Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-29, n. 201201174

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2012-02-29, n. 201201174
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201201174
Data del deposito : 29 febbraio 2012
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08327/2003 REG.RIC.

N. 01174/2012REG.PROV.COLL.

N. 08327/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8327 del 2003, proposto da:
L L, rappresentata e difesa dall'avv. Cesidio D'Aloisio, con domicilio eletto presso Mario Arpino in Roma, via Santa Maria Mediatrice, 1;

contro

Comune di Pianella;
Co.Re.Co. -Sez. Prov. Pescara, Regione Abruzzo, rappresentati e difesi dall'V R, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. ABRUZZO - SEZ. STACCATA DI PESCARA n. 00547/2003, resa tra le parti, concernente COLLOCAMENTO QUALIFICA CORRISPONDENTE E CONSEGUENTE CORRESPONSIONE ECONOMICA


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 febbraio 2012 il Cons. F F e uditi per le parti gli avvocati Bruni dell'Avvocatura Generale dello Stato;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con la sentenza in epigrafe il Tar Abruzzo, sez. staccata di Pescara, ha dichiarato inammissibile, perché tardivamente proposto, il ricorso di Luciana Lepri avverso vari provvedimenti del Comune di Pianella e del Co.re.co, sez. di Pescara, di inquadramento giuridico-economico nella qualifica di “ausiliaria di cucina, II livello, ai sensi della dell’accordo relativo alla disciplina del rapporto di lavoro del personale degli enti locali per il periodo 1 marzo 1979-31 dicembre 1981, approvato con d.p.r. n. 810/80. La ricorrente, provenendo dai ruoli del personale del soppresso Patronato scolastico, domandava invece l’inquadramento nel III livello, con la conseguente condanna al pagamento delle differenze retributive, conformemente alle previsioni contenute nel successivo accordo per il personale degli enti locali, approvato con d.p.r. n. 347/83, che tale superiore livello aveva riconosciuto agli inservienti di scuola materna.

Nel contraddittorio con il Co.re.co. il Tar ha ritenuto che il ricorso fosse stato tardivamente proposto nel 1995 a fronte di plurimi atti di inquadramento, l’ultimo dei quali adottato nel 1991 (delibera giuntale n. 311), che la ricorrente conosceva sulla base della qualifica riportata nel cedolino stipendiale, benchè si trattasse di atti di natura autoritativa, di attribuzione della qualifica di inquadramento, a fronte della quale la posizione giuridica della dipendente assumeva la consistenza di interesse legittimo.

La decisione è appellata dalla Lepri la quale ne domanda l’integrale riforma ed il conseguente accoglimento delle domande svolte nel ricorso di primo grado.

Resiste il Co.re.co chiedendo la conferma della sentenza.

All’udienza del 14/2/2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello si articola in due motivi di censura avverso la sentenza del giudice di primo grado.

In primo luogo l’appellante contesta la ratio decidendi imperniata sulla funzione conoscitiva dei provvedimenti di inquadramento impugnati assolta in concreto dal cedolino stipendiale, sostenendo in contrario che avrebbe invece dovuto annettersi esclusivo rilievo alla conoscenza piena ed effettiva dei provvedimenti, ivi compresa la sua motivazione, così da consentirne la percezione della sua lesività.

In secondo luogo si contesta la ritenuta natura costitutiva dei provvedimenti impugnati, i quali, al contrario, essendo espressione di un’attività vincolata dai criteri di inquadramento normativamente fissati, avrebbero valore meramente ricognitivo di questi ultimi.

Nessuno dei due motivi può essere accolto.

Con riguardo al primo, è la stessa appellante nel proprio atto di gravame ad ammettere che il cedolino stipendiale riporta, tra l’altro “il numero del livello retributivo” (pag. 5 del ricorso in appello).

Il dato in questione è decisivo perché consente al dipendente di risalire agevolmente al proprio inquadramento e dunque di coglierne la portata eventualmente lesiva.

Risulta allora applicabile l’incontrastato indirizzo di questo Consiglio secondo cui ai fini dell’impugnativa giurisdizionale, in difetto di formale comunicazione di un atto direttamente lesivo, il termine decadenziale va individuato nel momento della piena percezione dei suoi contenuti essenziali (autorità emanante, contenuto del dispositivo ed effetto lesivo), senza che sia necessaria la compiuta conoscenza della motivazione, la quale può eventualmente rilevare ai fini della proposizione di motivi aggiunti ( ex multis : sez. VI, 21/5/2007, n. 2541).

Con riguardo alla seconda doglianza, è sufficiente ricordare l’altrettanto univoco orientamento di questo giudice a mente del quale gli atti di inquadramento dei pubblici dipendenti hanno carattere provvedimentale sia quando implicano un apprezzamento delle mansioni svolte dall’interessato, come nel caso di specie, sia quando si risolvono nel semplice confronto formale tra la precedente posizione e quella di nuova attribuzione, trattandosi di atti autoritativi di inserimento del personale nell’organizzazione dei pubblici uffici, espressione del potere di supremazia speciale del datore di lavoro pubblico (sez. VI, 19/10/ 2009, n. 6371;
sez. V, 28/2/ 2011, n. 1251;
e sez. III, 15/12/2011, n. 6576).

Conseguentemente essi debbono venire tempestivamente impugnati, per gli effetti lesivi che da essi derivano sia sul piano giuridico che su quello economico, secondo lo schema tipico del giudizio impugnatorio.

Ciò non è avvenuto pacificamente nel caso oggetto del presente giudizio, donde il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza di primo grado (sebbene sia sia impropriamente fatto riferimento all’inammissibilità dell’impugnativa anziché all’irricevibilità).

Le spese del giudizio possono essere integralmente compensate per ragioni di equità, ravvisabili nella natura delle parti in causa.

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