Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-03-13, n. 201301502
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Testo completo
N. 01502/2013REG.PROV.COLL.
N. 01090/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1090 del 2009, proposto da
S s.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avv. A D M, con domicilio eletto presso l’avv. Cristina Lenoci in Roma, via Cola di Rienzo, 271;
contro
Comune di Barletta, in persona del sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'avv. I P, con domicilio eletto presso l’avv. B P P in Roma, via Celimontana, 38;Regione Puglia, in persona del presidente
pro tempore,
rappresentata e difesa dall'avv. L F, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini,36;
nei confronti di
De Marzo Francesco;
per la riforma della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI, SEZIONE II, n. 01937/2008, resa tra le parti, concernente concessione demaniale di un tratto di arenile, per insediamento spiaggia attrezzata;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 15 gennaio 2013 il Cons. Gabriella De Michele e uditi per le parti gli avvocati De Matteis, Panariti per delega dell'avvocato Palmiotti e Ravenna per delega dell'avvocato Francesconi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Con sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione II di Lecce, n. 1937/08 del 7 agosto 2008 è stato dichiarato inammissibile per difetto di interesse il ricorso proposto dalla S s.r.l. (presentatrice di domanda per ottenere la concessione di un tratto di arenile) contro il Comune di Barletta e nei confronti del controinteressato signor Francesco De Marzo, con riferimento alla concessione demaniale n. 17 del 13 dicembre 2007, rilasciata sull’area in questione al medesimo signor De Marzo e ad atti prodromici, fra cui le note della Regione Puglia, settore Demanio, nn. prot. 20/699/P del 23 gennaio 2006 e 20/8897/P del 10 agosto 2007.
Nella sentenza si rilevava come, in base all’art. 17 della legge della Regione Puglia 23 giugno 2006, n. 17, nelle more dell’approvazione del piano regionale delle coste fosse possibile solo il rinnovo, alle stesse condizioni, delle concessioni già rilasciate, di modo che nessun nuovo aspirante sarebbe stato legittimato a proporre domanda per il rilascio di una nuova concessione, con conseguente carenza di interesse del medesimo a contestare gli eventuali rinnovi di concessioni già in essere.
In sede di appello (n. 1090/09, notificato il 17 gennaio 2009, la S s.r.l. prospettava le seguenti ragioni difensive:
1) violazione dell’art. 24 della Costituzione e dei principi in materia di legittimazione al ricorso;insufficienza, illogicità e irragionevolezza della motivazione;violazione o falsa applicazione della legge regionale n. 17 del 2006, con particolare riferimento all’art. 17, non potendo quest’ultima norma escludere, in sede di rinnovo di concessioni già esistenti, la presentazione di nuove domande concorrenziali, dovendo soltanto precludersi l’affidamento in concessione di nuovi tratti di costa fino all’approvazione del piano regionale. Nella situazione in esame, pertanto, la domanda del precedente concessionario avrebbe dovuto essere esaminata in concorrenza con quella della S s.r.l. o sospesa, nelle more dell’approvazione del nuovo piano delle coste;non potrebbe dunque negarsi alla stessa S s.r.l. la legittimazione ad opporsi al rilascio della nuova concessione di cui trattasi;
2) ancora violazione o falsa applicazione dell’art. 17 della legge regionale n. 17 del 2006, dell’art. 25 del Regolamento del Codice della navigazione e dei principi generali in materia di rinnovo delle concessioni demaniali;eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il rinnovo costituirebbe nuova concessione demaniale, tanto più in considerazione del distacco temporale fra la data di scadenza della concessione precedente (30 settembre 2004) e quella di rilascio della nuova (13 dicembre 2007) ed in presenza di pubblicazione – ex art. 18 Cod. nav. – della domanda presentata da S s.r.l.;
3) violazione dell’art. 17 della legge regionale n. 17 del 2006 sotto altro profilo, in quanto la concessione che si vorrebbe rinnovata era stata rilasciata per soli quattro mesi (dal 1° giugno al 30 settembre 2004) e non avrebbe potuto, pertanto, essere rinnovata per sei anni;
4) violazione o falsa applicazione degli articoli 37 Cod. nav. e 18 Reg. cod. nav., nonché dei principi generali e comunitari in materia di affidamento di beni pubblici, in mancanza di adeguata procedura concorrenziale;violazione dei principi di par condicio , trasparenza e buon andamento dell’Amministrazione, tenuto conto della necessaria pubblicazione delle domande di rinnovo e dell’obbligo di esame di ogni domanda concorrenziale, tenuto conto delle direttive nn. 2004/18/CEE e 2004/17/CEE (cfr. anche Cons. Stato, VI, 25 gennaio 2005, n. 168);
5) eccesso di potere per sviamento, carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione, contraddittorietà;violazione degli articoli 36 e 37 Cod. nav. e dell’art. 48, comma 3 della legge della Regione Puglia 11 febbraio 1999, n. 11, nonché dei principi in materia di comparazione per l’affidamento di beni demaniali marittimi, in quanto l’asserita preferenza per il rinnovo della concessione di cui trattasi a favore del signor De Marzo risulta giustificata anche con ragioni di tutela dell’ambiente, essendo prevista dal medesimo solo l’installazione di ombrelloni e sedie sdraio e non anche (come previsto da S s.r.l.) di manufatti edilizi, in contrasto con l’esigenza delle attrezzature minime, di carattere igienico sanitario, di cui alla citata legge regionale n. 11 del 1999 e senza rilevare l’assoluta conformità alla normativa vigente della domanda avanzata dalla medesima S s.r.l., già positivamente valutata dal Comune;
6) violazione o falsa applicazione dell’art. 10, lett. b) della legge n. 241 del 1990, per omessa considerazione delle osservazioni proposte dalla società interessata ed attuale appellante.
Si costituivano nel presente grado di giudizio la Regione Puglia e il Comune di Barletta, chiedendo che l’appello non fosse accolto perché inammissibile o infondato. Il Comune, in particolare, sottolineava la condivisibilità della pronuncia di primo grado, in una situazione che non consentiva - in assenza di piano regionale delle coste – il rilascio di nuove concessioni demaniali, con conseguente carenza di legittimazione della società SICI ad opporsi al mero rinnovo (da ritenere consentito nei soli confronti del precedente titolare) di una concessione in precedenza rilasciata.
Nel merito, inoltre, veniva contestata la fondatezza dell’impugnativa, sia in quanto la procedura ad evidenza pubblica, fra più aspiranti concessionari, sarebbe stata giustificata solo in mancanza delle ragioni di preferenza, di cui all’art. 37 Cod. nav., sia perché il provvedimento avrebbe dato conto delle ragioni del rinnovo accordato e del mancato accoglimento delle osservazioni della società appellante.
Premesso quanto sopra, il Collegio ritiene che l’appello sia meritevole di accoglimento, sotto il profilo sia della legittimazione della S s.r.l. a contestare il nuovo titolo concessorio rilasciato al controinteressato, sia della prospettata violazione dell’art. 17 ( Norme transitorie ) della legge della Regione Puglia 23 giugno 2006, n. 17 ( Disciplina della tutela e dell'uso della costa ).
Preliminarmente, ai fini dell’identificazione del quadro normativo generale, è bene sottolineare che la concessione demaniale di cui si discute era stata emessa il 13 dicembre 2007, quando il secondo comma dell’art. 37 Cod. nav. (r.d. 30 marzo 1942, n. 327) – come modificato dall'art. 2, comma 1, d.-l. 5 ottobre 1993, n. 400 ( Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime ), convertito dalla l. 4 dicembre 1993, n. 494 – affermava che, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative, avrebbero dovuto essere preferite le richieste che prevedessero attrezzature non fisse e completamente amovibili, con ulteriore preferenza accordata, in sede di rinnovo, “alle precedenti concessioni, già rilasciate, […] rispetto alle nuove istanze” . Quanto sopra, prima dell’abrogazione di tale ultimo periodo ad opera dell'art. 1, comma 18, d.l. 30 dicembre 2009, n. 194 ( Proroga di termini previsti da disposizioni legislative ), convertito dalla l. 26 febbraio 2010, n. 25.
Ciò posto riguardo alla previsione normativa che, al tempo, privilegiava il c.d. diritto di insistenza ,, va comunque sottolineata anche per quel tempo l’esigenza di un’interpretazione costituzionalmente orientata della stessa, nei termini già condivisibilmente esposti nella decisione del Consiglio di Stato, sez. VI, 21 maggio 2009, n. 3145. Principi sia costituzionali che comunitari impongono infatti, anche per le concessioni demaniali marittime, il rispetto dei principi di parità di trattamento, non discriminazione e par condicio , in modo tale da garantire un’effettiva concorrenza tra gli operatori del settore;in occasione del rinnovo di qualsiasi atto concessorio, pertanto, l’amministrazione doveva comunque procedere alla valutazione comparativa di eventuali domande concorrenti. Di conseguenza, il concessionario di un bene demaniale poteva opporre una mera aspettativa al rinnovo del rapporto preesistente, quando l'amministrazione – in presenza di più domande - dovesse procedere ad un nuovo sistema di affidamento, mediante pubblica gara.
Il citato art. 17 l. reg. n. 17 del 2006, a sua volta, prevedeva un regime transitorio di salvaguardia, in attesa dell’approvazione del piano regionale delle coste , in attesa del quale si riteneva ragionevole non compromettere, con modifiche dell’assetto preesistente, la nuova pianificazione di utilizzo del litorale. In tale ottica, per quanto qui interessa, si ammetteva solo il rinnovo delle concessioni già rilasciate “per la durata e con condizioni identiche a quelle in scadenza” , nonché il “rinnovo di concessioni annuali, con clausola di precarietà, per la durata di anni sei con il medesimo vincolo di precarietà” .
Ad avviso del Collegio non può ritenersi che, con le predette formulazioni, il legislatore regionale della Puglia intendesse prefigurare un’ingiustificata rendita di posizione per i soggetti già possessori del titolo in questione, in contrasto con il principio generale sopra esposto: principio già accertato, in sede giudiziale, con la citata sentenza n. 3145/09 e compatibile sia con gli interessi pubblici coinvolti, sia con la specifica finalità della norma transitoria regionale, (intesa a non consentire – nelle more dell’approvazione del PRC – l’ampliamento delle aree oggetto di concessione).
La nozione di “rinnovo”, d’altra parte, non va confusa con quella di “proroga” dello stesso titolo concessorio, ovvero con la protrazione dell’efficacia nel tempo dell’originaria concessione: ipotesi, quest’ultima, che ricorre sul piano sostanziale quando il medesimo rapporto concessorio venga fatto proseguire, a beneficio del precedente titolare, ex lege o a fronte di una sola domanda, presentata prima della scadenza del titolo (cfr. in tal senso, per il principio, Cons. Stato, VI, 26 maggio 2010, n. 3348 e 1 febbraio 2013, n. 626). Il “rinnovo” – di cui all’art. 17 in questione - comporta invece un nuovo atto concessorio che ha il medesimo oggetto, ma non necessariamente il medesimo destinatario: tale fattispecie comporta – come evidenziato dal ricordato precedente - la volontà dell’amministrazione di rinnovare un affidamento in concessione (anziché far cessare qualsiasi affidamento del genere), ma non implica la reiterazione in toto , anche dal punto di vista soggettivo, del titolo precedente. La ratio della disposizione transitoria, rispetto all’intero testo della citata legge regionale n.. 17 del 2006, è infatti solo quella di consentire un’ulteriore fase di concessione per un certo tratto di arenile, non anche una sorta di prelazione per i precedenti concessionari. Una preferenza automatica per questi ultimi, d’altra parte, sarebbe in contrasto con i principi costituzionali di imparzialità e di buon andamento, e disincentiverebbe gli stessi dall’avanzare proposte migliorative, sia economiche che gestionali, tali da assicurare la rispondenza al pubblico interesse dell’utilizzo del bene demaniale.
Solo le conclusioni qui esposte appaiono, in definitiva, coerenti con i principi di trasparenza e non discriminazione che si oppongono – anche a livello comunitario – al cosiddetto “principio di insistenza” (a favore del titolare precedente), in presenza di più domande, in rapporto alle quali debba avviarsi una procedura comparativa (Cons. Stato, V, 10 febbraio 2000, n. 725;VI, 23 luglio 2008, n. 3642 e VI, 21 maggio 2009, n. 3145).
Dal punto di vista processuale, poi, i medesimi assunti escludono, con evidenza, che l’originaria ricorrente fosse priva di legittimazione nel contestare il rinnovo della concessione.
Consegue a quanto sopra la necessità di riforma della sentenza appellata sotto tale profilo (da identificare come contenuto della sentenza stessa e non come vizio di forma o di procedura, con conseguente ritenzione della causa, per le altre censure prospettate, da parte del giudice di secondo grado: cfr. Cons. Stato, V, 6 dicembre 1988, n. 797;IV, 15 gennaio 1980, n. 13;IV, 23 ottobre 1984, n. 774;VI, 17 aprile 2003, n. 2083;IV, 7 giugno 2004, n. 3608;V, 10 maggio 2005, n. 2348, 14 aprile 2008, n. 1605 e 2 ottobre 2008, n. 4774).
Delle predette censure, per le ragioni già in precedenza illustrate, appare assorbente quella di violazione della più volte citata legge regionale della Puglia n. 17 del 2006, in quanto erroneamente applicata dal Comune di Barletta nel ritenere non esaminabili in via concorrenziale due istanze di concessione per il medesimo tratto di arenile, in rapporto al quale poteva configurarsi il rinnovo del titolo, dopo la scadenza di quello precedente in data 30 settembre 2004 (con nuove domande di rilascio presentate, o rinnovate, nel 2007).
Un’ulteriore violazione di legge è ravvisabile, poi, nelle modalità della concessione, rilasciata al precedente titolare al di fuori dei limiti, previsti al comma 1, lett. a) e b) del citato art. 17: risulta infatti prevista nell’atto impugnato una durata della concessione di sei anni (possibile solo per le concessioni annuali), mentre il titolo precedente aveva avuto una durata di soli quattro mesi e risultava rinnovabile solo alle stesse condizioni.
Le ragioni sinora illustrate giustificano di per sé l’accoglimento del ricorso, con le conseguenze precisate in dispositivo, senza che rilevino le ulteriori argomentazioni difensive, riferite ad una comparazione non compiutamente effettuata e ad altre irregolarità procedurali. Quanto alle spese giudiziali, infine, il Collegio ne ritiene equa la compensazione, tenuto conto della complessità della questione trattata, anche in relazione all’intervenuta successione nel tempo di diverse previsioni normative.