Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-10, n. 202103624

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Sul provvedimento

Citazione :
Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 2021-05-10, n. 202103624
Giurisdizione : Consiglio di Stato
Numero : 202103624
Data del deposito : 10 maggio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 10/05/2021

N. 03624/2021REG.PROV.COLL.

N. 00927/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 927 del 2014, proposto da
Circolo Polisportivo Ricreativo Culturale Laurianese “Corto Maltese”, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati G P, G S e F M C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G P in Roma, viale Giulio Cesare, n. 14;

contro

Comune di Lauriano, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall’avvocato P S, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato G M G in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 00659/2013, resa tra le parti


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Lauriano e l’appello incidentale da questo proposto;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza del giorno 4 febbraio 2021 il Cons. Alberto Urso, nessuno è comparso per le parti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Con convenzione del 30 marzo 2005 il Circolo Polisportivo “Corto Maltese” riceveva in concessione dal Comune di Lauriano (TO) l’utilizzo per dodici anni delle strutture sportive site in via Marconi, composte da campo per il calcetto, relativi spogliatoi e servizi igienici, un parco giochi e un’area adiacente individuata da planimetria allegata all’atto.

2. A seguito di varie contestazioni reciproche intercorse fra il Circolo e il Comune sullo stato dei locali e degli impianti, con addebito di rispettivi inadempimenti alla convenzione, con delibera di Giunta n. 71 del 15 luglio 2009 il Comune disponeva la revoca della concessione per inadempimento degli obblighi di gestione e manutenzione in capo al concessionario, nonché di segnalazione della necessità di interventi di manutenzione straordinaria così da aver arrecato danni alle strutture e impianti, e ancora per violazione degli obblighi di apertura per la fruizione pubblica dell’area verde attrezzata.

3. Avverso il provvedimento il Circolo Corto Maltese proponeva ricorso davanti al Tribunale amministrativo per il Piemonte, domandando anche la risoluzione della convenzione per fatto e colpa dell’amministrazione, nonché il risarcimento del danno da liquidarsi in sede arbitrale, o in subordine da parte dello stesso Tribunale amministrativo, per l’importo di complessivi € 54.955,50.

4. Il Tribunale amministrativo adìto, nella resistenza del Comune di Lauriano, accoglieva la domanda di annullamento ritenendo non provati molti degli inadempimenti contestati dal Comune al ricorrente, e comunque reputandoli non tali da prevalere sul più consistente inadempimento comunale;
respingeva quella di risoluzione e risarcimento del danno avanzata dal Circolo, atteso che il Comune s’era comunque offerto di ripristinare lo stato dei locali, e il che - a fronte dell’immotivato rifiuto della prestazione da parte del ricorrente - avrebbe escluso la sussistenza di un inadempimento rilevante ai sensi dell’art. 1455 Cod. civ.

5. Ha proposto appello avverso il rigetto della domanda di risoluzione e risarcimento del danno il Circolo Corto Maltese formulando varie doglianze nei confronti della sentenza nei termini di seguito indicati (cfr. infra , sub § 3 ss. in diritto ).

6. Resiste al gravame il Comune di Lauriano, che propone altresì appello incidentale con varie censure avverso l’accoglimento del ricorso in primo grado in relazione alla domanda di annullamento del provvedimento di revoca (cfr. infra , sub § 2 ss. in diritto ).

7. All’udienza del 4 febbraio 2021, tenuta con modalità da remoto, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Va per primo scrutinato per ragioni di priorità logica l’appello incidentale, il cui eventuale accoglimento - facendo rivivere la revoca della convenzione - potrebbe precludere l’esame delle domande di risoluzione e risarcimento del danno avanzate dal Circolo Corto Maltese.

2. Con un primo profilo di doglianza il Comune censura la sentenza nella parte in cui, accogliendo il ricorso di primo grado, ha mancato di apprezzare correttamente il significato delle clausole convenzionali poste a fondamento della “revoca” (in particolare, l’art. 3, comma 2, della convenzione) le quali coincidono in realtà con un’ipotesi di vera e propria clausola risolutiva espressa, come tale non soggetta - come, invece, erroneamente ritenuto dalla sentenza - a necessaria previa diffida in relazione agli inadempimenti ravvisati a carico del concessionario.

2.1. Con un secondo profilo di censura l’appellante incidentale si duole dell’accoglimento del ricorso del Circolo Corto Maltese sotto altro aspetto, deducendo in specie di aver ben fornito prova degli inadempimenti del Circolo stesso a mezzo del verbale del sopralluogo eseguito il 3 settembre 2008, con conseguente legittimo fondamento del provvedimento di risoluzione della convenzione (erroneamente) annullato in primo grado.

2.2. I motivi, che possono essere esaminati congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondati.

2.2.1. Occorre premettere che l’art. 3, comma 2, della convenzione stipulata fra il Comune e il Circolo prevede che il Comune possa revocare unilateralmente, in qualsiasi momento, la concessione “ nel caso in cui ai locali ed agli impianti venga data una destinazione diversa da quella citata nella [stessa] convenzione ”, oppure “ nel caso di violazione degli obblighi previsti nel presente atto ”;
lo stesso appellante incidentale assimila la previsione - su cui il provvedimento si fonda - a una clausola risolutiva espressa ex art. 1456 Cod. civ., e invoca a tal fine l’intervenuta risoluzione di diritto del rapporto in forza della suddetta previsione negoziale.

In tale contesto, va osservato che la seconda ipotesi di revoca ( i.e. , “ nel caso di violazione degli obblighi previsti nel presente atto ”) non può essere intesa in senso letterale, e cioè che qualsiasi violazione, quale ne sia il contenuto e il portato, possa dar luogo a revoca: ciò è implicitamente confermato dallo stesso art. 3, comma 2 in relazione all’altra enucleata ipotesi di revoca ( i.e. , destinazione dei locali e impianti diversa da quella prevista dalla convenzione), stante la sussistenza di un preciso obbligo di adibizione funzionale vincolata già stabilito dalla convenzione ex art. 2, e che non abbisognerebbe di clausola risolutiva ad hoc laddove effettivamente la “ violazione [di tutti gli] obblighi previsti [dalla convenzione]” valesse a legittimare ex se la risoluzione. Il che parimenti è a dirsi per le previsioni dell’art. 16 della convenzione, che accorda una facoltà di risoluzione unilaterale all’amministrazione al verificarsi di determinate violazioni od inadempimenti, fra cui l’uso dei locali per scopi diversi da quelli pattuiti, e le cessioni della gestione nonché i servizi non autorizzati, pure costituenti violazioni ex se dell’art. 2 che segna lo scopo e i limiti della concessione.

Le suddette clausole risulterebbero chiaramente inutili o ridondanti laddove la facoltà di revoca “ nel caso di violazione degli obblighi previsti nel presente atto ” fosse effettiva e generalizzata;
la loro introduzione vale a confermare allora come la suddetta disposizione abbia altro significato, dovendo interpretarsi quale rinvio alle esplicite clausole di risoluzione per inadempimento contenute nella stessa convenzione, o comunque clausola di stile di per sé non idonea a fondare autonome ragioni di “revoca” (cfr. al riguardo, in ordine alla necessità che la clausola risolutiva espressa riguardi l’inadempimento di “ una o più obbligazioni specificamente determinate, costituendo una clausola di stile quella redatta con generico riferimento alla violazione di tutte le obbligazioni contenute nel contratto ”, Cass., II, ord. 12 dicembre 2019, n. 32681;
cfr. anche Id., III, 27 gennaio 2009, n. 1950;
afferma la vera e propria nullità per indeterminatezza dell’oggetto della clausola priva di riferimenti a specifiche e determinate obbligazioni fondanti la risoluzione Cass., VI, 13 marzo 2016, n. 4796).

2.2.2. Tanto premesso, occorre esaminare i singoli inadempimenti e violazioni invocate dal Comune per vagliarne l’idoneità a fondare una legittima revoca della convenzione tra le parti sulla base delle previsioni della stessa, così come disposta dall’amministrazione col provvedimento annullato in primo grado.

2.2.2.1. Contesta anzitutto l’amministrazione lo stato di abbandono e di trascuratezza degli impianti, nonché lo sfondamento parziale della pavimentazione nei locali spogliatoi per effetto dell’inadeguata aerazione;
lamenta altresì lo stato d’abbandono dell’area esterna, le pessime condizioni del manto erboso, l’omessa riparazione della condotta idrica privata interessata da una perdita, il tutto come accertato giusta verbale di sopralluogo del 3 settembre 2008.

La contestazione non vale a sostenere di per sé le ragioni del provvedimento di revoca, ed è dunque infondata ai fini dell’accoglimento dell’appello incidentale.

Quanto alle condizioni di abbandono e trascuratezza degli impianti, queste possono assumere eventuale rilievo sotto il profilo del difetto di manutenzione, in relazione al quale l’art. 16 della convenzione richiede tuttavia apposita segnalazione e diffida al concessionario, e solo in caso di perdurante inadempimento consente lo scioglimento del rapporto;
il che, come rilevato dalla sentenza, è mancato nel caso di specie, sicché le violazioni contestate non possono valere di per sé ai fini della revoca unilaterale della concessione.

Il che vale anche per gli interventi di manutenzione ordinaria relativi alla presenza di erba alta in prossimità degli spogliatoi e al cattivo stato manutentivo del manto erboso, oltre all’omessa riparazione di tubazione (su cui v. peraltro infra , sub § 3.1.2.2), tutti addebiti inidonei a determinare di per sé l’automatico scioglimento del rapporto.

Quanto alla rovina della pavimentazione, nessuno specifico inadempimento viene invero individuato a carico del concessionario, atteso che il richiamo nel verbale del 3 settembre 2008 allo “ sfondamento parziale della pavimentazione […] a seguito della aerazione che risulta essere non sufficiente dei locali e della umidità presente all’interno di essi ” costituisce mera constatazione descrittiva di una situazione di fatto, e in specie della (ritenuta) causa materiale prossima del danno ( i.e. , difetto di aerazione e umidità, secondo il Comune), ma non conduce ex se ad alcuna imputazione né reca comunque dimostrazione di responsabilità a carico del Circolo Corto Maltese nella causazione dell’avaria.

Anche il richiamo agli esposti dei cittadini risulta all’uopo inconferente, atteso che esso riguarda tutt’altro aspetto, e cioè gli impedimenti e le limitazioni alla fruizione dell’impianto, neanch’esse associate peraltro a rimedio convenzionale di revoca o risoluzione unilaterale (cfr. infra , sub § 2.2.2.4).

2.2.2.2. Analoghe considerazioni valgono per la contestazione relativa all’inadeguata custodia e manutenzione dei locali adibiti a bagno, anch’essa concernente la violazione di obblighi manutentivi e idonea perciò a giustificare lo scioglimento unilaterale del rapporto solo a seguito di diffida, in specie mancante, tale non potendo considerarsi peraltro il mero avvio del procedimento di revoca del 4 settembre 2008 che ha tenore ben diverso dalle segnalazioni e diffide volte a superare una situazione d’inadempimento previste dall’art. 16 della convenzione.

Quanto al denunciato mutamento di destinazione dei locali - pure menzionato nella motivazione del provvedimento di revoca - astrattamente idoneo a fondare la revoca o risoluzione unilaterale del rapporto ai sensi degli artt. 3, comma 2 e 16 della convenzione, esso non trova adeguato e specifico riscontro nei fatti richiamati dal Comune.

Viene rappresentato al riguardo, nell’appello incidentale, che i bagni per i disabili adiacenti agli spogliatoi delle squadre risultavano adibiti a deposito di vario materiale sportivo;
il che non incontra, tuttavia, il senso della clausola risolutiva, prevista non già per l’improprio utilizzo contingente di un locale, bensì per “ una destinazione diversa da quella citata nella […] convenzione ” (art. 3, comma 2;
cfr. anche l’art. 16, che prevede la risoluzione in caso di “ uso dei locali e degli impianti per scopi diversi da quelli pattuiti nella convenzione ”), e cioè in ipotesi di violazione dello scopo della convenzione, o di vera e propria destinazione funzionale difforme dei locali e impianti, che non può reputarsi integrata per la sola collocazione di materiale sportivo presso un locale a destinazione bagno (cfr., al riguardo, l’art. 2, comma 2, della convenzione, che segna la precipua funzione - cui le previsioni di revoca e risoluzione sono da ricollegare - degli impianti e locali, riconducendola agli “ scopi e […] finalità sociali-sportive […] e precisamente per la realizzazione dello scopo associativo e per le iniziative ed attività a favore degli abitanti del Comune di Lauriano ”).

Anche in relazione a tale aspetto, dunque, le valutazioni e conclusioni del giudice di primo grado risultano corrette, non venendo infirmate dalle doglianze del Comune.

Le altre contestazioni richiamate ( i.e. , l’inagibilità dei servizi o la loro inaccessibilità per rottura di una maniglia) neppure integrano una variazione nell’uso dei locali, bensì singoli inadempimenti eventualmente rilevanti a fini risolutori - previa diffida - ex art . 16 della convenzione, ma non idonei a determinare di per sé lo scioglimento ope legis del rapporto.

2.2.2.3. Del pari infondato è il richiamo al difetto d’informativa circa gli interventi straordinari da eseguire, atteso che gli interventi di manutenzione straordinaria stimati necessari furono chiaramente richiesti dal concessionario (quanto meno) con comunicazioni del 19 maggio 2008, 18 agosto 2008, e nell’ambito della stessa nota endoprocedimentale del 12 settembre 2008, e il Comune non fornisce elementi di evidenza tali da manifestare la tardività di tali sollecitazioni.

Peraltro anche in relazione al periodo anteriore a tali comunicazioni, al di là dell’espressa menzione di segnalazioni orali da parte del Circolo rinvenibile nelle note trasmesse dallo stesso, v’è evidenza di interventi del Comune a fronte proprio delle (non contestate) richieste avanzate del concessionario per altri interventi necessari (è il caso, in particolare, delle cd. “placche di metallo” applicate a seguito dell’avaria del pavimento dello spogliatoio n. 2).

2.2.2.4. Come già accennato, neppure l’invocata violazione degli obblighi di apertura e chiusura al pubblico dei locali costituisce giusta causa di revoca o risoluzione unilaterale del rapporto, essendo anche in questo caso previste autonome obbligazioni, ben distinte dalla destinazione all’uso dei locali e in sé non assistite da rimedio unilaterale risolutorio ex art. 3, comma 2, e 16 della convenzione (cfr., per l’apertura al pubblico, quanto previsto dall’art. 11 della convenzione;
per il pubblico passaggio, la disposizione dell’art. 13), né vengono peraltro individuate in modo specifico le circostanze e il tenore dell’inadempimento addebitato al concessionario, e dunque la relativa rilevanza.

2.3. Non ha poi rilievo la critica al capo della sentenza che giustifica alcune delle condotte omissive del Circolo Corto Maltese sugli obblighi di manutenzione in ragione dell’ exceptio inademplenti contractus , critica incentrata sulla non rilevabilità d’ufficio dell’eccezione e sull’assenza di inadempimenti in capo al Comune.

Ai fini del gravame, la censura non risulta in sé conducente, atteso che riguarda profili concernenti pur sempre obbligazioni di manutenzione ordinaria che - come già rilevato - sono prive di rilievo a fini di risoluzione o revoca unilaterale della convenzione.

2.4. In tale contesto, gli addebiti mossi dal Comune non valgono dunque a sorreggere il provvedimento unilaterale di scioglimento del rapporto concessorio;
né tanto meno - a fronte degli inadempimenti rilevati - il Comune ha domandato la risoluzione giudiziale del rapporto, limitandosi nel presente giudizio a difendere il proprio provvedimento di revoca unilaterale adottato in danno del Circolo, e ritenendo chiaramente (già) prodotto ope legis l’effetto risolutivo del rapporto.

2.5. L’appello incidentale è dunque infondato e va respinto.

3. Con l’appello principale il Circolo Corto Maltese censura la sentenza nella parte in cui ne ha respinto la domanda di risoluzione e risarcimento del danno in primo grado ritenendo che l’offerta di tardivo adempimento del Comune fosse tale da escludere la gravità dell’inadempimento e precludere perciò la risoluzione della convenzione per fatto e colpa dell’amministrazione. In realtà gli inadempimenti in cui il Comune era incorso risultavano di tale rilevanza da giustificare di per sé la risoluzione, considerato peraltro che il Circolo aveva espressamente sollecitato gli interventi comunali senza ricevere alcun fattivo riscontro.

In tale contesto, il rifiuto da parte del Circolo dell’adempimento tardivo del Comune era ben giustificato anche alla luce della situazione contingente, connotata dall’ormai intervenuta perdita di gran parte dell’avviamento a fronte dell’inattività cui il Circolo era stato costretto in conseguenza dello stato degli impianti non soccorso né rimediato dal Comune;
inoltre l’offerta di adempimento era solo parziale - riguardando la sola situazione degli spogliatoi - nonché subordinata a nuove e più gravose condizioni sull’apertura dell’impianto, né poneva rimedio ai danni prodottisi in precedenza.

Per tali ragioni l’appellante insiste nella propria domanda di risoluzione della convenzione e chiede altresì il risarcimento del danno per l’importo di € 54.955,50, pari alle spese sostenute per attrezzare l’area e non recuperate, fra le quali anzitutto quelle per la realizzazione del cd. “ chalet ” adibito a locale bar-spaccio.

3.1. Le censure sono infondate;
anche l’istanza istruttoria avanzata all’appellante va respinta, essendo il materiale istruttorio in atti sufficiente ai fini del decidere.

3.1.1. La domanda proposta dal Circolo e già rigettata dal giudice di primo grado ha ad oggetto la risoluzione giudiziale della convenzione per inadempimento del Comune (domanda definita “ sostanzialmente riconvenzionale ” dal giudice di primo grado).

Presupposto del relativo accoglimento è l’importanza dell’inadempimento a norma dell’art. 1455 Cod. civ.

Su tale giudizio di importanza o gravità la giurisprudenza ha chiarito in termini generali che “ la gravità dell’inadempimento deve essere accertata non solo in relazione all’entità oggettiva dell’inadempimento stesso, ma anche con riguardo all’interesse che l’altra parte intende realizzare e sulla base, quindi, di un criterio che consenta di coordinare l’elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell’economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi ” (Cons. Stato, V, 23 giugno 2014, n. 3137).

In tale prospettiva il giudice “ deve tener conto di un criterio oggettivo, avuto riguardo all’interesse del creditore all’adempimento della prestazione attraverso la verifica che l’inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell’economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità, e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all’altro contraente), sì da dar luogo a uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale, nonché di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, a opera dell’una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell’altra), che possano, in relazione alla particolarità del caso, attenuarne l’intensità ” (Cass., II, 5 marzo 2019, n. 6364;
III, 27 novembre 2015, n. 24206;
II, 8 settembre 2015, n. 17748;
Cons. Stato, IV, 25 gennaio 2018, n. 497). Inoltre, “ la gravità dell’inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all’entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell’altra parte all’esatta e tempestiva prestazione ” (Cass., III, 16 giugno 2014, n. 13661;
28 giugno 2010, n. 15363;
Cons. Stato, n. 3137 del 2014, cit.).

In tale contesto, quanto all’adempimento tardivo, la giurisprudenza ha posto in risalto, in termini generali, che “ in caso di inadempimento di una delle parti di un contratto a prestazioni sinallagmatiche per essere inutilmente decorso il previsto termine non essenziale, l’altra parte, che non abbia ancora proposto domanda giudiziale di risoluzione del contratto, può non di meno rifiutare legittimamente l’adempimento tardivo quando - tenuto conto della non scarsa importanza dell’inadempimento in relazione alle posizioni delle parti, suscettibile di verifica ad opera del giudice - sia venuto meno l’interesse della parte non inadempiente a che il contratto abbia esecuzione e pertanto può, anche dopo l’offerta di adempimento tardivo, agire in giudizio per la risoluzione del vincolo contrattuale ” (Cass., II, 14 maggio 2018, n. 11653;
27 febbraio 1998, n. 2153;
SS.UU., 9 luglio 1997, n. 6224;
6 giugno 1997, n. 5086).

Alla luce di ciò l’offerta di adempimento tardivo non è di suo determinante in un senso o nell’altro ai fini della risoluzione del contratto: né fa venir meno di per sé la gravità dell’inadempimento - e dunque il presupposto della risoluzione - né può ritenersi, ai medesimi fini, ex se irrilevante.

Trattandosi di condotta esecutiva che si colloca nella dimensione del rapporto contrattuale, essa va valutata in prospettiva globale - cioè unitamente all’inadempimento fino in allora maturato - secondo il prisma della importanza o gravità ex art. 1455 Cod. civ.: per apprezzare cioè se l’inadempimento verificatosi, insieme con l’offerta di adempimento tardivo, configuri nel complesso una violazione contrattuale significativa per l’interesse del creditore sino al punto di legittimare la risoluzione.

Viene dunque in rilievo nella specie una valutazione circa la gravità dell’inadempimento - tenendo in conto anche l’offerta tardiva pervenuta dal Comune - ai sensi dell’art. 1455 Cod. civ., valutazione che per costante giurisprudenza costituisce una quaestio facti la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice ( inter multis , Cass., VI, 22 giugno 2020, n.12182;
II, 8 gennaio 2020, n. 134;
28 ottobre 2019, n.27491;
III, 6 luglio 2018, n.17736;
30 marzo 2015, n.6401;
29 gennaio 2014, n. 1978).

3.1.2. Facendo applicazione nel caso di specie dei suesposti principi in tema di gravità dell’inadempimento emerge la corretta valutazione espressa dalla sentenza circa l’idoneità dell’adempimento offerto dal Comune a rendere la complessiva condotta inadempiente dell’amministrazione non grave sino al punto da legittimare la risoluzione della convenzione;
al riguardo, le violazioni che il Circolo invoca a tal fine e alle quali attribuisce rilevanza in termini di alterazione del sinallagma contrattuale non risultano invero gravi a tal punto da giustificare lo scioglimento della convenzione a fronte dell’offerta di adempimento del Comune, né comunque sono idonee a determinare l’accoglimento della domanda di risoluzione.

3.1.2.1. Sotto un primo profilo, viene invocato dall’appellante il mancato intervento di manutenzione straordinaria ai fini della riparazione delle avarie verificatesi alla pavimentazione dello spogliatoio n. 5 ( i.e. , formazione di una buca delle dimensioni di circa 20 cm x 20 cm sul pavimento).

In proposito, l’episodio dello sfondamento del pavimento, segnalato dal Circolo con note del 19 maggio 2008 e 18 agosto 2008, risulta provato in fatto, giacché riconosciuto con comunicazioni del 23 settembre 2008, 7 febbraio 2009 e verbale del 3 settembre 2008 dallo stesso Comune, che semplicemente vorrebbe ricondurne la causazione - giusta nota del 23 settembre 2008 - al concessionario, richiamando la circostanza che “ gli sfondamenti riguardano la pavimentazione nelle parti utilizzate da più persone (spogliatoi squadre) mentre stranamente nello spogliatoio dell’arbitro non risultano essere presenti cedimenti ”, sicché (“ Pertanto si deduce che ”) il fenomeno sarebbe derivato “ dalla inadeguata cura dei locali come segnalato nella relazione ”.

In senso contrario a tali rilievi, va osservato come l’obbligazione della quale il Circolo invoca l’inadempimento sia quella di mancata manutenzione straordinaria, chiaramente gravante sull’amministrazione ex artt. 5 (come desumibile a contrario dalla clausola) e 6 della convenzione, e nel cui ambito è pacificamente riconducibile la riparazione qui in rilievo;
né l’amministrazione fornisce prova - come le sarebbe spettato - dell’insussistenza di tale obbligazione stante la responsabilità del Circolo per l’avaria: il richiamo al verbale di constatazione dello stato dei luoghi, come già posto in risalto, non è al riguardo conducente, giacché esso non vale a dimostrare (né imputa specificamente) le responsabilità in capo al Circolo per l’accaduto, limitandosi ad affermare le (presunte) cause efficienti dell’avaria, costituite dalla “ areazione […] non sufficiente dei locali ” e dalla “ umidità presente all’interno di essi ”.

Ciò nondimeno l’inadempimento comunale non può ritenersi - a fronte della successiva offerta d’adempimento del 7 febbraio 2009 - di tale importanza da legittimare la risoluzione.

Il vizio riscontrato, per la rimozione del quale il Comune non era prima intervenuto, consiste infatti in una buca di 20 cm x 20 cm in un singolo spogliatoio, che risulta peraltro essere stato utilizzato in alcuni casi anche dopo lo sfondamento (cfr. nota del 12 settembre 2008, in cui si fa riferimento all’attività svolta anche nel locale n. 5).

Peraltro per analoga avaria occorsa in precedenza allo spogliatoio n. 2, ai fini (quanto meno) dell’utilizzo del locale si fece ricorso all’applicazione di placca di metallo, intervento - curato dal Comune, a conferma dei corrispondenti obblighi di manutenzione - che pur rientrando nella manutenzione straordinaria dimostra la non enormità del problema e della sua soluzione, quanto meno al fine di consentire l’uso degli spazi.

In tale contesto, l’offerta del Comune del 7 febbraio di eseguire le opere di “ ristrutturazione e rimessa in pristino ” entro il 31 marzo 2009 ben vale a degradare l’importanza dell’inadempimento a fini risolutori, atteso che il Circolo avrebbe in tal modo subito complessivamente i suesposti disagi, circoscritti e non insopportabili, per un periodo di tempo comunque limitato e non eccessivo, in un contesto nel quale lo stesso Circolo aveva peraltro manifestato chiaramente il proprio interesse alla prosecuzione del rapporto e alla soluzione del problema con propria nota del 12 settembre 2008.

Per tali ragioni, non è dato riscontrare nella specie un’alterazione nel sinallagma contrattuale tale da rendere il rapporto funzionalmente viziato sino a legittimarne la risoluzione, tanto più se si considera la complessiva (lunga) durata della concessione, stabilita in dodici anni;
e il che parimenti vale per le residue contestazioni inerenti allo stato del locale (in specie, carenza di areazione, filtraggio d’acqua in caso di pioggia), di cui l’amministrazione aveva offerto in termini generali la “ rimessa in pristino ”.

Non rileva, in senso inverso, la circostanza che l’offerta di adempimento facesse riferimento al fatto che il concessionario avrebbe dovuto garantire l’apertura dell’impianto durante la stagione estiva con orari concordati con l’amministrazione: l’indicazione non costituisce infatti modifica delle obbligazioni dei contraenti o previsione di nuovi obblighi in capo al Circolo, bensì rientra nella normale gestione del rapporto fra le parti;
tanto più che la convenzione non contiene espresse previsioni circa le stagioni di apertura al pubblico e messa a disposizione dell’impianto, mentre la clausola invocata dall’appellante in ordine agli orari ( i.e. , “ il concessionario dovrà comunicare all’Amministrazione C.le gli orari di apertura degli impianti ed eventuali variazioni […]”) non risulta di per sé incoerente con le indicazioni rese dal Comune, che richiamava anzi al riguardo i doveri del Circolo di vigilanza e garanzia di accesso dell’impianto assunti con la convenzione ”, sicché anche il riferimento agli orari “concordati” va letto non già in termini modificativi delle pattuizioni, bensì semplicemente nel senso della necessaria coerenza fra gli orari di apertura e l’interesse pubblico immanente al rapporto concessorio del bene pubblico, tanto più che v’erano state in passato lamentele da parte della cittadinanza al riguardo.

Allo stesso modo, non rileva di per sé che l’offerta dell’amministrazione non ricomprendesse il risarcimento del danno in precedenza prodotto, atteso che ciò afferisce appunto al (distinto) profilo propriamente risarcitorio.

Né rileva, ancora, quanto rappresentato dal Circolo con nota del 5 dicembre 2008 circa il venir meno dell’interesse alla prosecuzione del rapporto a fronte del paventato azzeramento dell’avviamento sino ad allora sviluppato e dell’interruzione dell’attività, atteso che la suddetta condotta inadempiente dell’amministrazione, misurata nella sua oggettività, nonché calata nella stessa dimensione soggettiva del rapporto tra le parti, non era comunque tale - a fronte della successiva offerta d’adempimento da parte del Comune - da alterare in modo consistente il sinallagma convenzionale, a nulla rilevando gli apprezzamenti soggettivi e valutazioni di convenienza personali espressi dal Circolo anteriormente (oltreché successivamente) alla detta offerta.

Quanto ai residui vizi esistenti sui locali e l’impianto invocati nel ricorso in appello, rispetto ai quali il Comune non avrebbe offerto adeguato rimedio (in particolare, sistemazione del campo di calcetto e dei bagni), oltre a essere genericamente indicati nell’appello e senza evidenziare chiaramente la tipologia degli interventi, non è provato avere rilevanza tale da alterare il sinallagma negoziale al punto da giustificare lo scioglimento del rapporto.

In tale contesto, non emerge dunque nel complesso una situazione d’alterazione del sinallagma negoziale tale per cui, a fronte dell’offerta di adempimento avanzata dal Comune, risulti compromesso l’assetto funzionale del rapporto al punto da rendere risolvibile la convenzione fra le parti.

3.1.2.2. In ordine all’altro profilo d’inadempimento invocato dall’appellante, concernente l’omessa riparazione di tubazione idrica con conseguente interruzione della fornitura di acqua, il Circolo non fornisce prova del fatto che detta riparazione rientrasse effettivamente fra quelle a carico del Comune.

Al riguardo, nel verbale di sopralluogo del Comune si dava atto della perdita dell’acqua riscontrata e del fatto che non risultava ancora dato incarico per la riparazione;
successivamente l’amministrazione precisava espressamente che si trattava “ nella fattispecie di piccole riparazioni ” di competenza del concessionario a norma dell’art. 5 della concessione.

In proposito, con comunicazione del 12 settembre 2008 - successiva, tra l’altro, al verbale di sopralluogo e all’avvio del procedimento di revoca della concessione da parte del Comune - il Circolo dava conto dell’avaria alla tubazione e della conseguente interruzione della fornitura idrica, e ne imputava al Comune il necessario ripristino.

Tuttavia, a fronte dell’espressa contestazione al riguardo dello stesso Comune, che ha dedotto la riconducibilità materiale dell’intervento, nella fattispecie, a una “piccola riparazione” gravante in capo al concessionario a norma dell’art. 5 della convenzione, non può ritenersi provata la circostanza - che spettava all’appellante dimostrare, trattandosi di elemento materiale posto a fondamento della domanda - che in effetti l’intervento avesse il carattere della straordinarietà e non rientrasse fra le “piccole riparazioni”;
anche in giudizio, il Comune ha mosso del resto tale espressa contestazione sul fatto posto a fondamento delle pretese del Circolo, deducendo in relazione agli “ interventi […] sull’impianto idrico dell’acqua ” invocati dal concessionario, che “ nel caso di specie […] la rimozione delle cause di perdita d’acqua, sono classificabili tra le opere di ordinaria amministrazione che il Circolo Corto Maltese avrebbe dovuto autonomamente effettuare ” (cfr. la prima memoria difensiva in primo grado dell’amministrazione).

A fronte della specifica contestazione del fatto, in relazione alla natura dell’avaria e ai connotati del necessario intervento riparatorio ( i.e. , “ piccola riparazione ”), l’appellante non fornisce né deduce alcun elemento di prova, limitandosi a descrivere l’accaduto e a rappresentare che l’erogazione dell’acqua fu riattivata nell’aprile del 2009.

Ciò senza considerare peraltro che - si rileva per completezza - l’amministrazione aveva sin da subito imputato l’intervento al Circolo, e questo avrebbe potuto provvedervi salve le eventuali pretese o contestazioni economiche da rivolgere al Comune in termini di rimborso o risarcimento (cfr. tra l’altro, in materia di locazioni, il principio affermato dall’art. 1577, comma 2, Cod. civ., secondo cui gli interventi urgenti, anche se straordinari, possono essere eseguiti direttamente dal conduttore salvo rimborso, potendo così lo stesso conduttore neutralizzare autonomamente gli effetti delle avarie per sé pregiudizievoli), profili economici sul cui contenuto ed entità non è peraltro fornita alcuna evidenza dall’appellante, e che comunque avrebbero (anch’essi) assunto eventuale rilievo nella dimensione risarcitoria.

Anche tale profilo di doglianza è dunque infondato e non vale all’accoglimento della domanda risolutoria.

3.2. In ragione di quanto suesposto, le censure dell’appellante avverso il rigetto della domanda di risoluzione risultano infondate, così come infondata è la correlata domanda di risarcimento, formulata dal Circolo invocando - quale voce di danno - la perdita subita per i costi d’investimento che non è stato possibile recuperare a causa dell’inadempimento comunale determinante la risoluzione e, dunque, lo scioglimento del rapporto per colpa del Comune: come già evidenziato, l’inadempimento non è in specie tale da determinare la detta risoluzione del rapporto concessorio né, perciò, i conseguenti danni in termini di spese d’investimento sopportate e non recuperate, la cui domanda si risolve in una (non giustificata) richiesta di rimborso nei confronti dell’amministrazione.

4. In conclusione, per le suesposte ragioni, vanno respinti sia l’appello principale, sia l’appello incidentale.

4.1. La reciproca soccombenza fra le parti giustifica l’integrale compensazione delle spese.

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