Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-31, n. 201102011

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2011-03-31, n. 201102011
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201102011
Data del deposito : 31 marzo 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01066/2011 REG.RIC.

N. 02011/2011REG.PROV.COLL.

N. 01066/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1066 del 2011, proposto dalla signora L M, rappresentata e difesa dagli avvocati A C e B B, con domicilio eletto presso l’avv. Adriano Giuffre' in Roma, via Gabriele Camozzi, 1;

contro

Accademia Nazionale di Santa Cecilia, rappresentata e difesa dall'avv. A M B, con domicilio eletto presso la stessa in Roma, via G. Banti, 34;

per la riforma della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA, SEZIONE III BIS, n. 30793/2010, resa tra le parti, concernente ESECUZIONE DELLA SENTENZA DEL TAR DEL LAZIO, ROMA, SEZ. III BIS, N. 3961/08 (DINIEGO DI TRATTENIMENTO IN SERVIZIO)


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia;

Viste le memorie difensive delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2011 il Cons. G D M e uditi per le parti l’avv. Adriano Giuffrè per delega dell'avv.to Carullo e l'avv. Bruni;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’attuale appellante aveva ottenuto – con sentenza del TAR del Lazio, Roma, sez. III bis, n. 6721/01 del 19.7.2001, passata in giudicato – l’annullamento del rigetto, in data 31.1.1992, di un’istanza di trattenimento in servizio fino al sessantaduesimo anno di età, a norma dell’art. 6 della legge n. 407/1990 (con conseguente diritto dell’interessata di procrastinare il proprio pensionamento fino al 31.3.1994). Alla data di pubblicazione della sentenza tuttavia – non essendo state accordate dal TAR misure cautelari – il collocamento a riposo di cui trattasi risultava già avvenuto, con decorrenza 1.4.1992. In tale situazione, non potevano che risultare applicabili i principi generali, circa gli effetti retroattivi e ripristinatori dell’annullamento di atti in sede giurisdizionale (fatti salvi i limiti insuperabili della irreversibilità di situazioni di fatto intervenute – “factum infectum fieri equità” – e della tutela delle situazioni soggettive di terzi in buona fede).

La dipendente di cui trattasi, pertanto, non poteva più materialmente usufruire del periodo di trattenimento in servizio previsto dalla legge, ma aveva diritto ad ottenere la piena “restituito in integrum” della posizione – retributiva e pensionistica – corrispondente al prolungamento del periodo di servizio attivo, richiesto ed illegittimamente negato.

Per il soddisfacimento del diritto in questione, sotto entrambi i profili sopra indicati, l’interessata proponeva quindi giudizio di ottemperanza, ottenendo una prima pronuncia (n. 7367/03), nella quale era definita solo la questione dell’adeguamento pensionistico, senza alcuna disamina degli ulteriori profili retributivi. A quest’ultimo riguardo, pertanto, la medesima interessata contestava l’operato del Commissario ad acta: operato che tuttavia, con ulteriore pronuncia emessa in sede esecutiva (n. 3961/08) veniva ritenuto corretto, essendo detto Commissario chiamato soltanto a sostituire l’Amministrazione per gli adempimenti, specificati in sede di ottemperanza.

Il giudizio di ottemperanza al giudicato, riconducibile all’originaria sentenza n. 6721/01, veniva quindi riproposto, con specifico riferimento ai profili retributivi rimasti insoddisfatti, in una situazione aggravata dal disposto recupero – con atto del competente ente previdenziale in data 1.9.2009 – dell’intero trattamento pensionistico, corrisposto nel periodo 1.8.1992 – 31.3.1994 (€. 32.170,40). Con la sentenza in questa sede appellata (n. 30793 del 12.8.2010) il ricorso veniva respinto, sulla base della “individuazione del giudicato, così come delimitato dal Giudice dell’esecuzione con la sentenza n. 7367/03”, ovvero con riferimento alla mera – e già avvenuta – ricostruzione della posizione pensionistica. Detto assunto (incongruamente tradotto in assenza di qualsiasi reddito per il biennio, oggetto di pronuncia favorevole per la lavoratrice interessata) non è condiviso dal Collegio. Posto infatti che – come in precedenza chiarito – l’effetto ripristinatorio dell’originaria sentenza favorevole si estendeva alle percezione del trattamento retributivo per il periodo di servizio, non espletato a causa del diniego illegittimo dell’Amministrazione, non poteva certamente farsi discendere da una sentenza di esecuzione, solo parzialmente satisfattiva, una riduzione degli effetti del giudicato, per la cui piena ottemperanza era previsto termine di prescrizione decennale (termine, peraltro, nella fattispecie più volte interrotto). Tenuto conto quindi dell’ampia gradazione di poteri spettanti al Giudice dell’esecuzione (cfr. anche, per il principio, Cons. St., sez. IV, 2.2.2011, n. 748, in cui si riconosce il cosiddetto giudicato a formazione progressiva), il Collegio ritiene che l’appello sia meritevole di accoglimento e che debba essere ordinato all’Amministrazione il pagamento delle spettanze retributive dell’appellante, nella misura da corrispondere per il già ricordato periodo di servizio, che la medesima aveva diritto di effettuare (e che non è stato espletato, come in precedenza illustrato, a seguito del provvedimento dell’Amministrazione, poi dichiarato illegittimo). Dette somme – da corrispondere nei termini precisati in dispositivo – dovranno essere maggiorate di interessi e rivalutazione, dalla data di maturazione del credito a quella di effettivo soddisfo, nei modi legislativamente previsti (cfr. al riguardo, per limiti e modalità di calcolo, Cons. St. sez. VI, 6.5.2008, n. 1995 e 29.7.2008, n. 3785).

Le spese giudiziali – da porre a carico della parte soccombente e per la determinazione delle quali si tiene conto di quanto previsto dall’art. 112 del D.Lgs. 2.7.2010, n. 104 – vengono liquidate nella misura di €. 10.000,00 (euro diecimila/00).

Il Collegio ritiene altresì opportuno trasmettere la presente pronuncia alla Procura della Corte dei Conti di Roma, per le valutazioni di competenza in tema di danno erariale.

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