Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-04-04, n. 201201993

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2012-04-04, n. 201201993
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201993
Data del deposito : 4 aprile 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02989/2010 REG.RIC.

N. 01993/2012REG.PROV.COLL.

N. 02989/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2989 del 2010, proposto da:
R T, rappresentato e difeso dagli avv. E S D, S S D, con domicilio eletto presso Bdl Studio in Roma, via Bocca di Leone, 78;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliataria per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE II n. 04392/2009, resa tra le parti, concernente SANZIONE DISCIPLINARE DELLA PERDITA DEL GRADO.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze e di Comando Generale della Guardia di Finanza;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 marzo 2012 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati E S D e Maurizio Greco (avv. St.);

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio T Rocco proponeva ricorso per l’annullamento del decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 13 maggio 2004 con cui gli veniva inflitta la sanzione disciplinare della perdita del grado per rimozione.

Il ricorrente, ufficiale superiore della Guardia di finanza, era stato sottoposto a procedimento penale, in esito al quale la Corte di Cassazione con sentenza n.321 del 31 marzo 2003 aveva derubricato il contestato reato di concussione in quello di istigazione alla concussione, dichiarando, in base a ciò, intervenuta la prescrizione del reato.

Il ricorrente faceva presente che: avendo avuto conoscenza della sentenza, il Comandante regionale della Guardia di finanza della Toscana il 2 maggio 2003 e il Comandante interregionale in data 8 maggio 2003 avevano manifestato al Comando Generale del Corpo l’esigenza di instaurare il procedimento disciplinare a carico dell’ufficiale;
il T rendeva noto che in data 22 settembre 2003 gli era stata notificata ai sensi dell’art. 140 c.p.c. la contestazione degli addebiti, mentre in data 21 e 23 ottobre l’ufficiale inquirente lo informava della conclusione dell’inchiesta;
deferito al Consiglio di disciplina in data 5 dicembre 2003, in data 26 aprile, su conforme parere del Consiglio di disciplina, il Comandante Generale del Corpo proponeva al Ministro dell’economia e finanza la sanzione successivamente adottata dal Ministro.

Con il ricorso di primo grado il ricorrente articolava distinti gruppi di censure riguardanti: il mancato rispetto dei termini all’interno del procedimento e per la conclusione del procedimento, anche in relazione alla decorrenza rispetto alla sentenza di prescrizione;
illegittimità perché i vari pareri avrebbero inficiato la serenità dell’ufficiale inquirente;
la violazione di legge, in quanto l’ufficiale inquirente, se di grado inferiore all’inquisito, avrebbe dovuto astenersi.

Il giudice di prime cure rigettava tutti i motivi di ricorso, ritenendoli infondati.

Con l’atto di appello vengono in sostanza riproposti i medesimi motivi presentati e respinti in prime cure.

In particolare, l’appellante contesta sia la violazione del termine di inizio del procedimento disciplinare, ritenendo applicabile alla specie l’art. 10, terzo comma della legge 97 del 2001, sia i termini del suo successivo svolgimento, assumendo violato in tal caso l’art. 120 del DPR 1957 n.3.

Con altri motivi di censura parte appellante lamenta difetto nell’istruttoria del procedimento disciplinare, perché basato sulle sole risultanze del procedimento penale, deducendo, quindi, difetto di istruttoria e di adeguata motivazione. Fa presente che in realtà la Cassazione ha escluso la concussione, mentre il procedimento disciplinare si è fondato sui fatti come sarebbero stati accertati nel processo penale, ignorando la diversa qualificazione del reato, derubricato a “istigazione alla corruzione”. Lamenta eccesso di potere perché i pareri a firma dei Comandanti sopra menzionati avrebbero inficiato il giudizio dell’ufficiale inquirente;
lamenta la sproporzione della adottata sanzione;
deduce illegittimità, per violazione della circolare n.1/1993 del Comando Generale della Guardia di Finanza, dove si richiede che il parere formulato dal Comandante della Regione della Guardia di Finanza successivo alla relazione dell’ufficiale inquirente sia redatto da ufficiale di grado superiore rispetto a quest’ultimo;
infine, lamenta che l’ufficiale inquirente non sia stato designato formalmente dal Ministro.

Si è costituito l’appellato Ministero, chiedendo il rigetto dell’appello perché infondato.

Alla udienza pubblica del 20 marzo 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con i primi motivi di censura, l’appellante contesta sia la violazione del termine di inizio del procedimento disciplinare, ritenendo applicabile alla specie l’art. 10, terzo comma della legge 97 del 2001, sia i termini del suo successivo svolgimento, assumendo violato in tal caso l’art. 120 del DPR 1957 n.3.

Gli assunti sono infondati.

Nella specie, la sentenza che ha definito la vicenda penale è di proscioglimento per intervenuta prescrizione.

La sentenza, emessa in data 25 febbraio 2003, ha come data di deposito della pronuncia il 31 marzo 2003, mentre l’avvio dell’inchiesta formale disciplinare è avvenuto in data 22 settembre 2003, data della avvenuta notifica all’interessato dell’atto di contestazione degli addebiti.

Alla specie, quindi, si applica l’art. 97 del d.P.R. 1957 n.3, che richiama il termine di centottanta giorni dalla data del passaggio in giudicato della sentenza o di deposito, termine che nella fattispecie è stato rispettato.

I termini di inizio del procedimento disciplinare previsti dall’art. 97 terzo comma del d.p.r. n.3 del 1957, che qui trova applicazione, valgono per le ipotesi in cui il processo penale si sia concluso con sentenza di assoluzione o di proscioglimento,. Nel caso la pronuncia ha fondato le sue determinazioni sulla prescrizione del reato, che non si assimila ad un vero proscioglimento..

La normativa invocata da parte appellante, che richiama la legge n.97 del 2001, al contrario, si riferisce ai procedimenti disciplinari conseguenti a sentenze irrevocabili di condanna per fatti antecedenti alla sua entrata in vigore e per le fattispecie di reato ivi previste.

2.Con riguardo alla asserita violazione del termine per la conclusione del procedimento, va osservato che, in caso di sentenza di proscioglimento per intervenuta prescrizione, non è fissato un termine per la conclusione del procedimento, ma è necessario che tra un atto del procedimento e il successivo trascorra un arco di tempo non superiore a novanta giorni.

Nella specie, mentre l’appellante mette in relazione il verbale del Consiglio di disciplina del 19 febbraio 2004 rispetto alla sanzione della perdita del grado per rimozione, avvenuta in data 10 settembre 2004, il procedimento in realtà deve ritenersi concluso alla data di adozione dell’atto stesso, avvenuta in data 13 maggio 2004.

Se è vero che il termine fissato dall’art. 120 d.p.r. 3 del 1957 ha carattere perentorio e attiene anche alla adozione del provvedimento finale, esso si interrompe ogni volta che, prima della sua scadenza, si compia un atto endoprocedimentale (Cons. Stato, Ad.Plen. 26 giugno 2000, n.15).

Anche con riguardo al rapporto tra la data del 22 settembre 2003 di contestazione degli addebiti e la data del 2 gennaio 2004, di notifica del provvedimento di deferimento al Consiglio di Disciplina, ciò che rileva è che l’atto sia stato compiuto e non necessariamente che esso sia stato altresì notificato all’interessato (Ad. Plenaria su citata, 26 giugno 2002, n.15).

Pertanto, anche dalla data del 22 settembre 2003 di notifica della contestazione degli addebiti alla data del 18 dicembre 2003 di firma da parte dell’Autorità competente del provvedimento di deferimento al Consiglio di Disciplina, è stato rispettato il termine di novanta giorni.

3.Con altri motivi di censura parte appellante lamenta difetto di istruttoria del procedimento disciplinare, perché basato sulle sole risultanze del procedimento penale, e quindi deduce difetto di istruttoria e di adeguata motivazione. Fa presente che in realtà la Cassazione ha escluso la concussione, mentre il procedimento disciplinare si è fondato sui fatti come sarebbero stati accertati nel processo penale, ignorando la diversa qualificazione del reato, derubricato a “istigazione alla corruzione”.

In sostanza, la censura consiste nel difetto di adeguata istruttoria e motivazione rispetto a quanto sarebbe emerso dal procedimento penale, definito con la formula del proscioglimento per intervenuta prescrizione.

Il motivo è infondato.

Nei fatti, l’appellante è stato condannato sia in primo grado che in secondo grado ad anni 3 e 6 mesi di reclusione, nonché alla interdizione in perpetuo dai pubblici uffici in relazione alla fattispecie di reato di concorso continuato in concussione;
è stato prosciolto dalla fattispecie di omessa denuncia di reato da parte di pubblico ufficiale per intervenuta prescrizione;
la Corte di Cassazione, mentre ha dichiarato infondati i motivi di nullità addotti dall’imputato su alcune testimonianze di testimoni nell’ambito del dibattimento, ha accolto il ricorso relativamente alla diversa qualificazione giuridica del fatto, non integrando questo la fattispecie concessiva, ma il delitto di istigazione alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, disponendo l’annullamento senza rinvio della sentenza di condanna impugnata, essendosi il reato, così qualificato, estinto per prescrizione.

Nella diversa qualificazione, la Cassazione così si esprimeva: ““la condotta del TOMA debba piuttosto essere inquadrata in una sorta di “manifestazione strisciante” di sollecitazione al privato…e non piuttosto in una dimensione ragionevolmente idonea a determinare quella posizione di concreto “squilibrio” tra il soggetto attivo p.u. e la vittima che tipizza la figura della concussione””.

Rispetto a quanto accertato nell’ambito del giudizio penale, l’amministrazione ha proceduto ad autonoma valutazione dei medesimi fatti a fini disciplinari.

Nei fatti, il T avrebbe indotto esponenti della società verificata CMF Sud Spa e della controllante

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