Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-11-29, n. 202210495

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VII, sentenza 2022-11-29, n. 202210495
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202210495
Data del deposito : 29 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 29/11/2022

N. 10495/2022REG.PROV.COLL.

N. 02031/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 2031 del 2018, proposto da
Torneria Automatica Capra di Capra Luigi e figli s.r.l. (già Torneria Automatica Capra s.n.c.), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati U G e G F R, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Cosseria 5;

contro

Comune di Biassono, in persona sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato F B, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato N M in Roma, via Casella 43;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - sede di Milano (sezione prima) n. 419/2018


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Biassono;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore all’udienza ex art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm. del giorno 11 novembre 2022 il consigliere Fabio Franconiero e udito per la parte appellante l’avvocato Grella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. La società Torneria Automatica Capra s.n.c., proprietaria di complesso immobiliare a destinazione produttiva realizzato ab immemorabili su un’area situata nel Comune di Biassono, via Parco 77, inserita nel perimetro del Parco regionale della Valle del Lambro, realizzava sull’immobile alcune « opere funzionali al miglior godimento del bene produttivo principale in ampliamento di altri corpi di fabbrica esistenti ed in precedenza legittimamente autorizzati dal Comune di Biassono ». Gli interventi, in assenza di titoli edilizi, erano consistiti nella creazione di un’abitazione unifamiliare e di un locale ad uso ufficio attraverso la chiusura di una tettoia chiusa;
ed inoltre in una tettoia aperta per il deposito di materiali in ampliamento di un altro immobile facente parte del complesso produttivo, e in un servizio igienico in muratura nel cortile.

2. Con tre separate istanze, depositate il 10 dicembre 2004, ne chiedeva il condono delle descritte opere, per le quali versava l’oblazione complessivamente dovuta.

3. Contro i rigetti delle istanze da parte del Comune di Biassono, motivati sull’insanabilità delle opere a causa del vincolo insistente sull’area e sulla modifica dell’aspetto esteriore dei luoghi da esse derivante, la medesima società proponeva separati ricorsi, riuniti per connessione dall’adito Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia - sede di Milano, e respinti con la sentenza in epigrafe.

4. Contro la sentenza di primo grado la Torneria Automatica Capra di Capra Luigi e figli s.r.l. (subentrata alla Torneria Automatica Capra s.n.c.) ha quindi proposto il presente appello, con il quale reitera la tesi della sanabilità delle opere abusive pur in presenza del vincolo e ripropone rispetto all’interpretazione contraria e restrittiva accolta nella decisione appellata le questioni di legittimità costituzionale già sollevate in primo grado.

5. Il Comune di Biassono si è costituito in resistenza.

DIRITTO

1. Con il primo motivo d’appello è riproposta la censura di genericità la motivazione a fondamento del rigetto delle istanze di condono, perché limitata al richiamo al vincolo insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi e alla relativa disciplina di legge, che si assume peraltro erroneamente interpretata, e sulla pretesa modifica dell’aspetto esteriore dei luoghi. A questo riguardo si sottolinea che le opere per le quali è stata chiesta la sanatoria non avrebbero comportato alcun « incremento sostanziale di volumetria e di superficie lorda di pavimento, poiché si limitano a trasformare una tettoia chiusa in uno spazio ufficio ed in uno spazio per bilocale residenziale, rimanendo entro la sagoma complessiva dell’edificio, ed in altra parte si limitano a trasformare parzialmente altra tettoia in un servizio igienico »;
ed inoltre che il vincolo sull’area non comporta un’inedificabilità assoluta. La sentenza avrebbe errato anche nell’attribuire al silenzio serbato dall’Ente Parco regionale della Valle del Lambro sul parere di compatibilità paesaggistica, che si suppone era comunque onere del Comune di Biassono procurarsi, valore di silenzio-rigetto sulle domande di condono, anziché di silenzio-assenso.

2. Con il secondo motivo di appello la sentenza è censurata per errata interpretazione della normativa regionale in materia di condono edilizio (legge regionale della Lombardia 3 novembre 2004, n. 31 - Disposizioni regionali in materia di illeciti edilizi ;
art. 3, comma 1), e per la supposta insanabilità delle opere realizzate in aree vincolate da essa desunta. Viene contrapposta una lettura sostanzialistica, volta a sostenere la sanabilità delle opere abusive in presenza di vincoli di carattere relativo. Si sottolinea che l’art. 32 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 ( Norme in materia di controllo dell’attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie ) avrebbe introdotto « il principio generale della condonabilità di tutte le opere eseguite in zone vincolate, previo assenso dell’autorità preposta alla tutela del vincolo », applicabile, in forza del richiamo dell’art. 3, comma 2, della citata legge regionale 3 novembre 2004, n. 31, anche alle domande di sanatoria soggette al terzo condono edilizio, di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ( Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici ;
convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326), come le tre presentate dalla società ricorrente.

3. Con il terzo motivo la sentenza viene censurata nella parte in cui sul presupposto del mancato parere di compatibilità paesaggistica dell’autorità preposta al vincolo ha escluso che sulle domande di condono si sia formato il silenzio-assenso alla scadenza del termine di 24 mesi dalla loro presentazione, secondo quanto previsto dall’art. 32, comma 37, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269.

4. Con il quarto motivo è riproposta la censura di carenza di motivazione dei dinieghi di condono a causa del mancato esame delle controdeduzioni presentate in sede di contraddittorio procedimentale con l’amministrazione comunale, di cui questa non ha tenuto conto nei provvedimenti finali, e in relazione alla quale si contestano i presupposti per applicare la “sanatoria processuale” prevista dall’art. 21- octies , comma 2, della legge generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241, invece ravvisati dalla sentenza di primo grado.

5. Con il quinto motivo sono riproposte le questioni di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 1, 3, 9, 117 e 119 Cost., degli artt. 32, commi 26 e 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, in combinato con gli artt. 32 e 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e con la legge regionale della Lombardia 3 novembre 2004, n. 31. Si deduce che la normativa censurata, se interpretata in senso restrittivo, e quindi nel senso di escludere la sanabilità degli abusi maggiori in zone soggette a vincoli di edificabilità di carattere relativo, comporterebbe un irragionevole trattamento differenziato a seconda che gli stessi abusi ricadano o meno in zone vincolate, ancorché realizzati nel medesimo contesto paesaggistico-visivo ed aventi le stesse caratteristiche e consistenza;
renderebbe inoltre superfluo l’istituto del condono, posta l’applicabilità della sanatoria paesaggistica ex art. 167 del testo unico dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, per gli interventi di minore entità;
un ulteriore profilo di ingiustificata disparità di trattamento sarebbe ravvisabile rispetto alle opere abusive eseguite su suoli statali e demaniali, rese invece condonabili;
ne deriverebbe infine una ricaduta negativa nei rapporti con l’Unione Europea, ai fini del coordinamento della finanza pubblica e per il gettito erariale.

6. Le censure così sintetizzate sono infondate.

7. Il richiamo al vincolo paesaggistico insistente sull’area su cui sono stati realizzati gli abusi edilizi e alle caratteristiche di questi ultimi costituisce in primo luogo motivazione sufficiente a fondare i dinieghi di condono impugnati, anche rispetto alle deduzioni difensive presentate in sede di contraddittorio procedimentale. Infatti, il terzo condono edilizio di cui all’art. 32, del più volte citato decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, prevede in linea generale un divieto di sanatoria delle opere realizzate su « immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi (…) dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali » [comma 27, lett. d)]. La regola generale ora richiamata conosce un’eccezione nell’ipotesi in cui si tratti di vincoli di carattere relativo ex art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47, e gli interventi, quando siano « conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici» , rientrino nelle ipotesi restauro e risanamento conservativo o di manutenzione straordinaria, di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell’allegato 1 al medesimo decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 [comma 26, lett. b)].

8. Con le opere sopra descritte la società ricorrente ha invece dato luogo alla creazione di nuovi volumi, attraverso la chiusura di spazi delimitati da una tettoia aperta su un lato, o l’ampliamento di quelli preesistenti. Si tratta nel loro complesso di interventi non riconducibili alle fattispecie da ultimo richiamate, ed inoltre contrastanti con le norme di piano regolatore generale per la zona agricola in cui l’immobile è ubicato, vietanti modifiche della configurazione volumetrica esistente.

9. Le ragioni addotte a fondamento dei dinieghi di condono sono quindi conformi alle disposizioni di legge sopra richiamate, come peraltro costantemente interpretate dalla giurisprudenza amministrativa (da ultimo in questo senso: Cons. Stato, VI, 14 ottobre 2022, n. 8781;
10 ottobre 2022, n. 8643;
30 agosto 2022, n. 7543;
29 luglio 2022, n. 6684;
18 luglio 2022, n. 6112, 6143 e 6147;
9 giugno 2022, nn. 4685 e 4700;
25 marzo 2022, n. 2171;
7 febbraio 2022, n. 824;
18 gennaio 2022, n. 314). Avuto inoltre riguardo alla formulazione delle norme in esame, e all’eccezionalità dell’istituto del condono (cfr. sul punto: Corte cost., 28 giugno 2004, n. 196;
Cons. Stato, VI, 24 maggio 2021, n. 4017), non ricorrono inoltre i presupposti per un’interpretazione sostanzialistica della normativa nazionale in materia di condono edilizio, ed in particolare di quella sul terzo condono di cui al decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, alla quale fa rinvio espresso, per gli interventi realizzati « nelle aree a parco regionale », l’art. 3, comma 3, della legge regionale della Lombardia 3 novembre 2004, n. 31.

10. Deve inoltre essere escluso che si sia formato il parere favorevole di compatibilità paesaggistica in via tacita. Anche a questo specifico riguardo deve essere data continuità all’orientamento di giurisprudenza (ancora di recente: Cons. Stato, II, 30 giugno 2021, n. 4975;
24 dicembre 2020, n. 8333;
IV, 16 luglio 2021, n. 5359;
VI, 8 novembre 2022, n. 9805;
31 ottobre 2022, n. 9389;
7 ottobre 2022, n. 8633;
4 febbraio 2021, n. 1040) che esclude la sanatoria in via tacita degli abusi edilizi in area vincolata. Ciò avuto riguardo al fatto che l’art. 32, comma 1, legge 28 febbraio 1985, n. 47, richiamato dall’art. 32, comma 27, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, oltre che dal sopra citato art. 3, comma 2, della legge regionale lombarda 3 novembre 2004, n. 31, dispone che il condono per opere eseguite su immobili sottoposti a vincolo « è subordinato al parere favorevole delle amministrazioni preposte alla tutela del vincolo stesso ». Al medesimo riguardo va rilevato che per abusi commessi su immobili soggetti a vincoli nessuna disposizione di legge correla all’inerzia dell’autorità competente la formazione tacita dell’atto consultivo. Al contrario, il medesimo art. 32, comma 1, qualifica al secondo periodo l’inerzia dell’autorità preposta al vincolo come ipotesi di « silenzio-rifiuto », impugnabile dall’interessato, il quale non può dunque dolersi del mancato sollecito dell’amministrazione comunale affinché il parere fosse reso.

11. Va infine confermata la delibazione di manifesta infondatezza delle questioni di costituzionalità riproposte con l’appello, dirette nel loro complesso a censurare il più ristretto ambito di applicazione del terzo condono rispetto al primo, a causa del divieto di sanatoria dallo stesso previsto per gli abusi maggiori anche in presenza di vincoli di inedificabilità assoluta e non già relativi. Presso la giurisprudenza costituzionale in materia, tra cui la sentenza della Corte costituzionale 27 febbraio 2009, n. 54, richiamata dalla sentenza di primo grado, è stata infatti costantemente affermato il carattere straordinario dell’istituto (in questo senso: sentenze 28 giugno 2004, n. 196, sopra richiamata;
6 novembre 2009, n. 290;
11 ottobre 2012, n. 225;
da ultimo sentenza 30 luglio 2021, n. 181), sulla cui base non sono pertanto configurabili i profili di irragionevolezza e disparità di trattamento dedotti, né tanto meno quelli ulteriormente dedotti inerenti al coordinamento della finanza pubblica e al gettito erariale derivante dagli oneri versati per il condono.

12. L’appello deve quindi essere respinto, per cui va confermata la sentenza di primo grado, ma per la natura delle questioni controverse le spese di causa possono essere compensate.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi