Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-15, n. 200907956

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2009-12-15, n. 200907956
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 200907956
Data del deposito : 15 dicembre 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07148/2005 REG.RIC.

N. 07956/2009 REG.DEC.

N. 07148/2005 REG.RIC.

N. 07147/2005 REG.RIC.

N. 07149/2005 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

Sul ricorso numero di registro generale 7148 del 2005, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Prefetto Napoli- Commissario delegato emergenza ambientale fiume Sarno, Dipartimento della Protezione Civile, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Ambiente, in persona dei rispettivi Ministri p.t. rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Conceria Tre Stelle S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo L, con domicilio eletto presso Giuseppe Giuffre' in Roma, via degli Scipioni N.288;
Comune di Solofra, Regione Campania, Provincia di Avellino, Commissione Scientifica n.c.;



Sul ricorso numero di registro generale 7147 del 2005, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Prefetto Napoli- Commissario delegato emergenza ambientale fiume Sarno, Dipartimento della Protezione Civile, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Ambiente, in persona dei rispettivi Ministri p.t. rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Conceria Primavera S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo L, con domicilio eletto presso Giuseppe Giuffre' in Roma, via degli Scipioni N.288;
Comune di Solofra, Regione Campania, Provincia di Avellino, Commissione Scientifica n.c.;



Sul ricorso numero di registro generale 7149 del 2005, proposto da:
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Prefetto Napoli- Commissario delegato emergenza ambientale fiume Sarno, Dipartimento della Protezione Civile, Ministero dell'Interno, Ministero dell'Ambiente, in persona dei rispettivi Ministri p.t. rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

contro

Conceria F.lli Guarino di Donato S.n.c., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Lorenzo L, con domicilio eletto presso Giuseppe Giuffre' in Roma, via degli Scipioni N.288;
Provincia di Avellino, Regione Campania, Comune di Solofra, Commissione Scientifica n.c.;

per la riforma

quanto al ricorso n. 7147 del 2005:

della sentenza del Tar Campania - Salerno Sez. I n. 01767/2004, resa tra le parti, concernente DEFINIZIONE VALORI LIMITE PER GLI SCARICHI INDUSTRIALI AFFERENTI FIUME SARNO..

quanto al ricorso n. 7148 del 2005:

della sentenza del Tar Campania - Salerno Sez. I n. 01766/2004, resa tra le parti, concernente DEFINIZIONE VALORI LIMITE PER GLI SCARICHI INDUSTRIALI AFFERENTI FIUME SARNO..

quanto al ricorso n. 7149 del 2005:

della sentenza del Tar Campania - Salerno Sez. I n. 01769/2004, resa tra le parti, concernente DEFINIZIONE VALORI LIMITE PER GLI SCARICHI INDUSTRIALI AFFERENTI FIUME SARNO..


Visti i ricorsi in appello con i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2009 il consigliere L B C e uditi per le parti gli avvocati l'avv.to dello Stato Barbieri e l'avv.to L;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Con le sentenze di identico contenuto in epigrafe il Tar ha accolto i separati ricorsi proposti dalle odierne appellate per l’annullamento:

- dell’ordinanza n.1485\Sarno del 26 luglio 2002 del Prefetto di Napoli- commissario delegato ex OPCM del 14 aprile 1995- concernente la definizione dei valori limite per gli scarichi industriali;

- del verbale della Commissione scientifica n.85 del 17 giugno 2002 recante la definizione di valori limite più restrittivi;

- della nota 5 luglio 2002, n.5926, con cui il Ministero dell’ambiente ha comunicato i limiti da applicare agli scarichi industriali del bacino idrografico del Sarno;

- della nota 24 luglio 2002, d’intesa tra il Commissario e il Ministero dell’ambiente;

- della nota 25 luglio 2002, n.60963, relativa alla concertazione con il Presidente della regione Campania;

- della nota n.25005 del DPC;

- dell’ordinanza del Ministero dell’interno 22 marzo 2002, n.3196, nella parte in cui ha attribuito al Prefetto di Napoli il potere di stabilire limiti restrittivi per gli scarichi industriali afferenti al bacino idrografico del Sarno;

- del

DPCM

11 gennaio 2001 e delle OO.

PCM

14 aprile, 28 giugno 1995, 25 gennaio 1996 e 24 aprile 1996, nonché delle OO.MM. nn.2635\1997, 2775\1998, 2969\1999, 30381\2000 e 3078\2000.

Il Tar, disattesa l’eccezione di improcedibilità di ciascun ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, ha ritenuto fondato il primo motivo di gravame avverso l’ordinanza del Prefetto-commissario delegato impugnata in via principale (introducente limiti più restrittivi allo scarico nel torrente Solofra da parte degli insediamenti industriali ivi operanti) per violazione dell’art.21 l.n.1034\1971 ed eccesso di potere per difetto di presupposto, poiché essendo stata sospesa dallo stesso Tar, con provvedimento cautelare inoppugnato, l’ultima ordinanza, in ordine cronologico, di conferimento del potere al detto commissario, era venuto meno in toto e non solo parzialmente il presupposto normativo su cui poggiava l’esercizio del potere commissariale.

Con uguali decisioni parziali ed interlocutorie, rese nei presenti giudizi di appello proposti dalle Amministrazioni in epigrafe, questa Sezione ha:

1) accolto quanto dedotto in via principale in ciascun appello, rilevando che il ricorso al Tar di Salerno proposto dall’Ente ambito territoriale ottimale n.1 Calore Irpino, a seguito del quale era stata pronunciata l’ordinanza cautelare n.877\2002 sopra detta, si era concluso con sentenza dello stesso Tar n.1299\06 (appellata) che aveva annullato il solo art.3, comma 3, dell’O.M. n.3186\2002 di conferimento di potere al commissario, e quindi la sola parte della stessa con cui la realizzazione e la gestione del servizio idrico integrato nei Comuni di Forino, Montoro e Solofra era stata affidata al soggetto titolare dell’ATO, in danno del ricorrente Ente d’ambito territoriale ottimale 1 Calore Irpino, e ciò in piena coerenza con l’ambito di contestazione sollevato con il ricorso introduttivo, nei cui termini aveva conseguentemente operato anche l’ordinanza cautelare n.877\2002. Questa non aveva dunque inciso sugli ulteriori contenuti dell’O.M. n.3186\2002, rimanendo immutati i poteri conferiti al Prefetto quale commissario straordinario;

2) disposto incombenti istruttori conseguenti a tale accoglimento, dovendo essere decisi gli altri motivi dei ricorsi di primo grado assorbiti dal Tar nelle sentenze qui impugnate, motivi ribaditi in via incidentale dalle odierne appellate ed originarie ricorrenti.

All’esito della disposta istruttoria le cause venivano nuovamente in decisione.

DIRITTO

1. Gli appelli di cui in epigrafe vanno riuniti, stante l’evidente connessione oggettiva, in quanto afferenti ad identiche e parallele questioni di diritto.

2. In esito alla disposta fase interlocutoria, che ha consentito di accertare che l’ordinanza prefettizia impugnata in via principale, n.1485 del 26 luglio 2002, pone capo ad un’istruttoria composta da atti tutti omogeneamente riferibili ai limiti recati dalle varie tabelle allegate al D.lgs.n.152\99, occorre esaminare la questione dell’improcedibilità degli originari ricorsi introduttivi, nella parte qui riemergente a seguito dell’assorbimento in primo grado delle censure ivi proposte, ulteriori a quella dedotta con il primo motivo dello stesso ricorso introduttivo, accolto dalla sentenza impugnata e qui riformata con la decisione parziale in precedenza resa dalla Sezione nei medesimi giudizi d’appello.

2.1. Le originarie ricorrenti, qui appellanti “incidentali”, avevano prospettato tale improcedibilità con riferimento all’appello dell’Amministrazione, ma gli stessi argomenti dedotti in tale ottica si prestano anche a sollevare la questione della stessa improcedibilità dei detti motivi assorbiti. Ed infatti, la dedotta inutile reviviscenza dell’ordinanza commissariale impugnata, in quanto ormai divenuta inefficace a seguito del venir meno dell’operatività dell’ordinanza ministeriale di proroga dei poteri conferiti al commissario delegato prefetto di Napoli in correlazione con la previsione dell’art.1, comma 4, della stessa O.M., si riversa, simmetricamente, anche sulla persistente attualità dell’interesse alla caducazione della stessa ordinanza prefettizia (n.1485\2002), impositiva di limiti d’emissione “…più restrittivi di quelli previsti all’allegato 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152” (tale è la previsione dell’art.1, comma 4, dell’ordinanza ministeriale di conferimento di poteri commissariali).

Al riguardo, va osservato che, in base all’art.5, comma 5, della legge 24 febbraio 1992, n.225, (istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile), “Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate”.

2.2. Ciò posto, stante tale inequivoco parametro normativo di modulazione dei poteri di ordinanza, deve ritenersi che l’entrata in vigore, in corso di giudizio, del nuovo Codice dell’ambiente di cui al d.lgs.n.152\2006, che al suo allegato 5 ha dettato diverse tabelle per gli scarichi industriali, determina che, dal momento di tale entrata in vigore, l’ordinanza di conferimento dei poteri commissariali emanata sotto la vigenza della precedente normativa, risulti riferita ad un presupposto, -precedente corpo normativo nella specifica materia dei limiti legali degli scarichi industriali-, che, essendo ormai venuto meno, rende di per sé inefficace l’ordinanza ministeriale stessa in tale parte derogatoria e, di conseguenza, non più vigente l’ordinanza applicativa commissariale, assunta sulla base di poteri non più connotabili nell’ambito dei presupposti legittimanti la sua attuale operatività, (appunto necessariamente riferita alla indicazione di norme che per essere derogabili devono anche possedere il requisito della loro attuale vigenza).

2.3. Ne discende che venuto meno il presupposto dell’oggetto normativo derogabile (cioè “le leggi” al tempo “vigenti”), e quindi una condizione essenziale di operatività dell’originario conferimento di poteri (tale da incidere sulla realizzabilità della sua stessa “funzione” legale), una (eventuale) rinnovata prescrizione derogatoria delle norme ordinariamente applicabili, vada ancorata alla nuova disciplina (essendosi appunto verificata l’abrogazione della precedente).

In effetti, in tale situazione di “jus superveniens”, gli operatori interessati sarebbero comunque, dal momento della loro entrata in vigore, tenuti all’osservanza dei nuovi limiti di cui alle tabelle allegate al nuovo d.lgs. del 2006, e ciò in mancanza di una nuova determinazione che, ad opera dei soggetti competenti ai sensi dell’art.5, valutasse, come è correttamente possibile, non soltanto il perdurare dello stato di emergenza, pur a fronte dell’applicazione della nuova disciplina, ma anche e comunque la attuale necessità di deroga, espressamente prevista, dei nuovi parametri.

2.4. Alle considerazioni che precedono, da cui emergerebbe la sopravvenuta carenza di interesse all’accoglimento dei motivi assorbiti, data l’inutilità dell’annullamento dell’ordinanza qui impugnata in via principale in quanto ormai inefficace, va tuttavia aggiunto che sotto il profilo risarcitorio residuano, in astratto, elementi da cui desumere la persistenza dell’interesse all’accertamento dell’illegittimità dell’ordinanza medesima.

Ciò in quanto per il periodo che va dalla sua emanazione al suo annullamento in primo grado e per gli eventuali effetti lesivi prodotti dalla sua esecuzione, la sentenza parziale di questa Sezione di accoglimento del relativo motivo di appello ha bensì rimosso la specifica illegittimità ritenuta in primo grado, ma l’illegittimità stessa del provvedimento impugnato in via principale potrebbe risultare affermata in base all’accoglimento dei motivi dichiarati assorbiti e qui riemergenti.

3. Passando all’esame dei motivi assorbiti in primo grado, cui va delimitato l’ambito di cognizione della presente controversia in ossequio al principio di immutabilità della domanda in sede di appello, va respinto il primo degli stessi, atteso che, il citato art. 5, comma 5, della legge n.225 del 24 febbraio 1992, appare rispettato con l’indicazione delle leggi vigenti derogabili contenuta nell’art.1, comma 4, dell’ordinanza ministeriale 22 marzo 2002, n.3186.

Il riferimento in esso operato alla possibile definizione “di valori limite di emissione, per gli scarichi degli insediamenti industriali, più restrittivi di quelli previsti all’allegato 5 del decreto legislativo 11 maggio 1999, n.152 e successive modificazioni e integrazioni”, risulta delineare in modo sufficientemente preciso le disposizioni derogabili;
ed infatti, nella situazione di grave carenza del sistema di depurazione dei reflui delle industrie conciarie e di esigenza di accelerazione dell’attuazione degli interventi di collettamento e depurazione, occorrendo adottare misure di limitazione e divieto di scarico che dessero attuazione al disposto dell’art.1, comma 1, del d.lgs. n.152\1999, (tutte motivazioni di contesto direttamente ritraibili dai “considerato” motivazionali dell’O.M. n.3186\2002), non appare affatto arbitrario ed illogico prevedere un rinvio ai predetti parametri tecnici intesi nella loro generalità, costituenti pur sempre un dato normativo univoco e connesso alla necessaria flessibilità nel perseguire le suddette finalità emergenziali.

Nella riferita situazione di emergenza ambientale, non sarebbe stato infatti funzionale e praticabile predeterminare a priori quali tra questi parametri tecnici fossero derogabili in relazione alle diverse aree e situazioni di intervento, onde la indicazione dei parametri normativi, di livello legislativo, appare adeguatamente e ragionevolmente operata.

4. Può invece trovare accoglimento il terzo dei motivi assorbiti, e qui riemergenti, con cui si lamenta la violazione di legge e l’eccesso di potere per illogicità manifesta, contraddittorietà e incongruenza rispetto ai limiti imposti dall’ordinanza ed al “principio legislativo di precauzione”.

Ed infatti, nell’ambito delle norme indicate, dall’ordinanza ministeriale 22 marzo 2002, n.3186, come derogabili ai sensi del citato art.5, comma 5, l.n.225\1992, non figura, come s’è d’altra parte già evidenziato nel trattare il primo motivo di ricorso assorbito, l’indicazione dell’art.45, comma 8, del d.lgs. n.152\99, che dispone che ”per gli scarichi in un corso d’acqua che ha portata naturale nulla per oltre 120 giorni ovvero in un corpo d’acqua non significativo, l’autorizzazione tiene conto del periodo di portata nulla e della capacità di diluizione del corpo idrico e stabilisce prescrizioni e limiti al fine di garantire le capacità auto depurative del corpo ricettore e la difesa delle acque sotterranee”.

Tale norma, dettata nella materia qui in rilievo degli scarichi in corpi idrici, prevede proprio una situazione di fatto riconducibile a quella che è stata considerata nel parere del Ministero dell’ambiente del 5 luglio 2002, che ha costituito il momento istruttorio e motivazionale centrale della concreta misura adottata nell’ordinanza commissariale n.1485\2002, cioè l’imposizione dei più restrittivi limiti afferenti agli scarichi diretti al suolo, individuati direttamente in quelli della tabella 4 allegata al d.lgs.n.152\99, in luogo di quelli relativi alla tabella 3, normalmente applicabile agli scarichi in acque superficiali.

4.1. Senonchè, una volta stabilito che l’ambito delle norme derogabili in sede di ordinanza commissariale consisteva esplicitamente nella sola possibilità di prescrivere limiti più rigorosi di quelli stabiliti dalle predette tabelle, tale ambito non si estendeva automaticamente alla possibilità di derogare ogni altra norma del d.lgs. n.152\99, specie dove si trattasse di una disposizione che, a sua volta, come l’art.45, comma 8, cit., proprio tali limiti consentiva comunque di derogare e rafforzare, mediante prescrizioni mirate, in applicazione del regime ordinario delle autorizzazioni agli scarichi.

In linea logica e di sistema, le opzioni configurate da tale ultima norma, si atteggiavano a disposizione speciale dettata per l’ipotesi di “corso d’acqua che ha portata naturale nulla per oltre 120 giorni” ovvero di “corpo idrico non significativo”, ipotesi che, in mancanza di una più dettagliata specificazione all’interno del corpo motivazionale del predetto parere ministeriale, appaiono esattamente quelle da esso evidenziate come presupposto delle misure da esso proposte e recepite dal commissario.

In sostanza, dunque, la norma in questione, non derogata neppure per implicito, per i motivi sostanziali derivanti dalle considerazioni sistematiche qui svolte, imponeva di esaminare anzitutto la possibilità di ricorrere a “prescrizioni e limiti”, individuati considerando espressamente, in sede istruttoria, la durata del periodo di portata “nulla” e “le capacità di diluizione del corpo idrico”, modulando conseguentemente le prescrizioni ed i limiti in adeguata connessione alla “garanzia” delle capacità autodepurative ed alla difesa delle “acque sotterranee”.

4.2. Per contro, il ricorso puro e semplice alla sostituzione di una tabella, dettata per gli scarichi idrici, (in ogni modo adeguatamente modificabile in forza delle previsioni di legge ora evidenziate), con una tabella relativa a diversa condizione di scarico, appare una immotivata misura disapplicativa del disposto della norma speciale in discorso, oltretutto operata senza una previa adeguata istruttoria, e quindi tale da segnalarsi con i caratteri di violazione di legge, di istruttoria e di illogicità dedotti con il motivo in esame.

Al limite, stante la segnalata “ratio” comune alla previsione generale derogatoria di cui all’art.1, comma 4, dell’O.M. ed all’art.45, comma 8, d.lgs.n.152\99, si sarebbe persino potuti pervenire alla stessa conclusione di applicazione della citata tabella 4, ma solo sulla base di uno specifico e motivato esame dei parametri indicati dallo stesso art.45, comma 8, cioè in esito ad un’istruttoria che avesse reso conto che, nel perseguire la tutela rafforzata giustificata dalla situazione di fatto peculiare dello scarico in corpo idrico a portata nulla o non significativa, scartata ogni altra utile possibilità di individuare prescrizioni e limiti adeguati, non potesse ricorrersi altro che all’imposizione del rispetto della tabella 4 in materia di scarico diretto al suolo, (sempre in quanto osservato in concreto il principio di proporzionalità).

Alla luce delle assorbenti considerazioni che precedono, dunque, l’appello va respinto, dovendo confermarsi con diversa motivazione la sentenza impugnata, in accoglimento del terzo motivo assorbito in primo grado.

Le spese possono essere compensate attesa la delicatezza della materia e l’obiettiva complessità della normativa in applicazione.

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