Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-06, n. 201302434

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-05-06, n. 201302434
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302434
Data del deposito : 6 maggio 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 05014/2012 REG.RIC.

N. 02434/2013REG.PROV.COLL.

N. 05014/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5014 del 2012, proposto da:
Ativa - Autostrada Torino-Ivrea-Valle D'Aosta Spa, rappresentata e difesa dagli avv. U G, M S, C M, con domicilio eletto presso C M in Roma, via Sabotino, 45;

contro

Anas Spa, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE I n. 00626/2012, resa tra le parti, concernente appello avverso sentenza con cui il giudice amministrativo ha dichiarato il difetto di giurisdizione - utilizzo delle aree autostradali - canoni da sub concessioni.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Anas Spa e di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

visti gli artt. 105, co. 2 e 87, co. 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 aprile 2013 il Cons. U R e uditi per le parti gli avvocati U G e l'Avvocato dello Stato Andrea Fedeli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con il presente appello la concessionaria autostradale .A.T.I.V.A. S.p.a. chiede l’annullamento della sentenza del TAR Piemonte n. 626/2012 con cui è stato dichiarato il difetto di giurisdizione sul suo ricorso diretto avverso le varie note con le quali Anas s.p.a. le aveva ingiunto di provvedere ad integrare l’importo dei canoni dovuti in applicazione dell’art. 13 della convenzione che regola il rapporto concessorio tra le parti con decorrenza 08.06.2008.

Per il TAR:

-- “ … l'art. 133, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo attribuisce alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ogni controversia relativa ai rapporti di concessione di beni e servizi pubblici, fatte salve però quelle aventi ad oggetto indennità, canoni o altri corrispettivi … ” ;

-- le pretese, inerendo a “ … questioni di indennità, canoni o altri corrispettivi, restano soggette al regime generale di riparto della giurisdizione, per cui ricadono in quella ordinaria ogni qualvolta abbiano ad oggetto diritti soggettivi, ed in quella del giudice amministrativo quando, viceversa, si faccia questione dell'esercizio legittimo di un potere spettante alla pubblica amministrazione. In tal senso si sono più volte espressi la Corte di Cassazione (cfr. ex multis, Sez. Un. Cass. 20939/11;
13903/11;
15664/10) e il Consiglio di Stato (cfr, ex multis, Cons. Stato 4561/09;
4886/09), affermando che, in materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi della normativa sopra richiamata, sono unicamente quelle con un contenuto meramente patrimoniale, che derivano dall'attuazione del rapporto instauratosi tra il privato e la pubblica amministrazione e nelle quali non entra in gioco alcun potere autoritativo di quest'ultima a tutela di interessi generali. Qualora, viceversa, la controversia coinvolga l'esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone, dell'indennità o di altro corrispettivo, ovvero coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione del canone che incidono sull'economia dell'intero rapporto concessorio, e non semplicemente l'accertamento tecnico dei presupposti fattuali dello stesso, allora entra in gioco la competenza giurisdizionale del giudice amministrativo, come accade ad esempio nel caso di ricorsi proposti contro l'atto col quale si istituiscono o si modificano le tariffe relative alle concessioni amministrative di beni pubblici. …
” (così la decisione impugnata)

L’appello è affidato a due rubriche principali con cui si deduce in linea preliminare l’erroneità della predetta statuizione e, nel merito, si fa luogo alla riproposizione dei motivi non esaminati in primo grado.

L’amministrazione si è costituita ritualmente in giudizio e con memoria per la discussione ha contestato le tesi dell’appellante concludendo per il rigetto dell’appello.

Con memoria sempre per la discussione la società appellante ha sottolineato le argomentazioni a sostegno dell’appello.

Chiamato alla camera di consiglio, il ricorso è stato introitato ai sensi dell’art.105, II co. c.p.a. .

L’appello è infondato.

___1. Assume l’appellante l’erroneità della predetta decisione in quanto le questioni di competenza dell’A.G.O. sono quelle aventi un contenuto meramente patrimoniale sul binomio “obbligo-pretesa”, senza che vi sia alcun potere d’intervento riservato alla P.A. Nel caso in esame invece la controversia esulerebbe da tali limiti e coinvolgerebbe un rapporto impostato sul binario “potere-interesse”. Ciò implicherebbe l’esercizio di poteri discrezionali inerenti alla determinazione del canone.

Il petitum sostanziale sarebbe relativo all’uso del potere autoritativo del concedente di determinare indennità, canoni o di altri corrispettivi (cfr. Cass. Civ. SS.UU. 25.11.2011 n.24902).

Qui la giurisdizione si sarebbe radicata non in relazione a profili negoziali, ma sulla contestazione del potere dell’ANAS di imporre autoritativamente la corresponsione di somme con minaccia di sanzioni.

La pretesa dell’ANAS, ai sensi dell’art. 13 della convenzione, non tiene conto che il 20% era dovuto esclusivamente in caso di “nuove attività”, mentre quelle accessorie già comprese nella concessione precedente trovavano una propria specifica regolamentazione nel piano economico finanziario, che recava l’allocazione del relativo onere nella misura del 2%.

Di conseguenza la pretesa, fondata su accertamenti tecnici relativi a presupposti fattuali economico-aziendali, riguardava sia l’ an e sia il quantum della debenza del canone;
ciò implicherebbe, come possibile conseguenza, che l’inadempimento, in caso di reiterazione delle violazioni, potrebbe consentire all’ANAS di chiedere la sospensione o la decadenza della concessione.

Il ricorso al predetto potere sanzionatorio non avrebbe natura contrattuale, ma sarebbe stata l’espressione di potestà amministrativa derivata dalla legge ex comma 83 lett. h del d.l. n. 262 del 3 ottobre 2006 (conv. in L. 24 novembre 2006, n. 286),.

L’assunto va disatteso.

L’art. 13 della convenzione dispone che:

-- “ il concedente può accordare al concessionario lo svolgimento di nuove attività accessorie collegate all’utilizzo delle aree a pertinenze autostradali ivi comprese quelle relative allo sfruttamento commerciale di reti di telecomunicazioni” (comma 1);

“per tali attività il concessionario è tenuto a corrispondere al concedente un canone annuo nella misura del 20% dei proventi di competenza di ciascun anno ” (comma 2).

Su tali basi l’ANAS pretende che, per tutte le aree di servizio delle sub concessioni elencate nell’allegato G alla nuova convenzione, le venga versato rispettivamente il 2% sino al 07.06.2008 (data di scadenza della precedente convenzione del 28.07.1999) ed il 20% dall’08.06.2008, (data di entrata in vigore della nuova convenzione).

E’ dunque evidente che la problematica relativa alla correttezza della richiesta di maggior canone con riferimento sia alle aree di servizio in funzione e sia quelle di prossima realizzazione nulla ha a che fare con la generale regolazione normativa del rapporto di diritto pubblico, ma costituisce una questione di carattere interpretativo circa la valenza da attribuire ad una clausola della convenzione, che concerne l’esatta individuazione delle regole applicabili alla fattispecie in base, appunto, alla convenzione di concessione.

Si tratta di una clausola di natura opzionale, tipicamente negoziale, per cui all’utilizzo di determinate facoltà date dal contratto si riconnettono direttamente i corrispondenti obblighi previsti nella convenzione.

L’individuazione del quantum dovuto, nel caso di specie, non concerne affatto l’esercizio di poteri amministrativi o procedimentali, ma l’esercizio di facoltà di carattere negoziale.

A tale riguardo, si osserva che le note impugnate – anche in considerazione della connessa possibilità di sospensione o di decadenza dalla concessione -- non hanno alcun rilievo autoritativo, ma devono essere ricondotte, sotto il profilo sostanziale, alla diffida ad adempiere di cui all’art.1454 c.c., vale a dire sono dichiarazioni unilaterali recettizie di natura negoziale dirette a far valere le ragioni di credito del concedente.

Come tali concernono propriamente la fase esecutiva del rapporto, in quanto implicano:

-- la corretta interpretazione del controverso articolo 13 della convenzione in essere tra le parti al fine di individuare i conseguenti, e reciproci, diritti ed obblighi;

-- l’individuazione delle prestazioni cui è sinallagmaticamente collegato il dovere del concessionario di corrispondere un’ulteriore quota di canone.

In questo contesto ricostruttivo si deve concordare con il primo giudice quando sottolinea che non entrano in gioco poteri autoritativi della pubblica amministrazione sul rapporto concessorio, neppure sotto il profilo della determinazione discrezionale del canone, e che il petitum sostanziale attiene esclusivamente a profili negoziali in quanto sono esclusiva proiezione concreta delle regole contenute nella disciplina convenzionale.

In conclusione la sentenza del Tar merita integrale adesione e, per l’effetto, deve essere integralmente confermata la declaratoria del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell'art. 133, comma 1, lett. b), del codice del processo amministrativo.

Le spese, secondo le regole generali, seguono la soccombenza e sono liquidate in € 3.000,00.

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