Consiglio di Stato, sez. II, sentenza 2024-07-10, n. 202406179
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Testo completo
Pubblicato il 10/07/2024
N. 06179/2024REG.PROV.COLL.
N. 06365/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6365 del 2022, proposto dalla signora -OMISSIS- rappresentata e difesa dall’avvocato Carmine Rucireta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Bari, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato Chiara Lonero Baldassarra, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, n.53;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sezione terza, -OMISSIS- resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bari;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2024 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti l’avvocato Giancarlo Sorrentino, in sostituzione dell’avvocato Carmine Rucireta e l’avvocato Carla Efrati, in sostituzione dell’avvocato Chiara Lonero Baldassarra;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellante impugna la sentenza indicata in epigrafe che ha respinto il ricorso introduttivo e i motivi aggiunti proposti avverso le ordinanze di demolizione n. 123/2019 e n. 2263/2020 relative a una serie di manufatti realizzati senza titolo sul suolo di proprietà e consistenti in: a) un fabbricato in muratura di modeste dimensioni (m. 23,40 x 6,80) adibito a esposizione e vendita di materiale idrico-sanitario, con annesso deposito di materiale edile; b) un capannone in muratura delle dimensioni di mt 38 x 13,40, ad uso deposito di legna e materiale edile; c) un ulteriore fabbricato in muratura con copertura in lamiere di ridotte dimensioni (m. 6,10 x 15,65), anch’esso destinato a deposito di materiale edile; d) un altro fabbricato di analoghe dimensioni (m. 6,30 x 10.50), destinato al medesimo uso; e) una tettoia chiusa su tre lati con copertura in lamiera di piccole dimensioni (m. 6,30 x 7,20), anch’essa adibita a deposito di materiali edili; f) un deposito in muratura composto da due ambienti di complessivi mq. 35 circa; g) un ambiente di modeste dimensioni adibito a ferramenta; h) due fabbricati in muratura destinati a civile abitazione.
1.1 Il TAR, all’esito della disposta verificazione, respingeva il ricorso, rilevando che: i) dalla documentazione reperita presso il Comune di Bari, si può affermare che soltanto due degli edifici esistenti al 1967 risultano assistiti da una richiesta di sanatoria, mai definita, poiché il relativo procedimento veniva sospeso dal Comune e mai più riattivato; ii) il Regolamento edilizio comunale del 1936, nell’intero territorio dell’abitato della città di Bari (nonché nel raggio di 1 km. dalle ultime abitazioni), richiedeva per l’attività di costruzione il previo rilascio del titolo edilizio; iii) alla luce delle previsioni di P.R.G. e del regime vincolistico imposto dal Piano assetto idrogeologico (PAI) e dal Piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), l’ingiunzione demolitoria appare legittima, né si intravedono margini di possibilità di sanatoria per i beni immobili di cui è causa; iv) va considerato legittimo il provvedimento di demolizione dell’immobile abusivo fondato sul mancato accoglimento della domanda di sanatoria quando - nonostante il lungo tempo trascorso dal momento della presentazione della domanda - la situazione non sia comunque idonea a radicare in capo alla parte interessata un legittimo affidamento sulla favorevole conclusione del procedimento, non essendo in alcun modo concepibile l’idea di connettere al decorso del tempo e all’inerzia dell’Amministrazione la sostanziale perdita del potere di contrastare l’abusivismo edilizio, ovvero di legittimare, in modo atipico e anomalo, l’edificazione avvenuta senza titolo.
2. Con l’appello in epigrafe la ricorrente chiede la riforma della sentenza per le seguenti ragioni:
I. Error in procedendo. Eccesso di potere giurisdizionale – difetto assoluto di giurisdizione. violazione del diritto alla difesa di cui all’art. 24 della costituzione della repubblica italiana. Violazione dell’art. 6 cedu. violazione dell’art. 34 c.p.a. violazione dell’art. 112 c.p.c. violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato;
II. Error in procedendo et in iudicando. Eccesso di potere giurisdizionale – difetto assoluto di giurisdizione. violazione dell’art. 36 t.u. 380/01. Eccesso di potere per travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto, disparità di trattamento, ingiustizia manifesta;
III. Error in iudicando. violazione per falsa applicazione dell’art. 31 tu 380/01. Violazione dell’art. 31 della l.n. 1150/1942. Violazione dell’art. 33 della l.n. 1150/1942;
IV. Error in iudicando violazione per falsa applicazione dell’art. 31 tu 380/01. Violazione dell’art. 31 della l.n. 1150/1942. Violazione del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa. eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto, contraddittorietà intrinseca, ingiustizia;
V . Error in iudicando. eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, travisamento dei presupposti in fatto ed in diritto .
3. Si è costituito in giudizio il Comune di Bari che ha eccepito l’infondatezza delle avverse difese, chiedendone la reiezione.
4. Con ordinanza cautelare n.-OMISSIS- è stata respinta l’istanza di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata.
5. In vista dell’udienza di trattazione entrambe le parti hanno depositato memorie, insistendo nelle rispettive difese.
6. All’udienza del 2 luglio 2024, previa discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
7. L’appello è infondato.
8. Con il primo motivo di appello l’appellante lamenta che il giudice di primo grado, anziché limitarsi ad accertare l’illegittimità dell’ordinanza impugnata per difetto di istruttoria in ordine all’istanza di sanatoria presentata nel 1967 e mai definita, si è spinto a valutare la sanabilità dei manufatti, pronunciandosi su un potere amministrativo -quello di autorizzazione dell’attività edilizia- non ancora esercitato, violando l’art. 34, comma 2, c.p.a. ed elidendo l’interesse della ricorrente all’annullamento del provvedimento illegittimo. Deduce, inoltre, che la questione della sanabilità degli abusi, su cui il TAR si è soffermato, è totalmente estranea all’impianto motivazionale dei provvedimenti impugnati e alla causa petendi del giudizio, con conseguente violazione non solo del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato di cui all’art. 112 c.p.c., ma anche del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e del diritto all’equo processo previsto dall’art. 6 CEDU.
8.1 Il motivo è infondato.
8.2 Il giudice di primo grado ha esaminato il quarto motivo del ricorso per motivi aggiunti relativo al difetto di istruttoria con riguardo all’istanza di sanatoria presentata dal dante causa della ricorrente nel 1967- il cui procedimento fu sospeso con nota prot. n. 108100 del 23 dicembre 1967 e mai più riavviato- sia sotto il profilo del merito, rilevandone l’infondatezza, sia sotto il profilo dell’ammissibilità del gravame, rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 35, comma 1, lett. b), c.p.a.
8.3 Pur respingendo nel merito il ricorso perché la domanda di sanatoria, in ragione del lasso temporale decorso, doveva ritenersi non accolta (pag. 12 della sentenza ove si osserva: “ Ciò che fa propendere questo Collegio per la decisione di rigetto (anziché di inammissibilità del gravame) è che va considerato legittimo il provvedimento ingiuntivo di demolizione dell'immobile abusivo, per mancato accoglimento della domanda di sanatoria ”), il TAR ha comunque osservato, sul piano dell’ammissibilità, che l’eventuale annullamento dell’ordinanza per mancata valutazione dell’istanza di sanatoria sarebbe inutiliter dato in quanto: i) anche a ritenere la sanatoria del 1967 ancora pendente nel 2019, essa non è stata riattivata in alcun modo; ii) a tutto concedere, quell’istanza potrebbe essere decisa oggi e dovrebbe essere respinta alla luce della vigente disciplina urbanistica “ sicché la ricorrente non ha interesse a censurare il vizio di legittimità, poiché l’eventuale annullamento giurisdizionale dell’ordine demolitorio