alle concessioni demaniali nn. 18/2002 e 19/2002 e non anche alla concessione nella titolarità dell’appellante (sig. L B, titolare del Lido Aurora), risultando inidoneo a radicare un interesse qualificato ed a configurare una posizione differenziata il generico riferimento ad altre aree ritenute, secondo un apprezzamento della società medesima, di pari pregio rispetto a quelle per le quali aveva presentato la richiesta di concessione demaniale ma non individuate. Ed è significativo anche evidenziare che dalla stessa articolazione delle pretese contenuta nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado emerge una evidente differenziazione tra le aree oggetto delle concessioni demaniali per le quali l’ente aveva già dichiarato la decadenza ed altre aree suscettibili solo di un possibile ed eventuale interesse della società PASI.

36.2. Né va trascurato che solo successivamente alla sentenza impugnata la società PASI ha presentato una domanda di concessione dell’area nella disponibilità dell’appellante.

36.3. Esclusivamente con riferimento alle sopra indicate concessioni (nn. 18/2002 e 19/2002) può concludersi per la sussistenza delle fondamentali condizione dell’azione, con superamento dei rilievi dell’appellante incentrati sul mancato possesso del codice

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