Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-09-09, n. 202207874
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Pubblicato il 09/09/2022
N. 07874/2022REG.PROV.COLL.
N. 02615/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2615 del 2022, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato P F, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Azienda Usl Toscana Centro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato P B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Seconda) n. -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Azienda Usl Toscana Centro;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 23 giugno 2022 il Pres. Michele Corradino e viste le conclusioni delle parti come da verbale di udienza
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La sig.ra -OMISSIS- in data 29.06.2021 ha presentato richiesta di risarcimento per il danno parentale diretto sofferto a seguito del decesso del marito, occorso il 6.11.2020 per complicazioni da Covid aggravate da una infezione ospedaliera.
L’Azienda USL Toscana centro, con nota del 21.10.2021, ha rigettato l’istanza ritenendo che, all’esito dell’istruttoria effettuata, non si evincessero profili di responsabilità né in capo all’azienda sanitaria né in capo ai propri operatori sanitari.
In pari data, la ricorrente ha depositato, dinanzi al Tribunale di Firenze, ricorso ex art. 696 bis c.p.c., al fine di accertare la responsabilità dell’azienda sanitaria nella causazione della morte del proprio familiare.
Nelle more del giudizio civile, in data 10.12.2021 ha inoltre presentato, utilizzando il modulo standard predisposto dall’ASL Toscana, richiesta di accesso agli atti ai sensi dell’art 5, comma 2 del D.Lgs n. 33/2013, richiedendo la documentazione inerente la pratica istruita a seguito richiesta danni (pratica n.-OMISSIS-) con particolare riferimento alla relazione-perizia medico legale interna.
Stante il silenzio dell’amministrazione, allo spirare del termine di 30 giorni in data 13.01.2022 la ricorrente ha presentato ricorso ai sensi dell’art. 116 c.p.a. al TAR Toscana, instando per l’esibizione del documento richiesto.
In data 31.03.2022, il Tribunale Civile di Firenze ha rigettato il ricorso ex art. 696 bis c.p.c. stante la sua assoluta genericità.
Il Tar Toscana, con sentenza n. -OMISSIS-ha dichiarato inammissibile il ricorso ai sensi dell’art.40 comma 1 c.p.a., per l’assoluta genericità dei motivi.
L’odierna appellante è insorta avverso la sentenza del giudice di prime cure, sostenendo che il TAR avrebbe errato nel sostenere l’aspecificità dei motivi presentati con il ricorso introduttivo e, in punto di merito, insistendo per l’ostensione del reperto medico richiesto.
Alla camera di consiglio del 23 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
L’appello è fondato.
Per quel che concerne le questioni di rito, erra il TAR nel ritenere che i motivi presentati nel ricorso introduttivo siano generici.
E’ vero, infatti, che nel giudizio amministrativo non basta dedurre genericamente un vizio, ma bisogna precisare il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto e, ancora, indicare tutte quelle circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussiste, pena la violazione dell'obbligo ex art. 40, comma 1, lett. d), c.p.a. di specificità delle censure, cui consegue l'inammissibilità del ricorso proposto.
Il giudizio in materia di accesso ad atti e documenti è tuttavia un giudizio del tutto peculiare, con caratteristiche che divergono dal giudizio in materia di legittimità degli atti. Anche se si atteggia come impugnatorio, in quanto rivolto avverso il provvedimento di diniego o avverso il silenzio - rigetto formatosi sulla relativa istanza, è sostanzialmente volto ad accertare la sussistenza o meno del titolo all'accesso nella particolare situazione dedotta in giudizio alla luce dei parametri normativi, indipendentemente dalla correttezza o meno delle ragioni addotte dall'Amministrazione per giustificare il diniego;infatti, il giudizio proposto, ai sensi dell'art. 116 c.p.a., avverso il diniego ha per oggetto la verifica della spettanza o meno del diritto medesimo, piuttosto che la verifica della sussistenza o meno di vizi di legittimità del diniego impugnato (CdS Sez. III n.4560/2021).
Di conseguenza, nell’ipotesi di accesso l’onere di motivazione del ricorso, pur se sempre presente, è modellato in termini meno stringenti, non essendo la relativa pronuncia giurisdizionale volta a giudicare un vizio di legittimità del provvedimento impugnato, bensì ad accertare la sussistenza del titolo all’accesso nella particolare situazione dedotta in giudizio. Ciò premesso, nel caso di specie i motivi, stante la finalità del giudizio di accesso, sono specifici e ben delineati, seppur sinteticamente (in ossequio peraltro all’onere di sinteticità degli atti, come richiesto dall’art. 3, comma 2, c.p.a.): la ricorrente infatti sostiene di voler ottenere il documento al fine di accertare la responsabilità dell'Azienda nella determinazione del decesso del coniuge.
Per quel che attiene ai profili di merito, non esaminati dal Tribunale di prime cure stante la chiusura in rito del grado di giudizio, essi sono parimenti fondati.
Parte ricorrente ha erroneamente presentato istanza di accesso civico generalizzato ai sensi dell’art 5, comma 2 del D.Lgs n. 33/2013, utilizzando il formulario standard messo a disposizione dell’ASL;tale forma di accesso è improntata a finalità di trasparenza, essendo volta ad assicurare ai cittadini la possibilità di conoscere l'organizzazione e l'attività delle Pubbliche Amministrazioni, ed è quindi altra rispetto all’interesse perseguito dalla ricorrente.
Purtuttavia, quando il richiedente manifesta in modo chiaro ed inequivocabile, anche se implicitamente, la volontà di avvalersi di un determinato istituto e della relativa disciplina giuridica, non vi è dubbio che l’Ufficio sia tenuto a rispettare la volontà dell’istante, senza tener conto degli errori di forma o della errata qualificazione che il ricorrente possa aver dato dell’istituto.
Nel caso di specie si evince chiaramente che, al di là dell’errore di forma in cui l’odierna appellante è incappata, essa intendeva presentare accesso documentale di cui alla L. n. 241 del 1990, in quanto caratterizzato da un rapporto qualificato del richiedente con i documenti che si intendono conoscere, derivante proprio dalla titolarità in capo al soggetto richiedente di una posizione giuridica qualificata tutelata
dall'ordinamento;nello specifico si tratta del diritto di agire in giudizio per il risarcimento del danno parentale.
Tutto ciò premesso e considerato, l’istanza presentata dall’appellante non può che essere positivamente accolta: la documentazione sanitaria relativa ad un ricovero con i relativi esami diagnostici rientra infatti nell'amplissima nozione di “documento amministrativo” di cui alla lett. d) dell'art. 22, l. n. 241 del 1990, trattandosi di atti interni detenuti dalla struttura ospedaliera, in relazione all'attività di pubblico interesse dalla stessa svolta al fine di assicurare al cittadino una adeguata assistenza sanitaria e così il diritto primario e fondamentale alla salute. Tale conclusione può essere senz'altro condivisa se il documento viene in considerazione in un'ottica di rapporto diretto tra cittadino-utente (o soggetto, comunque, legittimato in conseguenza del rapporto con questi) e struttura ospedaliera che detiene la cartella clinica e cioè tutte le volte che la conoscenza del contenuto della cartella stessa sia strumentale a verificare il corretto agire dell'Amministrazione che ha erogato il servizio sanitario. In questa stessa direzione, gli eredi hanno diritto di accedere alla cartella clinica di un parente defunto ex art. 22 comma 1, l. n. 241 del 1990, come modificato dalla l. 11 febbraio 2005 n. 15 ed ex art. 9 comma 3, d.lg. 30 giugno 2003 n. 196, in quanto titolari di interessi propri, corrispondenti a situazioni giuridicamente tutelate e collegate ai documenti richiesti in copia.
Infine, le osservazioni formulate dall’ASL Toscana, secondo le quali tali documenti sarebbero comunque coperti dal segreto e dunque non ostensibili, poiché tutelati dall’art. 16 L. 24/2017, nonchè dalle disposizioni di cui al Regolamento aziendale in materia di accesso agli atti, sono prive di pregio.
L’art. 24 della legge n. 241/1990 infatti nell’individuare i casi di esclusione del diritto di accesso, sancisce che il diritto di accesso è escluso, tra le altre ipotesi, nei casi di segreto o di divieto di divulgazione espressamente previsti dalla legge, dal regolamento governativo di cui al comma 6 e dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 2;al comma 2 riconosce che le singole pubbliche amministrazioni individuano le categorie di documenti da esse formati o comunque rientranti nella loro disponibilità sottratti all’accesso ai sensi del comma 1.
L’art. 16, L. 24/2017, sancisce poi che i verbali e gli atti conseguenti all' attività di gestione del rischio clinico non possono essere acquisiti o utilizzati nell'ambito di procedimenti giudiziari;ebbene, anche a sostenere che i verbali riguardanti l’attività di gestione del rischio clinico siano sottratti all’accesso al fine di essere utilizzati in procedimenti giudiziari, non si può giungere ad equiparare la relazione-perizia medico legale interna, istruita a seguito richiesta danni, ad un atto conseguente all’attività di gestione del rischio clinico.
Per tutto quanto sopra esposto, l’appello deve essere accolto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.