Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-22, n. 202211177

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2022-12-22, n. 202211177
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202211177
Data del deposito : 22 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 22/12/2022

N. 11177/2022REG.PROV.COLL.

N. 09435/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9435 del 2018, proposto dal signor -OMISSIS- rappresentato e difeso dall’avvocato P A con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato L S in Roma, via Sabotino, n. 12

contro

il Ministero dell’Interno e la Prefettura – UTG di Catania, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,

per la riforma

della sentenza del Tar Lazio, sede di Roma, sez. I-ter, n. -OMISSIS-, non notificata, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento del Ministero dell’Interno che ha rigettato la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e della Prefettura – UTG di Catania;

Vista la memoria difensiva, depositata dall’appellante in data 6 settembre 2022;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 novembre 2022 il Cons. Giulia Ferrari e uditi altresì i difensori presenti delle parti in causa, come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con provvedimento del Ministero dell’Interno del 24 aprile 2013 è stata respinta la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, presentata dal cittadino srilankese -OMISSIS-.

Il provvedimento ha tratto fondamento dalla circostanza che dall’attività informativa esperita è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza.

2. Con ricorso proposto dinanzi al Tar Lazio, sede di Roma, il cittadino srilankese ha impugnato tale provvedimento contestandone l’illegittimità per eccesso di potere, nelle figure sintomatiche della carenza di motivazione e di istruttoria e del travisamento dei fatti;
per la violazione dell’art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 e dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992. In particolare, lo straniero ha dedotto che la motivazione provvedimentale sarebbe generica e tale da comprimere la possibilità di esercitare adeguatamente il proprio diritto di difesa.

3. Con sentenza n. -OMISSIS-, il Tar Lazio ha respinto il ricorso ritenendo che l’Amministrazione avesse valutato in maniera procedimentalmente corretta e non manifestamente illogica la complessiva situazione dell’istante, evidenziando come dall’attività informativa esperita fossero emersi elementi di pericolo per la sicurezza della Repubblica.

4. La citata sentenza n. -OMISSIS- è stata impugnata con appello notificato l’8 novembre 2018 e depositato il successivo 22 novembre riproducendo sostanzialmente le censure non accolte in primo grado e ponendole in chiave critica rispetto alla sentenza avversata.

5. Il Ministero dell’Interno e la Prefettura – UTG di Catania si sono costituiti in giudizio sostenendo l’infondatezza dell’appello.

6. Con ordinanza n. -OMISSIS-, sono stati disposti incombenti istruttori al fine di acquisire la documentazione che è stata posta a base del rigetto dell’istanza di concessione della cittadinanza italiana.

7. Alla pubblica udienza del 10 novembre 2022, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Come esposto in narrativa, oggetto della presente controversia è il provvedimento del Ministero dell’Interno con il quale è stata respinta la richiesta di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, co. 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, presentata dal cittadino srilankese in considerazione della circostanza che dall’attività informativa esperita è emersa la contiguità del richiedente a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica e che tale motivo risulta ostativo alla concessione della cittadinanza.

2. Preliminarmente, va respinta l’eccezione con la quale parte appellante ha sostenuto la tardività del deposito della documentazione classificata prodotta dall’Amministrazione in ottemperanza all’incombente istruttorio disposto da questo Giudice con ordinanza n. -OMISSIS-.

Sul punto è sufficiente ricordare che nel processo amministrativo, il quale a differenza del processo civile non è distinto in varie fasi (per quanto qui rileva, in una fase preparatoria ed in una successiva fase istruttoria), il termine fissato dal giudice per l’adempimento istruttorio deve ritenersi meramente ordinatorio, non essendo la sua inosservanza sanzionata da decadenze o preclusioni dalle norme del codice regolatrici del potere istruttorio (artt. 65 e 68 c.p.a.), né dall’analoga norma prima vigente (art. 23 comma 4, l. n. 1034 del 1971) (Cons. St., sez. III, 31 marzo 2014, n. 1515). La relazione depositata dal Ministero dell’Interno, anche se depositata oltre il termine assegnato dall’ordinanza collegiale per gli incombenti istruttori, è poi del tutto ammissibile e utilizzabile, ai fini processuali, non potendo trovare applicazione in subiecta materia la generale previsione dell’art. 52, comma 1, c.p.a., bensì la sola disposizione speciale dell’art. 68 c.p.a. per i termini dell’istruttoria, che rinvia alle disposizioni del codice di procedura civile e, tra queste, all’art. 152, comma primo, c.p.c., secondo cui i termini possono essere stabiliti dal giudice anche a pena di decadenza, “soltanto se la legge lo permette espressamente” (Cons. St., sez. III, 11 luglio 2016, n. 3020).

3. Passando al merito, l’appello è infondato.

Giova premettere che lo straniero non ha un diritto soggettivo all’acquisto della cittadinanza, ai sensi della l. 5 febbraio 1992, n. 91 (Cons. St., sez. III, 23 novembre 2018, n. 5638).

Come chiarito dalla Sezione (16 novembre 2020, n. 7036) e ribadito anche dalla sezione consultiva del Consiglio di Stato in sede di esame di ricorso straordinario al Capo dello Stato (1 dicembre 2020, n. 1959), il provvedimento di concessione della cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), l. n. 91 del 1992, è atto squisitamente discrezionale di “alta amministrazione”, condizionato all’esistenza di un interesse pubblico che con lo stesso atto si intende raggiungere e da uno “status illesae dignitatis” (morale e civile) di colui che lo richiede (Cons. St., sez. I, 20 gennaio 1993, n. 1878/94;
12 aprile 1995, n. 1834/91;
26 agosto 1998, n. 1108/96;
3 marzo 1999, n. 29/99;
sez. III, 14 febbraio 2017, n. 657;
25 agosto 2016, n. 3696).

Si tratta di provvedimento fondato su determinazioni che rappresentano un’esplicazione del potere sovrano dello Stato di ampliare il numero dei propri cittadini (Cons. St., sez. III, 13 novembre 2018, n. 6374;
27 febbraio 2019, n. 1390).

Il Collegio condivide, dunque, il tradizionale orientamento giurisprudenziale per cui l’Amministrazione, dopo aver accertato l’esistenza dei presupposti per proporre la domanda di cittadinanza, effettua una valutazione ampiamente discrezionale, che non può che tradursi in un apprezzamento di opportunità, circa lo stabile inserimento dello straniero nella comunità nazionale, sulle ragioni che inducono lo straniero a chiedere la nazionalità italiana e riguardo alle sue possibilità di rispettare i doveri che derivano dall’appartenenza alla comunità nazionale.

Nella valutazione articolata che spetta all’Amministrazione per concedere o meno la cittadinanza assumono rilievo tutti gli aspetti da cui è possibile desumere l’integrazione del richiedente nella comunità nazionale, sotto il profilo della conoscenza e osservanza delle regole giuridiche, civili e culturali che la connotano.

Vengono, perciò, in rilievo tutti quegli aspetti che farebbero dello straniero un buon cittadino, quali la perfetta integrazione nel tessuto sociale italiano, l’assenza di precedenti penali, considerazioni di carattere economico e patrimoniale per cui si possa presumere che egli sia in grado di adempiere ai doveri di solidarietà economica e sociale richiesti a tutti i cittadini, pur senza stretti limiti reddituali imposti per legge, le condizioni familiari e di irreprensibilità della condotta.

Tale valutazione discrezionale può essere sindacata in questa sede nei ristretti ambiti del controllo estrinseco e formale;
il sindacato del giudice non può dunque spingersi al di là della verifica della ricorrenza di un sufficiente supporto istruttorio, della veridicità dei fatti posti a fondamento della decisione e dell’esistenza di una giustificazione motivazionale che appaia logica, coerente e ragionevole (Cons. St., sez. VI, 9 novembre 2011, n. 5913).

4. Ciò chiarito, contrariamente a quanto asserisce l’appellante, alla luce dei fatti, non può ritenersi irragionevole o incompleta la valutazione compiuta dall’Amministrazione.

Ritiene il Collegio che i motivi dedotti dall’appellante – che possono trattarsi congiuntamente stante la comunanza delle questioni – non tengano conto dell’amplissima discrezionalità, informata anche a criteri di precauzione di profilo oggettivo (Cons. St., sez. III, 11 maggio 2016, n. 1874) e di cautela (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102;
6 settembre 2018, n. 5262), che – come si è detto sub 3 – caratterizza il provvedimento di concessione della cittadinanza italiana, in quanto atto che attribuisce definitivamente uno status che comporta rilevantissime conseguenze per il patrimonio giuridico del richiedente e sui suoi diritti all’interno dello Stato;
tale concessione può però comportare conseguenze altrettanto rilevanti, anche gravemente perniciose per l’interesse nazionale in caso di infelice concessione. Proprio per la rilevanza di tale riconoscimento, l’art. 9, l. n. 91 del 1992 demanda al Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell'interno, la concessione della cittadinanza.

A fronte degli importanti interessi della comunità nazionale coinvolti nel procedimento l’interesse del cittadino di altro Stato a conseguire la cittadinanza italiana è inevitabilmente recessivo e sottoposto a severa verifica istruttoria, affidata non solo alle autorità locali di pubblica sicurezza (il Prefetto e il Questore, i quali nella fattispecie, come prospettato dall’appellante, non hanno evidenziato criticità), ma anche agli organismi specificamente preposti ai servizi di sicurezza dello Stato, che invece nella presente fattispecie hanno evidenziato - con modalità compatibili con la riservatezza (pure consentita perché dovuta a esigenze di sicurezza nazionale: si pensi alla tutela delle fonti di informazione) e dunque non soggette ai pieni canoni di trasparenza che debbono caratterizzare l’attività amministrativa ordinaria - possibili criticità (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326).

Sicché lo stesso obbligo di motivazione del diniego si presta ad essere adeguatamente calibrato in funzione, anche, della delicatezza degli interessi coinvolti, che potrebbero ricevere pregiudizio già per effetto di un indiscriminato ed incontrollato palesamento dei fatti accertati dall’Amministrazione e degli strumenti istruttori utilizzati: sì da legittimare un assolvimento “attenuato” dell’obbligo esplicativo delle ragioni del provvedimento, da parte dell’Amministrazione, quando una più ampia disclosure, già nel contesto del provvedimento medesimo, dei dati e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione potrebbe costituire, come nella specie, un attentato alla segretezza connaturata allo svolgimento di investigazioni particolarmente penetranti ed in ambiti estremamente rischiosi (Cons. St., sez. III, 29 marzo 2019, n. 2102). Aggiungasi che la Sezione (29 maggio 2018, n. 3206) ha rilevato che se, in base ad accertamenti esperiti, l’aspirante cittadino italiano risulta appartenere a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica, è legittimo il diniego alla concessione della cittadinanza italiana, senza che, peraltro, il Ministero sia tenuto a concedere l’accesso agli atti presupposti;
in quanto la fattispecie è espressamente individuata nell’elenco degli atti sottratti al diritto di accesso.

Come più volte chiarito (Cons. St., sez. II, 31 agosto 2020, n. 5326), non sono negati diritti fondamentali della persona garantiti a livello costituzionale, comunitario o internazionale;
è stato invece negato un beneficio la cui concessione è subordinata ad una valutazione di opportunità politico-amministrativa altamente discrezionale e informata a principi di cautela, nell’interesse nazionale, senza che sia peraltro preclusa al richiedente la riproposizione dell’istanza, alla luce di eventuali successivi ed ulteriori elementi (in tesi) “favorevoli” alla sua posizione.

Rispetto a queste valutazioni la posizione soggettiva del richiedente ha consistenza di affievolito interesse legittimo, atteso che l’attribuzione del nuovo status di cittadino italiano comporta l’inserimento dello straniero, a tutti gli effetti, nella collettività nazionale e l’acquisizione a pieno titolo, da parte del richiedente, dei diritti e dei doveri che competono ai cittadini.

Considerate le indicate caratteristiche di delicatezza e riservatezza dell’istruttoria in tema di concessione della cittadinanza e della suddetta cautela alla base delle relative statuizioni non emerge alcuna laconicità nella motivazione esternata nel decreto ministeriale. Invero, è del tutto idonea per la giustificazione del diniego di cittadinanza la valutazione che il richiedente sia contiguo, simpatizzante o comunque idealmente vicino o in contatto con un movimento potenzialmente in grado di minare interessi vitali del nostro Stato.

Inoltre, in ottemperanza dell’incombente istruttorio disposto da questo Giudice con ordinanza n. -OMISSIS-, l’Amministrazione ha depositato in data 14 settembre 2022 un atto classificato, dal quale è possibile corroborare la sussistenza di ragioni di sicurezza nazionale che hanno ragionevolmente condotto al rigetto della presentata istanza.

Dunque, dal carteggio ministeriale emerge l’apporto di elementi di valutazione dai quali risulta un’applicazione dei criteri, anche di cautela, sopra esposti che – tenuto conto della particolare materia – appare priva di palesi vizi logico-valutativi e motivazionali.

Altresì non può comportare l’illegittimità del provvedimento la circostanza che il Ministero non abbia tenuto conto delle osservazioni prodotte dall’interessato a seguito dell’invio del c.d. preavviso di rigetto. Invero, se l’aspirante cittadino italiano risulta appartenere a movimenti aventi scopi non compatibili con la sicurezza della Repubblica, l’amministrazione non è tenuta a controdedurre puntualmente sulle osservazioni di parte;
ciò si giustifica alla luce del carattere secretato delle informazioni assunte a carico dello straniero che, qualora conosciute, potrebbero pregiudicare la sicurezza nazionale. Del resto, la Sezione (cfr. 29 maggio 2018, n. 3206) ha più volte ribadito che il provvedimento di diniego della richiesta cittadinanza italiana non deve necessariamente riportare analiticamente le notizie che potrebbero in qualche modo compromettere l’attività preventiva o di controllo da parte degli organi a ciò preposti, essendo sufficiente l’indicazione delle ragioni del diniego senza dover indicare tutte le valutazioni interne che hanno condotto al giudizio di pericolosità sociale del richiedente.

Per tale ragione non può ritenersi violato l’art. 10-bis, l. n. 241 del 1990 e la motivazione che ha condotto al diniego non può dirsi insufficiente né di mero stile in quanto il preminente interesse della sicurezza dello Stato e la tutela avanzata apprestata nel campo del contrasto di attività che attentano all’integrità della Repubblica non può che giustificare una motivazione succinta, ma comunque in grado di rendere intellegibili le ragioni che hanno determinato un esito procedimentale negativo per il richiedente.

L’interesse nazionale è, infatti, interesse di rango certamente superiore rispetto all’interesse di uno straniero ad ottenere la cittadinanza italiana ed il riconoscimento della cittadinanza, per sua natura irrevocabile, presuppone che “nessun dubbio, nessuna ombra di inaffidabilità del richiedente sussista, anche con valutazione prognostica per il futuro, circa la piena adesione ai valori costituzionali su cui Repubblica Italiana si fonda” (cfr. Cons. St., Sez. III, 14 febbraio 2017, n. 657).

Da ultimo, non può ritenersi dirimente che alcuna accusa sia stata mossa allo straniero in sede penale, in quanto le valutazioni finalizzate all’accertamento di una responsabilità penale si pongono su un piano diverso ed autonomo rispetto alla valutazione del medesimo fatto ai fini dell’adozione di un provvedimento amministrativo e ciò in quanto il comportamento non è considerato ai fini dell’irrogazione di una sanzione, bensì al fine di formulare un giudizio sul grado di assimilazione dei valori dell’ordinamento e sulla futura integrazione dell’aspirante cittadino (da ultimo, Cons. St., sez. III, 15 settembre 2022, n. 8019).

Del resto, la giurisprudenza di questa Sezione ha costantemente affermato che ai fini della concessione della cittadinanza non si deve tenere conto solamente dei fatti penalmente rilevanti, ma si deve valutare anche l’area della prevenzione dei reati e di qualsivoglia situazione di astratta pericolosità sociale, con accurati apprezzamenti sulla personalità e sulla condotta di vita del naturalizzando, al fine di valutare quale sia la probabilità che questi possa arrecare in futuro pregiudizio alla sicurezza dello Stato (Cons. St., sez. III, nn. 1390 e 3121 del 2019).

5. In conclusione, per le ragioni che precedono, l’appello deve essere respinto, non essendo sindacabile da parte di questo Giudice, perché non affetta da manifesta illogicità o irragionevolezza, la decisione impugnata di non riconoscere all’appellante lo status di cittadino italiano.

Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese e degli onorari del giudizio.

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