Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-04-12, n. 201302002

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. VI, sentenza 2013-04-12, n. 201302002
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201302002
Data del deposito : 12 aprile 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 07592/2012 REG.RIC.

N. 02002/2013REG.PROV.COLL.

N. 07592/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7592 del 2012, proposto dalla società Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A., rappresentata e difesa dagli avvocati A C e P Z, con domicilio eletto presso A C in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato - Antitrust, rappresentata e difesa per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

SEA S.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati A P e B N, con domicilio eletto presso A P in Roma, via Luigi Robecchi Brichetti, 10;
Easyjet Airline Company Ltd, rappresentata e difesa dagli avvocati Gennaro D'Andria, Gabriele Accardo, Davide Ajello e Luigi Patricelli, con domicilio eletto presso Gennaro D'Andria in Roma, piazza del Popolo 18;
Codacons-Coordinamento delle Associazioni e dei Comitati di Tutela dell’Ambiente e dei Diritti degli Utenti e dei Consumatori, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Mariacristina Tabano, con domicilio eletto presso Carlo Rienzi in Roma, viale G.Mazzini, 73;
Air Dolomiti S.p.a. - Linee Aeree Regionali Europee, Associazione Utenti del Trasporto Aereo, Marittimo e Ferroviario Onlus

e con l'intervento di

ad opponendum:
Ryanair Ltd, rappresentata e difesa dagli avvocati Matteo Castioni, Francesco Piron, Simone Gambuto, Salvatore Orlando, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Macchi in Roma, via Cuboni, 12

per la riforma del T.A.R. del Lazio – Roma, Sezione I, 18 ottobre 2012, n. 8614


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – Antitrust, della soc. di SEA S.p.a., della soc. EasyJet Airline Company Ltd e del Codacons-Coordinamento Associazioni e Comitati di Tutela Ambiente e Diritti Utenti e Consumatori;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 gennaio 2013 il Cons. Claudio Contessa e uditi per le parti l’avvocato Clarizia, l’avvocato dello Stato Fiorentino, nonché gli avvocati Ziotti, Nascimbene, Piazza, D'Andria, Accardo, Ajello, e l’avvocato Ramadori per delega degli avvocati Giuliano e Tabano.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società Alitalia – Compagnia Aerea Italiana s.p.a. (d’ora in poi: ‘Alitalia-CAI’ o ‘la società appellante’) riferisce di aver posto in essere nel corso del 2008 un’operazione di concentrazione mediante acquisizione di alcuni rami d’azienda delle società Alitalia Linee Aeree Italiane S.p.A. in amministrazione straordinaria, Alitalia Servizi S.p.A. in amministrazione straordinaria, Alitalia Airport S.p.A. in amministrazione straordinaria, Alitalia Express S.p.A. in amministrazione straordinaria, Volare S.p.A. in amministrazione straordinaria (gruppo AZ) e mediante acquisizione del controllo esclusivo delle società AirOne S.p.A., AirOne City Liner S.p.A., European Avia Service S.p.A., Air One Technic S.p.A. e Challey Ltd (gruppo AP).

Riferisce, inoltre, di aver notificato all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in data 20 novembre 2008, la richiamata operazione di concentrazione ai sensi dell’art. 4, comma 4- quinquies del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, recante “ Misure urgenti per la ristrutturazione industriale di grandi imprese in stato di insolvenza ” convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39, come introdotto nell’ambito del corpus del richiamato decreto-legge n. 347 ad opera del decreto-legge 28 agosto 2008, n. 134, convertito con modificazioni in legge dall’art. 1, comma 1, legge 27 ottobre 2008, n. 166.

Con provvedimento in data 3 dicembre 2008, l’Autorità ha preso atto dell’avvenuta operazione di concentrazione rendendo obbligatorie alcune misure comportamentali idonee a prevenire il rischio di imposizione di prezzi e altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose per i consumatori, fissando al 3 dicembre 2011 la data prima della quale avviare il procedimento istruttorio volto a stabilire il termine entro il quale le posizioni di monopolio eventualmente determinatesi a seguito dell’operazione avrebbero dovuto cessare (ciò, in conformità del richiamato articolo 4, comma 4- quinquies ).

In data 30 novembre 2011 ( i.e .: all’approssimarsi del termine triennale di cui alla disposizione da ultimo richiamata) l’Autorità ha quindi deliberato l’avvio di un procedimento istruttorio nei confronti della società Alitalia - Compagnia Aerea Italiana S.p.A. - ai sensi dell’articolo 14 della legge n. 287 del 1990, per le finalità di cui all’articolo 1, comma 10, del decreto legge 28 agosto 2008, n. 134, come convertito, con modificazioni, dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, al fine di accertare, su alcuni mercati del trasporto aereo di linea di passeggeri, l’eventuale costituzione o il rafforzamento di posizioni dominanti a seguito dell’operazione di concentrazione realizzata nel dicembre 2008, nonché la loro eventuale persistenza.

Con il provvedimento in data 11 aprile 2012 (fatto oggetto di impugnativa in primo grado), l’Autorità ha accertato che, all’esito dell’operazione di concentrazione di cui all’articolo 1, comma 10 del decreto-legge 134 del 2008, Alitalia-CAI avesse rafforzato la propria posizione di mercato, sino ad acquisire una vera e propria posizione di monopolio su alcune rotte nazionali (e, segnatamente, sulla rotta Linate-Fiumicino) e che, pertanto, fosse necessario rimuovere la situazione in tal modo verificatasi attraverso l’imposizione di un vincolo concorrenziale operativo a far data dal 28 ottobre 2012, mediante la cessione di quattro coppie di slot sulla rotta Linate-Fiumicino in relazione ai voli della prima mattina e della tarda serata.

Ai fini della presente decisione, si ritiene di riportare de extenso i paragrafi da 169 a 174 del provvedimento impugnato.

169. In conclusione, a seguito dell’operazione di concentrazione del 2008, il vettore Alitalia-CAI ha significativamente rafforzato il suo potere di mercato, acquisendo, sulla rotta Milano Linate-Roma, una posizione di monopolio non disciplinata in alcun modo, non solo dalla concorrenza effettiva (sin quando sulla rotta è stata presente anche Meridiana) ma neanche da quella potenziale, in ragione dell’impossibilità per altri vettori aerei di entrare sul mercato, stante la scarsità degli slot a disposizione sullo scalo milanese, imputabile a ragioni regolamentari/amministrative.

Tale situazione di monopolio ha prodotto un danno ai consumatori sia in termini di aumento del prezzo medio del biglietto sia in termini di un minor numero di voli disponibili ogni giorno.

170. Tale situazione, nonostante l’attivazione di servizi di trasporto ferroviario passeggeri ad alta velocità sulla tratta Roma-Milano non risulta, alla data odierna, modificata in maniera tale da poter configurare una situazione di concorrenza intermodale sulla tratta considerata. La concorrenza costituita dal treno, come sopra ampiamente argomentato, non è tuttora idonea a disciplinare sufficientemente i comportamenti di Alitalia-CAI, né in termini di spostamento di una parte sostanziale della domanda dal servizio di trasporto aereo a quello ferroviario, né di effettiva riduzione del ricavo medio per passeggero tale da produrre benefici per il passeggero.

171. La riduzione del ricavo medio per passeggero registratasi a partire dalla stagione IATA “Winter 2009/2010” in concomitanza con l’avvio del servizio di Alta Velocità appare, infatti, in buona misura imputabile alla minore disponibilità a pagare anche da parte della clientela più sensibile al tempo, la quale si è mostrata più propensa a rinunciare all’acquisto di biglietti con tariffe “business” a favore di quelli “leisure” meno flessibili, ma più economiche.

172. Lo spostamento della domanda dall’aereo verso il trasporto ferroviario ad alta velocità risulta, inoltre, decisamente più contenuto nelle fasce orarie più remunerative del mattino e della sera, che consentono viaggi andata e ritorno nella medesima giornata. Pertanto, per i passeggeri che tendono a privilegiare queste fasce orarie (che costituiscono in media [omissis] della domanda totale sulla rotta Milano Linate-Roma), il treno appare ancora oggi presentare un grado di sostituibilità con l’aereo contenuto e, soprattutto, solo parzialmente in grado di disciplinare il potere di mercato di Alitalia-CAI.

173. In conclusione, con riferimento alla rotta Roma Fiumicino – Milano Linate, Alitalia-CAI detiene ad oggi ancora una posizione di monopolio, come acquisita a seguito dell’operazione di concentrazione realizzatasi a dicembre 2008.

174. Affinché il rafforzamento del potere di mercato sulla Milano Linate - Roma, determinatosi a seguito della concentrazione, sia completamente rimosso appare dunque necessaria la presenza di un effettivo vincolo concorrenziale. Tale vincolo non può che essere rappresentato dalla presenza di un altro vettore aereo in grado di contendere ad Alitalia-CAI i passeggeri che utilizzano i voli della prima mattinata e della tarda serata. Sulla base delle evidenze agli atti e delle esperienze verificatesi sul mercato in questione (segnatamente, l’uscita di Meridiana dalla rotta), il vettore concorrente, per poter rappresentare un’alternativa credibile all’incumbent, dovrebbe poter disporre di un numero di slot sufficiente a garantire la dimensione minima efficiente dell’offerta e un’articolazione delle frequenze idonea a garantire un’offerta adeguata nelle fasce orarie a più alta domanda ”.

Il provvedimento in questione è stato impugnato da Alitalia-CAI (ricorso n. 4964/2012) dinanzi al T.A.R. del Lazio il quale, con la sentenza in epigrafe, ha respinto il ricorso ritenendolo infondato.

Sul contenuto dei motivi di ricorso si tornerà fra breve.

All’indomani del provvedimento dell’Autorità in data 11 aprile 2012 ha avuto avvio un ulteriore confronto fra i soggetti coinvolti al fine di stabilire in concreto il contenuto degli obblighi conformativi derivanti dal medesimo provvedimento.

In particolare:

- con atto in data 17 luglio 2012, Alitalia-CAI ha presentato la sua relazione di ottemperanza proponendo la cessione a titolo oneroso di due coppie di slot sulla tratta Linate-Fiumicino, da effettuarsi anche attraverso il ricorso a un Monitoring Trustee ;

- con nota in data 25 luglio 2012, l’A.G.C.M. ha comunicato che la cessione di alcune coppie di slot – anche attraverso il ricorso a un Monitoring Trustee - potesse configurarsi quale misura compatibile con gli obblighi rinvenienti dal provvedimento dell’aprile 2012, ma che a tal fine apparisse necessario: a) procedere alla cessione di un maggiore numero di coppie di slot (sei);
b) prevedere il carattere gratuito della cessione;

- con nota in data 30 agosto 2012, Alitalia-CAI confermava con ulteriori argomenti le proprie posizioni, ribadendo la sufficienza della cessione di due coppie di slot (peraltro, a titolo oneroso e non definitivo);

- con note in data 13 e 28 settembre 2012 l’Autorità, preso atto delle ulteriori deduzioni di Alitalia-CAI ha stabilito: a) che la cessione a titolo gratuito e definitivo di quattro coppie di slot sulla tratta Linate-Fiumicino costituisse una misura idonea a rimuovere la posizione di monopolio accertata con il provvedimento dell’11 aprile 2012;
b) che il Monitoring Trustee individuato da Alitalia-CAI e ritenuto adeguato dalla stessa Autorità (si tratta della soc. Nexia International Secretariat e Audirevi s.r.l.) dovesse individuare gli orari degli slot maggiormente idonei a garantire l’obiettivo di sviluppare un’efficace pressione concorrenziale sul mercato;

- con due successive relazioni (rispettivamente in data 18 e 25 ottobre 2012) il Monitoring Trustee ha comunicato l’esito della procedura di assegnazione degli slot , che ha visto la prevalenza della soc. EasyJet (in realtà, alla società in questione sono stati assegnati sette slot invece che otto, dal momento che uno degli slot in questione era già nella sua disponibilità).

Tornando al contenuto del ricorso in appello, si osserva che esso è stato affidato a tre complessi motivi di impugnativa.

Il primo motivo è rubricato Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, co. 10 del d.l. 28 agosto 2008, n. 134, come convertito con modificazioni dalla legge 27 ottobre 2008, n. 166, nella parte in cui ha introdotto il comma 4-quinquies nell’articolo 4 del d.l. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito con modificazioni dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39 – Contraddittorietà .

Con tale motivo l’appellante lamenta che i primi Giudici (confermando un errore già commesso dall’Autorità) abbiano impostato la propria decisione su una non corretta interpretazione del pertinente quadro normativo (e, segnatamente, del nuovo comma 4- quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 347 del 2003).

L’errore commesso sarebbe duplice.

In primo luogo, il T.A.R. avrebbe erroneamente confermato le conclusioni cui è giunta l’Autorità, secondo la quale all’esito del periodo triennale di cui al richiamato comma 4- quinquies sarebbe stata verificata la sussistenza in concreto di una posizione di monopolio in favore di Alitalia-CAI sulla tratta Linate-Fiumicino, con particolare riguardo alla posizione dei viaggiatori che, per ragioni di lavoro, effettuano l’andata e il ritorno in giornata utilizzando i primi voli del mattino e gli ultimi della sera.

Al riguardo, i primi Giudici avrebbero erroneamente omesso di considerare:

- che il provvedimento impugnato in primo grado si limitava ad affermare solo nella parte conclusiva la sussistenza di una siffatta situazione di monopolio, mentre – invece – dalla sua complessiva parte motiva emergeva una situazione ben diversa, tale da testimoniare (a tutto concedere) l’esistenza di una posizione dominante sulla tratta in questione (ossia, una situazione che, di per sé, non costituisce violazione del diritto comunitario e che – comunque – non risulta espressamente contemplata dalla previsione di cui al più volte richiamato articolo 4, comma 4- quinquies );

- che, ancora più a monte, l’Autorità non avrebbe dimostrato l’esistenza di un distinto mercato in relazione alla sola tratta Linate-Fiumicino per ciò che riguarda i voli iniziali e finali della giornata. Conseguentemente, l’accusa di aver detenuto (e continuare a detenere) una posizione di monopolio sul mercato in questione si fonderebbe su un presupposto inesistente e/o comunque indimostrato;

- che, comunque, l’affermazione relativa all’esistenza di una situazione di monopolio sulla tratta in questione risulterebbe smentita dalla stessa Autorità, la quale ha ammesso l’esistenza di una (sia pur limitata) pressione concorrenziale ad opera del collegamento ferroviario ad alta velocità fra le due località. L’esistenza di tale concorrenza sarebbe dimostrata sia dalla diminuzione del numero dei passeggeri di Alitalia-CAI sulla tratta in questione (a fronte di un rilevante aumento dei passeggeri del treno ad alta velocità), sia dalla contrazione del ricavo medio unitario per ciò che riguarda il collegamento aereo. Ora, a prescindere dalla più o meno accentuata idoneità del collegamento ad alta velocità a sortire un’effettiva pressione concorrenziale rispetto alla modalità del collegamento aereo, il punto è che sarebbe esclusa per tabulas l’esistenza di una posizione di monopolio

Il secondo errore sarebbe probabilmente ancora più radicale ed involgerebbe l’esistenza stessa di un fondamento normativo a fronte dei poteri regolatori nel caso di specie esercitati dall’Autorità in base alle previsioni di cui al comma 4- quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 347, cit.

Al riguardo l’appellante sottolinea che i primi Giudici (con una sorta di argomento ad abundantiam ) hanno affermato che, anche a prescindere dalla sussistenza in concreto di una situazione di monopolio in favore di Alitalia-CAI, nulla avrebbe impedito all’Autorità di esercitare un controllo in ordine al se l’operazione di concentrazione avesse consentito la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale, tale da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza (in tal modo, realizzando una violazione dell’articolo 6 della legge 10 ottobre 1990, n. 287). Al riguardo l’appellante riprende – per confutarlo – l’argomento logico/giuridico utilizzato dai primi Giudici, secondo i quali al termine del periodo triennale di cui al più volte richiamato comma 4- quinquies , l’Autorità non potrebbe limitarsi ad esercitare meri poteri di indagine e controllo volti a far cessare eventuali posizioni di monopolio determinate dall’operazione di concentrazione. Al contrario, secondo il T.A.R., al termine del periodo triennale l’Autorità avrebbe riacquistato il pieno esercizio di tutta la gamma di strumenti di controllo riconosciutile dalla l. 287, cit., ivi compresi i poteri tipicamente finalizzati ad impedire che le operazioni di concentrazione abbiano l’effetto di costituire o rafforzare posizioni dominanti sul mercato.

Secondo la società appellante, l’argomento a tal fine profuso dai primi Giudici risulterebbe erroneo sotto molteplici profili:

- in primo luogo il T.A.R. avrebbe erroneamente omesso di considerare che la speciale disciplina del 2008 recava una deroga all’intero impianto normativo di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990 (in tema di ‘divieto delle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza’), rendendo in particolare inoperante la disposizione che impedisce in via di principio di costituire o rafforzare una posizione dominante per effetto di un’operazione di concentrazione (comma 1 dell’articolo 6, cit.). Ed infatti, le uniche disposizioni alle quali non si estende la deroga in questione sono quelle di cui agli articoli 2 e 3 (l’articolo 3, in particolare, vieta l’abuso di posizione dominante e non la costituzione in sè di una siffatta posizione), ragione per cui in assenza della dimostrazione di un abuso perpetrato dall’appellante, non sarebbe possibile – in base allo speciale sub-sistema normativo delineato nel 2008 – estendere al caso in questione il più radicale divieto di costituzione o rafforzamento di una posizione dominante di cui al richiamato articolo 6;

- in secondo luogo, il T.A.R. avrebbe erroneamente affermato che la tesi di cui sopra (ossia, la più rigorosa tesi secondo cui all’esito del richiamato periodo triennale si sarebbe riespansa in toto la più rigida disciplina di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990, dovendosi riconoscere carattere solo transitorio alla deroga di cui al d.l. 134, cit.) sarebbe stata confermata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 270 del 2010. Al contrario, la sentenza in questione (la quale, come è noto, ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate con riferimento al comma 4- quinquies dell’articolo 4, cit. in relazione agli articoli 3 e 41, Cost.) avrebbe affermato il carattere definitivamente derogatorio delle operazioni di concentrazione di cui al d.l. 134, cit. in relazione alla previsione di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990. Secondo Alitalia-CAI, infatti, la sentenza in questione avrebbe affermato la sostanziale (e definitiva) sottrazione delle operazioni di concentrazione di cui al d.l. 134, cit. alle generali previsioni di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990, rendendo applicabili a tali ipotesi (pure al termine del periodo triennale) le sole previsioni di cui agli articoli 2 (in tema di intese restrittive della concorrenza) e 3 (in tema di abuso di posizione dominante) della medesima legge. Del resto, il passaggio della sentenza n. 270, cit. secondo cui la legittimità dell’operazione normativa del 2008 sarebbe confermata dal suo carattere ‘transitorio’, non sarebbe da intendere nel senso che al termine del triennio le medesime operazioni vengano sottoposte a un nuovo esame di compatibilità concorrenziale, quanto – piuttosto – nel senso che il numero circoscritto di operazioni poste in essere nell’ambito di un limitato arco temporale (quello di cui al comma 4- quinques , cit.) resterebbero in definitiva escluse dall’ambito di operatività delle disposizioni nazionali in tema di limiti alle operazioni di concentrazione;

- in terzo luogo (e sintetizzando quanto in precedenza dedotto), Alitalia-CAI osserva che un’interpretazione del dictum della Corte costituzionale tale da ritenere che il d.l. 134, cit. abbia limitato il potere dell’Autorità all’esclusivo accertamento di posizioni di monopolio successivamente ai tre anni dalla realizzazione dell’operazione controversa, non si tradurrebbe in un’interpretazione di stampo ‘formalistico’ (come ritenuto dai primi Giudici), ma – al contrario - risulterebbe del tutto “coerente con la particolare conformazione del controllo delle concentrazioni voluta dal legislatore nel caso di specie”. Del resto, la più volte richiamata sentenza n. 270 del 2010 confermerebbe (al contrario di quanto ritenuto dal T.A.R.) la tesi secondo cui la finalità del comma 10 dell’articolo 1 del d.l. 134 del 2008 sia quella di consentire “una deroga non solo temporale (periodo di ‘grazia’ di tre anni), ma anche sostanziale (rimedi, dopo il periodo di tre anni, volti unicamente ad eliminare il monopolio ma non a ridurre eventuali posizioni dominanti non coincidenti con il monopolio) (…)”.

2) In relazione all’individuazione del mercato rilevante, segnatamente con riguardo alla non sostituibilità degli scali della catchment area di Milano, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, insufficiente e contraddittoria motivazione.

Con il secondo motivo, Alitalia-CAI lamenta l’erroneità della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha affermato la insostituibilità degli scali della catchment area di Milano (e segnatamente degli scali di Malpensa e Fiumicino), i quali costituirebbero mercati distinti per ciò che attiene i collegamenti con lo scalo di Roma-Fiumicino.

Secondo l’appellante, infatti, nell’affermare tale carattere di insostituibilità i primi Giudici si sarebbero limitati a confermare in modo pedissequo le conclusioni cui era giunta sul punto l’Autorità, senza operare alcuna effettiva valutazione del complesso di circostanze rilevanti il quale avrebbe – al contrario – deposto nel senso dell’esistenza di un unico mercato.

Al riguardo, la società appellante si dice consapevole del fatto che la definizione di mercato rilevante nel settore aereo deve essere condotta caso per caso sulla base di tutti gli elementi pertinenti e che il criterio dei 100 km di distanza e dell’ora di percorrenza (talora utilizzato dalla Commissione europea nell’ambito del c.d. ‘ city-pair method ’) assuma un carattere meramente orientativo e non vincolante.

Tuttavia, l’analisi in concreto svolta dall’Autorità (e confermata dal T.A.R.) risulterebbe erronea perché non terrebbe conto del fatto che sia in termini di accessibilità, sia in termini di composizione della domanda il mercato del collegamento aereo da Milano a Roma Fiumicino avrebbe carattere omogeneo e di piena sostituibilità fra i due scali.

Sotto tale aspetto, i primi Giudici avrebbero omesso di considerare:

- che la regola dell’ora di percorrenza e dei 100 km di distanza assume comunque un’importanza determinante al fine di affermare o di escludere l’esistenza di un unico mercato aeroportuale in relazione a una determinata città;

- che la stessa Commissione europea ha concluso nel senso della sostanziale sostituibilità dei due scali milanesi (posti, rispettivamente a distanza di 7 e di 50 km dal centro cittadino) sia con riferimento alla clientela ‘ time-sensitive ’, sia con riferimento alla clientela ‘ non time-sensitive ’ (in tal senso deporrebbero: a) la decisione della Commissione europea dell’11 febbraio 2004 sul caso COMP/M.3280 – Air France vs. KLM -;
b) la decisione del 27 giugno 2007 sul caso COMP/M.4439 - Ryanair / Aer Lingus -;
c) la decisione del 9 gennaio 2009 sul caso COMP/M.5364 – Iberia/Vueling/Clickair -). Inoltre, la decisione della Commissione europea del 21 dicembre 2000, n. 2001/163/CEE sulla ripartizione del traffico all’interno del sistema aeroportuale di Milano avrebbe confermato per un verso la migliore accessibilità al centro cittadino che negli anni più recenti ha interessato lo scalo di Malpensa e, per altro verso, gli scarsi collegamenti fra l’aeroporto di Linate e il centro cittadino almeno per ciò che riguarda i trasporti pubblici;

- che le decisioni della Commissione europea relative a scali non italiani (ci si riferisce, in particolare, alle decisioni sui sistemi aeroportuali delle città di Londra e Parigi) confermano che la sostituibilità fra due aeroporti cittadini possa essere affermata anche nel caso in cui gli scali di cui si tratta siano posti a distanze notevolmente differenti dal contro cittadino;

- che, siccome la questione della distanza dei due scali dal centro cittadino non apporta elementi dirimenti ai fini della decisione, si deve prestare notevole attenzione all’ulteriore criterio dei tempi di accesso. Ebbene, anche invocando tale parametro, si dovrebbe comunque giungere alla conclusione della sostanziale sostituibilità fra i due scali in considerazione del fatto che il collegamento ferroviario fra Linate e il centro città con i mezzi pubblici di trasporto richiede 25 minuti, mentre il collegamento con Malpensa richiede fra i 29 e i 45 minuti (si tratterebbe di differenze non rilevanti e comunque non idonee ad indurre ad affermare l’esistenza di distinti mercati, sia pure per la sola categoria di clienti ‘ time-sensitive ’). Né sarebbe corretto affermare che i tempi necessari per comparare in modo effettivo i tempi di collegamento fra Malpensa e il centro città dovrebbero tener conto della dislocazione decentrata della stazione di Milano Cadorna (che collega Malpensa con il centro cittadino). Sotto questo aspetto, il T.A.R. avrebbe affermato in modo apodittico il carattere decentrato della stazione di Milano Cadorna, non tenendo in adeguata considerazione la sua posizione in realtà del tutto centrale nell’ambito del tessuto cittadino.

- che la sentenza in questione sarebbe erronea anche per la parte in cui afferma che la limitata sostituibilità fra i due scali milanesi riguarderebbe unicamente gli spostamenti da e per Roma che si esauriscono in giornata. Sotto tale aspetto, l’affermazione dell’Autorità (confermata dai primi Giudici) risulterebbe erronea per la parte in cui non tiene conto del fatto che – in base a dati empirici – la percentuale di spostamenti che si svolgono da Malpensa e che si esauriscono in giornata è del tutto paragonabile a quella degli spostamenti che si svolgono da Linate e che – allo stesso modo – si esauriscono in giornata. Pertanto, risulterebbe inconferente l’affermazione secondo cui per la sola tratta Roma-Milano lo scalo di Malpensa risulterebbe inidoneo a consentire in modo agevole l’andata e ritorno in giornata, mentre per ogni altra destinazione lo stesso scalo non presenterebbe tali limitazioni.

3) In relazione all’individuazione del mercato rilevante, segnatamente con riguardo all’assenza di concorrenza intermodale sulla rotta Milano-Roma, travisamento dei fatti, contraddittorietà, illogicità, inattendibilità del processo valutativo ed insufficiente e contraddittoria motivazione .

4. Con il terzo motivo di appello Alitalia-CAI chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha confermato le conclusioni cui è pervenuta l’A.G.C.M. per ciò che riguarda la ritenuta assenza di concorrenza intermodale sulla linea Milano-Roma (ci si riferisce, in particolare, alla questione della sussistenza di un’effettiva pressione concorrenziale esercitata dai collegamenti ferroviari ad alta velocità).

Il T.A.R. ha respinto il motivo in questione rilevando che i tempi di collegamento effettivi fra il centro di Roma e il centro di Milano connessi all’utilizzo dell’uno o dell’altro mezzo registrano ancora un apprezzabile vantaggio in favore del mezzo aereo (secondo le deduzioni del T.A.R. – confermate dai primi Giudici – il mezzo aereo richiederebbe tempi complessivi compresi fra 2 ore e 40 minuti e 3 ore e 10 minuti, mentre il mezzo ferroviario richiederebbe un tempo compreso fra 3 ore e 30 minuti e 3 ore e 45 minuti).

Secondo l’appellante, tuttavia, le tempistiche assunte dall’Autorità (e sostanzialmente confermate dai primi Giudici) sarebbero state – per così dire – ‘sbilanciate’ in modo da dimostrare con ogni possibile argomento che la tempistica dell’aereo sia più favorevole di quella effettiva e che la tempistica del treno sia a propria volta meno favorevole di quella effettiva.

Secondo l’appellante, laddove l’A.G.C.M. (e in seguito i primi Giudici) avessero esposto la tempistica effettiva (depurata dalle arbitrarie alterazioni in melius o in peius cui si è appena fatto cenno) avrebbero dovuto necessariamente concludere nel senso della piena sostituibilità fra i due sistemi di collegamento, atteso che la tempistica effettiva connessa all’utilizzo dell’aereo si attesterebbe fra le 3 ore e le 3 ore e 15 minuti, mentre la tempistica effettiva connessa all’utilizzo del treno si attesterebbe fra le 3 ore e 20 minuti e le 3 ore e 35 minuti.

Ancora, secondo l’appellante, le deduzioni dell’A.G.C.M. (sostanzialmente confermate dal T.A.R.) risulterebbero erronee per non avere ritenuto la piena sostituibilità dei collegamenti ferroviari e di quelli aerei nella parte iniziale e in quella finale della giornata – ossia, nelle fasce di maggiore interesse per la clientela business, incline ad effettuare il viaggio di andata e ritorno in giornata – (al riguardo, l’Autorità aveva sottolineato la circostanza per cui: a) esiste un solo collegamento ferroviario ad alta velocità che consente di essere a Milano entro le 9 del mattino, mentre tale possibilità viene assicurata da numerosi collegamenti aerei;
b) l’ultimo treno da Milano per Roma parte alle 19, mentre gli ultimi voli sulla tratta Milano-Roma e viceversa partono – rispettivamente – alle 21 e alle 21,30.

Allo stesso modo, l’Autorità avrebbe erroneamente condotto la propria analisi di sostituibilità sotto il versante dell’offerta, dando rilievo al minor numero di treni ad alta velocità rispetto al numero dei voli. Sotto tale aspetto, l’Autorità avrebbe mancato di considerare che tale differenza numerica non deporrebbe nel senso della complessiva inidoneità del mezzo ferroviario ad esercitare una pressione concorrenziale sul mezzo aereo attesa la potenzialità ricettiva di gran lunga superiore che caratterizza un treno rispetto a un aereo.

Sotto tale aspetto, l’AGCM (e, inseguito, il T.A.R.) avrebbero omesso di considerare:

- che la decisione censurata presuppone l’inesistenza di una tensione concorrenziale (anche di tipo intermodale) sulla tratta Milano-Roma al primo mattino e alla tarda serata, mentre i dati in possesso di A.G.C.M. mostravano comunque che una siffatta offerta di trasporto ferroviario – seppur limitata – è comunque presente sul mercato. Sotto tale aspetto, l’Autorità (e in seguito il T.A.R.) avrebbero omesso di considerare che nella decisione sul caso COMP/38477 (British Airways/SN Brussels Airlines del 10 marzo 2003) la Commissione ha preso in considerazione, ai fini delle proprie valutazioni in tema di concorrenza sul mercato rilevante, non solo l’offerta effettiva, ma anche quella potenziale esercitabile da un concorrente attraverso una diversa – e più ampia - modulazione dell’offerta. Sotto tale aspetto, nulla impedirebbe a Trenitalia di ampliare la propria gamma di offerta (la quale, attualmente, contempla un solo collegamento orario che consente di essere a Milano entro le 9 del mattino, mentre l’ultimo treno da Milano per Roma parte alle 19);

- che l’affermazione secondo cui il treno ad alta velocità non sarebbe idoneo – dal lato dell’offerta – ad esercitare una pressione concorrenziale effettiva nei confronti del collegamento aereo non tiene conto della complessiva offerta che caratterizza i due mezzi di trasporto sulla tratta in questione nel corso della giornata. Ed infatti, mentre i voli Linate-Fiumicino nell’arco dell’intera giornata dal lunedì al venerdì sono 68;
al contrario i collegamenti ferroviari sulla medesima tratta sono 78 (dei quali 32 – e non 30 – di durata inferiore alle tre ore);

- che, dall’aprile del 2012 vi è un ulteriore elemento di pressione concorrenziale sul versante dell’offerta ferroviaria nella tratta Milano-Roma. Ci si riferisce all’avvio dell’ulteriore collegamento ad alta velocità attraverso il ‘treno Italo’ della società NTV (Nuovo Trasporto Viaggiatori s.p.a.) il quale prevede sei ulteriori corse ‘non-stop’ da Milano a Roma nell’arco della giornata (in tal modo portando a 38 i collegamenti sulla tratta in questione ad alta velocità, con tempi di percorrenza inferiori alle tre ore).

Ancora, l’A.G.C.M. (e in seguito il T.A.R.) avrebbero svolto in modo incongruo le proprie analisi in relazione alla tensione esercitata dalla concorrenza intermodale sotto entrambi i profili che vengono in rilievo per quanto attiene l’analisi del mercato rilevante (ossia, sotto il profilo della contrazione della domanda complessiva dei passeggeri e sotto il profilo del ricavo medio per passeggero).

Per quanto concerne il dato della concorrenza intermodale sotto l’aspetto dell’andamento della domanda da parte dei passeggeri, l’Autorità (e in seguito il T.A.R.) avrebbero erroneamente basato le proprie comparazioni sul periodo da dicembre 2009 (avvio dell’alta velocità con tempi di percorrenza inferiori a tre ore) alla fine del 2011.

In tal modo decidendo, l’Autorità avrebbe omesso di considerare che già dal dicembre del 2008 era stato avviato il collegamento ad alta velocità fra le due città (con tempi di percorrenza di circa 3 ore e trenta minuti) e che tale nuova pressione concorrenziale aveva determinato, nel corso del 2009, un forte calo della domanda di trasporto aereo anche sulla rotta in questione (nell’ordine del 10-15 per cento).

La contrazione della domanda di trasporto aereo era continuata nel corso degli anni successivi, fino ad attestarsi, alla fine del 2011, nell’ordine del 20-30 per cento dei livelli ante 2008.

Del resto , i dati in questione (relativi al forte calo della domanda di trasporto aereo sulla rotta Milano-Roma per effetto dell’avvio dell’alta velocità) troverebbero correlativamente conferma nei dati relativi al forte incremento di domanda di trasporto ferroviario verificatosi nel corso del 2008-2011.

Tuttavia l’Autorità, pur conscia della consistenza obiettiva di tali dati, ne avrebbe sminuito la portata ai fini del decidere, osservando che tale incremento di domanda fosse giustificato in base alla circostanza per cui, nel corso del periodo in considerazione, fosse stata soppressa la maggior parte dei collegamenti InterCity ed Eurostar (in definitiva, l’incremento della domanda di collegamenti ad alta velocità fra Milano e Roma troverebbe giustificazione in una sorta di ‘effetto di sostituzione’ interno all’offerta di trasporto ferroviario).

Allo stesso modo, l’Autorità (e in seguito il T.A.R.) avrebbero incongruamente valutato la questione in relazione all’andamento dei ricavi della soc. Alitalia conseguenti all’operazione di merger , giungendo all’erronea conclusione per cui, nel periodo compreso fra l’avvio dell’operazione di concentrazione (dicembre 2008) e la fine del 2011 (termine finale del periodo di osservazione), il ricavo medio per posto/km offerto avrebbe subito solo lievi variazioni, inidonee a concludere nel senso di un’effettiva tensione concorrenziale da parte del mezzo ferroviario nei confronti di quello aereo.

Secondo la società appellante, le conclusioni in parola risulterebbero falsate dal fatto di aver preso in considerazione (quale momento iniziale della valutazione comparativa intertemporale) anche l’anno 2008, senza considerare che l’anno in questione non poteva dirsi rappresentativo, trattandosi dell’anno di massima crisi per la società appellante (e nell’ambito del quale si era verificata una notevole contrazione degli utili).

Al riguardo, il T.A.R. avrebbe immotivatamente stigmatizzato il fatto che Alitalia-CAI avesse fatto riferimento ai dati riferibili alla stagione ‘Winter 2007-2008’, laddove il riferimento a quella particolare stagione costituiva semplicemente l’effetto di un refuso facilmente individuabile.

Ancora, Alitalia-CAI chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui (confermando ancora una volta le deduzioni dell’Autorità) ha affermato che la contrazione dei ricavi unitari rinvenienti dall’esercizio del trasporto aereo sulla tratta Milano-Roma nel corso del periodo in esame non sarebbe attribuibile agli effetti della tensione concorrenziale esercitata dall’offerta ferroviaria ad alta velocità, bensì da fattori interni alla stessa domanda del servizio aereo (rimasta nel suo complesso invariata). In particolare, l’evoluzione della domanda di servizi aerei si sarebbe tradotta in una minore disponibilità a pagare da parte della vecchia clientela ‘business’, la quale avrebbe progressivamente trasferito parte della propria domanda verso servizi di tipo ‘economy’ (meno flessibili, ma più convenienti).

In particolare, l’Autorità aveva sottolineato che tale fenomeno sarebbe confermato da una notazione fattuale: quella per cui, nel corso del periodo in considerazione, alla contrazione graduale del numero dei biglietti ‘business’ sarebbe corrisposto un parallelo incremento del numero dei biglietti ‘economy’, con conseguente riduzione (a parità di domanda complessiva nel corso del tempo) del ricavo unitario per ciascun biglietto emesso.

L’appellante contesta in parte qua le conclusioni cui sono pervenuti l’Autorità e i primi Giudici osservando che l’analisi del fenomeno fattuale descritto da Alitalia (contrazione della domanda ‘business’ e contestuale incremento della domanda ‘economy’) paleserebbe un comportamento del tutto incompatibile con quello di un operatore in posizione di monopolio.

Ed infatti:

- mentre (a fronte di un complessivo incremento della domanda di servizi ‘economy’) il comportamento tipico di un operatore in posizione di monopolio sarebbe quello di incrementare il prezzo unitario del servizio offerto;

- al contrario, Alitalia-CAI sarebbe in grado di dimostrare di avere operato in senso opposto, lasciando inalterati (o addirittura diminuendo) i prezzi di vendita dei biglietti anche nella classe economy.

Con una notazione finale, Alitalia-CAI contesta quanto affermato dall’Autorità (e in seguito confermato dal T.A.R.), secondo cui l’insussistenza di un’effettiva tensione concorrenziale ad opera del mezzo ferroviario sarebbe confermata dalla sostanziale stabilità, nel corso del periodo in considerazione, dell’indicatore dei ricavi c.d. ‘RASK’ (ricavo per posto/kilometro offerto) ritratto dalla società appellante sulla rotta in esame.

Secondo Alitalia-CAI, le valutazioni svolte sul punto dall’Autorità (e dal T.A.R.) risulterebbero erronee sotto due profili:

- in primo luogo, perché avrebbero preso in considerazione un periodo di osservazione non adeguato, partendo dalla stagione ‘Winter 2009/2010’ (e non – come si sarebbe dovuto – dalla stagione precedente, non caratterizzata dall’avvio dell’alta velocità);

- in secondo luogo perché non avrebbe tenuto conto del fatto che la sostanziale stabilità dell’indice ‘RASK’ nel corso del periodo in esame era da attribuire a un’oculata scelta imprenditoriale operata da Alitalia-CAI la quale, preso atto dell’andamento della domanda, aveva reagito operando una riduzione della capacità offerta, essenzialmente sostituendo su numerosi voli gli aerei in precedenza impiegati con altri di dimensioni più piccole.

Si è costituita in giudizio l’AGCM-Antitrust, la quale ha concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Si sono, altresì, costituiti in giudizio la SEA s.p.a., la EasyJet Airline Company Ltd., il Codacons – Coordinamento delle associazioni e comitati di tutela dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori – Associazione degli utenti del trasporto aereo, marittimo e ferroviario, nonché la soc. Ryanair Ltd., le quali hanno concluso nel senso della reiezione dell’appello.

Con ordinanza n. 4539 (resa all’esito della Camera di consiglio del 16 novembre 2012) la Sezione ha accolto la domanda di sospensione cautelare degli effetti della sentenza in epigrafe.

Alla pubblica udienza del 22 gennaio 2013 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Giunge alla decisione del Collegio il ricorso in appello proposto dalla società Alitalia – Compagnia Aerea Italiana s.p.a. (d’ora innanzi: ‘Alitalia-CAI’ o: ‘la società appellante’) avverso la sentenza del T.A.R. del Lazio con cui è stato respinto il ricorso da essa proposto avverso il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (d’ora innanzi: ‘l’A.G.C.M.’ o ‘l’Autorità’) con cui si è conclusa l’istruttoria relativa agli effetti concorrenziali determinati dall’operazione di concentrazione autorizzata a seguito dell’entrata in vigore del decreto-legge n. 134 del 2008 e si è sancita la necessità di rimuovere la situazione di sostanziale monopolio sulla rotta Linate-Fiumicino determinatasi a seguito della richiamata operazione di concentrazione, attraverso la cessione obbligatoria e a titolo gratuito (entro il 28 ottobre 2012) di quattro coppie di slot sulla tratta in questione, relative ai voli del primo mattino e della tarda serata.

2. Con il primo motivo di appello (più diffusamente descritto in narrativa), Alitalia-CAI sostiene l’erroneità della sentenza in epigrafe sotto due aspetti fondamentali.

In primo luogo, la sentenza in questione avrebbe erroneamente confermato la correttezza delle apodittiche conclusioni cui è giunta l’Autorità per ciò che riguarda l’effettiva sussistenza di una posizione di monopolio sulla rotta aerea Linate-Fiumicino all’esito del periodo triennale previsto dal comma 4- quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 347 del 2003 (come introdotto dal decreto-legge 134 del 2008). Come si è anticipato in premessa, Alitalia-CAI afferma al riguardo che le conclusioni tratte dall’Autorità (e confermate dai primi Giudici) risulterebbero in insanabile contrasto con gli atti di causa i quali testimonierebbero – al contrario – l’esistenza di un’apprezzabile tensione concorrenziale ad opera dell’offerta ferroviaria ad alta velocità sulla tratta Milano-Roma.

In secondo luogo (e a prescindere dal se la richiamata posizione di monopolio sussistesse o meno), la sentenza in questione avrebbe erroneamente interpretato ed applicato la previsione di cui al comma 4- quinquies , cit. per ciò che attiene la possibilità di derogare, al termine del più volte richiamato periodo triennale, alle ordinarie disposizioni nazionali in tema di operazioni di concentrazione. Sotto tale aspetto, l’erroneità della sentenza in epigrafe consisterebbe in ciò, di non aver considerato che la speciale normativa del 2008 ha apportato un deroga – per così dire: di carattere permanente - alla disciplina di regola applicabile in riferimento al potere di controllo delle concentrazioni da parte dell’Autorità (con particolare riguardo al tipico potere di vietare concentrazioni le quali comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato). Secondo l’appellante, infatti, tale disciplina avrebbe escluso una siffatta deroga solo con riferimento ai poteri di cui agli articoli 2 e 3 della l. 287 del 1990, ammettendo quindi la sola possibilità di ‘colpire’ ex post ’ l’eventuale abuso di posizione dominante (articolo 3) eventualmente conseguente all’operazione di concentrazione, e non anche la possibilità di vietare la concentrazione per il solo fatto che essa abbia determinato – come nel caso in esame – “la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza” (articolo 6, comma 1).

2.1. Il motivo, nel suo complesso, è infondato.

E’ evidente al riguardo che i due argomenti logici su cui si fonda il primo motivo di appello (quello relativo all’asserito errore nell’asserzione relativa alla costituzione di una posizione di monopolio sulla tratta Linate-Fiumicino e quello relativo all’asserita erroneità nell’interpretazione ed applicazione dell’articolo 4, co. 4- quinquies del d.l. 347 del 2003 in relazione all’articolo 6 della l. 287 del 1990) siano da riguardare in una rigorosa sequenza logica.

Ed infatti, se - all’esito dell’esame degli atti di causa – emergerà che il primo di tali argomenti sia infondato (risultando accertata l’effettiva acquisizione, all’esito del triennio, di una vera posizione di monopolio sulla tratta in questione da parte di Alitalia-CAI), ne resterà altresì assorbita ogni altra questione, risultando concretata la condizione al cui verificarsi il più volte richiamato articolo 4, comma 4- quinquies legittima certamente l’adozione di misure volte a rimuovere il vincolo concorrenziale instauratosi per effetto dell’operazione di concentrazione.

In tale ipotesi, non sarà neppure necessario – a rigore – interrogarsi in ordine al se la novella del 2008 recasse una deroga temporanea ovvero permanente alle disposizioni di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990 in tema di tendenziale divieto delle operazioni di concentrazione le quali comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza.

2.1.1. Ebbene, ad avviso del Collegio l’esame degli atti di causa dimostra che, effettivamente, all’esito del triennio ‘di osservazione’ di cui alla più volte richiamata novella del 2008, emergesse la sussistenza di una posizione di sostanziale monopolio in favore di Alitalia sulla rotta Linate-Fiumicino (con particolare riguardo ai primi voli del mattino e agli ultimi della sera) .

Emerge, altresì, che sulla rotta in questione fosse assente qualunque disciplina concorrenziale sia effettiva (in specie, a seguito dell’acquisizione o dell’uscita di scena degli unici competitor presenti sul mercato in parola), sia potenziale (a causa dei vincoli amministrativi i quali rendevano di fatto soltanto teorica la possibilità per un ulteriore competitor di acquisire slot sulla rotta Linate-Fiumicino).

Al riguardo (e soffermandosi soltanto sulle questioni relative alla rotta Linate-Fiumicino) si osserva:

- che l’Autorità ha dimostrato con deduzioni esenti da censure (sul punto cfr. amplius infra ) che, non costituendo Linate e Malpensa scali fra loro sostituibili, il collegamento Linate-Fiumicino rappresentasse sotto ogni aspetto un mercato distinto;

- che l’Autorità ha dimostrato con deduzioni parimenti esenti da censure che la linea ad alta velocità sulla tratta Milano-Roma non fosse idonea ad esercitare una effettiva pressione concorrenziale di carattere intermodale sulla tratta considerata (sul punto, cfr. amplius infra );

- che, a seguito dell’operazione di concentrazione del 2008 (e, in particolare, dell’acquisizione delle rotte in precedenza detenute dalle società del gruppo AirOne), Alitalia risultava essere divenuta il primo operatore sulla tratta in parola, con quote di mercato prossime al 100 per cento. In particolare: i) nel corso della stagione ‘Summer 2008’ (l’ultima che ha preceduto l’operazione di concentrazione) il gruppo Alitalia deteneva il 61 per cento delle quote di tale mercato, mentre le società del gruppo AirOne detenevano il 38 per cento;
mentre ii) nel corso della stagione ‘Winter 2011/2012’ (anche a seguito dell’uscita dal mercato di Meridiana - unico competitor rimasto all’indomani dell’operazione di concentrazione -) la quota di mercato detenuta da Alitalia è divenuta pari al 100 per cento (si tratta di circostanze non contestate dalla società appellante);

- che, in effetti, la pertinente normativa (e, segnatamente, il nuovo comma 4- quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 347 del 2003) radica i poteri di controllo ed intervento dell’Autorità sulla situazione concorrenziale esistente al termine del periodo triennale (periodo che, nel caso in questione, è venuto a scadere nell’autunno del 2011, allorquando la quota di mercato detenuta da Alitalia in relazione alla rotta Linate-Fiumicino era prossima al 100 per cento, in tal modo giustificando in punto di fatto e di diritto l’esercizio del potere tradottosi nell’emanazione del provvedimento impugnato in primo grado);

- che la stessa Autorità ha dimostrato con argomentazioni esenti da censure (e in relazione alle quali, comunque, la società appellante non ha sollevato eccezioni di sorta) che il particolare assetto regolativo instaurato dai cc.dd. ‘decreti Bersani’ del 3 marzo 2000 e del 5 gennaio 2001, comportando una sorta di ‘effetto moltiplicativo’ di assegnazione delle bande orarie in vantaggio delle compagnie aeree articolate in gruppi societari, ha reso nei fatti sostanzialmente impossibile l’acquisizione di un numero adeguato di rotte da parte di competitors di Alitalia in assenza di un vincolo regolatorio imposto dall’Autorità di settore (paragrafi 144-146 del provvedimento impugnato in primo grado).

Una volta accertato che, all’esito del più volte richiamato periodo triennale, sussistesse in effetti in vantaggio di Alitalia-CAI una situazione di monopolio sulla rotta Linate-Fiumicino (con titolarità di una quota di mercato pari al 100 per cento) e che tale circostanza di per sé legittimasse l’esercizio dei poteri dinanzi richiamati, ne consegue che (sulla base di un intuibile rapporto di continenza) non possa trovare accoglimento l’argomento svolto della società appellante, la quale ha osservato che l’Autorità (e in seguito il T.A.R.) non abbiano in alcun modo dimostrato l’esistenza di un distinto mercato relativo ai voli del primo mattino e della tarda serata sulla rotta in questione.

E’ del tutto evidente, al riguardo, che non fosse richiesto alcun particolare apporto argomentativo per dimostrare che anche in relazione a questo particolare segmento, all’esito del richiamato periodo triennale, sussistesse una situazione di monopolio caratterizzato dall’assenza di qualunque disciplina concorrenziale sia effettiva che potenziale.

2.1.2. Le osservazioni sin qui svolte sarebbero di per sé sufficienti a palesare l’infondatezza del primo motivo di appello nel suo complesso (e ciò, per le ragioni dinanzi esposte sub 2.1.).

Tuttavia, ai limitati fini che qui rilevano, il Collegio osserva che anche il secondo degli argomenti su cui si fonda il primo motivo di ricorso risulta infondato (si tratta, come anticipato in narrativa, dell’argomento secondo cui la novella del 2008 avrebbe ammesso una deroga di fatto permanente – in relazione alle operazioni di concentrazione ricadenti nel suo ambito disciplinare - alle disposizioni di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990 in tema di tendenziale divieto delle operazioni di concentrazione le quali comportino la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato nazionale in modo da eliminare o ridurre in modo sostanziale e durevole la concorrenza).

Al riguardo si ritiene che la sentenza in epigrafe sia meritevole di conferma laddove ha osservato che, nonostante la novella del 2008 si sia limitata a stabilire che, all’esito del periodo triennale, sarebbero dovute cessare le posizioni di monopolio eventualmente determinatesi per effetto dell’operazione di concentrazione, nondimeno prevalenti ragioni sistematiche inducono a ritenere che il complessivo quadro normativo sia da interpretare nel senso che, al termine del richiamato periodo triennale, avrebbero riacquistato piena operatività anche le disposizioni di cui all’articolo 6 della l. 287 del 1990 e – segnatamente – quelle di cui ai due commi dell’articolo 6 (in tema di divieto delle operazioni di concentrazione restrittive della libertà di concorrenza).

Ad avviso del Collegio, inoltre, appare condivisibile la tesi sostenuta (con alcune diversità di formulazione) dalle società appellate, le quali obiettano che la tesi prospettata da Alitalia-CAI – ove condivisa, finirebbe per annettere effetti definitivi a una disciplina (quella introdotta nel 2008, derogatoria rispetto alle ordinarie previsioni in materia di operazioni di concentrazione) che per definizione dovrebbe restare confinata quanto all’ambito di applicazione a un limitato arco temporale.

L’approccio concettuale in questione (in base al quale, al termine del periodo triennale di cui al più volte richiamato articolo 4, comma 4- quinquies , si sono naturalmente riespansi i generali poteri del’Autorità in materia di controllo delle operazioni di concentrazione) risulta altresì compatibile con quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza 23 giugno 2010, n. 270 (con cui è stata dichiarata infondata la questione di legittimità costituzionale del comma 4- quinquies dell’articolo 4 del decreto-legge 347 del 2003 in relazione agli articoli 3 e 41, Cost.).

Con la sentenza in questione la Consulta ha stabilito che, se per un verso la parziale deroga alle generali previsioni in tema di controllo sulle concentrazioni poteva trovare una giustificazione nell’ambito dei rilevanti interessi perseguiti dal complessivo disegno normativo del 2008 (in particolare: tutela dei livelli occupazionali e salvaguardia delle esigenze strategiche dell’economia nazionale), per altro verso la proporzionalità della misura in relazione ai fini perseguiti (e quindi, la sua complessiva legittimità) deve essere scrutinata alla luce di un complesso di fattori, fra i quali rivestiva un rilievo centrale quello relativo alla temporaneità della misura (secondo la Corte, infatti, “ il carattere transitorio della disciplina derogatoria concorre a farne escludere l’irragionevolezza e l’incidenza sugli evocati parametri ”).

Il punto è che, riguardando la questione secondo la richiamata ottica del test di proporzionalità (ovvero del principio c.d. del ‘minimo mezzo’ che sempre deve ispirare le scelte normative derogatorie rispetto a quelle ispirate alla tutela di interessi generali), deve ritenersi che la nozione di ‘transitorietà’ non debba essere intesa – come richiesto dall’appellante – nel senso di determinare la definitiva sottrazione alla disciplina concorrenziale di talune operazioni purché realizzate all’interno di un certo arco temporale, quanto – piuttosto – nel senso di consentire anche per tali operazioni una deroga solo temporanea alla generale disciplina pro concorrenziale.

Impostati in tal modo i termini sistematici della questione, si ritiene che la sentenza in epigrafe debba essere puntualmente confermata laddove ha ritenuto che la complessiva ragionevolezza e conformità a Costituzione del disegno normativo di cui al decreto-legge n. 134 del 2008 imponga che la deroga triennale alle disposizioni di legge in tema di divieto delle operazioni di concentrazione restrittive della libertà della concorrenza vada intesa nel senso che, al termine del triennio, la disciplina generale si riespanda in toto , anche in relazione alle medesime fattispecie inizialmente assoggettate alla disciplina derogatoria (ci si riferisce, in particolare, alle deroghe arrecate alla previsione di cui al comma 1 dell’articolo 6 della l. 287 del 1990 il quale vieta in via di principio che le operazioni di concentrazione possano comportare la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante sul mercato).

3. Con il secondo motivo di appello (meglio descritto in narrativa), Alitalia-CAI chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui – confermando in parte qua le conclusioni cui è pervenuta sul punto l’Autorità – ha escluso l’effettiva sostituibilità degli scali di Linate e di Malpensa in relazione alla tratta Milano-Roma (con particolare riguardo ai passeggeri che svolgono l’andata e ritorno in giornata e che, quindi, presentano caratteristiche di time-sensitivity). Escludendo tale sostituibilità, i primi Giudici sarebbero erroneamente pervenuti alla conclusione per cui i collegamenti fra Milano e Roma dai due scali milanesi costituirebbero (quanto meno per la tipologia di clientela e di orari presi in considerazione) due mercati distinti.

3.1. Il motivo è infondato

3.2. Si premette al riguardo che il Collegio ritiene di poter prescindere dall’esame delle eccezioni di inammissibilità del presente morivo di appello sollevate in parte qua dalle società resistenti in considerazione dell’infondatezza del medesimo motivo.

In particolare, non si fa qui luogo all’esame del motivo con cui le resistenti hanno rilevato che

- mentre il ricorso di primo grado era impostato in modo pressoché esclusivo sull’asserita pretermissione – da parte dell’Autorità – dell’applicazione del criterio c.d. del ‘ city pair method ’ (in particolare: del criterio basato sui due elementi dell’ora di percorrenza e dei 100 km. di distanza – criterio che, secondo quanto asserito in primo grado da Alitalia-CAI avrebbe dovuto essere applicato in modo pressoché automatico pervenendo ad escludere la sussistenza di due distinti mercati in relazione ai due scali milanesi -),

- al contrario, con il ricorso in appello Alitalia-CAI avrebbe notevolmente modificato la portata delle proprie argomentazioni, affermando che l’Autorità (e, successivamente il T.A.R.) non avrebbero correttamente applicato il criterio in parola (da intendersi comunque quale ‘variabile rappresentativa minima e prudente’), concludendo in modo incongruo per la sussistenza di due mercati distinti in relazione ai due scali milanesi.

L’esame di tali pretese ragioni di inammissibilità può essere omesso in ragione del fatto che il ricorso in appello è comunque in parte qua infondato.

3.3. Con il presente motivo di appello, in definitiva, vengono censurate, in quanto ritenute fondate su presupposti erronei e travisati, le conclusioni cui l’Autorità (e, in seguito, i primi Giudici) sono pervenuti all’esito dell’analisi di sostituibilità fra i due scali milanesi di Linate e Malpensa per ciò che riguarda il particolare mercato dei collegamenti verso la città di Roma rivolti a una altrettanto particolare tipologia di clientela (si tratta, come detto in precedenza, della clientela che effettua il volo di andata e ritorno in giornata, concentrandosi essenzialmente sui voli del primo mattino e della tarda serata, risultando particolarmente sensibile alle differenze nei tempi a tal fine necessari).

Ebbene, dal punto di vista generale occorre premettere che, in base a un consolidato – e qui condiviso – orientamento (correttamente richiamato dalla Difesa erariale) il giudice amministrativo, in relazione ai provvedimenti dell'A.G.C.M., esercita un sindacato di legittimità, che non si estende al merito, salvo per quanto attiene al profilo sanzionatorio. Pertanto, nell’esercitare il proprio vaglio sulle determinazioni adottate dall’Autorità, il Giudice amministrativo deve valutare i fatti, al fine di acclarare se la ricostruzione di essi operata dall'Autorità sia immune da travisamenti e vizi logici, e accertare che le disposizioni giuridiche siano state correttamente individuate, interpretate e applicate. Laddove residuino margini di opinabilità in relazione ai concetti indeterminati (fra cui quello di ‘mercato rilevante’ nell’ambito delle operazioni di concentrazione al fine di stabilire se si siano verificati la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante, che qui viene in rilievo), il G.A. non può comunque sostituirsi all'A.G.C.M. laddove le valutazioni da essa svolte al fine di definire il mercato rilevante siano complessivamente attendibili secondo le dottrine economiche, immuni da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge (in tal senso – fra le molte -: Cons. Stato, VI, 16 settembre 2011, n. 5171, la quale ha affermato il principio in questione in relazione a un’ipotesi di intesa restrittiva della concorrenza, ma le cui conclusioni sono certamente estensibili – per evidente identità di ratio – anche al caso in esame. In termini analoghi, v. anche: Cons. Stato, VI, 13 maggio 2011, n. 2915; id ., VI, 9 febbraio 2011, n. 896; id ., VI, 9 aprile 2009, n. 2201).

3.4. Ebbene, impostati in tal modo i termini concettuali della questione, si ritiene che la sentenza in epigrafe sia meritevole di conferma laddove ha rilevato che l’ iter logico e motivazionale svolto dall’Autorità al fine di definire il mercato rilevante nel caso sottoposto al suo esame risultasse plausibile, esente da profili di incongruità e, nel suo complesso, conforme ai principi rinvenibili dalla ‘ Comunicazione della Commissione sulla definizione del mercato rilevante ai fini dell’applicazione del diritto comunitario della concorrenza ’ (in GUCE, C 372 del 9 dicembre 1997).

3.4.1. In particolare, la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma laddove ha stabilito che, in modo del tutto conforme ai princìpi desumibili dalla comunicazione da ultimo richiamata, l’Autorità avesse correttamente indagato: a) il mercato del prodotto rilevante (il quale, secondo la definizione comunitaria, «comprende tutti i prodotti e/o servizi che sono considerati intercambiabili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell'uso al quale sono destinati»), nonché b) il mercato geografico rilevante (il quale, secondo la definizione comunitaria, « comprende l'area nella quale le imprese in causa forniscono o acquistano prodotti o servizi, nella quale le condizioni di concorrenza sono sufficientemente omogenee e che può essere tenuta distinta dalle zone geografiche contigue perché in queste ultime le condizioni di concorrenza sono sensibilmente diverse »).

Ancora, la sentenza in epigrafe risulta meritevole di conferma per la parte in cui ha confermato la correttezza dell’operato dell’Autorità la quale (in modo conforme alla richiamata comunicazione della Commissione europea) ha indagato in ordine al ‘mercato rilevante’ nel caso di specie operando l’analisi della composizione della domanda e pervenendo a conclusioni argomentate e plausibili (sul punto, cfr. amplius infra ).

Ed ancora, la sentenza in epigrafe è meritevole di puntuale conferma anche nella parte in cui ha affermato (con deduzione condivisa invero anche dalla parte appellante, quanto meno in via di principio) che l’analisi volta all’individuazione del mercato rilevante debba essere effettuata caso per caso, avendo riguardo (secondo il richiamato paradigma comunitario) al profilo del prodotto, a quello geografico e alla composizione della domanda.

3.5. Ebbene, ad avviso del Collegio, le deduzioni dell’Autorità (sostanzialmente confermate dal T.A.R.) risultano esenti dai rubricati profili di incongruità per la parte in cui

- non hanno indagato in via generale e - per così dire – indifferenziata la sostituibilità fra gli scali di Linate e di Malpensa ma

- si sono poste nell’ottica più puntuale di un’indagine rivolta all’intera composizione della domanda dei singoli scali (nella sua diversa composizione) e in relazione alle singole rotte, differenziando la posizione della clientela ‘ time sensitive ’ in relazione alla determinazione del ‘mercato rilevante’.

3.5.1. Si tratta, del resto, di un approccio concettuale ben noto alla giurisprudenza comunitaria. Basti citare, al riguardo, la sentenza del TPG del 4 luglio 2006 in causa T-177/04 (EasyJet vs. Commissione europea) la quale ha affermato che “ per esaminare la sostituibilità dei due aeroporti, la Commissione deve prendere in considerazione tutta la domanda, giacché i clienti insensibili al fattore tempo hanno esigenze diverse, essendo più flessibili ”.

Applicando il principio in questione, il Tribunale di primo grado ha concluso che

- se, in generale, poteva affermarsi la generale sostituibilità fra gli aeroporti parigini Charles De Gaulle e Orly

- al contrario “ per numerosi clienti d'affari,CDG e Orly non erano sostituibili, in quanto Orly offre meno coincidenze (…). Le aspettative dei clienti d'affari hanno quindi indotto la Commissione a considerare che esistevano dei «sotto- mercati» a seconda della sensibilità dei passeggeri al fattore tempo ” (sentenza cit., pt. 104).

3.5.2. Ebbene, riconducendo i princìpi in questione alle peculiarità del caso in esame, si deve ritenere che la sentenza in epigrafe risulti meritevole di puntuale conferma in quanto:

- ha svolto in modo congruo l’analisi di sostituibilità fra i due scali milanesi non già assumendo la loro piena comparabilità, ma muovendosi nella ben più limitata ottica (compatibile con il richiamato principio del c.d. ‘case by case’) della composizione della sola domanda di voli da e per Roma Fiumicino;

- all’interno di questa particolare porzione della domanda (voli da e per Roma Fiumicino), ha dimostrato sulla base di elementi congrui e plausibili l’esistenza di un ulteriore “sotto-mercato” (in tal senso, la sentenza del TPG in causa T-177/04, cit.), rappresentato dalla clientela – essenzialmente d’affari – particolarmente sensibile al fattore-tempo, orientata ad effettuare il viaggio di andata e ritorno in giornata e con particolare riguardo ai primi collegamenti del mattino e agli ultimi della sera;

- ha concluso nel senso che, per la sola clientela in questione (la quale, sotto il profilo della composizione della domanda, era idonea ad individuare un autonomo ‘mercato rilevante’ ai sensi della richiamata comunicazione della Commissione del 1997) le pur ridotte differenze nei tempi di collegamento fra i due scali fossero comunque idonee ad influenzare in modo determinante le scelte di mercato, sì da concludere nel senso della non sostituibilità in parte qua fra i due scali milanesi;

- ha concluso nel senso che il particolare rilievo che nel caso in esame svolge il ‘fattore-tempo’ (inteso come tempo di collegamento con il centro cittadino) consente di derogare rispetto alle conclusioni cui dovrebbe pervenirsi facendo meccanica applicazione del principio della distanza di 100 km. e del tempo di percorrenza di un’ora. Si tratta, del resto, di un principio che – secondo quanto riconosciuto dalla stessa Alitalia-CAI in sede di appello, non ha una valenza assoluta, ma costituisce soltanto una “ prima variabile rappresentativa per definire la zona di utenza ”, con la conseguenza che le risultanze derivanti dall’applicazione di tale criterio possano essere riviste qualora – come nel caso di specie – l’analisi condotta sul caso concreto dimostri la prevalenza di circostanze fattuali idonee, ad esempio, ad enfatizzare il rilievo del fattore-tempo nella composizione della domanda e nell’orientamento delle scelte della clientela.

3.5.3. In definitiva l’Autorità (con deduzione correttamente confermata dai primi Giudici), pur dando atto delle migliorate condizioni di accessibilità dello scalo di Malpensa verso il centro di Milano (fino ad affermare che, allo stato attuale, le modalità e i tempi di raggiungimento del centro cittadino fra i due aeroporti in questione sono “ comparabili ” – punto 124 della decisione impugnata -) ha osservato che le oggettive differenze che tuttora permangono per ciò che riguarda i collegamenti con il centro cittadino:

- per un verso, non sono idonee ad influenzare in modo apprezzabile i comportamenti della clientela per quanto riguarda la domanda c.d. ‘ leisure’ o ‘ price sensitive ’ (sì da ritenere la sostanziale piena sostituibilità fra i due scali in relazione alle opzioni di questa particolare tipologia di clientela, certamente disponibili a sopportare tempi di collegamento lievemente superiori pur di fruire di un prezzo più vantaggioso) mentre

- per altro verso, le richiamate obiettive differenze nelle tempistiche di collegamento con il centro cittadino sono altresì idonee ad influenzare i comportamenti della clientela maggiormente sensibile al tempo e alla flessibilità del servizio (sì da ritenere che le pur ridotte differenze dei tempi di collegamento fra i due scali inducano una parte rilevante di questi clienti ad optare per lo scalo milanese di Linate, il quale – sotto questo aspetto – non presenterebbe caratteristiche di effettiva sostituibilità con quello di Malpensa. Tali conclusioni sono, in particolare, tracciate in relazione alla clientela che effettua in viaggio di andata e ritorno su Milano in giornata, concentrandosi sui primi voli del mattino e sugli ultimi della sera).

Del resto, le conclusioni cui è giunta in parte qua l’Autorità (con deduzione sostanzialmente confermata dal T.A.R.) sono compatibili con quanto affermato dalla stessa Commissione europea nell’ambito della decisione sul caso COMP/M.3280 (Air France/KLM) dell’11 febbraio 2004 (peraltro, richiamata dalla stessa società appellante a sostegno delle proprie tesi). Al riguardo, secondo quanto stabilito dall’Esecutivo CE, “ the market investigation has shown that as it is closer to the city of Milan, timesensitive passengers with a final destination in Milan generally prefer Linate ” (punto 31 della decisione).

Né le conclusioni in parola restano contraddette da quanto la stessa Commissione ha affermato nell’ambito della decisione sul caso COMP/M.4439 (Ryanair/Air Lingus) del 27 giugno 2007 (anch’essa richiamata da Alitalia-CAI a sostegno delle proprie tesi). Ed infatti, se – per un verso – è vero che con la decisione in parola l’Esecutivo CE ha concluso nel senso della sostanziale sostituibilità fra i tre scali milanesi (“ (…) In the light of the above, the Commission considers that scheduled point-to-point passenger air transport services between Dublin, on the one hand, and Milan Linate, Milan Malpensa or Bergamo airports, on the other, belong to the same market ” – punto 267 -), per altro verso si osserva che la CE ha tratto la conclusione in parola soltanto in relazione al particolare mercato rilevante relativo ai collegamenti da e per Dublino (“ On the basis of the 100 km or 1 hour driving time benchmark, Milan Linate, Malpensa and Bergamo airports appear prima facie to be substitutable from the demand side for point-topoint scheduled passenger air transport services to/from Dublin ” - ivi, punto 263 -).

Inoltre, si osserva che nell’ambito della decisione in questione (punti 263-267) la Commissione europea ha espresso la propria valutazione di equivalenza con una formulazione sostanzialmente dubitativa (attraverso l’utilizzo della locuzione ‘ prima facie ’) e, soprattutto, che nell’ambito della decisione in parola manca un qualunque riferimento in parte qua alla diversa composizione della domanda in relazione alla sensibilità al fattore-tempo (si tratta del principale fattore che ha indotto l’A.G.C.M. a ritenere che, nel caso in questione, fosse individuabile un autonomo “sotto-mercato”, nell’ottica della richiamata giurisprudenza comunitaria).

Concludendo sul punto, si osserva che la decisione della Commissione europea sul caso COMP/M.4439 non fornisca elementi idonei a revocare in dubbio la complessiva correttezza dell’operato dall’Autorità (e, in seguito, della decisione del T.A.R.), non potendo rappresentare la decisione in questione un valido tertium comparationis per la risoluzione della presente vicenda.

3.6. Occorre a questo punto esaminare gli elementi di fatto in base ai quali l’Autorità ha fondato la propria decisione, come confermata dal T.A.R.. Si tratta degli elementi i quali depongono nel senso che sussistano ancora oggi oggettive differenze nei tempi necessari per raggiungere il centro di Milano dagli scali di Linate e Malpensa.

Si ritiene al riguardo che la sentenza in epigrafe sia meritevole di conferma laddove ha affermato che, pur dovendosi dare atto dei recenti miglioramenti nei collegamenti fra Malpensa e il centro di Milano, nondimeno le oggettive differenze che a tutt’oggi persistono circa i tempi complessivi di collegamento sono idonei ad influenzare in modo determinante le scelte della particolare tipologia di clientela presa in considerazione nella decisione finale dell’Autorità.

Pertanto, la decisione in questione risulta ispirata a condivisibili criteri di adeguatezza e proporzionalità laddove ha affermato che le residue differenze nei tempi di collegamento

- se (per un verso) non sono idonee ad orientare le scelte della clientela ‘ price sensitive ’ (per la quale è ben possibile rinunziare a tempi di collegamento più rapidi pur di ottenere un prezzo più conveniente);

- per altro verso, sono idonee ad orientare le scelte della clientela ‘ time sensitive ’, per la quale anche alcune decine di minuti di differenza (peraltro, da raddoppiare in considerazione della tratta in andata e ritorno da svolgere in giornata) assumono un’importanza rilevante nell’ambito delle proprie scelte economiche.

Venendo agli elementi in fatto, dagli atti di causa emerge che:

- il collegamento con i mezzi pubblici fra l’aeroporto di Linate e il centro città richiede circa 25 minuti (tempo che, invece, è stato stimato in 20 minuti circa dalla Commissione europea nell’ambito della decisione sul caso COMP/M.4439) mentre

- il collegamento con i mezzi pubblici fra l’aeroporto di Malpensa e la stazione di Milano centrale richiede un tempo di 43 minuti (il medesimo tempo di percorrenza è stimato dalla Commissione europea in 50 minuti per quanto riguarda il collegamento via Bus e in 40 minuti per quanto riguarda il collegamento ferroviario). Inoltre, il tempo di collegamento con l’aeroporto di Malpensa è apprezzabilmente maggiore rispetto a quello con l’aeroporto di Linate anche laddove si prendano in considerazione i collegamenti con la stazione di Milano Cadorna (stazione in relazione alla quale è controversa fra le parti l’effettiva equiparabilità con quella di Milano centrale per ciò che concerne le scelte della clientela i cui interessi sono concentrati nel centro della città di Milano). In questo caso, i tempi di percorrenza variano fra i 29 e i 45 minuti a seconda del mezzo di collegamento prescelto.

3.7. Per le ragioni in fatto e in diritto richiamate retro, sub 3.6., le conclusioni cui si è finora giunti non possono essere revocate in dubbio:

- né avendo riguardo a quanto affermato dalla Commissione europea con la decisione 2001/163/CE del 21 dicembre 2000 relativa alla ripartizione del traffico all’interno del sistema aeroportuale di Milano (ed infatti, la decisione in questione si limita a dare atto della circostanza – invero, pacifica fra le parti – per cui in tempi recenti i collegamenti fra Malpensa e Milano sono notevolmente migliorati, ma nulla toglie alla circostanza in fatto per cui talune apprezzabili differenze tuttora persistano e che esse siano idonee ad orientare quanto meno i comportamenti della clientela maggiormente sensibile al ‘fattore-tempo’;

- né in relazione alle decisioni della Commissione europea del marzo e del luglio 2012 relative alla controversa sostituibilità fra gli scali londinesi (si tratta di decisioni che non possono essere assunte quale adeguato tertium comparationis in relazione alla presente vicenda, attese le assolute peculiarità che la caratterizzano in relazione all’applicazione del richiamato criterio dell’analisi svolta ‘ case by case ’).

Allo stesso modo, le richiamate conclusioni non possono essere revocate in dubbio neppure avendo riguardo alla sentenza del Tribunale di primo grado del 4 luglio 2006 sul caso T-177/04 (EasyJet vs. Commissione europea). Si osserva al riguardo che la sentenza in questione ha respinto il ricorso per annullamento proposto avverso la decisione della Commissione europea sul caso COMP/M.3280 dinanzi richiamato.

Contrariamente a quanto ritenuto dalla società appellante, infatti, la sentenza in questione conferma le conclusioni cui dinanzi si è fin qui giunti laddove afferma che “ (…) per esaminare la sostituibilità dei due aeroporti, la Commissione deve prendere in considerazione tutta la domanda, giacché i clienti insensibili al fattore tempo hanno esigenze diverse, essendo più flessibili. La Commissione ha così avuto modo di riconoscere che, per numerosi clienti d'affari, CDG e Orly non erano sostituibili, in quanto Orly offre meno coincidenze (…). Le aspettative dei clienti d'affari hanno quindi indotto la Commissione a considerare che esistevano dei «sotto-mercati» a seconda della sensibilità dei passeggeri al fattore tempo (…) ”.

3.8. Alcune considerazioni finali devono essere svolte in relazione al motivo di ricorso con cui Altalia-CAI lamenta che il T.A.R. abbia ‘del tutto ignorato’ i dati da essa forniti dai quali sarebbe emerso che la percentuale degli spostamenti da Malpensa che si esauriscono in giornata non differirebbe sostanzialmente dall’analoga percentuale degli spostamenti da Linate.

L’argomento non può essere condiviso.

Al riguardo si osserva in primo luogo che la sentenza in epigrafe (punto 3 della motivazione) ha esaminato in parte qua la deduzione dell’odierna appellante e l’ha respinta ritenendola destituita di supporto probatorio (secondo il T.A.R., in particolare, “ non può (…) accedersi alla tesi di parte ricorrente che tende ad affermare l’indifferenza, per i viaggiatori che esauriscono lo spostamento in giornata, dei due scali milanesi, trattandosi di prospettazione che, basata sulla generica – ed indimostrata - affermazione dell’equivalenza della percentuale di tale tipologia di viaggi sui due scali, omette di considerare le diverse caratteristiche degli stessi in termini di tempi di percorrenza e la diversa composizione della domanda, non potendo predicarsi alcuna coincidenza tra la domanda time sensitive – che caratterizza lo scalo di Linate - e quella, globalmente intesa, che effettua gli spostamenti in giornata, ricomprendendo quest’ultima, nella sua generalità, anche la domanda leisure o price sensitive ”).

Ad ogni modo il motivo in questione è altresì infondato nel merito dal momento che (come condivisibilmente osservato dall’Autorità) il documento di cui sarebbe stata omessa la valutazione (depositato in atti il 9 febbraio 2012) non inerisce la percentuale di voli effettuati da e per Linate nel corso della stessa giornata, ma pone in comparazione le percentuali di voli effettuati nel corso della stessa giornata da Malpensa per destinazioni nazionali (esclusa Roma) e internazionali.

In definitiva, il documento in questione non può essere assunto quale adeguato tertium comparationis al fine di suffragare in parte qua le deduzioni svolte dall’appellante.

3.9. Per le ragioni sin qui esposte il secondo motivo deve essere respinto.

4. Con il terzo motivo di appello (anch’esso meglio descritto in narrativa) Alitalia-CAI chiede la riforma della sentenza in epigrafe per la parte in cui ha confermato le conclusioni rassegnate dall’A.G.C.M. per ciò che riguarda la ritenuta assenza di concorrenza intermodale sulla linea Milano-Roma (ci si riferisce, in particolare, alla pressione concorrenziale esercitata dai collegamenti ferroviari ad alta velocità).

4.1. Il motivo, nel suo complesso, non può essere condiviso.

4.2. In primo luogo, si intende in questa sede ribadire le premesse logico-sistematiche già richiamate retro sub 3.3. e confermare che, anche in relazione alla parte della decisione impugnata in primo grado relativa alla questione della concorrenza intermodale (paragrafi da 156 a 168), non viene qui in rilievo la questione relativa alla piena e incondizionata sostituibilità del collegamento aereo sulla rotta Milano-Roma, quanto – piuttosto – la più limitata questione relativa alla sostituibilità del collegamento aereo con quello ferroviario in relazione al particolare “ sotto-mercato ” (in tal senso, la sentenza del TPG in causa T-177/04, cit.), rappresentato dalla clientela – essenzialmente d’affari – particolarmente sensibile al fattore-tempo, orientata ad effettuare il viaggio di andata e ritorno in giornata e con particolare riguardo ai primi collegamenti del mattino e agli ultimi della sera.

La premessa ribadita retro , sub 4.2.1. consente di esaminare più agevolmente le tesi esposte nell’atto di appello con il quale – a ben vedere – il vaglio sull’analisi di sostituibilità all’origine della presente decisione viene svolto da Alitalia-CAI in modo – per così dire – indifferenziato (ovvero, come se l’indagine riguardasse la questione della sostituibilità fra il collegamento aereo e ferroviario sulla rotta Roma-Milano nel suo complesso e non in relazione al richiamato ‘sotto-mercato’ il quale risulta evidentemente più delimitato sotto il profilo soggettivo, oggettivo e temporale).

4.3. Gli argomenti dinanzi svolti sub 4.2. consentono in primo luogo di respingere le questioni sollevate con il ricorso in appello in relazione alla questione della tempistica concernente i collegamenti fra Milano e Roma (tempistica che, secondo quanto lamentato dall’appellante, sarebbe stata esposta dall’Autorità attraverso errori ‘per difetto’ per quanto riguarda i collegamenti aerei e attraverso errori ‘per eccesso’ per quanto riguarda i collegamenti ferroviari).

Ed infatti, riguardando la questione all’origine dei fatti di causa sotto il limitato angolo visuale relativo all’effettiva idoneità del collegamento ad alta velocità a sortire una pressione concorrenziale nella parte iniziale e finale della giornata, emerge che la questione relativa all’ an stesso di una siffatta concorrenza ( i.e .: la disponibilità di collegamenti ferroviari adeguati per numero ed orari) risulta – per così dire – ‘preliminare e assorbente’ rispetto all’ulteriore questione relativa al quomodo delle caratteristiche in cui tale confronto concorrenziale si esercita.

In definitiva, in tanto si potrebbe operare un effettivo confronto concorrenziale fra l’offerta aerea e quella ferroviaria sulla tratta Milano-Roma nel particolare sotto-mercato relativo ai collegamenti del primo mattino e della serata, in quanto un tale confronto fosse reso possibile dall’esistenza di un’offerta ferroviaria davvero comparabile per quantità e qualità rispetto a quella aerea.

Tuttavia, dall’esame degli atti di causa ( in parte qua non contestati) risulta che una siffatta offerta non sussiste al momento, atteso che: a) esiste un solo collegamento ferroviario ad alta velocità (ossia, con tempo di percorrenza pari a 3 ore) che consente di raggiungere Milano da Roma entro le 9 del mattino, mentre tale possibilità viene assicurata da numerosi collegamenti aerei;
b) l’ultimo treno da Milano per Roma parte alle 19, mentre gli ultimi voli sulla tratta Milano-Roma e viceversa partono – rispettivamente – alle 21 e alle 21,30.

Sotto tale aspetto, quindi, appare quanto meno dubbia l’esistenza – nell’ambito del richiamato, particolarissimo ‘sotto-mercato’ che qui viene in considerazione – di un’effettiva offerta di trasporto ferroviario che possa essere adeguatamente assunta quale tertium comparationis nell’ambito della più volte richiamata analisi di sostituibilità.

4.4. Ma anche a prescindere dal carattere assorbente al fine del decidere di quanto appena osservato sub 4.3., si osserva che non possono essere condivisi gli argomenti profusi dall’appellante al fine di contestare la sentenza in epigrafe per la parte in cui ha respinto i motivi di ricorso avverso le determinazioni dell’A.G.C.M. per ciò che riguarda la tempistica effettiva (comparata fra il mezzo aereo e quello ferroviario) nei collegamenti fra Milano e Roma.

4.4.1. Al riguardo risulta dirimente un’ulteriore considerazione tratta – ancora una volta – dal particolare ambito concorrenziale cui fa rifermento la decisione dell’Autorità impugnata in primo grado.

Ci si riferisce, nuovamente, alla circostanza per cui il confronto concorrenziale posto alla base della richiamata analisi di sostituibilità ha riguardo a quella particolare categoria di clienti che effettuano il viaggio di andata e ritorno in giornata e per i quali, quindi, anche limitate differenze nelle tempistiche di collegamento possono esercitare un’influenza notevole al fine di orientare le scelte economiche.

Impostati in tal modo i termini sistematici della questione ne emerge che, anche laddove si accogliessero in toto (il che, per le ragioni che fra breve si esporranno, non è comunque possibile) le deduzioni svolte in sede di appello da Alitalia-CAI (deduzioni che sono volte, in ultima analisi, a dilatare la tempistica stimata dall’Autorità per ciò che riguarda il collegamento aereo e a ridurla per ciò che riguarda il collegamento ferroviario), residuerebbe comunque un apprezzabile vantaggio nella tempistica connessa all’uso del mezzo aereo, ex se idonea ad orientare le scelte della clientela maggiormente sensibile a variazioni – anche minori – del fattore-tempo.

In particolare, anche laddove si ammettesse che la corretta tempistica necessaria per collegare Milano a Roma

- non è quella stimata dall’Autorità (secondo cui il collegamento aereo richiede tempi complessivi compresi fra 2 ore e 40 minuti e 3 ore e 10 minuti, mentre il collegamento ferroviario richiede un tempo compreso fra 3 ore e 30 minuti e 3 ore e 4 minuti)

- ma è quella ritenuta dalla società appellante in sede di appello (secondo cui il collegamento aereo richiederebbe tempi complessivi compresi fra 3 ore nette e 3 ore e 15 minuti, mentre il collegamento ferroviario richiederebbe un tempo compreso fra 3 ore e 20 minuti e 3 ore e 35 minuti),

la conseguenza sarebbe comunque quella di palesare una differenza netta media di circa (20+20=) 40 minuti in favore del mezzo aereo (in considerazione del viaggio di andata e ritorno che qui viene in rilievo), tale da risultare senz’altro significativa per la clientela ‘business’ la quale effettua il trasferimento in giornata e che è stata presa in considerazione nell’ambito della decisione in epigrafe (al riguardo si rinvia a quanto già osservato retro , sub 3.5.3).

4.5. Ad ogni modo (e fermo restando il carattere assorbente ai fini del decidere di quanto osservato retro , sub 4.3. e 4.4.), gli argomenti con i quali Alitalia-CAI afferma che A.G.C.M. (e in seguito il T.A.R.) avrebbero alterato l’effettiva tempistica necessaria per collegare Milano e Roma (operando una sovrastima per ciò che riguarda il collegamento ferroviario e una sottostima per ciò che riguarda il collegamento aereo) non possono essere condivisi.

Al riguardo si osserva:

- che la tempistica trasfusa nella tabella 4 inclusa nell’ambito del provvedimento impugnato in primo grado (si tratta della tabella con cui vengono posti in comparazione i tempi complessivi di percorrenza della tratta Milano-Roma rispettivamente con il mezzo aereo e con il treno) risulta del tutto analoga alla tempistica che la stessa appellante aveva esposto nel corso del primo giudizio (in tal senso, la memoria depositata in atti da Alitalia-CAI il 9 febbraio 2012), come riportato a pag. 24 dello stesso provvedimento impugnato in primo grado (si tratta di circostanza non contestata in atti). Sotto questo aspetto, il complesso di argomenti nella presente sede profusi da Alitalia-CAI al fine di dimostrare la complessiva inattendibilità (rispettivamente, per eccesso e per difetto) delle tempistiche esposte dall’Autorità si pone in sostanziale contrasto con quanto allegato dalla stessa società appellante nel corso del primo grado di giudizio;

- che le ‘fonti terze’ rispetto all’Autorità le quali deporrebbero nel senso della complessiva inattendibilità della tempistica da essa indicata consistono (a quanto è dato comprendere dal ricorso in appello) nei soli dati allegati a un articolo comparso sul quotidiano ‘La Stampa’ del 25 luglio 2012;

- che la tempistica ‘alternativa’ posta dall’appellante a fondamento delle sue tesi non si basa su dati certi ed oggettivi, ma su ipotesi dichiaratamente prudenziali e/o desunte “ ragionevolmente ” (così a pag. 36 dell’atto di appello) e/o basate “ [sull’]esperienza di chiunque si rechi in auto a Fiumicino ”. Si tratta, in definitiva, di un complesso di dati, circostanze e notazioni di carattere eterogeneo e atecnico e, nel loro complesso, inidonee a revocare in dubbio la complessiva attendibilità di quanto determinato in parte qua dall’Autorità;

- che, in alcuni casi, le affermazioni dell’appellante consistono in vere e proprie affermazioni di principio prive di alcun supporto a sostegno (ci si riferisce, ad esempio, all’affermazione secondo cui sarebbe incongruo un tempo stimato di 40 minuti per raggiungere in auto l’aeroporto di Fiumicino dal centro di Roma, ovvero all’affermazione secondo cui sarebbe incongruo un tempo complessivo di 55 minuti per coprire il medesimo tragitto utilizzando dapprima mezzi pubblici di trasporto (per giungere alla stazione di Roma Termini) e successivamente il collegamento ‘Leonardo Express’ (il quale copre la tratta in questione in 31 minuti)

4.6. Neppure possono essere accolti gli argomenti desunti da Alitalia-CAI dai precedenti della Commissione europea relativi a casi di concentrazioni di rilievo comunitario (ci si riferisce, in particolare: a) alla decisione sul caso COMP/M.3940 del 22 dicembre 2005 (Lufthansa/Eurowings);
b) alla decisione sul caso COMP/M.5335 (Lufthansa/SN Airholding)).

Al riguardo si osserva:

- che, come già in precedenza osservato, la stessa Commissione europea ha affermato a più riprese che l’analisi di sostituibilità in caso di operazioni di concentrazione deve essere effettuata attraverso un approccio svolto ‘ case by case ’, ragione per cui non assume rilievo dirimente la circostanza per cui in un caso precedente la Commissione abbia ammesso la richiamata sostituibilità pure in presenza di orari del collegamento ad alta velocità meno agevoli;

- che, pertanto (nell’ottica del richiamato approccio ‘ case by case ’), l’allegazione di precedenti della Commissione assume un rilievo attenuato e potrebbe divenire dirimente ai fini del decidere solo laddove fosse fornita la prova (che nel presente caso non sussiste) circa la piena coincidenza fra le situazioni di fatto sottoposte alle richiamate decisioni;

- che, in ogni altro caso (e in base ai generali canoni dinanzi richiamati sub 3.3.) il G.A. non può comunque sostituirsi all'A.G.C.M. in ordine alle valutazioni sottese all’individuazione del mercato rilevante, laddove tali valutazioni siano complessivamente attendibili secondo le dottrine economiche, immuni da vizi di travisamento dei fatti, da vizi logici, da vizi di violazione di legge;

- che, comunque, l’intera argomentazione svolta sul punto da Alitalia-CAI si basa su un presupposto logico-fattuale non condivisibile e non condiviso, il che inficia in radice le conclusioni cui perviene l’appellante (ci si riferisce, in particolare, all’affermazione contenuta a pag. 40 dell’atto di appello secondo cui “ i viaggiatori che fanno l’andata e ritorno nello stesso giorno non identificano un distinto mercato ”).

Tanto premesso, si osserva che le valutazioni in base alle quali l’Autorità ha escluso l’idoneità dei collegamenti ad alta velocità ad esercitare un’effettiva pressione concorrenziale nell’ambito del mercato rilevante risultano esenti dai rubricati profili di illegittimità e conformi con il pertinente quadro comunitario laddove si osservi:

- che non risulta contestato in atti il dato relativo alla pressoché totale inesistenza di adeguati collegamenti ferroviari ad alta velocità nelle prime ore del mattino e nella tarda serata sulla tratta Milano-Roma (il che assume un rilievo determinante in relazione al particolare ‘sotto-mercato’, che qui rileva, inerente la clientela business che effettua il viaggio di andata e ritorno in giornata);

- che l’Autorità (con deduzione confermata dal T.A.R.) ha concluso nel senso della non sostituibilità fra i due mezzi di collegamento all’esito di un’indagine che ha avuto riguardo: a) all’oggettiva maggior durata del viaggio in treno (sul punto, v. retro sub 4.3. e 4.4.);
b) all’oggettiva differenza nel numero di frequenze offerte dai due mezzi di trasporto (sotto tale aspetto, a prescindere da ogni considerazione relativa alla maggiore capacità che caratterizza – per comune esperienza – il treno, risulta ancora una volta dirimente la pressoché totale assenza di utili collegamenti nelle fasce orarie che rilevano ai fini della decisione);

- che la prassi decisionale della Commissione depone in senso invero opposto rispetto a quanto ritenuto dalla società appellante. Ci si riferisce, in particolare, alla decisione sul caso COMP/M.5335 (Lufthansa/SN Airholding) in cui la Commissione ha concluso nel senso dell’inidoneità del collegamento ferroviario ad esercitare un’effettiva pressione concorrenziale rispetto al mezzo aereo sulla tratta Francoforte-Bruxelles proprio avendo riguardo ai tempi di percorrenza e alla frequenza dei collegamenti nel mercato rilevante (ossia, ai due elementi che, anche nel caso in esame, palesano un oggettivo vantaggio in favore del mezzo aereo – “ (…) [in the] BRU-FRA route air travel has a clear advantage over direct trains in terms of travel time and frequencies ” – punto 129 della decisione -);

- che non possono essere utilmente richiamate le conclusioni cui è pervenuta la Commissione nell’ambito del caso 38.477 (British Airways/SN Brussels). Al riguardo, la stessa Commissione europea, con la decisione sul caso COMP/M. 5335, ha affermato la non estensibilità del contenuto della decisione sul caso 38.477 ad ulteriori casi alla luce del richiamato principio dell’esame svolto ‘ case by case ’. Ad ogni modo, nell’ambito della decisione sul caso COMP/M.5335 si legge che un rilievo determinante nel ritenere – sulla tratta Bruxelles-Londra – la sostituibilità fra il mezzo ferroviario e quello aereo è stato sortito dalla circostanza (che qui non ricorre) per cui i collegamenti ferroviari sulla tratta in parola fossero molto più numerosi rispetto a tutte le rotte aeree relative alla medesima tratta (decisione, cit., par. 130). Anche sotto questo aspetto, quindi, il ricorso in epigrafe non può trovare accoglimento, risultando basato sul rinvio a parametri non pertinenti.

4.7. Per ragioni in tutto analoghe a quelle appena esaminate, non si può condividere l’ulteriore argomento basato sulla circostanza per cui l’offerta di collegamenti ferroviari sulla tratta in questione sarebbe stata ampliata a partire dall’aprile del 2012 ( i.e .: a seguito dell’avvio del nuovo collegamento della società NTV s.p.a. attraverso il treno ‘Italo’).

Al riguardo ci si limita ad osservare che l’appellante non ha allegato alcun elemento atto a ritenere che, per le caratteristiche oggettive di tale offerta aggiuntiva, il nuovo collegamento ferroviario in parola sia idoneo ad apportare elementi di effettiva concorrenzialità nell’ambito del particolare segmento di mercato tenuto in considerazione dell’Autorità ai fini della propria decisione.

4.8. Le considerazioni sin qui svolte sarebbero di per sé sufficienti a palesare l’infondatezza dei motivi di appello con cui Alitalia-CAI contesta gli ulteriori aspetti dell’analisi di sostituibilità svolta da A.G.C.M. in relazione all’andamento del numero dei passeggeri trasportati e dell’andamento dei ricavi per il vettore aereo appellante sulla rotta che qui rileva (ci si riferisce ai motivi esposti alle pagine 38 e seguenti dell’atto di appello).

4.8.1. In primo luogo, non possono trovare accoglimento gli argomenti con cui si contesta la decisione dell’Autorità per la parte in cui ha ritenuto che il corretto terminus a quo per l’analisi di sostituibilità del collegamento ferroviario rispetto a quello aereo fosse da individuare nel dicembre 2009 (mese in cui è stato inaugurato il collegamento ad alta velocità Milano-Roma di durata appena inferiore alle tre ore) e non – come preteso da Alitalia-CAI nel dicembre del 2008 (mese di inaugurazione del collegamento ad alta velocità su una durata di circa tre ore e mezza).

Le ragioni della reiezione in parte qua dell’appello risiedono in una sorta di applicazione ‘a fortiori’ degli argomenti dinanzi esposti sub 3.5.3., 4.3. e 4.4.

Ed infatti, se è vero (come è vero, per le ragioni dinanzi esposte) che, nell’ambito del particolare segmento concorrenziale che qui viene in rilievo, anche minori differenze nei tempi di collegamento sono idonee ad influenzare i comportamenti economici della platea di utenti del servizio (minori differenze calcolate sulla base del collegamento ad alta velocità di durata pari a tre ore), a tanto maggior ragione le conclusioni in questione resteranno valide nel caso in cui si prenda in considerazione il pregresso collegamento di durata pari a tre ore e mezza (quello svolto fra la fine del 2008 e la fine del 2009). In questo caso, infatti, l’ancor più accentuata differenza fra i tempi di collegamento ferroviario e quelli del mezzo aereo confermeranno con maggiore forza le conclusioni – cui dinanzi si è giunti – relative alla non sostituibilità concorrenziale fra il mezzo ferroviario e quello aereo in relazione al particolare ‘sotto-mercato’ che qui viene in rilievo.

Del resto, per quanto riguarda il periodo dal dicembre 2008 al dicembre 2009, l’appellante espone il dato assoluto relativo al calo aggregato della domanda di trasporto sulla tratta Milano-Roma, ma non allega elementi puntuali atti a dimostrare: a) che tale riduzione abbia riguardato in modo significativo anche le fasi iniziali e finali della giornata;
b) che la medesima riduzione – quand’anche esistente - sia effettivamente riferibile sotto il profilo causale alla tensione concorrenziale esercitata dal mezzo ferroviario.

Ai limitati fini che qui rilevano si osserva, comunque, che l’Autorità ha plausibilmente riferito che il rilevante incremento nel numero di viaggiatori registratosi sulla tratta in questione nel periodo 2008-2009 (con trend confermato nel 2010) sia da attribuire per una quota rilevante alla concomitante soppressione della maggior parte dei collegamenti InterCity ed Eurostar, sì da ritenere che il richiamato incremento della domanda di servizi ad alta velocità sia da ascrivere per una quota rilevante a una diversa modulazione dell’offerta, ma pur sempre all’interno del segmento di domanda – per così dire – ‘ferroviaria’.

4.8.2. In secondo luogo, non possono trovare accoglimento gli argomenti con cui si contesta la decisione dell’Autorità per la parte in cui ha ritenuto che, nel corso del periodo di osservazione, l’indice relativo al ricavo medio per passeggero fosse stato sostanzialmente costante (e anzi, crescente nella fase finale).

Ancora una volta, si osserva che le osservazioni in questione non assumono rilievo determinante ai fini del decidere dal momento che la conclusione relativa alla non sostituibilità dell’offerta di trasporto ferroviario rispetto a quello aereo risulta già adeguatamente suffragata sulla base di quanto esposto retro , sub 4.3. e 4.4.

Ad ogni modo, si ritiene che le tesi dell’appellante (la quale contesta la scelta di fissare il terminus a quo per la comparazione concorrenziale sull’andamento dei ricavi alla fine del 2009 e non al 2008 e ritiene che la corretta fissazione del richiamato termine iniziale avrebbe determinato conclusioni diverse da quelle rassegnate) non potrebbe comunque essere condivisa.

Si ritiene, in particolare, che non vi sarebbe stata alcuna effettiva giustificazione nella scelta di fissare alla fine del 2008 (piuttosto che alla fine del 2009) la data di inizio del termine di osservazione per l’analisi dell’andamento dei ricavi medi relativi alla rotta in questione, se solo si osservi che i dati relativi alla stagione aerea Winter 2008/2009 non erano utilmente utilizzabili ai fini comparatistici, in quanto non omogenei. Sotto questo aspetto l’Autorità ha correttamente osservato che nel momento storico proposto dall’appellante (Summer 2008) a) l’operazione di concentrazione non aveva ancora avuto luogo;
b) le due società interessate operavano ancora come entità distinte;
c) conseguentemente, l’analisi dell’andamento del ricavo medio per passeggero proposta dall’appellante finirebbe per essere svolta sulla base di dati – a seconda dei casi – incompleti o inconferenti;

4.8.2.1. Ad ogni modo, la sentenza in epigrafe è meritevole di conferma anche per la parte in cui ha ritenuto che la diminuzione del ricavo comunque registrata da Alitalia nel periodo 2008-2011 trovasse una spiegazione alternativa a quella – come si è visto, infondata – basata sulla tensione concorrenziale esercitata dalla concomitante offerta ferroviaria.

In particolare, la decisione impugnata in primo grado (e la sentenza del T.A.R. che l’ha in parte qua confermata) risultano del tutto plausibili e meritevoli di conferma laddove hanno osservato che la diminuzione del ricavo medio lamentata da Alitalia nel corso del richiamato periodo (2008-2011) riviene una plausibile ragione giustificatrice – e per una quota importante – nel ridimensionamento della clientela business , ossia nella traslazione di una importante quota della clientela aerea verso offerte caratterizzate da tariffe più convenienti (sotto questo aspetto, la contrazione del ricavo unitario non sarebbe attribuibile agli effetti della concorrenza intermodale, quanto – piuttosto – a dinamiche interne alla domanda di servizi aerei e all’andamento della disponibilità a pagare della clientela posizionata sulle fasce più alte).

4.8.3. Per ragioni strettamente connesse a quelle esposte sub 4.8.2., deve essere respinto anche il motivo di ricorso con il quale si è lamentata l’erroneità della decisione dell’Autorità (puntualmente confermata dal T.A.R.) in relazione all’andamento, nel corso del periodo di osservazione, dell’indice ‘RASK’ (ricavo per costo kilometro offerto).

Anche in questo caso, infatti, l’ ubi consistam degli argomenti profusi dalla società appellante consiste nell’asserita erroneità che caratterizzerebbe la scelta di individuare il terminus a quo del confronto intertemporale nell’anno 2009 e non –come ritenuto più corretto da Alitalia-CAI nell’anno 2008.

Tuttavia – per le ragioni dinanzi esposte – è lo stesso presupposto logico-fattuale da cui prende le mosse l’appellante a non risultare condivisibile, con la conseguenza di palesare, anche sotto questo aspetto, l’infondatezza dell’appello.

5. Per le ragioni sin qui esposte l’appello deve essere respinto.

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