Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-12, n. 202304801

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2023-05-12, n. 202304801
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202304801
Data del deposito : 12 maggio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/05/2023

N. 04801/2023REG.PROV.COLL.

N. 04517/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4517 del 2021, proposto da
S Z, rappresentato e difeso dall'avvocato B B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Vittoria Colonna n. 40;

contro

Comune di Lovere, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), n. 00251/2021, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Lovere;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 marzo 2023 il Cons. Roberta Ravasio;

Dato atto che nessuno è comparso per le parti, avendo i difensori depositato istanza di passaggio della causa in decisione senza discussione;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. L’appellante è comproprietario, in Comune di Lovere, di un fabbricato insistente sul fondo identificato al locale Catasto al Foglio n. 7, mapp. 2083, soggetto a vincolo paesaggistico in forza di decreto ministeriale n. 1960 del 23 settembre 1960 nonché in forza dell’art. 136, lett. c), e dell’art. 142, lett. b), del D. L.vo 42/2004.

2. Con permesso di costruire n. 22/2008 il suddetto otteneva l’assenso ad un intervento di ristrutturazione, per il quale conseguiva anche la preventiva autorizzazione paesaggistica.

3. Intendendo apportare una modificazione al progetto licenziato con riferimento al tetto, i coniugi Z-F presentavano istanza per il rilascio del permesso di costruire in variante, che però veniva respinta a causa del diniego espresso dalla locale Commissione Beni Ambientali.

4. Malgrado ciò i lavori venivano ugualmente eseguiti e il Comune, accertato che le opere eseguite in difformità dal permesso di costruire 22/2008 si compendiavano nel fatto che “ il tetto è stato portato al livello più alto mentre in precedenza esso presentava ben tre quote differenti in base all’andamento della copertura esistente ”, con ordinanza n. 177/2011 ingiungeva il ripristino dello stato di progetto licenziato.

5. Va precisato che l’appellante aveva presentato ricorsi straordinari al Capo dello Stato, impugnando sia il diniego sulla variante che l’ingiunzione di ripristino: il primo ricorso veniva dichiarato irricevibile per tardività mentre il secondo veniva respinto.

6. Il 22 dicembre 2016 l’appellante presentava istanza per il rilascio della compatibilità paesaggistica e contestuale fiscalizzazione delle opere abusive: l’istanza veniva respinta con provvedimento del 18 gennaio 2017, a mezzo del quale il Comune di Lovere esprimeva diniego “ trattandosi di opere valutate paesaggisticamente non compatibili come ricordato a conclusione del parere n 1607/2015 reso dalla Sezione Prima del Consiglio di Stato che è andato a far parte del decreto conclusivo (in senso negativo) del procedimento avviato su ricorso dei signori F e Z ”.

7. Il 26 aprile 2017 l’appellante presentava una istanza ai sensi degli artt. 17 del D.P.R. n. 31/2017 e 167 del D. L.vo 42/2004, chiedendo la “ apertura di un procedimento amministrativo per determinare le prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica degli interventi in questione ”, previa acquisizione del parere della Soprintendenza e determinazione della sanzione pecuniaria dovuta.

8. Il Comune evadeva l’istanza con provvedimento dell’11 agosto 2017, sul rilievo della impossibilità di applicare la norma invocata, “ in quanto sono state eseguite opere aventi rilevanza tale da non permettere la sottrazione della pratica alla disciplina ordinaria ”.

9. Con il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio il signor S Z impugnava l’indicato provvedimento.

10. Il TAR ha respinto il ricorso con la sentenza indicata in epigrafe.

11. Il signor Z ha proposto appello, articolando i motivi che in prosieguo saranno specificamente esaminati.

12. Il Comune di Lovere ha resistito all’impugnazione.

13. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione in occasione della pubblica udienza del 23 marzo 2023.

DIRITTO

14. A miglior comprensione di quanto infra si dirà è bene precisare, in punto di fatto, che, con l’istanza depositata il 26 aprile 2017, l’appellante, ricostruita la vicenda fattuale, esponeva che le opere eseguite in difformità dal permesso di costruire n. 22/2008 consistevano in modifiche del tetto che – a suo dire – avrebbero astrattamente consentito il rilascio della compatibilità paesaggistica ai sensi dell’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004. Richiamava, inoltre, la previsione dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017, “ Regolamento recante individuazione degli interventi esclusi dall'autorizzazione paesaggistica o sottoposti a procedura autorizzatoria semplificata .”, a mente del quale “ Nel caso di violazione degli obblighi previsti dal presente decreto, fermo restando quanto previsto dall'articolo 181 del Codice, si applica l'articolo 167 del Codice. In tali casi l'autorita' preposta alla gestione del vincolo e il Soprintendente, nell'esercizio delle funzioni di cui all'articolo 167, comma 4, del Codice, dispongono la rimessione in pristino solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilita' paesaggistica dell'intervento e delle opere .” E concludeva nel senso che la dianzi sopravvenuta normativa avrebbe reso la demolizione una extrema ratio , una soluzione da attuarsi solo in presenza di una situazione assolutamente irrisolvibile mediante l’adozione di opportune prescrizioni, e avrebbe imposto all’amministrazione di vagliare la possibilità di rendere le opere compatibili dal punto di vista paesaggistico, mediante l’imposizione delle opportune prescrizioni.

14.1. E’ dunque evidente che l’appellante, all’indomani dell’entrata in vigore del regolamento che individua gli interventi edilizi per i quali l’autorizzazione paesaggistica può essere omessa nonché gli interventi per i quali l’autorizzazione paesaggistica può essere rilasciata con la procedura semplificata disciplinata dal D.P.R. n. 31/2017, ritenendo evidentemente possibile l’applicazione del citato regolamento anche agli abusi commessi in data anteriore alla sua entrata in vigore, ha sollecitato il Comune ad avviare il procedimento finalizzato a stabilire se la rimessione in pristino fosse, nel caso di specie, assolutamente necessaria o se potesse essere evitata mediante opportune prescrizioni.

14.2. Il Comune di Lovere ha respinto l’istanza, negando l’avvio del procedimento “ Considerato che la recente norma di cui si chiede l’applicazione riguarda interventi soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato ” e ritenendo che quanto previsto in tale norma “ non può essere applicato nel caso in esame in quanto, sono state eseguite opere aventi rilevanza tale da non permettere la sottrazione della pratica alla disciplina ordinaria ”, senza nulla aggiungere circa le ragioni che imporrebbero di escludere le opere abusive in esame da quelle soggette al D.P.R. n. 31/2017.

15. Con unico, articolato, motivo d’appello il signor Z deduce l’erroneità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 167 D. L.vo 42/2004 e dell’art. 17 D.P.R. n. 31/2017, oltre a violazione del principio tempus regit actum e dello ius superveniens e al travisamento di presupposti.

Secondo l’appellante il TAR si sarebbe diffuso ad esaminare solo il procedimento di accertamento della compatibilità paesaggistica ordinario, sebbene nella istanza fosse stata invocata l’applicazione dell’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017.

Contesta, inoltre, il capo della sentenza che ha affermato che le opere in considerazione non rientrano nell’ambito di applicazione del citato Regolamento: l’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017 si applicherebbe, invece, a prescindere dai limiti indicati all’art. 167, comma 4.

Il ragionamento del TAR, che ha fatto leva sulla assenza di compatibilità paesaggistica accertata con D.P.R. del 23 febbraio 2016 - di rigetto del ricorso straordinario al capo dello Stato proposto avverso l’ingiunzione di ripristino - sarebbe fallace, perché tale pronunciamento potrebbe fare stato, tra le parti, solo in ordine alla consistenza delle opere realizzate, ma non anche alla qualificazione delle stesse ai fini della applicazione di un corpo di norme entrato in vigore in epoca successiva. In ogni caso il citato D.P.R. 23 febbraio 2016 aveva ad oggetto solo l’ordine di demolizione, e non altro provvedimento, e quindi da esso non potrebbero trarsi argomenti a favore della inapplicabilità del D.P.R. n. 31/2017 alle opere di che trattasi. Di conseguenza, secondo l’appellante, il TAR avrebbe dovuto decidere la vertenza applicando, ai fini della qualificazione delle opere (lieve entità o meno), la normativa sopravvenuta, ma ciò non ha fatto, in palese violazione del principio tempus regit actum , in base al quale in sede procedimentale si deve applicare la normativa vigente al momento della adozione dell’atto conclusivo del procedimento.

L’appellante richiama, poi, gli allegati al D.P.R. n. 31/2017, attirando l’attenzione sul fatto che il relativo allegato 2, che elenca gli “ interventi di lieve entita' soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato ”, al punto B.1 individua interventi che si compendiano anche in incrementi volumetrici, e modifiche di aperture, di prospetti e delle coperture. Contrariamente a quanto affermato dal TAR, sarebbe quindi ben possibile che l’intervento abusivo per cui è causa possa farsi rientrare tra quelli per i quali il D.P.R. n. 31/2017 prescrive, oggi, la procedura di autorizzazione paesaggistica semplificata, la cui violazione conduce all’applicazione dell’art. 17.

L’appellante contesta, ancora, l’affermazione del TAR secondo cui, nella specie, la compatibilità paesaggistica sarebbe preclusa dal fatto che gli interventi sarebbero stati realizzati “ in assenza ” o “ in difformità ” dall’autorizzazione paesaggistica, allorché nella specie l’intervento sarebbe stato posto in essere andando contro a un “espresso diniego” dell’amministrazione: sottolinea l’appellante che i lavori vennero effettuati in pendenza della pratica, e prima che giungesse il provvedimento negativo.

Il TAR non avrebbe tenuto conto del fatto che, ai sensi dell’art. 17 cit., la valutazione di compatibilità paesaggistica non attiene tanto all’accertamento di conformità dell’opera così come esistente quanto piuttosto alla valutazione delle prescrizioni che consentano di raggiungere il predetto obiettivo, adempimento totalmente disatteso dall’Ente il quale, inoltre, non ha nemmeno interessato la Soprintendenza competente.

In definitiva il TAR avrebbe travisato il dettato normativo, dando rilevanza alle valutazioni di incompatibilità precedentemente espresse in sede di diniego e poi riprese nel parere del Consiglio di Stato del 2015, finendo per affermare l’inapplicabilità dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017 alle opere abusive per cui è causa, non sulla base di un accertamento specifico relativo alla inclusione di esse tra quelle indicate nell’allegato 2 al D.P.R. n. 31/2017, ma solo in ragione di quanto si legge nel parere n. 1695 del 28 maggio 2015 della I Sezione del Consiglio di Stato.

15.1. Il motivo è fondato, nei sensi di quanto in appresso specificato.

15.2. Preliminarmente è opportuno dare conto del percorso argomentativo seguito dal TAR. Questi:

(i) in primo luogo, ha richiamato i presupposti per il rilascio della compatibilità paesaggistica, come desumibili dall’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004 (che si tratti di interventi edilizi “minori”;
che si tratti di interventi realizzati “in assenza” o “in difformità” da una autorizzazione paesaggistica;
che gli interventi siano valutati dall’autorità preposta alla tutela del vincolo compatibili rispetto al bene tutelato) precisando che “ Peraltro, qualora vengano in considerazione, non soltanto “opere minori”, ma di interventi “di lieve entità” soggetti ad autorizzazione paesaggistica semplificata di cui al D.P.R. n. 31/2017, così come elencati tassativamente nell’allegato B) di tale decreto, la rimessione in pristino può essere disposta “solo quando non sia in alcun modo possibile dettare prescrizioni che consentano la compatibilità paesaggistica dell’intervento e delle opere” (art. 17 comma 1 D.P.R. 31/2017). ”;

(ii) quindi, ha ritenuto insussistenti le “ condizioni che avrebbero potuto consentire l’accertamento della compatibilità paesaggistica ”, e ciò perché l’incremento volumetrico indotto dalle opere abusive impedirebbe di considerarle opere “ minori” o “ di lieve entità ”, come già affermato nel parere del Consiglio di Stato n. 1695 del 28 maggio 2015;
perché l’intervento è stato realizzato “ in violazione di un espresso diniego di autorizzazione paesaggistica ” e comunque sulla base di una motivazione che attesta la carenza del presupposto sostanziale per la regolarizzazione postuma, come pure accertato nel citato parere del Consiglio di Stato;
e infine per la ragione che, non venendo in considerazione opere di “lieve entità”, è esclusa in radice l’applicabilità della previsione di cui all’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017.

15.2.1. Come si vede il TAR, da una parte si è, effettivamente, concentrato sul procedimento “ordinario” di rilascio della compatibilità paesaggistica, sull’evidente presupposto che la procedura di accesso al beneficio e le relative valutazioni si atteggino sempre allo stesso modo, e che i requisiti per accedervi siano sempre i medesimi, d’altra parte ha perentoriamente negato che le opere per cui è causa possano essere soggette al D.P.R. n. 31/2017, sul mero presupposto che avrebbero determinato un incremento volumetrico.

15.3. Ciò precisato il Collegio rileva, in primo luogo, che non è oggetto del presente giudizio la questione dell’applicabilità del D.P.R. n. 31/2017 alle opere realizzate in data anteriore alla sua entrata in vigore, trattandosi di questione che non è stata sollevata dal Comune nel provvedimento impugnato e, coerentemente, parte appellante non ne ha fatto l’oggetto di una censura specifica.

15.4. In secondo luogo il Collegio rileva che il provvedimento impugnato ha ad oggetto unicamente la possibilità di valutare la compatibilità delle opere abusive di che trattasi ai fini dell’applicazione dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017, il quale rimanda all’art. 167, comma 4, del Codice, in tal modo imponendo una applicazione di tale ultima norma coerente con le previsioni del Regolamento citato.

15.4.1. Per quanto riguarda la base giuridica del D.P.R. n. 31/2017, si deve rammentare che l’art. 146, comma 9, del D. L.vo 42/2004, nella versione vigente dal 29 aprile 2008, ha previsto che, con regolamento da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, fossero stabilite procedure semplificate per il rilascio dell'autorizzazione paesaggistica in relazione ad interventi di lieve entità in base a criteri di snellimento e concentrazione dei procedimenti, ferme, comunque, le esclusioni di cui agli articoli 19, comma 1, e 20, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 24: tale regolamento è stato emanato con D.P.R. n. 139/2010.

15.4.2. Con l’articolo 12, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2014, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2014, n. 106, come modificato dall'articolo 25, comma 2, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, sono state apportate modifiche all’art. 146, comma 9, del D. L.vo 42/2004, tra l’altro anche nel senso di prevedere l’emanazione di un ulteriore regolamento al fine di ampliare e precisare le ipotesi di interventi di lieve entità, operare ulteriori semplificazioni procedimentali nonché individuare le tipologie di interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica e quelle che possono essere regolate attraverso accordi di collaborazione tra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, le regioni e gli enti locali, ai sensi dell'articolo 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

15.4.3. Il regolamento di cui al paragrafo che precede è stato emanato con il D.P.R. n. 31 del 13 febbraio 2017, il quale ha individuato (i) gli interventi non (più) soggetti ad autorizzazione paesaggistica, elencandoli nell’allegato “A” e nell’art. 4, e (ii) gli interventi ed opere di lieve entità soggetti a procedimento autorizzatorio semplificato, che ha elencato nell’allegato “B”.

15.5. A questo punto si deve richiamare l’attenzione sul fatto che l’allegato “B” al D.P.R. n. 31/2017 contempla, tra le opere soggette a procedura semplificata di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, svariati interventi che, secondo la lettera dell’art. 167, comma 4, lett. a), sono esclusi dalla possibilità di accedere alla compatibilità paesaggistica: tali gli “ Incrementi di volume non superiori al 10 per cento della volumetria della costruzione originaria e comunque non superiori a 100 mc, eseguiti nel rispetto delle caratteristiche architettoniche, morfo-tipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti. Ogni ulteriore incremento sullo stesso immobile da eseguirsi nei cinque anni successivi all'ultimazione lavori e' sottoposto a procedimento autorizzatorio ordinario ” (all. II, punto B.1), oppure la “ realizzazione di autorimesse, collocate fuori terra ovvero parzialmente interrate, con volume emergente fuori terra non superiore a 50 mc, compresi i percorsi di accesso e le eventuali rampe ” ( ibidem , punto B.16), la “ realizzazione di tettoie, porticati, chioschi da giardino di natura permanente e manufatti consimili aperti su piu' lati, aventi una superficie non superiore a 30 mq o di manufatti accessori o volumi tecnici con volume emergente fuori terra non superiore a 30 mc” ( ibidem, punto B. 17);
e altri ancora. Si tratta di interventi che lo stesso legislatore ha ritenuto, all’art. 3 del D.P.R. n. 31/2017, di dover qualificare come “ di lieve entità ”, subordinandoli per tale ragione alla procedura semplificata di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

15.6. Ne consegue che, per gli interventi rientranti nell’allegato B al D.P.R. n. 31/2017, la violazione di alcuna delle norme del Regolamento, in particolare la violazione della prescrizione che impone la preventiva acquisizione della autorizzazione paesaggistica in forma semplificata, rimane regolata dall’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017, che rinvia all’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, in tal modo ammettendo la possibilità di acquisire l’autorizzazione paesaggistica postuma (ovvero la compatibilità paesaggistica), anche se l’intervento si sia compendiato nella creazione di superfici utili o di nuova volumetria. Qui si apprezza un contrasto tra tale norma e l’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004 – che invece esclude dalla compatibilità paesaggistica qualsiasi intervento che si sia tradotto in un aumento di superficie o di volumetria utile – che può e deve essere risolto sulla base del principio di specialità.

15.7. L’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, norma generale, deve quindi essere applicato in modo coordinato con le disposizioni speciali del D.P.R. n. 31/2017;
pertanto non si può escludere a priori che interventi che si siano tradotti nell’aumento di volumi o di superficie utili siano soggetti all’applicazione dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017.

15.8. Ha quindi errato il TAR nell’affermare, perentoriamente, che l’intervento abusivo posto in essere da parte appellante non può considerarsi di “ lieve entità ” né può qualificarsi quale “ opera minore ”, ai fini dell’applicazione dell’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017, anche perché la precisa consistenza delle opere abusive e della maggiore volumetria che esse avrebbero determinato non emerge dagli atti di causa.

15.8.1. Si precisa, sul punto, che il TAR ha fondato la propria affermazione solo sul parere del Consiglio di Stato del 28 maggio 2015, ove si legge che “ Si tratta, peraltro, di difformità che, diversamente da quanto ritenuto dai ricorrenti, appaiono tutt’altro che trascurabili, posto che riguardano il prolungamento esterno del tetto con modifica della relativa pendenza per consentire la copertura di un terrazzo sottostante e con l’effetto di ampliare il volume esistente. A tali rilievi devono aggiungersi quelli relativi alle opere di finitura esterna delle facciate (colore, persiane, colorazione del sottogronda, contorni delle finestre) ”: si tratta di affermazioni del tutto imprecise, che non fanno riferimento ad alcun elaborato tecnico, non menzionano alcun dato dimensionale e neppure danno modo di capire se la copertura del balcone sottostante al prolungamento della copertura abbia creato un vero e proprio ampliamento o, semplicemente, una nuova superficie coperta. In ogni caso la descrizione delle opere rinveniente dal parere del Consiglio di Stato non consente di affermare con certezza che si tratti di opere non comprese tra quelle indicate all’allegato B al D.P.R. n. 31/2017, il quale, tra l’altro, costituisce normativa sopravvenuta al detto parere.

15.8.2. Va da sé, inoltre, che il parere citato del Consiglio di Stato, confluito nel D.P.R. del 23 febbraio 2016, neppure è vincolante inter partes sul punto della impossibilità di qualificare le opere come “ di lieve entità ”, posto che tale affermazione non è riferita al D.P.R. n. 31/2017 e alle opere indicate nel relativo allegato B.

15.9. Pertanto, il provvedimento impugnato nega l’applicabilità dell’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017 sulla base di una affermazione del tutto generica e per nulla circostanziata.

15.10. Per concludere sul punto, l’appellata sentenza deve essere riformata in relazione a quanto affermato al punto 18.3, n. 1 e n. 4, della motivazione;
inoltre, in accoglimento del ricorso di primo grado, deve essere annullato il provvedimento impugnato, che ha erroneamente fondato il diniego di esaminare l’istanza presentata dal signor Z il 26 aprile 2017 sul non dimostrato presupposto che le opere abusive realizzate da parte appellante avessero “ rilevanza tale da non permettere la sottrazione della pratica alla disciplina ordinaria ”.

16. Ai fini della riedizione dell’azione amministrativa risulta peraltro utile, e necessario, l’esame degli ulteriori profili di censura articolati con il ricorso introduttivo del giudizio, mediante i quali si contestano le affermazioni del TAR che hanno negato la possibilità di ricorrere al procedimento di compatibilità paesaggistica per le opere in discussione, sia in ragione del fatto che era già intervenuto un diniego espresso di compatibilità paesaggistica, sia per la ragione che il TAR non ha considerato che la valutazione di compatibilità paesaggistica, ai sensi dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017, sarebbe soprattutto finalizzata a individuare le prescrizioni idonee al mantenimento dell’opera abusiva, essendo la demolizione prevista in via residuale.

16.1. I due profili di censura vanno esaminati congiuntamente, essendo tra loro complementari.

16.2. L’appellante contesta di aver realizzato le opere abusive in presenza di un diniego espresso, che invece il TAR ha individuato nel provvedimento del 23 aprile 2009, che aveva respinto l’originaria domanda di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, e che sarebbe di per sé ostativo al rilascio di una nuova compatibilità paesaggistica.

16.3. La preesistenza di un precedente parere negativo costituisce un fattore privo di rilevanza, per il fatto che la valutazione di compatibilità paesaggistica compiuta ai fini dell’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017 coincide solo parzialmente con la valutazione di compatibilità paesaggistica “ordinaria”, disciplinata in via esclusiva dall’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004: ciò per la ragione - correttamente evidenziata dall’appellante nell’altro profilo in esame - che l’art. 17 cit. esprime chiaramente l’intento di evitare la demolizione delle opere soggette al D.P.R. n. 31/2017, ove risulti possibile rendere le opere compatibili con il vincolo paesaggistico, mediante l’adozione di apposite misure. Si può affermare, in effetti, che la valutazione richiesta dall’art. 17, comma 1, cit. comporta una verifica ulteriore rispetto a quella “ordinaria”, imponendo all’amministrazione la ricerca e l’individuazione di misure - ovviamente diverse dalla rimozione - idonee a rendere l’intervento compatibile con il vincolo, nell’ambito di uno sforzo finalizzato al mantenimento di un’opera che, per definizione, deve qualificarsi “ di lieve entità ”. L’art. 17, comma 1, del D.P.R. n. 31/2017, insomma, anche sul punto in esame deroga alla disciplina generale di cui all’art. 167, comma 4, del D. L.vo 42/2004, imponendo all’amministrazione competente di valutare la compatibilità paesaggistica in una prospettiva differente, cioè quella del tendenziale mantenimento dell’opera realizzata in assenza della autorizzazione paesaggistica semplificata.

16.4. Coglie dunque nel segno l’appellante quando rileva che il TAR non avrebbe potuto fondare la propria decisione sulla già avvenuta espressione di un parere contrario alle opere in concreto realizzate: perché l’istanza del 26 aprile 2017 ha chiesto che queste ultime, se e in quanto riconducibili a quelle indicate all’allegato B al D.P.R. n. 31/2017, fossero assoggettate ad una valutazione di compatibilità paesaggistica “speciale”, diversamente orientata rispetto a quella già espressa.

16.5. In conseguenza di quanto dianzi argomentato, il fatto che si possa essere formato un giudicato vincolante tra le parti sul parere negativo precedentemente espresso, di per sé non rileva ai fini di escludere la possibilità di assoggettare le opere in discussione alla procedura di cui all’art. 17 del D.P.R. n. 31/2017.

17. In conclusione, l’appello va accolto e, in riforma dell’appellata sentenza, va accolto il ricorso introduttivo del primo grado di giudizio, con conseguente annullamento del provvedimento n. 14414 dell’11 agosto 2017, a mezzo del quale il Comune di Lovere ha respinto l’istanza presentata dal signor Z il 26 aprile 2017, fatti salvi gli ulteriori provvedimenti.

18. L’istanza istruttoria formulata dall’appellante va respinta, in quanto allo stato superflua ai fini della decisione.

19. In esecuzione della presente decisione il Comune di Lovere provvederà, entro sessanta giorni dalla notificazione della stessa, a riesaminare l’istanza del 26 aprile 2017 tenendo conto delle statuizioni che precedono.

20. La novità delle questioni trattate giustifica la compensazione delle spese del doppio grado.

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