Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-06-04, n. 201303071

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2013-06-04, n. 201303071
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201303071
Data del deposito : 4 giugno 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02435/2009 REG.RIC.

N. 03071/2013REG.PROV.COLL.

N. 02435/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello n. 2435 del 2009, proposto da
G V, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli avv.ti U G e G F R, ed elettivamente domiciliato presso quest’ultimo in Roma, via Cosseria n. 5, come da mandato a margine del ricorso introduttivo;

contro

Comune di Cermenate, in persona del sindaco legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. R A, ed elettivamente domiciliato, unitamente al difensore, presso l’avv. M Cristina D’Alessandro in Roma, via Flaminia n. 366, come da mandato a margine in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
Provincia di Como, in persona del presidente legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

nei confronti di

Costruzioni Percassi Pietro &
C. s.n.c., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Mno Protto, ed elettivamente domiciliata presso quest’ultimo in Roma, via Chelini n. 10, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
Pinuccia Rumi, M Guffanti, non costituite in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 75 del 14 gennaio 2009.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 aprile 2013 il Cons. Diego Sabatino e uditi per le parti gli avvocati U G e R A;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con ricorso iscritto al n. 2435 del 2009, G V, in proprio e nella qualità di titolare dell’omonima ditta individuale, propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, n. 75 del 14 gennaio 2009, con la quale è stato dichiarato inammissibile il ricorso proposto contro il Comune di Cermenate e la Provincia di Como Costruzioni, nonché

contro

Percassi Pietro &
C. s.n.c., Pinuccia Rumi e M Guffanti per l’annullamento:

I) con ricorso principale: a) della deliberazione del Consiglio comunale di Cermenate n. 16 del 20.02.2008, recante approvazione del programma integrato d’intervento denominato “Corte del Bac”;
b) del parere favorevole provinciale reso sul predetto programma integrato di intervento;
c) della deliberazione del Consiglio comunale di Cermenate n. 53 del 29.11.2007, recante adozione del programma integrato d’intervento denominato “Corte del Bac”;
d) in parte qua della deliberazione consiliare n. 24 del 25.06.2007, recante approvazione del documento d’inquadramento ex art. 25 comma 7 della L.R. Lombardia 12/2005;
e) della deliberazione consiliare n. 32 del 03.08.2007, recante convalida ex art. 21 nonies della L. 241/90 della deliberazione consiliare n. 24 del 25.06.2007, nonché per l’accertamento e la declaratoria dell’inadempimento del Comune di Cermenate rispetto agli impegni assunti con la convenzione urbanistica del 8.5.1098 relativa al PL Il Castello e condanna al risarcimento dei danni nella misura da quantificarsi in corso di causa;

II) con motivi aggiunti del 29.4.2008: f) della determinazione n. 234 del 23.11.2007, a firma del Responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune di Cermenate, recante esclusione del PII “Corte de Bac” dalla procedura di VAS;
g) del verbale di conferenza di servizi del 20.11.2007;
h) della relazione del 30.10.2007 del responsabile del Servizio Urbanistica;

III) con ulteriori motivi aggiunti del 24.7.2008: i) della nota del Comune di Cermenate prot. 10647/2008, recante diffida a completare le opere di urbanizzazione, nonché a cedere le aree promesse in cessione a seguito della stipula della convenzione urbanistica del 8.5.1987 relativa al P.L. Castello, nonché per l’accertamento e la declaratoria dell’intervenuta prescrizione, ex art. 2946 c.c., del diritto del Comune ad ottenere la cessione delle aree di cui alla convenzione dell’ 8.5.1987 e del diritto del Comune ad ottenere l’esecuzione delle opere di urbanizzazione previste nella convenzione e in subordine l’accertamento e la declaratoria, ex art 1460 c.c., dell’inadempimento del Comune di Cermenate rispetto agli obblighi assunti nella convenzione del PL Castello.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, la parte ricorrente esponeva:

di essere proprietario di alcune aree nel Comune di Cermenate, facenti parte del P.L. Castello, approvato con delibera di G.C. n. 367 del 14.10.86, che prevedeva la realizzazione di un intervento edilizio con destinazione residenziale e commerciale;

che detto intervento è stato completamente realizzato e tutte le unità immobiliari sono state alienate, mentre rimangono di sua proprietà alcune aree, che secondo la convenzione di lottizzazione del PL Castello, dell’8.5.1987, sono destinate a verde pubblico-parco e devono essere cedute al Comune;

che, in base alla suddetta convenzione, la cessione delle aree è stata subordinata al collaudo definitivo delle opere di urbanizzazione, collaudo a tutt’oggi non ancora intervenuto;

che in data 23.6.2007 il Comune comunicava l’intenzione di approvare il PII Corte del Bac, in base al quale parte delle suddette aree, ancora di sua proprietà, verrebbero destinate a parcheggio pubblico;

di aver presentato osservazioni, deducendo l’illegittimità del cambio di destinazione delle aree;

che in data 5.12.2007 il Comune ha chiesto la cessione delle aree;
che con delibera consiliare n. 29 del 18.7.2007 il Comune ha adottato il Piano in questione, per poi riadottarlo con delibera n. 53 del 29.11.2007, riattivando l’intero procedimento, fino alla approvazione definitiva del 20.2.2008, con delibera n. 16.

Avverso gli atti del Piano parte ricorrente articolava le seguenti censure:

Violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 9, 41 e 97 Cost.;
Direttiva 2001/42 CE, L. 1150/42, L. 47/85, L. 241/90;
L. 457/78;
L. 179/92, L. 447/95;
D. Lvo 267/2000, D. Lvo 163/2006;
D. Lvo 285/92;
152/2006;
DPR 380/2001 L.R. 12/2005, 23/97 41/99;

Violazione e falsa applicazione della circolare regionale approvata con delibera G.R. 6/44161 del 9.7.99;

Violazione e falsa applicazione del Piano Territoriale paesistico Regionale;

Violazione e falsa applicazione del PRG e del piano dei servizi;

Violazione del documento di inquadramento per i programmi intergrati di intervento;

Eccesso di potere per sviamento, illogicità, contraddittorietà, travisamento di fatto, erronea rappresentazione della situazione di fatto e di diritto, difetto di motivazione, contrasto con precedente manifestazione di volontà;
carenza istruttoria, ingiustizia manifesta, illegittimità derivata, disparità di trattamento.

Sosteneva parte ricorrente nelle articolate censure l’illegittimità degli atti per la mancanza della volontà di tutti i proprietari;
per la violazione della convenzione precedente in quanto vi è un cambio di destinazione delle aree;
l’illegittimità della delibera di convalida per la partecipazione di un consigliere proprietario dell’area del PII;
nonché ulteriori profili di illegittimità del progetto.

Si costituivano in giudizio il Comune intimato e la società controinteressata, chiedendo il rigetto del ricorso.

A fronte della produzione documentale il ricorrente presentava in data 29.4.2008 motivi aggiunti avverso la determinazione n. 234 del 23.11.2007 a firma del Responsabile del Settore Lavori Pubblici del Comune di Cermenate, recante esclusione del PII “Corte de Bac” dalla procedura di VAS, nonché gli atti della conferenza di servizi.

Con un secondo atto di motivi aggiunti del 24.7.2008 è stata poi impugnata la nota prot. 10647/2008 con cui l’amministrazione ha diffidato il ricorrente al completamento delle opere di urbanizzazione e alla conseguente cessione delle aree promesse in esecuzione alla convenzione urbanistica del 8.5.1987 relativa al P.L. Castello, chiedendo altresì l’accertamento e la declaratoria dell’intervenuta prescrizione ex art. 2946 c.c. del diritto del Comune ad ottenere la cessione delle aree di cui alla convenzione del 8.5.1987 e del diritto del Comune ad ottenere l’esecuzione delle opere di urbanizzazione previste nella convenzione

Il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva infondate le censure proposte, sottolineando l’inesistenza di un interesse del ricorrente a contestare gli atti che andavano ad incidere su un’area di cui avrebbe già dovuto cedere la proprietà.

Contestando le statuizioni del primo giudice, la parte appellante evidenzia l’errata ricostruzione in fatto ed in diritto operata dal giudice di prime cure, riproponendo le proprie doglianze.

Nel giudizio di appello, si è costituito il Comune di Cermenate e la controinteressata Costruzioni Percassi Pietro &
C. s.n.c., chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 21 aprile 2009, l’istanza cautelare veniva respinta con ordinanza n. 2003/2009.

Alla pubblica udienza del 16 aprile 2013, il ricorso è stato discusso e assunto in decisione.

DIRITTO

1. - L’appello non è fondato e va respinto per motivi diversi da quelli posti a fondamento della decisione del T.A.R..

2. - In via preliminare deve evidenziarsi l’insussistenza delle ragioni poste dal giudice di prime cure a fondamento della sua pronuncia di inammissibilità.

2.1. - Infatti, la decisione si è basata sulla circostanza che l’originario ricorrente agiva “in qualità di proprietario delle aree, attualmente destinate a verde, che devono essere cedute in attuazione ad un obbligo convenzionale”, dove lo stesso aveva “più volte dichiarato la volontà di cedere le suddette aree, in attuazione agli obblighi convenzionali”.

Pertanto il T.A.R. ha ritenuto carente l’interesse a ricorrere sulla base dell’osservazione che “anche l’eventuale accoglimento del ricorso e annullamento del PII non porta alcuna utilità pratica al ricorrente, dal momento che le aree de quibus erano già previste come aree a standard nel PL Castello, devono essere cedute al Comune, sempre in forza della precedente convenzione”.

La valutazione del T.A.R. non ha pregio.

Le aree su cui si verte sono, al momento attuale, come pure al momento della decisione del primo giudice, nella piena proprietà dell’appellante, sebbene sottoposte ad un obbligo di cessione che tuttavia non risulta ancora adempiuto. A parere del T.A.R. questo vincolo di carattere obbligatorio sarebbe in grado di escludere la legittimazione della parte proprietaria.

Questa ricostruzione del primo giudice mette in assoluta ombra il concetto di attualità dell’interesse e trasforma, con una vera fictio iuris di fonte giurisprudenziale, un evento, futuro e comunque incerto, in un fatto già realizzatosi, idoneo a escludere l’esistenza di un presupposto necessario del ricorso, ossia l’interesse allo stesso.

Si tratta di un’evidente forzatura, che trasforma un dato ipotetico (la futura perdita di proprietà dell’area) in un evento spendibile in sede processuale, e va disattesa.

2.2. - Identica considerazione critica deve essere svolta sulla seconda ragione d’inammissibilità, data contro i motivi aggiunti, dove il T.A.R. ha affermato che “la formulazione dell'art. 21 comma 1, l. Tar, come sostituito dall'art. 1 comma 1, l. 21 luglio 2000 n. 205, secondo la quale tutti i provvedimenti adottati in pendenza del ricorso fra le stesse parti e connessi all'oggetto del ricorso stesso sono impugnati mediante la proposizione di motivi aggiunti, presuppone, oltre l’identità soggettiva, la connessione dell’atto impugnato con l'oggetto del ricorso introduttivo”. Pertanto, poiché “la nota del Comune di diffida non presenta alcuna connessione con il PII impugnato, atteso che è un atto con cui viene chiesto l’adempimento di un obbligo scaturente da una convenzione annessa ad un Piano distinto ed autonomo rispetto al Piano integrato Corte de Bac”, è stata dichiarata l’inammissibilità dei secondi motivi aggiunti.

La conclusione va ribaltata.

In merito alla natura dell’istituto dei motivi aggiunti, specie dopo l'entrata in vigore del codice del processo amministrativo, che ora impone la proposizione di motivi aggiunti ove si intendano impugnare atti nuovi o consequenziali a quello opposto col ricorso introduttivo, si va affermando la considerazione dell’autonomia dei singoli giudizi, quali autonomi ricorsi occasionalmente congiunti in una sorta di connessione ex lege, rendendo quindi ben possibile l’impugnazione degli atti de quibus, atteso che vige “anche in materia di motivi aggiunti (intesi come impugnazione di atti sopravvenuti) il principio dell'equivalenza delle forme e della conversione/conservazione degli atti processuali, di tal che si ritiene comunemente che se i nuovi atti vengono impugnati non mediante motivi aggiunti, bensì mediante un ricorso separato, non si determina alcuna inammissibilità ma vi è semmai la facoltà (se non il dovere) di procedere alla riunione d'ufficio;
così come nell'ipotesi inversa (proposizione di motivi aggiunti laddove si doveva proporre un ricorso separato) si potrà (o dovrà) procedere d'ufficio alla separazione dei processi” (si veda Consiglio di Stato, sez. III, 17 agosto 2011 n. 4792).

2.3. - Analoghe considerazioni vanno svolte sulle censure di improcedibilità per acquiescenza, svolte delle controparti in relazione alla mancata impugnazione dei provvedimenti abilitativi edilizi emessi in attuazione del piano impugnato.

Si tratta di vicende procedimentali che si collocano su piani diversi, uno interente la pianificazione e l’altro l’edificazione, e non è possibile immaginare che la mancata impugnazione dei provvedimenti ulteriori importi una implicita rinuncia all’azione di fronte al piano stesso.

3. - Il superamento delle ragioni fondanti la sentenza del T.A.R. non consente peraltro l’accoglimento dell’appello, atteso che le ragioni sostanziali di doglianza, non esaminate dal primo giudice e riproposte in questa sede, sono tutte infondate. Verranno quindi esaminate nell’ordine proposto dall’appellante (motivi da C1 a C18 e successivo motivo D).

4. - Con il primo e il secondo motivo di diritto (C1 e C2), viene dedotta l'illegittimità dei provvedimenti impugnati per violazione dell'art. 97 della Costituzione, dell’art. 28 L. 1150 del 1942 e dell’art. 12 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, in ragione dell’approvazione del programma integrato di intervento (di seguito PII) non considerando uno dei comproprietari delle aree ricadenti nella relativa perimetrazione e quindi in violazione della convenzione del piano di lottizzazione Il Castello approvato con deliberazione n. 367/86.

4.1. - La doglianza non ha pregio.

La legge regionale evocata, all'art. 91, prevede che "I soggetti privati possono presentare proposte di programmi integrati di intervento se aventi la disponibilità di aree od immobili compresi nel relativo ambito di intervento, secondo quanto disposto dall’articolo 12, comma 4, e salvo quanto previsto dalla vigente legislazione in materia di formazione del comparto edificatorio, equivalendo, in tal caso, l'approvazione del programma integrato di intervento a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza per le opere in esso contenute ".

L'art. 12, comma 4, della medesima legge prevede poi che: “Per la presentazione del piano attuativo è sufficiente il concorso dei proprietari degli immobili interessati rappresentanti la maggioranza assoluta del valore di detti immobili in base all’imponibile catastale risultante al momento della presentazione del piano”.

Nel caso in esame, il Comune si è avvalso, come fonte della propria legittimazione all’approvazione, della circostanza che le aree in questioni, il cui proprietario lamenta la mancata consultazione, erano oggetto di cessione, quale area standard all'interno del PL Castello, approvato in data 14 ottobre 1986, dovendo assumere la destinazione in parte a strada, in parte a parcheggio e in parte a verde pubblico. Peraltro, lo stesso proprietario si era dichiarato disponibile alla cessione delle aree standard del P.L. Castello, per aver dichiarato di avere provveduto ad ultimare le opere di urbanizzazione (atto prot. n. 11835 del giorno 8 luglio 1993).

Tali ragioni evidenziano come il Comune correttamente si sia fondato su una disponibilità dell’area che gli proveniva dalla convenzione stipulata e dall’espressa volontà del proprietario, che in questa sede agisce contra factum proprium e quindi contro il principio della buona fede.

La doglianza va quindi respinta.

5. - Con il terzo motivo di ricorso (C3), si deduce l'illegittimità della deliberazione del Consiglio comunale di Cermenate n. 32 del 3 agosto 2007, recante convalida ex art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 della deliberazione consiliare n. 24 del 25 giugno 2007, stante la mancata astensione del vicesindaco, comproprietaria delle aree e firmataria del progetto.

5.1. - La censura va respinta.

Recita il D.Lgs. n. 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali” all’art. 78 recante “Doveri e condizione giuridica”: “Gli amministratori di cui all'art. 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado”.

Nel caso in esame, oltre alla considerazione che la vicenda in esame vede trattarsi proprio di un piano urbanistico, va evidenziato come il voto espresso dall’amministratore non fu decisivo per la determinazione e quindi la doglianza non supera la necessaria prova di resistenza.

6. - Con il quarto motivo (C4), si lamenta l'illegittimità della deliberazione n. 53 del 29 novembre 2007 in quanto assunta prima del termine di cui all'art. 11 del d.P.R. n. 327 del 2000 e quindi prima del decorso dei venti giorni dalla comunicazione di avvio del procedimento.

6.1. - La censura va respinta.

Come sopra evidenziato, il Comune ha agito sulla scorta di una disponibilità diretta dell’area derivante dall’impegno convenzionale assunto in sede di lottizzazione e sulla base della volontà espressa dalla parte interessata.

Tali ragioni evidenziano come la volontà sia stata correttamente formata sulla base dei presupposti e a proposito della circostanza che all’appellante è stata garantita la più ampia possibilità di partecipazione al procedimento, come si evince dalle comunicazioni del 23 giugno 2007, sull’apposizione di vincolo espropriativo sulle aree in questione e sulle osservazioni dallo stesso proposte in data 14 luglio 2007, nonché a quelle successivamente versate con atto prot. n. 867/2008, in merito alla deliberazione n. 16 del 20 febbraio 2008 di approvazione del PII.

7. - Con il quinto motivo (C5) il ricorrente lamenta l’illegittimità della deliberazione n. 24 del 25 giugno 2007, di approvazione del documento di inquadramento, per violazione dell'art. 9 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005 e dell' art. 11.2.1 delle NTA del piano dei servizi comunale, per avere previsto un parametro di calcolo degli standards sulla base di 18mq/abitante invece di 26,5 mq per ogni 100 mc a destinazione residenziale.

7.1. - La censura è infondata.

Come si evince dalla lettura del citato documento di inquadramento, si prevede all’art. 6 “Aree per attrezzature pubbliche e di interesse generale”, richiamando la disciplina dell’art. 90 della legge regionale evocata, che ciascun PII garantisca, a supporto delle funzioni insediate, una dotazione globale di aree o attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, valutate in base all'analisi dei carichi di utenza che le nuove funzioni inducono sull'insieme delle attrezzature esistenti nel territorio comunale, in coerenza con quanto sancito all'art. 9 citato.

Il documento deve quindi raccordarsi con le previsioni degli standard minimi previsti dal piano generale e sono riportate nella tabella 1 allegata al documento.

Vi è quindi congruità tra il documento che s’impugna e la disciplina urbanistica comunale, stante il diretto rinvio.

8. - Con il sesto motivo (C6) il ricorrente deduce l'illegittimità della deliberazione di approvazione del PII per il contrasto con l'art. 6 del documento di inquadramento. In dettaglio, sarebbe violata la dotazione minima di aree a standards da reperire all'interno del perimetro del PII.

8.1. - La censura non ha pregio.

Come emerge dalla lettura del documento di inquadramento, l’art. 6 prevede che: "qualora nel contesto interessato dall'intervento il Comune ritenga che le aree o le attrezzature pubbliche e di interésse pubblico o generale esistenti risultino idonee a supportare le funzioni previste, in sostituzione dell'individuazione delle aree standard all'interno del P/I., il programma integrato stesso può prevedere l'impegno degli interessati a realizzare infrastrutture e servizi di interesse generale, anche a gestione privata convenzionata, il cui valore, accertato con specifico computo metrico estimativo, sia almeno pari a quello delle aree che sarebbero dovute essere cedute, ovvero la cessione di aree, anche esterne al perimetro del singolo programma, purché ne sia garantita la loro accessibilità e fruibilità fino al raggiungimento del valore parametrico sopra indicato .. ".

In attuazione di quanto così disposto, è stata individuata un’ulteriore localizzazione per raggiungere la dotazione obbligatoria degli standard, tramite il parcheggio di Via San Maurizio.

9. - Con il settimo motivo (C7) si lamenta l'illegittimità della deliberazione di approvazione del PII per la violazione dell’art. 873 c.c., dell’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 e delle norme applicative degli strumenti urbanistici, nella parte in cui le opere progettate sarebbero previste a distanza irregolare dal confini.

9.1. - La censura non ha fondamento.

Dalla lettura delle N.T.A. del vigente P.R.G., si evince come l'art. 15.1, disciplinando la Zona Al - Nuclei storici, dispone che le distanze dalle strade e dai confini siano pari all'esistente, come pure il D.M. 2 aprile 1968 prevede che per il risanamento conservativo e le ristrutturazioni di fabbricati, la distanza fra gli edifici non possa essere inferiore a quella esistente.

La qualificazione dell’intervento, come operata dal Comune e non direttamente incisa dalla prospettazione dell’appellante, che lamenta unicamente la questione delle distanze, è nell’ambito della nozione di ristrutturazione di edifici, sebbene il punto di riferimento normativo vada identificato nella vigente normativa, ricavabile dall’art. del Testo unico sull’edilizia, e non dall’evocato art. 27, lett. d, della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, atteso che tale lettera è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n. 309 del 23 novembre 2011 del giudice delle leggi.

10. - Con l’ottavo motivo (C8) il ricorrente deduce l'illegittimità della deliberazione di approvazione del PII per violazione dell'art. 28 della legge n. 1150 del 1942, degli art. 9, 46 e 90 della legge regionale Lombardia n. 12 del 2005, del piano dei servizi vigente e del D.M. 2 aprile 1968, nella parte in cui non vengono reperite aree standard da destinare a parcheggio pubblico all'interno del perimetro del P.I.I., ritenendo illegittima la localizzazione su altra area non di proprietà comunale, destinata a verde pubblico come da apposita convenzione urbanistica sottoscritta in occasione della stipula del piano di lottizzazione Castello.

10.1. - La censura va respinta.

Premesso che le aree a parcheggio individuate in via San Maurizio si collocano all'interno del perimetro dello stesso PII, rendendo evidente il rapporto di fruibilità tra aree, va evidenziato come sia la legge regionale, all’art. 88, a consentire che il PII possa essere composto tramite aree non contigue fra loro.

11. - Con il nono motivo (C9), si lamenta l'illegittimità della deliberazione di approvazione del PII per violazione della Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio 2001/42 CE, degli artt. 8 e ss. del D.Lgs. n. 152 del 2006 in relazione alla mancata sottoposizione a VAS del progetto.

11.1. - La censura va respinta in fatto.

Il progetto de quo è stato effettivamente sottoposto alla verifica preliminare che ha condotto a un provvedimento di esclusione dalla VAS, dato all’esito della conferenza di servizi del 20 novembre 2007.

12. - Con i motivi decimo, undicesimo e dodicesimo (C10, C11 e C12), vengono lamentate plurime illegittimità nel procedimento relativo alla fase preliminare della VAS che possono essere contestualmente esaminate, in quanto tutte infondate.

12.1. - In relazione alla omessa comunicazione per la partecipazione al procedimento di verifica (C10), va evidenziato come la fase procedimentale effettivamente svolta è antecedente e distinta dall'eventuale esperimento della VAS vera e propria.

Nel caso in esame, il procedimento si è svolto nel rispetto delle disposizioni di cui all'art.

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