Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-16, n. 202406390

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2024-07-16, n. 202406390
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202406390
Data del deposito : 16 luglio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/07/2024

N. 06390/2024REG.PROV.COLL.

N. 06717/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 6717 del 2023, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati G G e G L, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G L in Roma, via Luigi Settembrini 30;

contro

Ministero della Giustizia, CSM - Consiglio Superiore della Magistratura, Corte d’Appello di Roma, in persona del Ministro e del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Consiglio Giudiziario presso la Corte d'Appello di Roma (Sezione autonoma per i magistrati onorari), non costituito in giudizio;

nei confronti

-OMISSIS- non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n.-OMISSIS-, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia, del CSM- Consiglio Superiore della Magistratura, della Corte D'Appello di Roma;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 aprile 2024 il consigliere A R, uditi per la parte appellante gli avvocati G G e G L e preso atto della richiesta di passaggio in decisione della causa, senza la preventiva discussione, depositata dall’Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con ricorso proposto al T.a.r. del Lazio l’avvocato -OMISSIS- ha impugnato, unitamente agli altri atti connessi e presupposti, la delibera del Consiglio Superiore della Magistratura del -OMISSIS- contenente le graduatorie definitive inerenti alle procedure di selezione per l'ammissione al tirocinio ai fini della nomina a vice procuratore onorario della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nonché a giudice onorario di pace presso l'Ufficio del giudice di pace di Roma.

2. La ricorrente esponeva:

- di aver presentato istanza di riesame avverso il provvedimento di esclusione dalle graduatorie definitive relative all'ammissione al tirocinio ai fini della nomina alle riferite funzioni di vice procuratore onorario e giudice di pace;

- di essere stata esclusa dal CSM ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lettera f), del bando atteso che, con delibera consiliare del -OMISSIS-, ella non era stata confermata nell’incarico di vice procuratore onorario della Procura della Repubblica presso la Pretura Circondariale di Roma per il triennio -OMISSIS-, su richiamo a un parere contrario del Consiglio Giudiziario, atti dei quali deduceva di non aver mai avuto conoscenza;

- che lo stesso Consiglio giudiziario aveva espresso -OMISSIS- un parere favorevole alla sua nomina a magistrato onorario e che, pertanto, la motivazione della delibera impugnata, nella quale è stato richiamato il precedente parere -OMISSIS-, sarebbe erronea;

- che, comunque, dalla lettura del verbale di adunanza del Consiglio Giudiziario del -OMISSIS- si rileverebbe che all’epoca la sua mancata conferma nell’incarico derivò unicamente dal giudizio negativo di “scarsa laboriosità” emesso dal Procuratore circondariale di Roma;

- che però tale parere genericamente attribuito al Procuratore circondariale di Roma non era ormai più consultabile, essendo andato distrutto, sicché il giudizio ivi espresso sarebbe irrilevante, non essendo possibile indagare le ragioni che lo determinarono, accertando, in particolare, se una siffatta valutazione fosse legata alla sola questione della partecipazione alle udienze (la cui frequenza, in effetti, la ricorrente ridusse, ma soltanto in due limitati periodi dell’intero triennio e per documentati motivi di salute e di studio) o, piuttosto, ad aspetti connotanti in termini gravemente negativi l’operato del magistrato onorario e pregiudicanti la sua idoneità allo svolgimento delle funzioni;

- che, in ogni caso, tale giudizio sarebbe del tutto erroneo e difatti smentito dalle risultanze di causa, in particolare dai giudizi positivi sulla sua professionalità e laboriosità, espressi con le note depositate in atti dai due magistrati con cui ella principalmente collaborò nel predetto triennio di svolgimento delle funzioni onorarie, nonché dall’elevato punteggio ottenuto in forza del quale si era collocata all’ottava posizione delle graduatorie provvisorie della procedura in esame;

- che la mancata riconferma, ai sensi dell'articolo 2, comma 2, lett. f), del bando, dovrebbe derivare da un giudizio attuale di disvalore sull'operato del magistrato onorario e non potrebbe essere motivata soltanto su una dedotta “scarsa laboriosità” risalente allo svolgimento delle funzioni di viceprocuratore onorario nel lontano triennio -OMISSIS-, a fronte del più recente parere positivo espresso dal Consiglio giudiziario il -OMISSIS-, nel quale si dà atto dell’assenza di cause ostative e che, tuttavia, il CSM non aveva tenuto in alcuna considerazione.

2.1. Su queste premesse, in ragione di articolati motivi di diritto, la ricorrente lamentava l’illegittimità dei provvedimenti emessi nei suoi confronti sulla base di un’istruttoria asseritamente incompleta e carente, chiedendone l’annullamento, previa concessione di tutela cautelare.

3. Con la sentenza in epigrafe, nella resistenza del Ministero della Giustizia e del CSM, il T.a.r. adito ha respinto il ricorso in quanto infondato, compensando le spese di lite tra le parti.

3.1. In particolare, il Tribunale non ha condiviso le censure dedotte, valorizzando il dato oggettivo della non conferma, alla stregua dei seguenti essenziali passaggi argomentativi:

- tra i requisiti necessari per la nomina quale giudice onorario, tutti i bandi di concorso con cui sono stati pubblicati i posti oggetto delle procedure in esame prevedono al citato art. 2, comma 2, lett. f) che l’aspirante magistrato onorario non abbia riportato una mancata conferma in pregresse funzioni onorarie, ovvero una revoca dall’incarico;

- anche l’art. 5, lettera c) della circolare n. 10201 del 7 giugno 1997 riproponeva in sostanza le disposizioni attuali, stabilendo l’impossibilità di proporre per la nomina persone che in passato non fossero state confermate nell’incarico dal Consiglio Superiore della Magistratura o fossero state revocate;

- ai fini della conferma, poi, i Consigli giudiziari dovevano tenere conto della valutazione espressa dal Dirigente dell’Ufficio presso il quale il vice procuratore onorario aveva prestato la propria attività;

- nel caso di specie, era emerso dagli atti che la ricorrente aveva espletato nel triennio -OMISSIS- le funzioni di vice procuratore onorario presso la Procura di Roma e che la sua conferma nell’incarico aveva avuto esito negativo, su conforme parere del competente Consiglio giudiziario;

- il Plenum pertanto, con la menzionata delibera del -OMISSIS-, ha dichiarato l’esclusione dell’istante dalla procedura concorsuale, per difetto di uno dei requisiti necessari per la nomina;

- infatti, risultando sia la pregressa mancata conferma a viceprocuratore onorario per il triennio -OMISSIS- da una delibera consiliare legittimamente adottata il -OMISSIS- che i fatti negativi che avevano spinto il Procuratore circondariale di Roma a dare parere contrario, il CSM non ha potuto che adottare il necessitato atto di diniego;

- era, dunque, sufficiente la mancata conferma – avente di per sé rilevanza ostativa ai fini della nomina - senza che fosse necessario valutarne le motivazioni alla base (e neppure era richiesto che il diniego di conferma si correlasse a un giudizio di disvalore sull’operato del magistrato onorario);

- del resto, non sarebbe possibile neppure accedere alla tesi difensiva di parte ricorrente, laddove assume un’irregolarità della precedente procedura, tal che ella non avrebbe avuto contezza della non conferma, non avendo partecipato al procedimento né avendo lì presentato alcun documento a sua firma: ciò tenuto conto della peculiare articolazione della procedura di conferma del magistrato onorario che, in base alla disciplina del tempo, prevedeva in caso di conferma dell’interessato l’accettazione da parte di quest’ultimo dell’incarico e l’impegno a non svolgere l’attività forense;

- in definitiva, correttamente il CSM non aveva tenuto conto del più recente parere positivo del Consiglio Giudiziario, perché mancante di informazioni decisive ai fini della valutazione della ricorrente, e cioè privo del riferimento alla non conferma -OMISSIS-, basando invece il suo giudizio sulla ridetta causa ostativa.

4. Di tali statuizioni l’originaria ricorrente domanda la riforma, deducendone l’erroneità con il presente appello affidato a cinque motivi di diritto, di cui chiede l’accoglimento.

4.1. Si sono costituiti il Ministero della Giustizia e il Consiglio Superiore della Magistratura, argomentando l’infondatezza del gravame e insistendo per la sua reiezione.

4.2. All’udienza pubblica del 9 aprile 2024, la causa è passata in decisione.

DIRITTO

5. L’appello è fondato.

6. L’appellante, che ha partecipato alla procedura per l’ammissione al tirocinio ai fini della nomina alle funzioni di vice procuratore onorario e giudice di pace, classificandosi inizialmente in posizione utile in graduatoria sulla base di un parere favorevole del Consiglio giudiziario -OMISSIS-, è stata poi esclusa, ai sensi dell’art. 2, comma 2, lett. f) del bando, mediante il richiamo a un precedente parere del Consiglio giudiziario contrario alla conferma nelle funzione di vice procuratore onorario, risalente -OMISSIS-- a sua volta emesso sulla base di un giudizio negativo di “scarsa laboriosità” emesso dal Procuratore circondariale di Roma- atti di cui ella deduce di non aver avuto mai conoscenza.

6.1. Con i primi due motivi di censura – che si prestano a una trattazione congiunta, in quanto connessi - l’appellante lamenta, infatti, la violazione del principio della piena conoscenza dell’atto ai fini della decorrenza del termine di impugnazione e l’omesso esame da parte della sentenza delle argomentazioni relative alla sicura tempestività della impugnazione del provvedimento del CSM del -OMISSIS- di mancata conferma nella funzione di vice procuratore onorario e degli atti presupposti, ovvero il verbale di Adunanza del Consiglio giudiziario del -OMISSIS- nonché il parere contrario del Procuratore circondariale di Roma (richiamato all’interno del predetto verbale).

6.2. Le censure sono fondate.

6.3. Come noto, per univoca giurisprudenza, la verifica della “piena conoscenza” dell’atto lesivo da parte del ricorrente, al fine di individuare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso giurisdizionale, deve essere estremamente cauta e rigorosa, non potendo basarsi su mere supposizioni ovvero su deduzioni, pur sorrette da apprezzabili argomentazioni logiche. Essa deve risultare incontrovertibilmente da elementi oggettivi, ai quali il giudice deve riferirsi nell’esercizio del suo potere di verifica di ufficio della eventuale irricevibilità del ricorso o che devono essere rigorosamente indicati dalla parte che, in giudizio, eccepisca l’irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio (cfr., ex plurimis , Cons. Stato, Sez. II, 17 novembre 2021, n. 7662;
Sez. III, 20 agosto 2020, n. 5151;
Sez. IV, 8 giugno 2020, n. 3629;
Sez. II, 18 novembre 2019, n. 7857). Tale prova, posta a base della eccezione della tardività del ricorso, oltre che rigorosa, deve essere dunque fornita dalla parte che solleva l’eccezione.

6.4. Nel caso di specie non sussistono, invece, elementi oggettivi dai quali risulti la piena conoscenza dell’atto lesivo da parte della ricorrente in un momento anteriore alla impugnata delibera del -OMISSIS-, che ne ha dichiarato l’esclusione dalla procedura concorsuale per difetto di uno dei requisiti necessari per la nomina a magistrato onorario.

6.5. La sentenza appellata ha ritenuto che l’articolazione della procedura di conferma (segnatamente quella esitata negativamente -OMISSIS-) consentisse di rigettare la deduzione della ricorrente di non aver mai ricevuto la notifica della non conferma nelle funzioni -OMISSIS-, in quanto la procedura, per come delineata dalla disciplina normativa di riferimento applicabile ratione temporis (nello specifico, la circolare n. 10201 del 7 giugno 1997), presupponeva sia per il caso di nomina, che per quello della conferma nelle funzioni di vice procuratore onorario, il necessario coinvolgimento dell’interessato che era tenuto a manifestare per iscritto la propria adesione alla proposta del Procuratore della Repubblica di conferma nelle funzioni e a compilare il modulo allegato alla circolare.

6.5.1. Inoltre, secondo il primo giudice, il controllo sulla completezza della documentazione da parte della cancelleria attesterebbe di per sé la completezza e la regolarità della documentazione inviata (e, dunque, la presa d’atto della ricorrente;
se, invece, tale documentazione a corredo fosse mancata (inclusa l’accettazione della proposta di conferma del Procuratore o il modulo compilato dall’interessato) la stessa proposta non avrebbe potuto essere inoltrata al Consiglio Superiore o, comunque, la delibera avrebbe evidenziato tali mancanze.

6.5.2. In sostanza, il giudice di prime cure trae il proprio convincimento sulla piena conoscenza del procedimento e del suo esito negativo da parte dell’interessata (a prescindere dalla mancanza di formale notifica a quest’ultima del diniego di conferma) dal fatto che l’appellante avrebbe avuto conoscenza sicuramente, nel caso di esito positivo del triennio -OMISSIS-, della propria conferma, perché in tal caso avrebbe dovuto accettare l’incarico e trasmettere tutta la documentazione richiestale al CSM, ponendo in essere una serie di adempimenti.

6.5.2. Sulla base di tali premesse, la sentenza appellata ha, quindi, escluso che la procedura in questione potesse essere stata “avviata e conclusa all’insaputa dell’interessata” .

6.6. Rileva il Collegio che tali statuizioni non sono corrette, mentre sono fondati i rilievi dell’appellante: non vi è in atti alcun riscontro oggettivo dal quale emerga che l’appellante ebbe, a suo tempo, conoscenza del procedimento culminato col giudizio negativo riportato al termine del predetto triennio.

6.7. L’insieme delle risultanze di causa depone, invece, esattamente nel senso opposto.

6.7.1. Non vi è prova, infatti, che l’appellante abbia partecipato a quel procedimento o ne abbia avuto comunque conoscenza, non essendo stato prodotto in giudizio alcun documento a sua firma, data l’impossibilità di reperire anche gli altri atti della procedura in questione, ivi inclusa un’eventuale istanza di riconferma per un secondo triennio, una rituale comunicazione di avvio del procedimento (che, in assenza di ragioni di impedimento o di particolari esigenze di urgenza, va rivolta ai soggetti nei confronti dei quali il provvedimento finale è destinato a produrre effetti diretti) o, comunque, un atto che attesti il compimento, da parte della medesima appellante, di uno solo degli adempimenti indicati in sentenza (prescritti, peraltro, nel diverso caso di conferma o di proposta di nomina).

6.7.2. Per converso, l’appellante ha dedotto, con argomentazioni plausibili e rimaste sostanzialmente incontestate, che al termine di quel tirocinio (risalente al triennio -OMISSIS-) non presentò rituale domanda per essere riconfermata nelle funzioni onorarie per un ulteriore triennio, spiegando che all’epoca non vi aveva interesse, non potendo proseguire nel loro svolgimento in quanto, abilitatasi alla professione di avvocato -OMISSIS-, si accingeva nel 1997 ad aprire il proprio studio professionale – aperto infatti -OMISSIS- – e la menzionata circolare del giugno del 1997 aveva disposto l’incompatibilità tra le funzioni di magistrato onorario e il contestuale esercizio della professione forense.

6.7.3. L’appellante assume, quindi, di non aver all’epoca manifestato la propria disponibilità a proseguire nell’incarico de quo e di non aver, di conseguenza, neanche fornito la documentazione necessaria alla trattazione della pratica, eccependo – anche qui con argomentazioni rimaste inconfutate - che il procedimento sarebbe stato verosimilmente avviato alla scadenza del triennio dalla stessa amministrazione ai sensi dell’art. 42- quinquies , comma 3, del R.D. n. 12 del 30 gennaio 1941 ai fini della emissione, alla scadenza del triennio, di “un giudizio di idoneità” da parte del Consiglio giudiziario alla continuazione dell’esercizio delle funzioni onorarie fino ad allora svolte, sulla base di ogni elemento utile, giudizio costituente “requisito necessario per la conferma” .

6.7.4. Né vi è prova che l’appellante abbia avuto allora conoscenza del giudizio negativo riportato alla conclusione di quella procedura: non risulta, infatti, neanche dimostrato che il provvedimento finale di non conferma adottato dal CSM il -OMISSIS- o uno degli atti presupposti (il parere del Consiglio Giudiziario motivato per relationem con esclusivo riferimento a un giudizio di “scarsa laboriosità” emesso dal Procuratore circondariale di Roma) le siano stati mai formalmente notificati o ritualmente comunicati.

6.7.5. Al riguardo l’appellante evidenzia poi, con argomentazione altrettanto convincente, che, ove all’epoca avesse conosciuto tale esito, avrebbe potuto già allora contestarlo per la sua erroneità – come ora fa - in forza dei positivi giudizi espressi sulla sua laboriosità dai magistrati con cui collaborò nel predetto triennio, i quali, con le note depositate in atti, ne hanno elogiato sia le capacità che l’impegno profuso nel predetto triennio di svolgimento delle funzioni di viceprocuratore onorario.

6.8. Le deduzioni del primo giudice non sono, quindi, indicative dell’effettiva partecipazione dell’appellante al procedimento di non conferma e della conseguente piena conoscenza da parte dell’interessata del provvedimento lesivo adottato alla sua conclusione.

6.8.1. Invero, il fatto che la procedura di conferma dovesse seguire una determinata sequenza procedimentale, con il compimento di determinati adempimenti ai fini della riconferma nelle funzioni onorarie, non comporta di per sé, in assenza di oggettiva dimostrazione, che tale iter sia stato poi effettivamente seguito nel caso di specie. Né l’articolazione della procedura di conferma presupponeva sicuramente il coinvolgimento dell’interessata, se non ove il procedimento avesse avuto in effetti esito positivo, concludendosi con una proposta di nomina o di conferma;
nel qual caso sicuramente sarebbe occorsa l’accettazione dell’incarico da parte del nominato, che doveva presentare la documentazione necessaria e rendere la relativa dichiarazione di impegno a non esercitare la professione forense.

6.8.2. Tanto emerge dalla stessa disciplina richiamata dal primo giudice a sostegno delle proprie conclusioni.

6.8.3. In particolare, alla lettera d) dell’art. 5 la Circolare disponeva, tra l’altro che “Le istanze e le proposte di nomina, corredate dei documenti elencati nel successivo paragrafo 9, saranno sollecitamente trasmesse dai Procuratori della Repubblica ai competenti Procuratori Generali presso le Corti d’Appello;
i quali a loro volta, nell’inoltrare tutta la documentazione ai rispettivi Presidenti di Corte d’Appello, richiederanno a questi l’urgente convocazione dei Consigli Giudiziari per la formulazione dei prescritti pareri”
.

6.8.4. Il paragrafo 9 prevedeva, poi, che alle proposte di nomina trasmesse alle Corti di Appello si dovessero allegare: a) istanza dell’interessato diretta al Consiglio Superiore della Magistratura; b) estratto dell’atto di nascita; c) certificato di cittadinanza italiana; d) certificato di residenza; e) certificato generale del casellario giudiziale ai sensi dell’art. 689, comma II, lett. a) c.p.p.; f) certificato penale da rilasciarsi ai sensi dell’art. 688, comma 10 c.p.p.; g) certificato dei carichi pendenti; h) titolo di studio: certificato di laurea in giurisprudenza, con l’indicazione dei voti conseguiti nei singoli esami di profitto; i) rapporto informativo del Prefetto ;
l)
parere del competente Consiglio dell’Ordine degli Avvocati; m) dichiarazione con la quale l’interessato si impegni a non esercitare la professione forense dinanzi alla Procura presso la Pretura nella quale chiede di essere nominato e altresì dinanzi alla corrispondente Pretura circondariale ovvero, qualora questa sia divisa in più sezioni, limitatamente alle sezioni penali della medesima, nonché a non rappresentare, assistere o difendere le parti in procedimenti, svolti nella Pretura o nelle sezioni di Pretura rispetto alle quali è incompatibile, nei successivi gradi di giudizio.

6.8.5. Con riguardo alle proposte di conferma, la Circolare prevedeva, dunque, che ad esse fossero allegate la dichiarazione di accettazione del vice procuratore onorario e i documenti, le informazioni e i pareri prescritti, la predetta dichiarazione di impegno, nonché una relazione del Capo dell’Ufficio sull’attività svolta dall’interessato nel triennio decorso e sulla sua posizione in tema di cause di incompatibilità, oltre a un modulo (allegato alla Circolare) debitamente compilato a cura dell’interessato.

6.8.6. Le proposte di nomina e conferma dei vice procuratori onorari, con la relativa documentazione, dovevano, quindi, essere trasmesse al C.S.M. per le relative determinazioni.

6.9. Alla luce della richiamata disciplina, sicuramente l’appellante avrebbe avuto contezza della conferma e della proposta di nomina a vice procuratore onorario, dovendo in tal caso provvedere alla sua eventuale accettazione e, quindi, all’inoltro della richiesta documentazione, la cui completezza e regolarità andava poi, ai sensi dell’art. 11 della Circolare, verificata a cura della cancelleria. Da ciò, tuttavia, non può logicamente inferirsi che la medesima appellante all’epoca avrebbe dovuto avere contezza anche della non conferma nelle funzioni di viceprocuratore onorario per un ulteriore triennio, in assenza di elementi certi e oggettivi che avvalorino una siffatta conclusione.

6.9.1. Pertanto, poiché la sicura conoscenza di quel procedimento e del suo esito da parte dell’appellante in un momento anteriore rispetto alla delibera del -OMISSIS- è rimasta mera asserzione, priva di qualsivoglia concreto e oggettivo riscontro probatorio, deve ritenersi che l’impugnazione avverso la delibera del CSM -OMISSIS- sia stata tempestivamente proposta nel termine decadenziale decorrente dalla conoscenza del provvedimento lesivo (derivante con certezza solo dalla predetta delibera di esclusione adottata dal CSM).

7. È altresì fondato il terzo motivo di censura.

7.1. Come correttamente dedotto dall’appellante la sentenza di prime cure non ha adeguatamente considerato che il provvedimento del CSM -OMISSIS- si fonda sul parere del Consiglio giudiziario che, a sua volta, è interamente motivato mediante rinvio per relationem a un documento- il parere dell’allora Procuratore circondariale di Roma contenente il giudizio di “scarsa laboriosità” – che non è più ostensibile perché “è andato distrutto” (cfr. documento a firma del Segretario Generale del CSM inviato alla ricorrente il -OMISSIS- e allegato alla nota di deposito del -OMISSIS-).

7.2. Orbene l'art. 3 della legge n. 241 del 1990 afferma che la motivazione per relationem è legittima a condizione che siano indicati e resi disponibili gli atti cui si fa rinvio, per cui all’interessato deve essere garantita la possibilità di prenderne visione, di richiederne e ottenerne copia in base alla normativa sul diritto di accesso ai documenti amministrativi e di chiederne la produzione in giudizio.

7.3. Se, dunque, è obbligo della Pubblica Amministrazione indicare gli estremi di tutti gli atti richiamati nel provvedimento e metterli a disposizione dell’interessato che ne faccia richiesta, l’Amministrazione resistente non può avvalersi di documenti non più ostensibili ai fini della esclusione dell’appellante dalle graduatorie -OMISSIS-

7.4. Infatti, se è vero che il giudizio di non conferma del magistrato onorario ha un contenuto di merito ampiamente discrezionale e largamente esteso (non avendo natura disciplinare e considerato anche il peculiare meccanismo di reclutamento che non è basato sulle prove concorsuali, ma si fonda sulla produzione di requisiti del tutto analoga a una selezione per titoli), tuttavia esso è sindacabile dal giudice amministrativo per verificare se tale giudizio sia “ancorato al riscontro della sussistenza dei presupposti, al vaglio in ordine alla congruità della motivazione, nonché all’accertamento del nesso logico di conseguenzialità tra presupposti e conclusioni” (Cons. Stato, sez. IV, 14 aprile 2006 n. 2126).

7.5. Per contro, nel caso di specie, per quanto il precedente giudizio negativo sia espressione di potere latamente discrezionale, non sindacabile se non per palese irragionevolezza, travisamento o macroscopica illogicità o irrazionalità, la mancanza del documento su cui si regge l’intera valutazione (basata, come detto, unicamente sullo scarno giudizio di “scarsa laboriosità” emesso dall’allora Procuratore circondariale di Roma) non solo non consente di verificare in alcun modo l’adeguatezza e congruenza della motivazione del provvedimento di non conferma, ma si traduce nella radicale assenza di motivazione.

7.6. Sotto tale profilo la delibera gravata deve, dunque, ritenersi illegittima per difetto di istruttoria e carenza assoluta di motivazione.

7.7. Non possono dunque condividersi le statuizioni della sentenza che hanno concluso per la legittimità della delibera di non conferma “in quanto incentrata sul parere del Procuratore della Repubblica, che, con sintetico giudizio discrezionale ma logico, ha rilevato, quale fattore ostativo, la scarsa laboriosità del magistrato” e, conseguentemente, per la legittimità anche della delibera impugnata che ha motivato l'esclusione dell’appellante dalla procedura concorsuale soltanto sulla base di quel diniego di conferma.

7.8. Invero, il presupposto per l’ammissione ai sensi del bando è che l’aspirante magistrato onorario non abbia riportato una mancata conferma nelle pregresse funzioni onorarie svolte, ma, contrariamente a quanto ritenuto dalla sentenza appellata, il diniego di conferma non vale a sorreggere di per sé la delibera di esclusione, in assenza del documento in cui sono compendiate le motivazioni che l’hanno determinato.

7.9. L’assorbente fondatezza dei predetti motivi esime il Collegio dalla disamina delle ulteriori censure sollevate con gli ultimi due motivi di gravame, atteso che la distruzione del documento contenente la motivazione per relationem dei provvedimenti impugnati (la delibera del CSM di non conferma e il pedissequo parere contrario del Consiglio giudiziario) non consente di dare ingresso a valutazioni relative al merito della vicenda attinente allo svolgimento delle funzioni di vice procuratore onorario da parte dell’appellante.

8. In conclusione, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado con annullamento della impugnata delibera consiliare del -OMISSIS- nella parte in cui esclude l’appellante dalle graduatorie definitive inerenti alle procedure di selezione per l'ammissione al tirocinio ai fini della nomina a vice procuratore onorario della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma nonché a giudice onorario di pace presso l'Ufficio del giudice di pace di Roma, nonché degli atti presupposti (delibera consiliare del CSM del -OMISSIS- e verbale di adunanza del Consiglio Giudiziario del -OMISSIS-, contenente parere contrario alla riconferma dell’interessata nelle funzioni di viceprocuratore onorario per il triennio -OMISSIS-).

8.1. A ciò consegue, quale effetto conformativo del giudicato, l’obbligo per l’Amministrazione di non tenere conto dei predetti atti nello stilare le graduatorie delle sopra indicate procedure relative all'ammissione al tirocinio ai fini della nomina alle funzioni di vice procuratore onorario e giudice di pace per le quali l’appellante ha presentato domanda di partecipazione.

9. La peculiarità della vicenda e la particolarità delle questioni trattate, nonché il complessivo andamento del giudizio, giustificano l’integrale compensazione tra le parti delle spese processuali.

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