Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-11-25, n. 201505348

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. III, sentenza 2015-11-25, n. 201505348
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 201505348
Data del deposito : 25 novembre 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 03967/2014 REG.RIC.

N. 05348/2015REG.PROV.COLL.

N. 03967/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3967 del 2014, proposto da:
Utim - Unione per la Tutela delle Persone con Disabilita' Intellettiva, rappresentata e difesa dagli avv. M M, A T C, con domicilio eletto presso Antonia De Angelis in Roma, Via Portuense, n. 104;

contro

Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale, rappresentato e difeso dagli avv. C D P, P B, con domicilio eletto presso P B in Roma, Via Luigi Ceci, n. 21;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PIEMONTE - TORINO: SEZIONE II n. 00195/2014, resa tra le parti, concernente compartecipazione al costo della retta dei servizi semiresidenziali delle persone con disabilità;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 luglio 2015 il Cons. A P e uditi per le parti gli avvocati Annamaria Cerenzia Torrani anche su delega di M M e P B;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - L’Associazione U.T.I.M. - Unione per la Tutela degli Insufficienti Mentali ha impugnato davanti al Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte la deliberazione n. 09 del 28 marzo 2012, con la quale il Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale istituito tra i Comuni di San Mauro Torinese, Gassino Torinese, Castiglione Torinese, San Raffaele Cimena, Sciolze, Rivalba e Cinzano (CISA) ha approvato il nuovo “ Regolamento per la compartecipazione al costo della retta dei servizi semiresidenziali delle persone con disabilità ”. In particolare, tale Regolamento è impugnato nella parte in cui (art. 8, comma 3) prescrive che, per la determinazione alla compartecipazione, “ il valore dell’ISEE è integrato con i redditi esenti da imposta sul reddito delle persone fisiche-IRPEF, corrisposti a titolo di minorazioni (pensione di invalidità civile, indennità accompagnamento, ecc.) e quelli di natura assistenziale o previdenziale percepiti e non compresi nell’imponibile IRPEF ”. Oggetto di gravame è, altresì, la nota del CISA del 26 maggio 2012, n. 2829, con la quale è stata respinta una richiesta di intervento in autotutela sulla precedente deliberazione.

2. - Il TAR per il Piemonte ha respinto il ricorso con la sentenza n. 00195/2014, attribuendo portata decisiva al disposto dell’art. 5 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, che ha stabilito che, ai fini della ridefinizione dell’ISEE, si deve far riferimento ad una definizione di “reddito disponibile ” che includa, tra l’altro, “ la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale ”. La sentenza afferma che, contrariamente a quanto affermato dal ricorrente, la norma legislativa richiamata ha pieno valore normativo nella individuazione dei nuovi principi, pur rinviando ad un successivo DPCM. la loro attuazione e non può, pertanto, essere disattesa dalle normative (anche locali), che prendono a riferimento le condizioni economiche per determinare l’elargizione di provvidenze, solo perché non è stato ancora varato il nuovo ISEE. Secondo il TAR, inconferente è il richiamo ai Livelli Essenziali di Assistenza, non trattandosi – nella presente sede – di una presunta limitazione dei servizi resi alle persone, ma solo della disciplina della compartecipazione al costo dei servizi parametrata alle condizioni economiche e personali del singolo utente.

3. - L’Associazione appellante osserva che la sentenza impugnata ha ignorato i motivi del ricorso di primo grado che assumevano la illegittimità dell’art. 4 ( rectius 8) del regolamento impugnato e che vengono pertanto integralmente riproposti:

- violazione dell’art. 2, comma 4, del d.lgs. n. 109 del 1998 (come modificato dal d.lgs. n. 130 del 2000), nonché della parte I della Tabella I allegata al suddetto d.lgs., a norma del quale la situazione economica rilevante si ottiene considerando solo il reddito complessivo ai fini IRPEF: devono quindi escludersi tutti i sussidi corrisposti dallo Stato o da altri Enti pubblici a titolo assistenziale (come, ad esempio, l’indennità di accompagnamento), i quali, a norma dell’art. 34, comma 3, del DPR n. 601 del 1973, sono esenti da IRPEF;

- violazione degli artt. 3, comma 1, e 23 Cost., in quanto è inibito ai Comuni di imporre alcun contributo al di fuori della legge;

- falsa applicazione ed errata interpretazione della DGR n. 39/2009 e della DGR n. 56/2010, che si riferiscono a ricoveri residenziali e non semiresidenziali.

La sentenza impugnata non dice nulla in merito alla contestata illegittimità del regolamento impugnato che viola in modo evidente le norme vigenti relative al calcolo da adottarsi per stabilire il reddito individuale del disabile avente diritto ai servizi e, conseguentemente, per definire le soglie nell’ambito delle quali richiedere la contribuzione alle spese. Il TAR attribuisce erroneamente al principio stabilito in ambito nazionale dall’art. 5 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito nella legge n. 214 del 2011, un valore normativo che tale norma non possiede, limitandosi a contenere vaghe linee programmatiche che si prestano alle più varie interpretazioni. E’ perfino assai dubbia la sua costituzionalità, dal momento che esso delega alla Presidenza del Consiglio l’emanazione di un regolamento che disciplina l’ISEE senza aver stabilito “norme generali regolatrici della materia”, come è invece prescritto per i regolamenti delegati dall’art. 17 della legge n. 400/1998. Infatti si tratta con evidenza non di un regolamento meramente esecutivo della disposizione di legge, ma di un regolamento ampiamente attuativo, come dimostra, non solo la già rilevata vaghezza delle sue indicazioni, ma soprattutto il fatto che la abrogazione della disciplina dell’ISEE previgente è prevista solo a trenta giorni dall’entrata in vigore delle disposizioni di approvazione del nuovo modello di dichiarazione sostitutiva ai fini della determinazione dell’ISEE. Dal momento che il relativo DPCM è stato pubblicato solo il 24 gennaio 2014, la nuova disciplina non era certamente in vigore alla data di adozione del regolamento consortile impugnato nel presente giudizio nel 2012. L’Associazione appellante fa poi presente di aver impugnato davanti al TAR del Lazio, insieme ad altre numerose associazioni del settore, il DPCM n. 159/2013, attuativo del sopra richiamato art. 5 del d.l. n. 201/2011, portando, tra le altre, specifiche motivazioni attinenti proprio alla natura della indennità di accompagnamento e alla sua assoluta inidoneità a rientrare nei redditi esenti da IRPEF individuati dal citato art. 5 ai fini della determinazione dell’ISEE.

Quanto ai motivi contenuti nel ricorso di primo grado e riproposti nel presente giudizio, l’odierna appellante ha individuato e contestato, nel comportamento degli enti resistenti, la violazione di legge in relazione all’art. 1 della legge 11.02.1980 n. 18, che prevede la concessione dell’indennità di accompagnamento indipendentemente dalle risorse economiche a mutilati e invalidi totalmente inabili alla deambulazione, ed in connessione la violazione dell’art. 25 della legge 8.11.2000, n. 328, nonchè la violazione ed errata interpretazione dell’art. 3 del d.lgs. 31.03. 1998 n. 109, così come modificato dal d.lgs. n. 130/2000, oltre al vizio di eccesso di potere per manifesta ingiustizia. L’UTIM, in particolare, ha rilevato l’illegittimità dell’art. 4 ( rectius art. 8) del regolamento, allegato alla Determinazione direttoriale impugnata, recante “ criteri per la determinazione della contribuzione a carico degli utenti per le prestazioni strumentali mensa e trasporto ”. La norma impugnata, dopo aver ribadito il consolidato principio secondo il quale per la definizione dell’entità della compartecipazione al costo delle prestazioni poste a carico dell’assistito disabile si valuta esclusivamente la situazione economica individuale del solo beneficiario (e ciò conformemente alla disciplina legislativa allora in vigore (d.lgs. 31.03.1998, n. 109, come modificato dal decreto legislativo, n. 130/2000), prevede di includere le indennità aventi finalità assistenziali nel computo della compartecipazione senza aver minimamente considerato che l’art. 2, comma 4, del medesimo decreto legislativo n. 109, definisce la “situazione economica” come costituita dalla somma dei redditi soggetti a IRPEF e dal reddito delle attività finanziarie. Ne deriva la esclusione degli assegni di invalidità, delle indennità di accompagnamento e delle indennità specifiche per ciechi e sordomuti, che non sono soggette a IRPEF. L’illegittimità del regolamento impugnato appare ancora più evidente se si considera la peculiare natura e funzione dell’indennità di accompagnamento e delle altre indennità in questione. Tali indennità sono sussidi corrisposti dallo Stato, o da altri enti pubblici, a titolo di compensazione per le gravi minorità che i soggetti destinatari devono sopportare e per i costi che tali minorità necessariamente comportano per lo svolgimento della vita quotidiana. Per questa ragione tali somme sono esenti IRPEF. Su tale punto decisivo, tuttavia, il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte ha del tutto omesso di pronunciarsi nella sentenza impugnata che, come tale, risulta dunque viziata da difetto assoluto di motivazione.

L’appellante aggiunge inoltre che il rinvio operato dall’art. 8 del regolamento impugnato alla normativa legislativa di cui all’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 109/1998 (che consente agli enti erogatori di individuare criteri aggiuntivi all’ISEE ai fini della fissazione dei requisiti per fruire di ciascuna prestazione) non può servire a legittimare le disposizioni impugnate, come sostenuto dall’Amministrazione resistente, visto che non rientra comunque nel potere regolamentare degli enti locali la limitazione dei livelli essenziali delle prestazioni, né la imposizione di nuove prestazioni patrimoniali rispetto a quelle previste con legge dello Stato ai sensi dell’art. 23 della Costituzione. L’Amministrazione non ha dato la dovuta attenzione alla nota dell’Assessore competente della Regione Piemonte, prot. n. 11752/539 del 23.12.1994, nè alla successiva nota confermativa del medesimo Assessorato del 24.03.1999), che escludono che la indennità di accompagnamento possa essere utilizzata ai fini della contribuzione degli utenti disabili al costo dei servizi per la frequenza ai centri diurni. Secondo l’appellante non sono invece applicabili al caso di specie le delibere regionali invocate dal Consorzio resistente rispondendo ai rilievi dell’UTIM stessa e in specie la DGR 39-11190 del 6.04.2009 e la DGR 41-13332 del 14.10.2010. Tali delibere regionali non riguardano per certo le prestazioni semiresidenziali, dal momento che fanno specifico riferimento agli anziani ricoverati in strutture residenziali ovvero al contributo economico a sostegno della domiciliarietà per la lungo assistenza di anziani non autosufficienti e persone con disabilità con età inferiore ai 65 anni. Entrambe le delibere regionali appena richiamate fanno poi riferimento alla DGR 37-6500 del 23.07.2007, la quale, nell’allegato A, al punto 3, esclude che le indennità concesse a titolo di minorazione dall’INPS possano esser calcolate ai fini della valutazione del reddito.

Nel caso del centro diurno, l'indennità di accompagnamento non può comunque essere calcolata fra le risorse del soggetto con handicap grave, in quanto l'importo di detta indennità non copre gli oneri relativi alle spese aggiuntive che detto soggetto deve sostenere per il tempo di permanenza presso il suo domicilio, che è di gran lunga superiore a quello trascorso nella struttura semiresidenziale.

4. - Il Consorzio Intercomunale Socio Assistenziale appellato si è costituito in appello ed ha depositato in data 29 maggio 2014, in vista dell’esame cautelare, memoria di difesa, ribadendo in primo luogo l’eccezione di inammissibilità del ricorso già avanzata in primo grado, in quanto non è stata impugnata la successiva deliberazione dell’Assemblea Consortile n. 14/2012, con la quale il regolamento impugnato in primo grado era stato ulteriormente modificato in punti oggetto di contestazione nel ricorso al TAR ed in particolare quanto alla limitazione ai giorni di effettiva fruizione del pagamento della retta.

Quanto al merito, dopo aver ricordato che il Consorzio ha applicato la compartecipazione ai costi solo a seguito dei tagli decisi dalla Regione Piemonte ai finanziamenti per l’assistenza disabili nell’anno 2012, lo stesso Consorzio appellato fa presente che, al fine di determinare l’entità della compartecipazione, è stato applicato il criterio - previsto dall’art. 3, comma 2-ter, del d.lgs. n. 109/1998 - di considerare la “situazione economica” del solo assistito, di cui certamente fa parte anche la indennità di accompagnamento, anche se la medesima non è soggetta all’IRPEF. La situazione economica di cui al citato comma 2-ter non è infatti assimilabile al reddito ai fini IRPEF. Inoltre la indennità di accompagnamento è conferita allo scopo di fornire una prestazione a cui il ricovero semiresidenziale sopperisce per una quota di tempo assai rilevante. In ogni caso va ricordato che il comma 1 del medesimo art. 3 appena richiamato consente agli enti erogatori di prevedere, ai sensi dell'articolo 59, comma 52, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, accanto all'indicatore della situazione economica equivalente, come calcolato ai sensi dell'articolo 2 del medesimo decreto, criteri ulteriori di selezione dei beneficiari. Le delibere regionali n. 37.6500 del 23.07.2007, n. 39-11190 del 06.04.2009 e n. 56-13332 del 12.02.2010 prevedono la possibilità di considerare la indennità di accompagnamento ai fini della compartecipazione alle spese per l’assistenza residenziale ovvero per quella domiciliare, in applicazione di quello che deve evidentemente considerarsi - secondo l’Amministrazione appellata - un principio generale valido per tutte le prestazioni di assistenza ai disabili in relazione allo scopo per la quale l’indennità di accompagnamento è conferita. Deve anche considerarsi che i destinatari di assistenza semiresidenziale sono proporzionalmente gravati meno delle altre categorie afferenti a servizi domiciliari o residenziali. Le quote di partecipazione di cui si discute inoltre intaccano solo in misura proporzionale e ridotta l’indennità di accompagnamento, lasciandone una quota nella piena disponibilità del beneficiario per l’assistenza nella residua parte della giornata e nei giorni festivi. La stessa giurisprudenza citata dalla parte appellante e ricorrente in primo grado non esclude affatto che, nella compartecipazione ai costi di assistenza, concorra anche l’indennità di accompagnamento, limitandosi a escludere che possa essere computata nella sua interezza. Infine l’Amministrazione appellata ritiene che l’art. 5 del decreto legge n. 201/2011 abbia solo confermato il principio che consentiva la considerazione dell’indennità di accompagnamento ai fini della compartecipazione a carico dell’assistito, che era già esistente nella normativa precedente almeno per ciò che concerne la Regione Piemonte. Pertanto non ha alcuna rilevanza il fatto che i DPCM attuativi siano entrati in vigore solo dopo l’emanazione dei provvedimenti impugnati, né possono in alcun modo incidere sulla fattispecie in esame le eccezioni di legittimità sollevate verso i medesimi DPCM. Non vi è poi nella natura e nelle finalità proprie della indennità assistenziali e in particolare quella di accompagnamento o nella normativa che le regola alcun impedimento a considerarle tra le voci computabili ai fini di determinare la quota di compartecipazione per interventi assistenziali aventi analoghe finalità.

5. – Con successiva memoria depositata in data 3 giugno 2015 l’Associazione appellante UTIM fa presente che è nel frattempo sopravvenuta la sentenza n. 2458/2015 del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio. Il TAR del Lazio con la sentenza appena richiamata ha accolto il motivo di ricorso che riguardava la illegittimità dell’art. 4, comma 2, lett. f), del citato DPCM n. 159, che include nel computo dell’ISEE i trattamenti assistenziali, previdenziali ed indennitari, inclusa anche l’indennità di accompagnamento di cui al citato art. 1 della legge n. 18/1980, posta a carico di persone che hanno subito gravi patologie invalidanti e che si rende necessaria per le continue attività di assistenza di cui i predetti soggetti hanno bisogno, non certamente per incrementare il loro reddito personale. Il TAR del Lazio ribadisce quindi, nel solco di una diffusa giurisprudenza del Giudice amministrativo, l’impossibilità di ricomprendere nella nozione di reddito una serie di prestazioni economiche elargite dalla Comunità ai soggetti più svantaggiati. Lo stesso TAR del Lazio conclude quindi affermando che “… un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 5 d.l. cit. [d.l. n. 201/2011] rispetto agli artt. 3, 32 e 38 Cost .,” impedisce di includere nella definizione di reddito disponibile, tra le somme, esenti da imposizione fiscale, “ gli emolumenti riconosciuti a titolo meramente compensativo e/o risarcitorio a favore di situazioni di ‘disabilità’, quali le indennità di accompagnamento, le pensioni INPS alle persone che versano in stato di disabilità e bisogno economico, gli indennizzi da danno biologico invalidante, di carattere risarcitorio, gli assegni mensili da indennizzo ex leggi nn. 210/92 e 229/05. Tali somme, e tutte le altre che possono identificarsi a tale titolo, non possono costituire ‘reddito’ in senso lato né possono essere comprensive della nozione di ‘reddito disponibile’ di cui all’art. 5 del decreto legge d.l. citato, che proprio ai fini di revisione dell’ISEE e della tutela della ‘disabilità’, è stato adottato…”.

6. – La causa è stata discussa ed è passata in decisione alla udienza pubblica del 9 luglio 2015.

7. – Il Collegio respinge preliminarmente la eccezione di inammissibilità del ricorso in primo grado riproposta in appello dalla Amministrazione appellata, in quanto la deliberazione dell’Assemblea Consortile n. 14/2012 - che ha modificato il regolamento impugnato in primo grado - non concerne le parti del medesimo regolamento impugnate nel presente giudizio.

8. – Nel merito, l’appello non è fondato.

8.1. - Il Collegio deve preliminarmente delimitare le questioni oggetto della presente controversia rispetto al più ampio ambito considerato dalla sentenza del TAR impugnata nel presente giudizio. Il TAR ha infatti attribuito portata decisiva al disposto dell’art. 5 del decreto-legge n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, laddove viene individuato tra i principi da svolgere attraverso un regolamento per una nuova disciplina dell’ISEE da adottare con successivi DPCM una definizione di “ reddito disponibile ” che includa, tra l’altro, “la percezione di somme, anche se esenti da imposizione fiscale ”. Il TAR ha considerato questo principio immediatamente applicabile e quindi in grado di fornire comunque un fondamento di legittimità alle norme impugnate in primo grado ed in specie all’ art. 8, comma 3, del “ Regolamento per la compartecipazione al costo della retta dei servizi semiresidenziali delle persone con disabilità ” adottato dal Consorzio intercomunale appellato, le quali prevedono che: “ Ai sensi dell’art. 3 del D.Lgs. 3 maggio 2000 n. 130, per la determinazione della compartecipazione a carico della utenza dei Servizi semiresidenziali Disabili, il valore dell’ISEE è integrato con i redditi esenti da imposta sul reddito delle persone fisiche-IRPEF, corrisposti a titolo di minorazioni (pensione di invalidità civile, indennità accompagnamento, ecc.) e quelli di natura assistenziale o previdenziale percepiti e non compresi nell’imponibile IRPEF ”.

8.2. – Per questo Collegio si deve invece prescindere dalla disciplina generale dell’ISEE, dal momento che non è all’art. 2 del d.lgs. n. 109 del 1998 che disciplina l’ISEE, ma è alle norme specifiche e accessorie dell’art. 3, che fanno riferimento alle norme impugnate testualmente e riportate alla fine del precedente punto 8.1.. Inoltre le questioni oggetto della motivazione della sentenza impugnata costituiscono oggetto diretto e principale di altro giudizio già pendente presso altra Sezione del Consiglio di Stato, a seguito della impugnazione del DPCM n. 159/2013, attuativo del sopra richiamato art. 5 del decreto legge n. 210. In alternativa al percorso seguito dal TAR, si può giungere alle stesse conclusioni in ordine alla legittimità delle norme impugnate a partire dall’art. 3 del d.lgs. n. 109/1988, richiamato dalle norme impugnate. Tale argomentazione alternativa è solidamente basata sull’indirizzo giurisprudenziale da tempo delineato dal Consiglio di Stato sulle specifiche questioni oggetto del presente giudizio. Si fa riferimento pertanto, ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a., alle sentenze: Consiglio di Stato - sezione V - 16/03/2011 n. 1607, Consiglio di Stato - sezione III - 28/09/2012 n.5154;
21/12/2012 n. 6647;
21/03/2013 n.1631;
14 gennaio 2014 n. 99.

8.3. – La giurisprudenza richiamata al precedente punto 8.2. si basa sulla normativa legislativa di rango nazionale che le stesse norme impugnate dichiarano di applicare e che, d’altro canto, l’Associazione appellante considera violate o disapplicate.

A tal fine, vanno in primo luogo attentamente esaminate le disposizioni dell’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 109/1998, come modificato dall’art. 3 del d.lgs. n. 130/2000, che consente agli enti erogatori di “ prevedere, ai sensi dell'articolo 59, comma 52, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, accanto all'indicatore della situazione economica equivalente, come calcolato ai sensi dell'articolo 2 del presente decreto, criteri ulteriori di selezione dei beneficiari ”.

Va notato che l’art. 3 resta in vigore fino al 24 gennaio 2014, data di entrata in vigore del DPCM che approva il nuovo modello di dichiarazione sostitutiva ai fini della determinazione dell’ISEE. Ma anche dopo tale data, la normativa in questione non viene affatto meno: essa è integralmente confermata dal successivo regolamento che disciplina la stessa materia adottato con DPCM n. 159/2013 ( in parti che non sono oggetto dell’appello presso il Consiglio di Stato ricordato al precedente punto 8.2.). Infatti, l’art. 2, comma 1, terzo periodo del DPCM n. 159/2013, appena citato, prevede: “ In relazione a tipologie di prestazioni che per la loro natura lo rendano necessario e ove non diversamente disciplinato in sede di definizione dei livelli essenziali relativi alle medesime tipologie di prestazioni, gli enti erogatori possono prevedere, accanto all'ISEE, criteri ulteriori di selezione volti ad identificare specifiche platee di beneficiari, tenuto conto delle disposizioni regionali in materia e delle attribuzioni regionali specificamente dettate in tema di servizi sociali e socio-sanitari .”

8.4. – L’Associazione appellante nei motivi del ricorso in primo grado riproposti in appello contesta il significato attribuito dall’Amministrazione resistente in primo grado e attuale appellata all’art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 109/1998, sostenendo l’argomento testuale, secondo il quale i criteri ulteriori di selezione previsti dall’art. 3, comma 1, non possono riferirsi al reddito, dal momento che il reddito è disciplinato dall’ISEE e dunque si riferiscono ad altri parametri di identificazione dei destinatari di prestazioni sociali. A parte che l’argomento contraddice l’altra tesi, del pari sostenuta dall’Associazione appellante, secondo la quale in nessun caso le somme percepite a titolo di indennità assistenziale costituiscono reddito, è decisiva in senso contrario la considerazione che la norma dell’art. 3, comma 1, citato prevede criteri aggiuntivi rispetto all’ISEE e quindi deve evidentemente riferirsi a criteri connessi ed omogenei alla stessa materia a cui l’ISEE si riferisce e quindi alla situazione economica.

8.5. – Nel richiamare lo stesso art. 3 del d.lgs. n. 109, le disposizioni impugnate nel presente giudizio - riportate alla fine del precedente punto 8.1.- fanno evidente riferimento anche al comma 2-ter dello stesso art.

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