Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-01, n. 202204486

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-06-01, n. 202204486
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202204486
Data del deposito : 1 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 01/06/2022

N. 04486/2022REG.PROV.COLL.

N. 10159/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10159 del 2015, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall’avvocato S P, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia,

contro

il Ministero dell’Interno e la Prefettura – Ufficio Territoriale del Governo di Brescia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza, resa in forma semplificata, del Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato dichiarato improcedibile il ricorso proposto avverso il provvedimento della Prefettura di Brescia, che ha decretato l’inammissibilità dell’istanza di emersione dal lavoro irregolare di cittadini extracomunitari.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione del Ministero dell’Interno e della Prefettura di Brescia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 maggio 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In data -OMISSIS- il cittadino -OMISSIS- -OMISSIS- ha presentato, unitamente al signor -OMISSIS-, suo datore di lavoro, istanza di emersione dal lavoro irregolare di cittadini extracomunitari (nello specifico, -OMISSIS-).

La Prefettura di Brescia, con decreto -OMISSIS-, ha dichiarato l’istanza inammissibile.

In particolare, il provvedimento ha tratto fondamento dal parere negativo espresso dalla Direzione Territoriale del Lavoro di Brescia, la quale ha evidenziato che il signor -OMISSIS- ha percepito nell’anno imposta -OMISSIS- un reddito imponibile pari a -OMISSIS-, reddito inferiore alla soglia minima prevista ex art. 3, comma 2, d.l. del 29 agosto 2012 e che lo stesso, insieme -OMISSIS-, hanno occupato diversi lavoratori nel periodo considerato e, dunque, ai sensi dell’art. 5, comma 4, d.lgs. n. 109 del 2012 tale contingenza ha contribuito a rilevare una carenza reddituale complessiva del datore di lavoro.

Inoltre, il decreto prefettizio, sulla base dei vizi riscontrati dalla Direzione Territoriale del Lavoro, non ha attivato la procedura di rilascio del nulla osta del permesso per attesa occupazione in favore del lavoratore.

2. Con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, il signor -OMISSIS-, previa richiesta di sospensiva, ha impugnato il suddetto provvedimento per violazione dell’art. 5, comma 11-bis, d.l. n. 109 del 2012, nonché della Circolare Ministeriale n. -OMISSIS-.

In particolare, il ricorrente ha dedotto che la capacità reddituale del signor -OMISSIS- non avrebbe potuto precludergli il riconoscimento del titolo di soggiorno per attesa occupazione, dato che le cause ostative alla sanatoria riconducibili unicamente al datore di lavoro non potrebbero avere effetti sfavorevoli per il lavoratore.

3. Con ordinanza cautelare -OMISSIS-, il Tar Brescia, riscontrando un difetto di motivazione del provvedimento prefettizio, ha disposto incombenti istruttori.

In data -OMISSIS-, la Prefettura, ottemperando all’ordinanza cautelare, ha comunicato ai richiedenti il preavviso di rigetto della domanda di emersione in parola per carenza documentale. In particolare, l’amministrazione ha domandato la produzione di taluni documenti e la richiesta è rimasta senza riscontro da parte del signor -OMISSIS-, mentre il signor -OMISSIS- ha reso noto di non essere in possesso dei relativi atti, in quanto di stretta pertinenza del signor -OMISSIS-.

In data -OMISSIS- la Prefettura di Brescia ha emesso un nuovo provvedimento – che ha integrato e sostituito il precedente decreto -OMISSIS- – con il quale l’istanza di emersione dal lavoro irregolare è stata rigettata. Il provvedimento, impugnato dinanzi al Tar Brescia, è stato annullato con sentenza -OMISSIS-.

4. Con sentenza, resa ex art. 60 c.p.a, -OMISSIS- -OMISSIS-, il Tar Brescia ha dichiarato improcedibile il ricorso e ha liquidato le spese secondo le regole della soccombenza virtuale.

In particolare, il primo giudice ha ravvisato l’inesistenza del rapporto di lavoro sul presupposto che la Prefettura non ha potuto accertare la regolarità del reddito dichiarato dal datore di lavoro per carenza documentale e, relativamente alla possibilità del rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione, che a favore del ricorrente non è risultato essere stato pagato alcun contributo.

5. La citata sentenza -OMISSIS- -OMISSIS- è stata impugnata dal signor -OMISSIS- con appello -OMISSIS-, nella parte della condanna alle spese legali.

6. In particolare, il Tar avrebbe errato nel ritenere il ricorrente soccombente virtuale.

Al contrario, la carenza reddituale in capo al datore di lavoro sarebbe ininfluente ai fini dell’accoglimento dell’istanza del permesso di soggiorno per attesa occupazione. Inoltre, quanto alla regolarità contributiva del rapporto di lavoro oggetto di sanatoria, non avrebbe potuto essere considerato unicamente l’estratto previdenziale dell’INPS;
sarebbero state prodotte in atti le attestazioni di pagamento dei contributi previdenziali per -OMISSIS- a partire dal mese di -OMISSIS-, sicché l’amministrazione avrebbe dovuto verificare e confrontare le evidenze documentali discordanti.

7. Il provvedimento del Prefetto di Brescia del -OMISSIS- è stato impugnato dal signor -OMISSIS- con ricorso proposto innanzi al Tar Lombardia, sezione staccata di Brescia, sez. II.

8. Con sentenza -OMISSIS-, il Tar Brescia ha accolto il ricorso rilevando il difetto di istruttoria, in quanto, in data -OMISSIS-, il Direttore provinciale INPS di Brescia, in adempimento alla richiesta istruttoria del primo giudice, ha dichiarato la sussistenza dei versamenti dei contributi previdenziali per -OMISSIS- e la cessazione del rapporto di lavoro da-OMISSIS-.

9. Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Brescia senza espletare difese scritte.

10. Alla pubblica udienza del 19 maggio 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, l’oggetto della presente controversia è circoscritto alla questione relativa alla condanna alle spese di lite del primo grado di giudizio, addebitate al signor -OMISSIS- sulla base della regola della soccombenza virtuale.

Il Tar Brescia, infatti, ha dichiarato improcedibile il ricorso di prime cure (in quanto il provvedimento ivi impugnato è stato integralmente sostituito dal decreto prefettizio del -OMISSIS-) e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, che ha liquidato a favore dell’amministrazione -OMISSIS-.

Va premesso che la declaratoria di improcedibilità dell’appello non è stata impugnata, con conseguente formazione del giudicato endoprocessuale.

Il Collegio può, invece, riesaminare il merito della controversia ai soli fini della declaratoria della soccombenza virtuale, in quanto le considerazioni svolte ai fini della valutazione della soccombenza virtuale per la liquidazione delle spese di lite, nell’ambito di una pronuncia di rito dichiarativa dell’improcedibilità, non sono idonee ad acquistare autorità di giudicato sul merito delle questioni oggetto della controversia (v. sul punto, -OMISSIS-).

Va ulteriormente premesso che nel processo amministrativo la decisione del giudice di merito in materia di spese processuali è censurabile in sede di legittimità, sotto il profilo della violazione di legge, soltanto quando le spese siano state poste, totalmente o parzialmente, a carico della parte totalmente vittoriosa;
non è invece sindacabile, neppure sotto il profilo del difetto di motivazione, l’esercizio del potere discrezionale del giudice di merito sull’opportunità di compensare, in tutto o in parte, le spese medesime;
tali principi trovano applicazione non soltanto quando il giudice ha emesso una pronuncia di merito, ma anche quando si è limitato a dichiarare l’inammissibilità o l’improcedibilità dell’atto introduttivo del giudizio, atteso che pure in tali ultimi casi sussiste pur sempre una soccombenza, sia pure virtuale, di colui che ha agito con un atto dichiarato inammissibile o improcedibile, che consente al giudice di compensare parzialmente o totalmente le spese, esercitando un suo potere discrezionale che si traduce in un provvedimento, che rimane incensurabile purché non illogicamente motivato e che ha, come suo unico limite, il divieto di condanna della parte vittoriosa (cfr., da ultimo, Cons. St., -OMISSIS-).

Fatte queste necessarie premesse, si può procedere a valutare se sussista una situazione di soccombenza virtuale in capo all’odierno appellante, verificando la correttezza del giudizio prognostico effettuato dal giudice di prime cure.

2. Ritiene il Collegio che l’appello sia fondato e meriti accoglimento.

Invero, il decreto prefettizio -OMISSIS-, ha dichiarato inammissibile l’istanza di emersione dal lavoro irregolare e non ha attivato la procedura di rilascio del nulla osta del permesso per attesa occupazione in favore del lavoratore a causa di una carenza reddituale complessiva del datore di lavoro.

Tale circostanza rientra tra le “cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro”, cui fa espresso riferimento l’art. 5, comma 11-bis, d.l. n. 109 del 16 luglio 2012, il quale prevede che “Nei casi in cui la dichiarazione di emersione sia rigettata per cause imputabili esclusivamente al datore di lavoro, previa verifica da parte dello sportello unico per l’immigrazione della sussistenza del rapporto di lavoro, dimostrata dal pagamento delle somme di cui al comma 5, e del requisito della presenza -OMISSIS- di cui al comma 1, al lavoratore viene rilasciato un permesso di soggiorno per attesa occupazione”.

Come già rilevato da questa Sezione (-OMISSIS-) se è vero che l’insufficienza reddituale del datore di lavoro, accertata dalla competente Direzione Territoriale del Lavoro, conduce inevitabilmente al rigetto della dichiarazione di emersione, è però indubbio che proprio tale insufficienza non può tornare in danno del lavoratore, al quale la legge ha inteso riconoscere almeno il permesso di soggiorno per attesa occupazione.

Ragionando diversamente, verrebbe frustrata la ratio di evidente favore per il lavoratore irregolare straniero che non possa ottenere l’emersione per causa imputabile al datore di lavoro.

Ne segue che il provvedimento impugnato, nel respingere la domanda di emersione per incapacità reddituale del datore di lavoro, ha omesso di verificare i presupposti previsti dal citato art. 5, comma 11-bis, per poter rilasciare al lavoratore straniero il permesso di soggiorno per attesa occupazione.

I presupposti a tal fine attengono alla verifica della sussistenza del rapporto di lavoro pregresso, oltre che della presenza in Italia del lavoratore -OMISSIS-.

Riguardo alla verifica della sussistenza del rapporto di lavoro pregresso, il legislatore espressamente rinvia alla dimostrazione del pagamento delle somme di cui al comma 5 della norma in parola, ovverosia il “pagamento delle somme dovute dal datore di lavoro a titolo retributivo, contributivo e fiscale per un periodo pari ad almeno sei mesi”, oltre che il pagamento del contributo forfetario di € 1.000,00. Ciò è stato precisato anche con la circolare congiunta n. 4417 del 10 luglio 2013 del Ministero dell’Interno e n. 35/0004096 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (cfr. Cons. St., -OMISSIS-).

Applicando tali coordinate ermeneutiche al caso in esame, risulta incontestato che il signor -OMISSIS- sia giunto in Italia -OMISSIS- e che sia stato effettuato il pagamento del contributo forfetario di 1.000,00€.

Quanto al versamento dei contributi previdenziali, sono presenti in atti le ricevute di pagamento che attestano il versamento dei contributi in parola dal mese di -OMISSIS- al mese di -OMISSIS-. Risulta, altresì, presente un estratto dell’Inps dal quale invece risulta l’omesso versamento, a favore del lavoratore, di alcun contributo.

Ritiene il Collegio che, in presenza di siffatta documentazione discordante, la Prefettura avrebbe dovuto procedere ad un’istruttoria più approfondita prima di rigettare la richiesta di soggiorno per attesa di occupazione.

Aggiungasi che la circolare ministeriale citata afferma che “la notifica di rigetto inviata al lavoratore verrà integrata dalla convocazione dello stesso presso lo Sportello unico”, aggiungendo che “nel caso in cui il provvedimento di rigetto sia stato già notificato al lavoratore lo Sportello unico competente potrà procedere, tramite apposita funzione sull’applicativo SPI, alla convocazione del lavoratore per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione”.

Tale convocazione, prevista dalla circolare, non è stata effettuata, benché il lavoratore, con nota -OMISSIS- e successivamente con nota -OMISSIS-, avesse chiesto alla Prefettura di Brescia, già prima dell’emissione del provvedimento di rigetto, la convocazione per il rilascio del permesso di soggiorno per attesa occupazione proprio in forza di quanto disposto dalla circolare.

3. In conclusione, il Collegio ritiene che il Tar abbia errato nel ritenere sussistente una situazione di soccombenza virtuale in capo all’odierno appellante, essendo invece il ricorso, nel merito, fondato. Pertanto, la sentenza del Tar deve essere riformata nella parte in cui ha condannato il signor -OMISSIS- al pagamento delle spese di lite.

4. Per le ragioni che precedono, l’appello deve essere accolto, con conseguente condanna della Amministrazione, virtualmente soccombente, a rifondere le spese di lite del primo grado di giudizio.

Le spese di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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