Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-13, n. 201007478

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2010-10-13, n. 201007478
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201007478
Data del deposito : 13 ottobre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00253/2001 REG.RIC.

N. 07478/2010 REG.SEN.

N. 00253/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 253 del 2001, proposto da:
Iniziative Immobiliari S.p.A., rappresentata e difesa dall'avv. G L, con domicilio eletto presso G L in Roma, via Costabella 23;
Soc. Energia Immobiliare Arl;

contro

Comune di Castel Gandolfo, rappresentato e difeso dall'avv. G V, con domicilio eletto presso G V in Roma, viale Mazzini,11 Palazzina H Int.3;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZIONE I n. 02592/1999, resa tra le parti, concernente CONCESSIONE EDILIZIA PER REALIZAZIONE FABBRICATO - VARIANTE P.R.G..


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 maggio 2010 il Cons. Anna Leoni e uditi per le parti gli avvocati Manzia, su delega di Lavitola e Fonti, su delega di Valeri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con un primo ricorso avanti al TAR del Lazio, notificato in data 13/6/97(n. 8928)la Società Iniziative immobiliari impugnava il provvedimento dell’Assessore all’Urbanistica del Comune di Castel Gandolfo del 1/4/97 con il quale era stata sospesa ogni determinazione sulla domanda di concessione edilizia per la realizzazione di un villino bifamiliare in via maremmana, per contrasto con la variante al PRG adottata con la delibera C.C. n. 13/97, ugualmente impugnata.

Con tale variante erano stati individuati tre diversi settori del territorio comunale(A, B e C)sulla base delle differenti caratteristiche di ciascuno e l’area della Società Iniziative Immobiliari, già destinata a zona agricola dal precedente PRG, era stata localizzata all’interno del settore B, comprendente la zona agricola.

2. Con ordinanza n. 2008/97 il TAR del Lazio, dopo aver riconosciuto che il provvedimento aveva natura di variante urbanistica, ne sospendeva l’efficacia limitatamente alla parte in cui la stessa aveva previsto per le zone agricole, comprese nel settore B, un indice di fabbricabilità pari a mc/mq 0,001.

3. Con la delibera n. 50 del 18/9/97 il Comune di Castel Gandolfo, ritenendo di doversi conformare al contenuto della predetta ordinanza, modificava autonomamente la previsione del piano elevando l’indice a 0,005 mc/mq.

4. Con successivo provvedimento n. 13423 del 15/10/97 il Responsabile dell’Area tecnica del Comune comunicava alla società di aver riesaminato la sua istanza di concessione edilizia e di averla nuovamente sospesa per contrasto con la predetta variante come modificata con la delibera n. 50/97.

5. Con un secondo ricorso notificato al Comune in data 17/12/97 la ricorrente chiedeva l’annullamento, previa sospensiva, del citato provvedimento n. 13423/07, della delibera del Comune di Castel Gandolfo n. 50/97 e di ogni atto connesso. Successivamente, con istanza per l’attuazione dell’ordinanza n. 2008/97, chiedeva al Tar di ordinare al Comune il riesame del progetto presentato, in base alla normativa vigente alla data della predetta ordinanza cautelare, ma il Tar rigettava la richiesta. Veniva, altresì, rigettata la richiesta di sospensione della seconda variante.

6. Gli appelli proposti avverso le suddette ordinanze venivano respinti dal Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 1020/98.

7. Con sentenza n. 2592 del 5/11/99 il Tar del Lazio, previa riunione dei ricorsi, respingeva le impugnative proposte dichiarando improcedibile la prima.

8. Avverso tale sentenza propone appello la soc. Iniziative Immobiliari, chiedendone l’annullamento e/o la totale riforma.

9. Con successivo atto d’intervento si è costituita in giudizio la soc. Energie Immobiliari, che, in qualità di successore a titolo particolare della soc. Iniziative Immobiliari, ha insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nel ricorso.

10. Si è, altresì, costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Castel Gandolfo.

11. Queste le censure dedotte dall’appellante:

11.1. Motivi avverso le delibere nn. 13/97 e 50/97 di adozione di variante al PRG.

Le delibere avrebbero introdotto misure di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle previste. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42 Cost.

11.2. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, ingiustizia e disparità di trattamento.

Le delibere di variante avrebbero introdotto una misura di salvaguardia ulteriore e creato disparità di trattamento fra aree limitrofe.

11.3 e 11.4. Incompetenza ed eccesso di potere perché i poteri del Comune non si estenderebbero alla tutela del paesaggio, bastando a ciò il PTP.

11.5. Illogicità manifesta perché il Comune avrebbe perseguito fini di tutela paesaggistica senza istruttoria.

11.6. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, per mancata indicazione delle sopravvenute esigenze territoriali a sostegno delle varianti adottate.

11.7. Viene contestata la legittimità dell’indice di 0,005 mc/mq e la dichiarazione di improcedibilità avverso avverso l’indice di o,001 mc/mq.

11.8. La P.A. non avrebbe potuto sospendere per la seconda volta la istanza di concessione edilizia perché la prima sospensione avrebbe cristallizzato la normativa applicabile a quella vigente al momento dell’assunzione del provvedimento cautelare. Eccezione di costituzionalità.

11.9. Eccesso di potere per mancata indicazione delle sopravvenute esigenze territoriali.

11.10. Illegittimità derivata del provvedimento n. 13423 del 1997.

12.. Entrambe le parti hanno depositato memorie difensive.

13. L’appello è stato discusso alla pubblica udienza del 18 maggio 2010 e trattenuto per la decisione.

DIRITTO

1. Con la sentenza in questa sede impugnata, relativa a due ricorsi riuniti proposti dalla società “Iniziative immobiliari s.p.a.”, sono state sostanzialmente affrontate, sotto molteplici angolazioni, censure di sviamento del potere di pianificazione e della funzione, debordante dai limiti della competenza delineata dalla legge, relativamente all’adozione di varianti con finalità di salvaguardia a tempo limitato e a tutela del paesaggio e dell’ambiente.

2. Il provvedimento impugnato con il primo ricorso costituiva, nell’ottica dell’Amministrazione, atto di pianificazione, mentre il secondo ne costituiva un complemento, introduceva una modifica alle sole norme tecniche, ampliando l’indice di fabbricabilità.

3. Il TAR del Lazio, riuniti i ricorsi, ha in parte rigettato e in parte dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il primo, mentre ha rigettato il secondo.

4. Con il primo ed il secondo motivo di appello, qui congiuntamente esaminati, si deduce che le delibere impugnate nn. 13/97 e 50/97 di adozione di variante al PRG avrebbero introdotto misure di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle previste, creando disparità di trattamento fra aree limitrofe . Si sarebbe, pertanto, verificata una violazione dell’art. 42 Cost. Il vero obiettivo delle delibere adottate sarebbe stato quello di congelare le aree in attesa di studi e statuizioni futuri o semplicemente in corso, ma tale finalità contrasterebbe con la natura e le caratteristiche dello strumento urbanistico generale. Inoltre, non sarebbero previste misure di salvaguardia ulteriori rispetto a quelle di cui alla L. n. 1902/52 e successive modificazioni e di cui all’art. 17 della L. n. 765/67.

Le due delibere avrebbero, di fatto, introdotto, in via surrettizia, un vincolo di in edificabilità assoluta, violando la riserva di legge ex art. 41 Cost. sulla introduzione di forme limitative della proprietà.

Ritiene la Sezione che le censure così riassunte siano infondate e vadano respinte.

Preliminarmente, per determinare l’effettivo contenuto delle contestate delibere, va rilevato come esse, aventi, per caratteristiche di estensione e di prescrizioni, carattere di variante urbanistica, non abbiano disposto (come lamentato dall’appellante) un vincolo di in edificabilità assoluta.

Scopo della prima delle varianti in esame era quello di garantire una efficace tutela del territorio interessato dalla pianificazione comunale, noto per il suo particolare pregio ambientale, storico ed artistico.

La seconda, che costituiva completamento della prima, ha invece introdotto una consistente modifica alle sole norme tecniche, ampliando l’indice di fabbricabilità.

Sono state così individuate tre zone del territorio comunale, A, B e C, sulla base delle differenti caratteristiche di ciascuna, ed in particolare nella zona B, che qui interessa e nella quale ricade il terreno della ricorrente, comprendente la zona agricola e caratterizzata da una edificazione sparsa, sono state previste limitazioni delle possibilità edificatorie(l’indice di fabbricabilità fissato dalla seconda variante era pari a 0,005 mc/mq.

Le delibere comunali non hanno determinato il blocco dell’attività edilizia, poiché hanno mantenuto la possibilità di edificare, sia pure nei contenutissimi limiti previsti all’origine, poi ampliati con la seconda delibera, in linea con gli orientamenti emersi dalla ordinanza di sospensione del TAR., facendo un equilibrato uso dei propri poteri pianificatori, costituendo affermato principio in giurisprudenza quello secondo cui l’Amministrazione può utilizzare lo strumento della variante per risolvere specifici problemi di disciplina urbanistica, anche solo con scopo di tutela del territorio.

E’ quanto è accaduto nella fattispecie, dove l’Amministrazione ha inteso tutelare il territorio, noto per suo pregio ambientale, storico ed artistico attraverso restrizioni edificatorie della zona agricola, la cui funzione non è solo quella di valorizzare l’attività agricola vera a propria, ma altresì quella di garantire ai cittadini l’equilibrio delle condizioni di vivibilità, assicurando loro quella quota di valori naturalistici necessaria a compensare gli effetti dell’espansione dell’aggregato urbano.(Cons. Stato, IV Sez., n. 4818 del 2005).

Né l’apposizione di un termine alla introdotte prescrizioni temporanee(in attesa della elaborazione di una futura variante generale) può postulare la adozione di una misura di salvaguardia non prevista dalla legge, in quanto, come correttamente rilevato dai primi giudici, l’introduzione di tale limite temporale alla variante, che costituisce una ragionevole misura cautelativa rientrante nei poteri di buona amministrazione, anziché integrare un vizio, introduce una disciplina più favorevole alla ricorrente, poiché in mancanza di una tempestiva adozione della variante generale, le previsioni contestate sarebbero destinate a decadere, senza potersi invocare le misure di cui alla L. n. 1902/52 e alla L.r. n. 24/77, con contestuale reviviscenza della precedente disciplina.

Con il terzo ed il quarto motivo si deduce l’illegittimità della sentenza impugnata per incompetenza ed eccesso di potere, in quanto i poteri pianificatori non si estenderebbero alla tutela del paesaggio e la variante travalicherebbe i limiti stessi del concetto di urbanistica.

Ritiene la Sezione che le censure non possano essere condivise.

Invero, la legittimità dell’operato dell’Amministrazione deriva dagli affermati principi che regolano la complessa questione dei presupposti e dei limiti del corretto esercizio delle scelte di pianificazione urbanistica del territorio comunale e della legittima deliberazione di varianti ai documenti di pianificazione generale.

Com’è noto, le varianti ai piani regolatori generali possono essere distinte, in relazione alla loro funzione ed estensione, in specifiche, normative e generali.

Queste ultime consistono, in particolare, in una nuova disciplina generale dell'assetto del territorio, resasi necessaria per effetto di fattori sopravvenuti o di diverse esigenze pianificatorie (che acquistano, a loro volta, rilevanza per effetto della durata indeterminata del piano regolatore e della sua necessaria soggezione a revisioni periodiche).

Quanto alla determinazione oggetto del presente scrutinio, giova rilevare che il Comune di Castel Gandolfo, come risulta dalla documentazione di causa, ha inteso perseguire, fra gli altri obiettivi, quello inerente a uno sviluppo razionale ed ecocompatibile della politica urbanistica e, in particolare, per quanto qui rileva, quello concernente la tutela del pregio e delle caratteristiche storico- ambientali del territorio.

L'indirizzo di politica urbanistica espresso negli strumenti generali di pianificazione implica, fra l’altro, importanti conseguenze in ordine ai limiti del sindacato di legittimità del giudice amministrativo ed al contenuto della motivazione in concreto indispensabile, specie in considerazione di quanto previsto dal comma 2 dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, là dove esclude, dall’obbligo di motivazione, gli atti normativi e quelli a contenuto generale (nel cui novero rientra lo strumento urbanistico generale).

In coerenza con i caratteri, appena segnalati, delle determinazioni pianificatorie, si è, in particolare, affermato che: a) le scelte effettuate dall'amministrazione nell'adozione del piano costituiscono apprezzamento di merito sottratto al sindacato di legittimità, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità (cfr. ex multis, Cons. St., sez. IV, 8 febbraio 1999, n. 121);
b) in occasione della formazione di uno strumento urbanistico generale, le scelte discrezionali dell’amministrazione, riguardo alla destinazione di singole aree, non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali - di ordine tecnico discrezionale - seguiti nell’impostazione del piano stesso (Cons. St., ad. plen., 22 dicembre 1999, n. 24;
sez. IV, 19 gennaio 2000, n. 245;
sez. IV, 24 dicembre 1999, n. 1943;
sez. IV, 2 novembre 1995, n. 887, sez. IV, 25 febbraio 1988, n. 99), essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni.

Si è, altresì, affermato, che le evenienze che giustificano una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali, possono essere individuate (Ad. plen. n. 24 del 1999 cit.): a) nel superamento degli standards minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l'avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, e non anche con riguardo alla destinazione di zona di determinate aree;
b) nella lesione (non ricorrente nella specie) dell'affidamento qualificato del privato, a sua volta integrato dalla conclusione di convenzioni di lottizzazione o di accordi di diritto privato intercorsi tra il comune e i proprietari delle aree, ovvero da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio-rifiuto su domande di concessione (Cons. St., ad. plen., n. 24 del 1999 cit.;
8 gennaio 1986, n. 1);
c) nella modificazione (anche questa non ravvisabile nella fattispecie in esame) in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Cons. St., sez. IV, 9 aprile 1999, n. 594);

Non è stata, peraltro, ritenuta configurabile un'aspettativa qualificata alla conservazione di una destinazione edificatoria, in relazione a precedenti, conformi determinazioni dell'amministrazione, ma soltanto un'aspettativa generica alla permanenza del relativo regime (ad. plen. n. 24 del 1999 cit.).

E’ stato, poi, affermato, con precipua valenza per la fattispecie in esame, che la zona agricola, o, comunque, destinata a verde pubblico, possieda anche una valenza conservativa dei valori naturalistici, venendo a costituire il polmone dell’insediamento urbano ed assumendo - per tale via - la funzione decongestionante e di contenimento dell’espansione dell’aggregato urbano, risulta, inoltre, principio espresso dalla giurisprudenza di questo Consiglio ormai da alcuni lustri ( Cons. St., sez. IV, n. 4818 del 2005;
n. 245 del 2000 cit.;
n. 1943 del 1999 cit.;
13 marzo 1998, n. 431;
sez. IV, 1 ottobre 1997, n. 1059;
sez. IV, 28 settembre 1993, n. 968;
sez. IV, 1 giugno 1993, n. 581;
sez. V, 19 settembre 1991, n. 1168;
sez. IV, 11 giugno 1990, n. 464, sez. IV, 17 gennaio 1989, n. 5).

Ne consegue, sul piano dell’istruttoria e della motivazione di una variante dichiaratamente destinata a tutelare l’ambiente (e, per quanto qui interessa, le caratteristiche storiche e culturali della zona) anche quando si risolve nell’imposizione ad un’area della destinazione di zona a verde pubblico, che non risulta necessaria una diffusa analisi argomentativa ed una specifica ed esplicita giustificazione della relativa scelta urbanistica, avuto riguardo al valore fondamentale assegnato al paesaggio dall’art.9 della Carta Costituzionale (tra le tante, Cons. St., sez. IV, n. 245 del 2000 cit.;
4 dicembre 1998, n. 1734;
Corte cost. n. 170 del 1997;
n. 416 del 1996;
n. 417 del 1995;
n. 379 del 1994;
n. 282 del 1992;
n. 327 del 1990;
nn. 302 e 1112 del 1988;
nn. 151, 152 e 153 del 1986).

E’ stato, altresì, affermato, circa il rapporto fra piano regolatore generale o sue varianti da un lato, e vincoli e destinazioni di zone a vocazione storica, ambientale e paesistica, dall'altro, che(Cons. Stato, sez. IV, n. 4818 del 2005;
n. 1734 del 1998 cit.;
Cons. giust. amm. sic. 30 giugno 1995, n. 246) i beni costituenti bellezze naturali possono formare oggetto di distinte forme di tutela ambientale, anche in via cumulativa, a seconda del profilo considerato, con la duplice conseguenza che la tutela paesaggistica è perfettamente compatibile con quella urbanistica o ecologica, trattandosi di forme complementari di protezione, preordinate a curare, con diversi strumenti, distinti interessi pubblici, e che il comune conserva la titolarità, nella sua attività pianificatoria generale, della competenza ad introdurre vincoli o prescrizioni preordinati al soddisfacimento di interessi paesaggistici.

In applicazione dei principi ricordati, devono, quindi, disattendersi le censure dedotte dalla società appellante con il terzo ed il quarto motivo, come pure la quinta censura, incentrata sul difetto di motivazione, risultando dagli atti una compiuta istruttoria precedente l’adozione della variante.

Con il sesto motivo di appello si contesta l’eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, nonché violazione e falsa applicazione della L. n. 1902/52, perché nella variante adottata con delibera del C.C. n. 50/97 non sarebbero state indicate in modo specifico le sopravvenute esigenze territoriali che ne avrebbero giustificato l’adozione.

La variante sarebbe, altresì, in contrasto con l’art. 42 Cost., stante la riserva di legge in materia di limitazioni alla proprietà privata.

Le censure non possono essere condivise.

Per quanto riguarda l’esplicitazione della ragioni che hanno indotto il Comune a rivedere la normativa tecnica di attuazione del suo PRG, le stesse risultano anzitutto desumibili dalla Relazione tecnica allegata alla delibera n. 13797, recante variante di salvaguardia al PRG, che riduceva l’indice di fabbricabilità a 0,001 mc/mq.

Alla successiva modifica di tale indice ha indubbiamente contribuito l’ordinanza di sospensione del TAR, che aveva ritenuto eccessiva la riduzione dell’indice di fabbricabilità, valutazione cui l’Amministrazione ha ritenuto di adeguarsi in esercizio dei suoi poteri discrezionali in materia.

Pertanto, le critiche circa lo scorretto uso della discrezionalità riservata al comune, in considerazione del carattere asseritamente immotivato, contraddittorio ed ingiustificato della scelta urbanistica contestata, vanno respinte sulla base dei decisivi rilievi della riscontrata ampiezza del contenuto della potestà pianificatoria intestata all’amministrazione, della inconfigurabilità di un obbligo motivazionale delle relative determinazioni (soprattutto quando intese a soddisfare, come nella fattispecie in esame, esigenze di tutela del paesaggioe dell’ambiente) e della irrilevanza di difformi scelte pianificatorie, riferite a zone limitrofe a quella considerata(Cons. stato, IV sez., n. 4818/05).

L’amministrazione comunale, invero, risulta senz’altro titolare, nella pianificazione urbanistica del suo territorio, di compiti relativi alla cura di interessi attinenti all’ambiente ed al paesaggio (secondo i principi sopra riferiti)e le scelte relative sono sufficientemente giustificate con l’indicazione dei profili generali e dei criteri che hanno sorretto la previsione di variante, senza necessità di una puntuale motivazione(Cons. Sttao, IV Sez., n. 5478/08).

Le argomentazioni suddette comportano anche la legittimità dell’operato dell’Amministrazione con riferimento ai principi di cui all’art. 42 Cost.

Con il settimo motivo si censura l’indice di fabbricabilità introdotto dalla delibera C.C. n. 13/97, peraltro superato dalla successiva previsione dell’indice superiore di cui alla delibera n. 5050/97, il che ha correttamente consentito al Tar di dichiarare la sopravvenuta carenza d’interesse sulla censura relativa al primo indice. Circa la censura relativa al secondo indice, ne va rilevata l’infondatezza, sia per le ragioni già esposte facenti riferimento ai poteri esercitati dall’Amministrazione in materia di pianificazione territoriale, sia perché la modifica attiene all’intera area omogenea per caratteristiche ambientali e geomorfologiche, sia perché la prescrizione dell’indice territoriale in questione non corrisponde ad un vincolo di in edificabilità, essendo pur sempre consentita una sia pur limitata possibilità edificatoria(Cons. Stato, IV Sez., nn 5478/08;
1765/09).

Nell’ottavo motivo di ricorso vengono riproposte le censure relative alla fase cautelare del secondo ricorso, deducendosi la illegittimità della delibera n. 50/97 per violazione dell’art. 21 L. n. 1034/71 e dei principi generali in materia di effettività della tutela giurisdizionale, nonché per eccesso di potere, in quanto l’Amministrazione non avrebbe potuto sospendere nuovamente la istanza di concessione della ricorrente sulla base della intervenuta normativa integrativa della variante adottata successivamente alla prima ordinanza cautelare del TAR, sospensiva degli effetti della prima delibera comunale di variante, perché la sospensione degli atti impugnati avrebbe avuto l’effetto di cristallizzare la normativa applicabile al momento dell’assunzione del provvedimento cautelare.

La censura non può essere condivisa, nella considerazione che l’Amministrazione, anche in presenza di provvedimenti cautelari, non perde il potere di provvedere anticipatamente al fine di porre rimedi ai vizi eventualmente riscontrati in ragione della impugnativa proposta e delle pronunce cautelari del giudice amministrativo, che impongano all’Amministrazione il dovere di riesame e di diversa definizione del procedimento sulla base di criteri diversi da quelli sospesi, attesa la natura sommaria ed interinale di dette pronunce.

Né, d’altra parte, può condividersi la tesi di una cristallizzazione normativa conseguente alla pronuncia cautelare del TAR, atteso che tale effetto può conseguire solo alla definitiva decisione di merito, passata in giudicato, che accerti la fondatezza della pretesa fatta valere dal ricorrente, così come ritenuto correttamente dai primi giudici.

Va, altresì, ritenuta priva di pregio la questione di legittimità costituzionale dell’art. 21 della L.n. 1034/71, prospettata in via subordinata dalla ricorrente, con riferimento agli artt. 21, 101, 103, 113, 3 e 97 Cost., questione già affrontata e respinta in prime cure con ampie argomentazioni che il Collegio condivide e alla quali, per brevità, si riporta .

Nel nono motivo di appello si riprende, in via subordinata, il tema dell’eccesso di potere per difetto dei presupposti, illogicità ed ingiustizia manifesta, nonché violazione e falsa applicazione di legge, perché nella variante impugnata non verrebbero indicate in modo specifico le sopravvenute esigenze territoriali che ne avrebbero giustificato l’adozione. Si ripropone, altresi’, la censura di violazione dell’art. 42 Cost.

Entrambe le censure sono state già affrontate in precedenza e rigettate, con argomentazioni alle quali ci si riporta per respingere anche le censure dedotte in via subordinata.

Con il decimo motivo la società ricorrente deduce l’illegittimità derivata del provvedimento n. 13423 del 15/10/97 di comunicazione del parere negativo della C.E. sull’istanza di concessione edilizia presentata dalla ricorrente.

La censura va rigettata, alla luce delle dimostrata legittimità della delibera n. 50/97, che costituisce il presupposto del menzionato provvedimento della C.E.

5.- Alle considerazioni che precedono conseguono, in definitiva, la reiezione dell’appello e la conferma della pronuncia reiettiva gravata.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.

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