Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-03-12, n. 201801528

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2018-03-12, n. 201801528
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201801528
Data del deposito : 12 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/03/2018

N. 01528/2018REG.PROV.COLL.

N. 02437/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2437 del 2007, proposto da:
F C, rappresentata e difesa dall’avv. G B, e con questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Portuense n. 104, presso la signora A D A, per mandato a margine dell’appello

contro

Comune di Pozzuoli, in persona del Dirigente del II dipartimento, legale rappresentante pro-tempore per delega della Commissione straordinaria all’epoca insediata, rappresentato e difeso dall’avv. A S, e con questi elettivamente domiciliato in Roma, alla al viale Giuseppe Mazzini n. 142, presso l’avv. C D C, per mandato a margine dell’atto di costituzione nel giudizio d’appello;

per la riforma

della sentenza in forma semplificata del T.A.R. per la Campania, Sede di Napoli, Sezione 6^, n. 8347 del 28 settembre 2006, resa tra le parti, con cui è stato rigettato il ricorso in primo grado n.r. 3667/2006, proposto per l’annullamento della determinazione n. 19021 di prot. del 18 maggio 2006, recante ordinanza di demolizione di opere consistenti in capannone costituito da struttura portante in ferro e copertura in lamiere grecate su fondazione in c.a. tompagnato con blocchi di lapil-cemento allo stato grezzo delle dimensioni di mq. 400,00, all’interno del quale sono stati ricavati, mediante tramezzature interne in blocchi di lapil-cemento e relativi intonaci, 5 vani aventi una altezza di mt.3,25 per una larghezza di mt. 5,00 e una lunghezza di mt. 18,00


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Leonardo Spagnoletti e uditi l’avv. Ricciardi, per delega dell’avv. Basile, per l’appellante F C e l’avv. D’Angiolilla per delega dell’avv. Starace, per l’appellato Comune di Pozzuoli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.) La signora F C ha realizzato in Pozzuoli alla via Cupa delle Fescine n. 5 opere edilizie abusive, consistenti in un capannone costituito da struttura portante in ferro e copertura in lamiere grecate su fondazione in c.a. tompagnato con blocchi di lapil-cemento allo stato grezzo delle dimensioni di mq. 400,00, all’interno del quale sono stati ricavati, mediante tramezzature interne in blocchi di lapil-cemento e relativi intonaci, 5 vani aventi una altezza di mt.3,25 per una larghezza di mt. 5,00 e una lunghezza di mt. 18,00.

In relazione a dette opere il legale rappresentante della società Simeoli coop. r.l., che utilizza l’immobile, ha presentato tre distinte domande di condono edilizio, provvedendo al pagamento dell’oblazione e degli oneri concessori.

Con la determinazione dirigenziale n. 19021 di prot. del 18 maggio 2006 -richiamati i verbali di accertamento della polizia municipale del 14 febbraio 2004 e del 5 ottobre 2005 (quest’ultimo relativo ai vani ricavati all’interno del capannone)-, è stata disposta la demolizione delle opere, sul rilievo che:

“… lo stato delle opere è riconducibile a quello contemplato dall’art. 27 d.P.R. 380/01 l’intero territorio di questo comune con D.M. del 12.09.1957 è stato dichiarato di notevole interesse pubblico e che in quanto tale è sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge medesima …” e “… che le opere abusive non sono assentibili quindi ai sensi dell'art. 36 del testo unico e non sono per niente configurabili in alcuna delle ipotesi di condono ”.

Con ricorso in primo grado n.r. 3667/2006 la determinazione dirigenziale è stata impugnata deducendo, in sintesi:

- omesso previo esame delle domande di condono edilizio;

- omessa sospensione obbligatoria del procedimento sanzionatorio sino alla definizione delle istanze di condono;

- omissione delle formalità partecipative;

- insussistenza di vincolo assoluto di inedificabilità;

- omessa acquisizione del parere della commissione edilizia;

- genericità della motivazione in ordine all’insussistenza dei presupposti per l’accertamento di conformità ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001 nonché del condono edilizio ex lege 326/2003.

Costituitosi in giudizio il Comune di Pozzuoli ha dedotto, a sua volta, l’infondatezza del ricorso.

2.) Il T.A.R. per la Campania -che aveva disposto incombente istruttorio per accertare la corrispondenza dei manufatti abusivi a quelli per cui erano state presentate le domande di condono edilizio, cui il Comune di Pozzuoli non aveva dato seguito- con la sentenza in forma semplificata n. 8347 del 28 settembre 2006 ha rigettato il ricorso, in base ai rilievi di seguito sintetizzati:

- il provvedimento ha rilevato l’inesistenza dei presupposti per la sanatoria “… sia con riferimento all’art. 36 del T.U. nr. 380/2001, che (al) la incondonabilità ai sensi della l. nr. 326/2003 …”, con conseguente infondatezza del primo e secondo motivo (imperniati sull’omesso previo esame delle istanze di condono e sulla mancata sospensione del procedimento) posto che “… l’amministrazione ha, nello stesso provvedimento contestato, escluso la sanabilità condonistica: ha così, in altri termini, esplicitato il prius logico, antecedente dell’ordine demolitorio, costituito appunto dalla previa valutazione delle istanze presentate (Tanto elide la necessità istruttoria ventilata in sede cautelare) ”;

- non hanno maggior pregio il terzo e quarto motivo di ricorso, perché l’art. 27 lettera d) della legge n. 326/2003 “… lungi dall’aver ampliato le tipologie di abuso sanabili, ha, per contro, disposto, ad avviso del Tribunale, la sanabilità in una ottica di massima limitazione ed attenzione ai beni paesaggistici e culturali …”, onde “… rettamente l’amministrazione ha escluso la sanabilità di una opera che, sul presupposto incontestato della sua contrarietà alla disciplina urbanistico-edilizia vigente ed in assenza di titolo abilitante sia stata realizzata in epoca posteriore all’apposizione del vincolo, su di un immobile (da intendersi genericamente equivalente all’area su cui il manufatto è realizzato) vincolato “sulla base di leggi statali o regionali”, come accade per il vincolo imposto con un decreto ministeriale (come ne caso de quo) ”, dovendosi dedurre la posteriorità al vincolo anche “… dalla indicazione, resa nell’atto impugnato, in cui si evidenzia che al momento dell’accertamento (14.02.2004) risultavano “intrapresi” lavori edilizi abusivi” , ed essendo “… incontestato, peraltro, anche se non espresso nel provvedimento ma riferito dalla difesa della amministrazione, che l’area ricade nel parco regionale dei Campi Flegrei ”:

- l’insanabilità delle opere esclude l’esigenza di acquisizione del parere della commissione edilizia, come dedotta con il quinto comma;

- è altresì destituito di fondamento il vizio di carente motivazione, posto che “… è in re ipsa l’esigenza demolitoria di opere abusive in zona vincolata ” e ciò anche con riferimento all’ultimo motivo concernente l’omessa indicazione della sussistenza di interesse pubblico attuale.

3.) Con appello notificato l’8 marzo 2007 e depositato il 22 marzo 2007, la sentenza è stata impugnata, deducendo, in sintesi, i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 e 26 della legge n. 1034/1971 - Difetto di motivazione e contraddittorietà - Erroneità del presupposto - Error in iudicando et in procedendo e violazione dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990

Si lamenta la contraddittorietà della sentenza rispetto all’ordinanza istruttoria n. 1622 del 5 giugno 2006, che evidentemente riteneva implicita la sospensione ope legis ex art. 38 della legge n. 47/1985 in relazione alle istanze di condono presentate.

Si deduce altresì l’assenza dei profili di manifesta infondatezza che legittimano l’emanazione della sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 9 della legge n. 205/2000.

Si rileva che non avendo l’Amministrazione ottemperato all’ordine istruttorio non ha fornito la prova ex art. 21 octies della legge n. 241/1990 che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso.

2) Violazione e falsa applicazione della legge n. 1034/1971 - Difetto di motivazione - Erroneità del presupposto - Violazione del procedimento - Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione del d.l. n. 269/2003, convertito nella legge n. 326/2003, degli artt. 31 e ss. e dell’art. 38 della legge n. 47/1985 e dell’art. 39 della legge n., 724/1994 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere per omessa ponderazione della situazione, difetto di istruttoria, dei presupposti e di motivazione, travisamento, perplessità, contraddittorietà, manifesta ingiustizia - Altri profili

Si ribadisce la carente motivazione in ordine all’insanabilità delle opere edilizie e l’omesso previo esame delle istanze di condono, non surrogabile da una valutazione ope judicis stante la riserva di amministrazione.

Si insiste sulla violazione dell’art. 38 della legge n. 47/1985 in relazione alla mancata sospensione del procedimento sanzionatorio in pendenza dell’esame delle istanze di condono, considerato che non è revocato in dubbio che esse sono state ultimate entro il 31 marzo 2003, laddove al momento del sopralluogo di cui al verbale del 14 febbraio 2004 il manufatto edilizio “… era completato e ultimato in ogni sua parte …”.

3) Violazione e falsa applicazione della legge n. 1034/1971 - Difetto di motivazione - Erroneità del presupposto - Violazione del procedimento - Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 commi 27 e 43 della legge n. 326/2003, dell’art. 39 della legge n. 724/1994, della legge n. 47/1985, del d.m. 12 settembre 1957, del d.lgs. n. 42/2004, della legge n. 241/1990 - Illegittimità derivata - Violazione del giusto procedimento, inesistenza dei presupposti di fatto e di diritto - Eccesso di potere per contraddittorietà tra atti - Altri profili

Si ribadisce la natura relativa del vincolo di cui al d.m. 12 settembre 1957 e la carente verifica della non conformità con la strumentazione urbanistica, profili sui quali è carente ogni motivazione nel provvedimento impugnato.

Si deduce che i manufatti erano anteriori all’imposizione del vincolo di cui al P.T.P. dei Campi Flegrei, approvato con decreto ministeriale pubblicato sulla G.U. del 19 luglio 1999.

Si insiste nel rilievo che i vincoli ex art. 32 comma 27 della legge n. 326/2003 abbiano valore preclusivo del condono “… soltanto ove gravino -direttamente- sul manufatto abusivamente realizzato o manipolato, e non sull’area in cui sorge l’edificio ”, laddove sia quello “generico” di cui al d.m. 12 settembre 1957 che quello “specifico” di cui al P.T.P. dei Campi Flegrei “… gravano sull'area e non già sull'immobile …”.

4) Violazione e falsa applicazione della legge n. 1034/1971 - Difetto di motivazione - Erroneità del presupposto - Violazione del procedimento - Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001 in relazione agli artt. 3, 6, 10, 22, 33, 36 e 37 dello stesso d.P.R. - Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della l.r. n. 19/2001 e dell’art. 6 della legge n. 4r43/2001 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere per omessa ponderazione della situazione, travisamento, illogicità, contraddittorietà, perplessità, manifesta ingiustizia - Altri profili

Si sostiene che nel caso di specie l’intervento è riconducibile ad una ristrutturazione edilizia e che pertanto, non essendo possibile il ripristino senza pregiudizio della “ preesistenza edilizia ”, doveva applicarsi sanzione pecuniaria.

5) Violazione e falsa applicazione della legge n. 1034/1971 - Difetto di motivazione - Erroneità del presupposto - Violazione del procedimento - Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione dell’art. 27 del d.P.R. n. 380/2001, dell’art.1 co.37 e ss. della legge n. 308/2004, dell’art. 32 della legge n. 326/2003 - Violazione del giusto procedimento - Eccesso di potere per omessa ponderazione della situazione, difetto di istruttoria e motivazione, contraddittorietà tra atti, manifesta ingiustizia - Violazione dell’art. 3 della legge n. 241/1990

Si insiste sul rilievo del vizio invalidante relativo all’omessa acquisizione del parere dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo.

Costituitosi in giudizio, il Comune di Pozzuoli, con memorie difensive depositate in data 26 novembre 2010 e 5 luglio 2017, ha dedotto l’infondatezza dell’appello ribadendo l’incondonabilità del manufatto sia per carenza di conformità urbanistica, sia perché le opere ricadono nel territorio puteolano interamente sottoposto a vincolo paesaggistico-ambientale.

Con memoria difensiva depositata il 6 luglio 2017 l’appellante a sua volta ha ribadito le censure dedotte, evidenziando come le istanze di condono non siano state respinte “…a tutt’oggi…”.

All’udienza pubblica del 21 settembre 2017 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

4.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, integrata nei sensi di seguito indicati.

4.1) Non è revocabile in dubbio, e nemmeno contestato, che il suolo ricada in zona assoggettata a duplice vincolo: il primo, introdotto con il d.m. 12 settembre 1957, il secondo riveniente dall’approvazione del Piano Territoriale Paesistico dei Campi Flegrei (comprendente il territorio dei Comuni di Bacoli, Pozzuoli, Monte di Procida), approvato con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali di concerto con il Ministro dell’ambiente del 26 aprile 1999, pubblicato sulla G.U.R.I. - Serie generale n. 167 del 19 luglio 1999.

4.2) Privo di qualsivoglia riscontro probatorio, e contraddetto dalla presentazione delle istanze di condono, è l’assunto secondo il quale le opere edilizie non costituiscano nuova edificazione, sebbene intervento di ristrutturazione edilizia di “… vetusto e preesistente manufatto rurale (costruito da tempo immemorabile e sicuramente antecedente al 1967) ”.

Non essendo quindi dimostrato che le opere siano anteriori all’imposizione del duplice vincolo, deve escludersene de plano la condonabilità.

E’ noto infatti che l’art. 32 comma 27 lettera d) del d.l. 30 settembre 2003, convertito con modificazioni nella legge 24 novembre 2003, n. 326, esclude espressamente dal condono edilizio le opere che “ siano state realizzate su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ”.

Secondo orientamento giurisprudenziale consolidato sono condonabili soltanto le opere realizzate su immobili assoggettati a vincolo dopo la loro realizzazione, e soltanto per esse si pone l’esigenza della verifica delle ulteriori congiunte condizioni della conformità urbanistica (cfr. tra le più recenti Cons. Stato, Sez. IV, 29 marzo 2017, n. 1434;
vedi anche Cons. Stato, Sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1664 e 17 marzo 2016, n. 1898).

4.3) L’ordinanza dirigenziale gravata richiama espressamente il presupposto negativo dell’incondonabilità delle opere, laddove nel preambolo rileva che “… lo stato delle opere è riconducibile a quello contemplato dall’art. 27 d.P.R. 380/01 l’intero territorio di questo comune con D.M. del 12.09.1957 è stato dichiarato di notevole interesse pubblico e che in quanto tale è sottoposto a tutte le disposizioni contenute nella legge medesima …” e “… che le opere abusive non sono assentibili quindi ai sensi dell’art. 36 del testo unico e non sono per niente configurabili in alcuna delle ipotesi di condono ”.

4.4) Ne consegue che essa ha contenuto composito perché opera la ricognizione di un presupposto obiettivo ostativo al conseguimento della sanatoria e con ciò costituisce anche diniego di condono, esaurendo quindi le ragioni della sospensione ex art. 38 della legge n. 47/1985.

4.5) Nessun rilievo può quindi assumere la circostanza che il T.A.R. abbia ritenuto inessenziale l’acquisizione dei chiarimenti richiesti con l’ordinanza istruttoria, avendo esattamente inquadrato, sia pure in modo stringato, il contenuto composito della determinazione dirigenziale, e esattamente valutato l’incondonabilità delle opere come in essa evidenziata.

4.6) In funzione della ricognizione del suddetto presupposto deve recisamente escludersi tanto l’esigenza dell’acquisizione di parere soprintendentizio o della commissione edilizia in composizione integrata (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 maggio 2015, n. 2678), quanto il rilievo dell’omissione di formalità partecipative, sia perché esse non sono dovute nel procedimento di condono che è ad istanza di parte, secondo granitico orientamento (cfr. per tutte Cons. Stato, Sez. IV, 5 maggio 2017, n. 2065), sia perché nessun apporto utile poteva essere fornito dall’interessato in ragione del contenuto necessitato e vincolato del consentaneo diniego e ordinanza di demolizione.

5.) Alla stregua dei rilievi che precedono l’appello deve essere quindi rigettato, con conferma della sentenza gravata.

6.) Il regolamento delle spese processuali, liquidate come da dispositivo, segue la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi