Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-09, n. 201501174

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2015-03-09, n. 201501174
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201501174
Data del deposito : 9 marzo 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08933/2005 REG.RIC.

N. 01174/2015REG.PROV.COLL.

N. 08933/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 8933 del 2005, proposto dal Comune di Napoli, rappresentato e difeso dagli avv. G T, A P, F M F e A A, con domicilio eletto presso Gian Marco Grez in Roma, corso Vittorio Emanuele II 18;

contro

M A;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – NAPOLI, SEZIONE V, n. 9144/2005, resa tra le parti, concernente l’esecuzione del giudicato formatosi sulla sentenza del medesimo T.A.R. n. 12039/2004, in tema di liquidazione di somme per un periodo di sospensione cautelare dal servizio.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2015 il Cons. Nicola Gaviano e udito per la parte appellante l’avv. A A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania con sentenza n. 12039/04 depositata il 16/09/2004, passata in giudicato, dichiarava il diritto del sig. Alessandro Monfrecola alla liquidazione delle somme dovutegli dal Comune di Napoli a titolo di restitutio in integrum , nei limiti ivi specificati, in conseguenza della perdita di efficacia del provvedimento di sospensione dal servizio all’epoca adottato nei suoi confronti in ragione dei procedimenti penali pendenti a suo carico.

La sentenza, notificata al Comune in data 30/10/04 unitamente ad un atto di diffida, rimaneva ineseguita.

Da qui il ricorso proposto dall’interessato dinanzi al medesimo T.A.R. per ottenere l’esecuzione del giudicato.

Il Comune di Napoli resisteva a tale azione.

All’esito del nuovo giudizio il Tribunale, con la sentenza n. 9144/2005 in epigrafe, accoglieva anche questo ricorso, dopo avere respinto le eccezioni di inammissibilità che erano state opposte dall’Amministrazione per la mancata notifica in forma esecutiva della sentenza da ottemperare, e per il fatto che la diffida ex art. 90 R.D. n. 642/07 era stata notificata prima del termine dilatorio di 120 giorni dalla notifica del titolo esecutivo, prescritto dall’art. 14, comma 1, d.l. n. 669/1996 per l’esecuzione forzata nei confronti degli enti pubblici.

Veniva pertanto dichiarato l’obbligo del Comune di Napoli di adempiere al giudicato formatosi sulla sentenza nel termine di giorni trenta, e nominato quale commissario ad acta il Prefetto di Napoli (o funzionario dal medesimo designato) per l’ipotesi di una perdurante inottemperanza dell’Ente.

Il Comune insorgeva indi avverso tale sentenza proponendo il presente appello alla Sezione, con il quale reiterava le proprie eccezioni di inammissibilità, contestando gli argomenti con i quali queste erano state disattese dal primo Giudice.

L’Ente con successiva memoria riprendeva le proprie censure, insistendo per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza del 20 gennaio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.

L’appello è fondato.

1 L’Amministrazione con il proprio motivo principale d’impugnazione torna a lamentare l’inosservanza del termine dilatorio previsto dall’art. 14, comma 1, d.l. n. 669/1996 per l’esecuzione forzata nei confronti degli enti pubblici.

Orbene, la relativa disciplina, a differenza di quanto ritenuto dal T.A.R., deve ritenersi effettivamente applicabile anche al giudizio di ottemperanza dinanzi al Giudice amministrativo.

La giurisprudenza (C.d.S., IV, 22/05/2014, n. 2654;
13/06/2013, n. 3280;
12/05/2008, n. 2158) ha chiarito, invero, che l'obbligo, imposto alle PP.AA. dall'art. 14, comma 1, d.l. 31 dicembre 1996 n. 669 (convertito in l. 28 febbraio 1997 n. 30), di completare le procedure per l'esecuzione dei provvedimenti giurisdizionali aventi efficacia esecutiva, e comportanti il pagamento di somme di denaro, entro il termine di centoventi giorni dalla notificazione del titolo esecutivo, è riferibile anche al giudizio di ottemperanza: e questo per la sua sostanziale identità di ratio con l'esecuzione forzata regolata dal codice di rito civile, trattandosi di istituti che, sia pure per vie e con risultati diversi, hanno ambedue ad oggetto l'adempimento di obbligazioni pecuniarie derivanti dall'ordine del Giudice.

2 Ne consegue che il ricorso in ottemperanza teso all'attuazione coattiva dell'obbligo di pagamento pecuniario a carico della P.A. è inammissibile ove proposto prima del decorso di 120 giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.

Nel caso concreto questa prima regola è stata rispettata.

L’interessato, infatti, ha dapprima notificato, il 30 ottobre 2004, la sentenza n. 12039/2004, unitamente ad un atto di diffida per l’esecuzione del giudicato, e in seguito, ma solo il 24 marzo 2005, ha proposto il proprio ricorso in ottemperanza.

3a L’Amministrazione appellante fa però esattamente notare che la norma speciale anzidetta inibisce, prima della predetta scadenza di 120 giorni, anche la semplice notifica dell’atto di precetto, adempimento che può essere quindi validamente compiuto solo dopo tale scadenza.

La norma, difatti, una volta posto il proprio termine dilatorio, puntualizza: “ Prima di tale termine il creditore non può procedere ad esecuzione forzata né alla notifica di atto di precetto ”.

Tanto premesso, poiché nella procedura dell’ottemperanza la diffida prevista dall’art. 90 R.D. n. 642/1907 corrisponde esattamente, per natura e funzione, al precetto ex art. 480 c.p.c., nella fattispecie concreta la prima avrebbe potuto essere notificata solo dopo la scadenza del termine indicato. Una volta ammessa, infatti, l’applicabilità della norma in rilievo all’ottemperanza, diventa inevitabile applicare anche alla diffida l’inibitoria che la medesima riferisce all’atto di precetto.

3b Nel caso concreto, tuttavia, la diffida è stata intimata dall’interessato soltanto, prematuramente, in occasione della notificazione del titolo di cui chiedeva l’esecuzione, e pertanto invalidamente.

La diffida, d’altra parte, costituiva al tempo (ossia prima dell’avvento dell’art. 114 C.P.A.) un presupposto imprescindibile del ricorso in ottemperanza. Né sussisteva nello specifico alcuna delle peculiari condizioni in presenza delle quali il relativo adempimento avrebbe potuto ritenersi superfluo (ad es., la presenza di una dichiarazione dell’Amministrazione di non voler adempiere).

4 In conclusione, poiché alla base dell’originario ricorso in ottemperanza si riscontrava la carenza di una valida diffida, il medesimo era inammissibile.

In riforma della sentenza impugnata esso va quindi dichiarato tale.

Per le ragioni esposte l’appello deve dunque essere accolto.

La circostanza, però, che al tempo della proposizione del ricorso la giurisprudenza di questo Consiglio non avesse ancora fatto chiarezza sull’ampia portata della norma speciale più volte citata giustifica la compensazione tra le parti delle spese processuali del doppio grado di giudizio.

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